Ansia sociale, difficoltà a stringere relazioni e mancanza di attenzioni
Salve,
sono una ragazza di 25 anni e ho deciso di esporre la mia problematica, in seguito ad un evento recente. Mi trovavo a lezione (frequento l'università) e la docente aveva posto una domanda. Io, come faccio spesso, ho cercato di rispondere, ma improvvisamente ho iniziato ad avere difficoltà a parlare, avevo la voce tremante e mi mancava quasi il respiro. L'ansia stava prendendo il sopravvento e dal momento che si era notata la mia difficoltà, i miei colleghi si erano voltati a guardarmi e questo non ha fatto che acuire la mia ansia. Ho cercato di controllarla (ho già sofferto di grave ansia in passato, per la quale ho fatto psicoterapia), ma non è stato semplice e ho iniziato a pensare "Adesso penseranno tutti che sono strana, che ho qualcosa che non va e non mi rivolgeranno più la parola o mi guarderanno male e sparleranno di me". Questo mio pensiero non è altro che il culmine di una serie di pensieri e convinzioni che mi porto dietro da anni. Sono sempre stata una persona sensibile, ma soprattutto insicura. Da adolescente, come anche adesso, ho sempre avuto difficoltà a relazionarmi con i miei coetanei, non so bene il perché. Quando interagisco con le persone, so essere anche solare, scherzosa, presto attenzione a ciò che dicono gli altri e dimostro interesse, ma evidentemente questo non basta, perché poi per le persone è come se diventassi "invisibile". Ora che ho ricominciato a frequentare l'università (dopo la triennale, mi sono fermata per un anno, durante il quale ho lavorato per pagarmi gli attuali studi magistrali), mi sembra di essere tornata al liceo, in cui si formano i tipici gruppetti, dai quali puntualmente rimango tagliata fuori. Nonostante a lezione mi piaccia interagire, ho sempre il timore di dire cose sbagliate e di venire etichettata come "stupida". Oppure a volte ho l'impressione che gli altri parlino male di me o mi giudichino negativamente o ancora mi evitino volutamente. In poche parole, do molto peso all'opinione che gli altri hanno di me e sono consapevole che questo denota scarsa autostima. Inoltre, faccio sempre il medesimo errore di aspettarmi qualcosa dagli altri, un riconoscimento, un gesto gentile o delle attenzioni, ma puntualmente rimango delusa e questo mi provoca rabbia, frustrazione, delusione e tristezza. Queste emozioni non sempre sono in grado di mascherarle e a volte mi creano problemi (evito le persone o metto loro il muso oppure rispondo in modo scontroso), finché non mi sfogo, per esempio col mio fidanzato, allora mi sento meglio, ma per un certo periodo, cioè finché non accadono di nuovo fatti che mi portano a stare male.
So che un colloquio psicologico sarebbe più indicato, ma mi sarebbe molto utile se mi deste dei consigli pratici per gestire meglio la vita sociale in generale, ovvero delle modalità che mi potrebbero aiutare fin da subito a vedere e interpretare le cose diversamente da come le vedo io, poiché so che il problema è quello, grazie.
sono una ragazza di 25 anni e ho deciso di esporre la mia problematica, in seguito ad un evento recente. Mi trovavo a lezione (frequento l'università) e la docente aveva posto una domanda. Io, come faccio spesso, ho cercato di rispondere, ma improvvisamente ho iniziato ad avere difficoltà a parlare, avevo la voce tremante e mi mancava quasi il respiro. L'ansia stava prendendo il sopravvento e dal momento che si era notata la mia difficoltà, i miei colleghi si erano voltati a guardarmi e questo non ha fatto che acuire la mia ansia. Ho cercato di controllarla (ho già sofferto di grave ansia in passato, per la quale ho fatto psicoterapia), ma non è stato semplice e ho iniziato a pensare "Adesso penseranno tutti che sono strana, che ho qualcosa che non va e non mi rivolgeranno più la parola o mi guarderanno male e sparleranno di me". Questo mio pensiero non è altro che il culmine di una serie di pensieri e convinzioni che mi porto dietro da anni. Sono sempre stata una persona sensibile, ma soprattutto insicura. Da adolescente, come anche adesso, ho sempre avuto difficoltà a relazionarmi con i miei coetanei, non so bene il perché. Quando interagisco con le persone, so essere anche solare, scherzosa, presto attenzione a ciò che dicono gli altri e dimostro interesse, ma evidentemente questo non basta, perché poi per le persone è come se diventassi "invisibile". Ora che ho ricominciato a frequentare l'università (dopo la triennale, mi sono fermata per un anno, durante il quale ho lavorato per pagarmi gli attuali studi magistrali), mi sembra di essere tornata al liceo, in cui si formano i tipici gruppetti, dai quali puntualmente rimango tagliata fuori. Nonostante a lezione mi piaccia interagire, ho sempre il timore di dire cose sbagliate e di venire etichettata come "stupida". Oppure a volte ho l'impressione che gli altri parlino male di me o mi giudichino negativamente o ancora mi evitino volutamente. In poche parole, do molto peso all'opinione che gli altri hanno di me e sono consapevole che questo denota scarsa autostima. Inoltre, faccio sempre il medesimo errore di aspettarmi qualcosa dagli altri, un riconoscimento, un gesto gentile o delle attenzioni, ma puntualmente rimango delusa e questo mi provoca rabbia, frustrazione, delusione e tristezza. Queste emozioni non sempre sono in grado di mascherarle e a volte mi creano problemi (evito le persone o metto loro il muso oppure rispondo in modo scontroso), finché non mi sfogo, per esempio col mio fidanzato, allora mi sento meglio, ma per un certo periodo, cioè finché non accadono di nuovo fatti che mi portano a stare male.
So che un colloquio psicologico sarebbe più indicato, ma mi sarebbe molto utile se mi deste dei consigli pratici per gestire meglio la vita sociale in generale, ovvero delle modalità che mi potrebbero aiutare fin da subito a vedere e interpretare le cose diversamente da come le vedo io, poiché so che il problema è quello, grazie.
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Cara Utente,
questo obiettivo è raggiungibile con un percorso psicologico:
"vedere e interpretare le cose diversamente da come le vedo io, poiché so che il problema è quello"
e non può pensare di trovare generici "consigli" che la aiutino a cambiare, a risolvere i suoi problemi di ansia e di relazione, a vedere diversamente sè stessa e gli altri, a costruire una vita sociale appagante.
Per ottenere tutto questo è necessario lavorare sui problemi che sta esponendo, non prima di aver analizzato a fondo la situazione e capito da dove nascono.
Lei dice di essere già stata seguita:
"ho già sofferto di grave ansia in passato, per la quale ho fatto psicoterapia"
e probabilmente la terapia che ha effettuato è stata svolta quando era molto giovane o comunque non è stata del tutto adatta a lei, oppure l'ha interrotta troppo precocemente.
Di certo non ha avuto effetto sui problemi di fondo, visto quanto riferisce in questo e altri precedenti consulti e considerando che la situazione permane immutata da tempo.
Ha ragione a dire questo:
"So che un colloquio psicologico sarebbe più indicato"
e del resto le è stata data questa indicazione anche in precedenza da altri miei colleghi.
Non posso che invitarla anch'io a rivolgersi a chi possa occuparsi con continuità della sua situazione per arrivare a risolvere del tutto le sue difficoltà (che non si affronteranno certo con una sola seduta).
Non ci sono altre strade, ad eccezione di quella degli psicofarmaci, soluzione che non ci compete come psicologi, ma che può sempre prendere in considerazione se non intende iniziare un percorso psicologico.
Spero che ci penserà seriamente e le faccio tanti auguri,
questo obiettivo è raggiungibile con un percorso psicologico:
"vedere e interpretare le cose diversamente da come le vedo io, poiché so che il problema è quello"
e non può pensare di trovare generici "consigli" che la aiutino a cambiare, a risolvere i suoi problemi di ansia e di relazione, a vedere diversamente sè stessa e gli altri, a costruire una vita sociale appagante.
Per ottenere tutto questo è necessario lavorare sui problemi che sta esponendo, non prima di aver analizzato a fondo la situazione e capito da dove nascono.
Lei dice di essere già stata seguita:
"ho già sofferto di grave ansia in passato, per la quale ho fatto psicoterapia"
e probabilmente la terapia che ha effettuato è stata svolta quando era molto giovane o comunque non è stata del tutto adatta a lei, oppure l'ha interrotta troppo precocemente.
Di certo non ha avuto effetto sui problemi di fondo, visto quanto riferisce in questo e altri precedenti consulti e considerando che la situazione permane immutata da tempo.
Ha ragione a dire questo:
"So che un colloquio psicologico sarebbe più indicato"
e del resto le è stata data questa indicazione anche in precedenza da altri miei colleghi.
Non posso che invitarla anch'io a rivolgersi a chi possa occuparsi con continuità della sua situazione per arrivare a risolvere del tutto le sue difficoltà (che non si affronteranno certo con una sola seduta).
Non ci sono altre strade, ad eccezione di quella degli psicofarmaci, soluzione che non ci compete come psicologi, ma che può sempre prendere in considerazione se non intende iniziare un percorso psicologico.
Spero che ci penserà seriamente e le faccio tanti auguri,
Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 1.1k visite dal 22/11/2017.
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