Delusione, rammarico, chiusura dei rapporti, senso di colpa
Buonasera,
con la presente vorrei chiedere qualcosa riguardo la frustrazione e la delusione continua.
Vengo da un paesino piccolo, da una posticino in cui l'omologazione è prassi sociale. Il termine omologazione è stato utilizzato per ridurre la frase e durante il discorso tenderò a schematizzare velocemente per far capire meglio la situazione.
Ho vissuto fino a 18 anni in una famiglia stile patriarcale, con tante persone. A 18 anni sono andato a studiare fuori e le esperienze coi coinquilini non mi hanno mai portato a sentirmi libero ero una persona con molti pregiudizi verso me stesso e verso gli altri. Col tempo ho imparato a nascondere questo mio difetto, ma allo stesso tempo la voglia di libertà mi ha portato ad aprire gli argomenti a confrontarmi ad accettare l'opinione altrui. Sono sempre stato circondato da persone prima perchè stavo zitto e assecondavo sempre il gioco del gruppo, poi ho iniziato a cercare persone che mi piacessero davvero. In generale son una persona disponibile con gli altri, ho però una malizia molto spiccata, appena mi accorgo di essere usato per qualche cosa chiudo il rapporto. Non sono attaccato alle cose materiali non ne sento la mancanza e se non posso averle al momento, non le bramo (es: abiti firmati, iphone, cose di lusso sentirmi di essere migliore degli altri), se posso aiutare qualcuno in qualcosa lo faccio volentieri ma non mi gusto il momento, che lo faccia o meno sono comunque lineare. Ho avuto pochissime relazioni, non son geloso, e credo nella sacralità e nella condivisione del rapporto, pertanto sono molto onesto con chi conosco e capisco al volo se una persona mi piace o meno. Se qualcuno può darmi quello che voglio riesco ad essere empatico e carismatico, ma in realtà non ho mai avuto idoli, o persone che ho amato, mi sento molto cinico ma anche solo, mi sento molto realista ma ho dei sogni su cui lavoro da molto tempo.
Tendenzialmente a livello sociale, lavorativo e famigliare per stare a galla ho sempre dovuto assecondare gli altri. Sia per poter fare curriculum, quindi lavorare in "team", sia per uscire coi vari gruppi, Sia per poter avere occasione di conoscere altre persone. Succede che ancora sento di dover assecondare gli altri, nonostante le esperienze etc.
Verso i 25 anni il mio atteggiamento si affievolisce ma si presentano sentimenti come paura, rancore e rabbia per dover fare il lavoro che non mi piace, dover stare al gioco quotidiano di tutti i compromessi etc etc, Negli ultimi due anni ho cercato di portare avanti il mio progetto di vita da solo, lavorando di notte accettando di dover pagare tasse, commercialista etc etc etc nonostante non potessi permettermi di fare impresa. Ci sono riuscito ma dopo tanta fatica, stress, insonnia e tanti atri disturbi che ho accettato pur di fare quello che volevo.
Mi accorgo dopotutto che ogni occasione che ho avuto in passato sia lavorativa, sia sociale, mi ha fatto sentire come se dovessi stare a questo compromesso, quindi, prima la situazione era passabile e man mano che diventava opprimente, tendevo a rompere il rapporto lavorativo o di amicizia. Da quest'anno sto cercando di essere più onesto ma siccome vivo in una città che non mi piace, la maggior parte delle persone fanno una vita in cui io non mi sento di doverne far parte (nel senso che non mi interessa per niente quello che fanno gli altri), il lavoro che pensavo fosse figo in realtà ha molti aspetti da cpire su cui devo ancora lavorare, e quindi richiede altro tempo, nel frattempo devo trovare una soluzione di benessere, ma sono "NERO" e non riesco e non voglio perdonare l amica che mi ha deluso, il mio ex capo che mi ha fatto delle avances, non accetto me stesso ne il mio percorso lavorativo che non è stato come mi aspettavo nonostante abbia lavorato tantissimo, mi sento in colpa se dico le cose che penso, soffro di una solitudine voluta perchè non ho tenuto nessuna persona nella mia vita a parte la famiglia. Perchè gli esseri umani che conosco non mi piacciono? perchè quando mi immagino che una situazione possa farmi crescere mi trovo di nuovo nella vita precaria più totale e non riesco a togliermi da questo incubo? ho piu facilità con gli sconosciuti a fare qualsiasi cosa e il commitment mi fa sentire male. All'inzio pensavo di essere una persona che scappa dai problemi quindi ho dovuto affrontarli ma poi mi rendo conto che la realtà delle cose non cambia. Se una persona, cosa, lavoro, situazione, non mi piace.. rimango deluso e non riesco ad accettarla. Non capisco se questo è un mio problema perchè ormai sto infelice da parecchio tempo o son solo diverso. Insomma qualsiasi persona dice che i problemi vanno affrontati per essere superati, ma io quando gli affronto, riscontro un senso di malessere, quando riesco anche a risolvere il problema mi rendo conto che la situazione è la stessa. La realtà dei fatti non cambia, se una cosa mi fa schifo .. mi fa schifo e basta. Perchè bisogna accettare questo schifo nonostante uno ci metta tutta la volontà e l'azione per cambiare ? Esempio: io come il 90% dei miei coetanei viviamo tutti una condizione precaria, all'inizio la vita fuori dalla casa famigliare è difficile perchè bisogna vivere con sconosciuti bisogna adeguarsi etc.. la cosa diventa accettata. Ma a lungo andare si vuole cambiare la propria situazione quindi per rendere il percorso piu piacevole si va a vivere con persone che ci piacciono, si cerca un lavoro che più o meno sia affine con le cose che ci piacciono e lo stipendio ce lo facciamo bastare fin quando si trova l'occasione giusta per fare il passo successivo, quindi si abbraccia la possibilità che questa situazione venga protratta per anni. E come se tanti elementi creino un flusso equlibrato, a cui son disposto a sottostare ma non per sempre. Ma la maggior parte delle volte succede che questo flusso che viaggia verso l'obiettivo più o meno lentamente, cambia rotta in maniera inaspettata, non calcolata e non voluta, il flusso può essere interrotto da situazioni di disagio come la persona con cui vivo e con cui ero contento di vivere mi delude profondamente e io non son capace a passar sopra le cose che ritengo gravi, mi faccio salire il rancore e rimugino tutto quello che ho dovuto accettare fino a quel punto e mi ritrovo con lo stesso sentimento che avevo al punto di partenza. Cosa significa tutto questo? che sintomo è avere un animo irrequieto continuamente? deprimersi ma darsi da fare ? dover accettare ma solo fino a un certo punto? capire gli altri fin quanto mi basta? Ora mi sento come in un limbo, legato e ho bisogno di mettere il cervello in stand by, non so per quanto tempo ma tipo è come se sento il bisogno di volermi far sorprendere, di lasciarmi andare a qualsiasi cosa (purche sia costruttiva), il senso di normalità che ormai è perso da anni come si ritrova?
Mi scuso per il mattone, prolisso pesante e lamentoso ma se potessi avere qualche indicazione diversa da (consulta uno psicologo), che mi possa dire in maniera generale e indicativa di cosa si tratta sarebbe davvero un grande aiuto.
Ringrazio in anticipo chiunque abbia dedicato del tempo alla lettura di questo lamento.
con la presente vorrei chiedere qualcosa riguardo la frustrazione e la delusione continua.
Vengo da un paesino piccolo, da una posticino in cui l'omologazione è prassi sociale. Il termine omologazione è stato utilizzato per ridurre la frase e durante il discorso tenderò a schematizzare velocemente per far capire meglio la situazione.
Ho vissuto fino a 18 anni in una famiglia stile patriarcale, con tante persone. A 18 anni sono andato a studiare fuori e le esperienze coi coinquilini non mi hanno mai portato a sentirmi libero ero una persona con molti pregiudizi verso me stesso e verso gli altri. Col tempo ho imparato a nascondere questo mio difetto, ma allo stesso tempo la voglia di libertà mi ha portato ad aprire gli argomenti a confrontarmi ad accettare l'opinione altrui. Sono sempre stato circondato da persone prima perchè stavo zitto e assecondavo sempre il gioco del gruppo, poi ho iniziato a cercare persone che mi piacessero davvero. In generale son una persona disponibile con gli altri, ho però una malizia molto spiccata, appena mi accorgo di essere usato per qualche cosa chiudo il rapporto. Non sono attaccato alle cose materiali non ne sento la mancanza e se non posso averle al momento, non le bramo (es: abiti firmati, iphone, cose di lusso sentirmi di essere migliore degli altri), se posso aiutare qualcuno in qualcosa lo faccio volentieri ma non mi gusto il momento, che lo faccia o meno sono comunque lineare. Ho avuto pochissime relazioni, non son geloso, e credo nella sacralità e nella condivisione del rapporto, pertanto sono molto onesto con chi conosco e capisco al volo se una persona mi piace o meno. Se qualcuno può darmi quello che voglio riesco ad essere empatico e carismatico, ma in realtà non ho mai avuto idoli, o persone che ho amato, mi sento molto cinico ma anche solo, mi sento molto realista ma ho dei sogni su cui lavoro da molto tempo.
Tendenzialmente a livello sociale, lavorativo e famigliare per stare a galla ho sempre dovuto assecondare gli altri. Sia per poter fare curriculum, quindi lavorare in "team", sia per uscire coi vari gruppi, Sia per poter avere occasione di conoscere altre persone. Succede che ancora sento di dover assecondare gli altri, nonostante le esperienze etc.
Verso i 25 anni il mio atteggiamento si affievolisce ma si presentano sentimenti come paura, rancore e rabbia per dover fare il lavoro che non mi piace, dover stare al gioco quotidiano di tutti i compromessi etc etc, Negli ultimi due anni ho cercato di portare avanti il mio progetto di vita da solo, lavorando di notte accettando di dover pagare tasse, commercialista etc etc etc nonostante non potessi permettermi di fare impresa. Ci sono riuscito ma dopo tanta fatica, stress, insonnia e tanti atri disturbi che ho accettato pur di fare quello che volevo.
Mi accorgo dopotutto che ogni occasione che ho avuto in passato sia lavorativa, sia sociale, mi ha fatto sentire come se dovessi stare a questo compromesso, quindi, prima la situazione era passabile e man mano che diventava opprimente, tendevo a rompere il rapporto lavorativo o di amicizia. Da quest'anno sto cercando di essere più onesto ma siccome vivo in una città che non mi piace, la maggior parte delle persone fanno una vita in cui io non mi sento di doverne far parte (nel senso che non mi interessa per niente quello che fanno gli altri), il lavoro che pensavo fosse figo in realtà ha molti aspetti da cpire su cui devo ancora lavorare, e quindi richiede altro tempo, nel frattempo devo trovare una soluzione di benessere, ma sono "NERO" e non riesco e non voglio perdonare l amica che mi ha deluso, il mio ex capo che mi ha fatto delle avances, non accetto me stesso ne il mio percorso lavorativo che non è stato come mi aspettavo nonostante abbia lavorato tantissimo, mi sento in colpa se dico le cose che penso, soffro di una solitudine voluta perchè non ho tenuto nessuna persona nella mia vita a parte la famiglia. Perchè gli esseri umani che conosco non mi piacciono? perchè quando mi immagino che una situazione possa farmi crescere mi trovo di nuovo nella vita precaria più totale e non riesco a togliermi da questo incubo? ho piu facilità con gli sconosciuti a fare qualsiasi cosa e il commitment mi fa sentire male. All'inzio pensavo di essere una persona che scappa dai problemi quindi ho dovuto affrontarli ma poi mi rendo conto che la realtà delle cose non cambia. Se una persona, cosa, lavoro, situazione, non mi piace.. rimango deluso e non riesco ad accettarla. Non capisco se questo è un mio problema perchè ormai sto infelice da parecchio tempo o son solo diverso. Insomma qualsiasi persona dice che i problemi vanno affrontati per essere superati, ma io quando gli affronto, riscontro un senso di malessere, quando riesco anche a risolvere il problema mi rendo conto che la situazione è la stessa. La realtà dei fatti non cambia, se una cosa mi fa schifo .. mi fa schifo e basta. Perchè bisogna accettare questo schifo nonostante uno ci metta tutta la volontà e l'azione per cambiare ? Esempio: io come il 90% dei miei coetanei viviamo tutti una condizione precaria, all'inizio la vita fuori dalla casa famigliare è difficile perchè bisogna vivere con sconosciuti bisogna adeguarsi etc.. la cosa diventa accettata. Ma a lungo andare si vuole cambiare la propria situazione quindi per rendere il percorso piu piacevole si va a vivere con persone che ci piacciono, si cerca un lavoro che più o meno sia affine con le cose che ci piacciono e lo stipendio ce lo facciamo bastare fin quando si trova l'occasione giusta per fare il passo successivo, quindi si abbraccia la possibilità che questa situazione venga protratta per anni. E come se tanti elementi creino un flusso equlibrato, a cui son disposto a sottostare ma non per sempre. Ma la maggior parte delle volte succede che questo flusso che viaggia verso l'obiettivo più o meno lentamente, cambia rotta in maniera inaspettata, non calcolata e non voluta, il flusso può essere interrotto da situazioni di disagio come la persona con cui vivo e con cui ero contento di vivere mi delude profondamente e io non son capace a passar sopra le cose che ritengo gravi, mi faccio salire il rancore e rimugino tutto quello che ho dovuto accettare fino a quel punto e mi ritrovo con lo stesso sentimento che avevo al punto di partenza. Cosa significa tutto questo? che sintomo è avere un animo irrequieto continuamente? deprimersi ma darsi da fare ? dover accettare ma solo fino a un certo punto? capire gli altri fin quanto mi basta? Ora mi sento come in un limbo, legato e ho bisogno di mettere il cervello in stand by, non so per quanto tempo ma tipo è come se sento il bisogno di volermi far sorprendere, di lasciarmi andare a qualsiasi cosa (purche sia costruttiva), il senso di normalità che ormai è perso da anni come si ritrova?
Mi scuso per il mattone, prolisso pesante e lamentoso ma se potessi avere qualche indicazione diversa da (consulta uno psicologo), che mi possa dire in maniera generale e indicativa di cosa si tratta sarebbe davvero un grande aiuto.
Ringrazio in anticipo chiunque abbia dedicato del tempo alla lettura di questo lamento.
[#1]
Gentile Utente,
sentirsi in questo modo, che Lei ha descritto molto bene, ma che rimanda ad ansia e ossessività, può generare frustrazione che porta ad inquietudine.
E' anche vero che si impara a regolare le proprie emozioni, ma anche le relazioni con gli altri.
Tuttavia, Le ricordo che questo è un servizio che può solo orientare l'Utenza, dare qualche spunto, ma non aiutare a risolvere problematiche.
Cordiali saluti,
sentirsi in questo modo, che Lei ha descritto molto bene, ma che rimanda ad ansia e ossessività, può generare frustrazione che porta ad inquietudine.
E' anche vero che si impara a regolare le proprie emozioni, ma anche le relazioni con gli altri.
Tuttavia, Le ricordo che questo è un servizio che può solo orientare l'Utenza, dare qualche spunto, ma non aiutare a risolvere problematiche.
Cordiali saluti,
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 2.9k visite dal 06/11/2017.
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