Perfezionismo e universitá

buonasera, sono una studentessa di 24 anni. Da sempre mi ritengo una persona perfezionista, sia nell'ambito quotidiano, sia nello studio. Nell'ambito quotidiano questo non interferisce molto, a differenza dell'università. Durante triennale la paura anticipatoria (il rischio di non passare un esame, o di non passarlo con un determinato voto che volevo) mi paralizzavano. Studiavo, facevo tutto ciò che dovevo e circa 3-4gg prima dell'esame mi convincevo di non essere preparata abbastanza, di non valere il stessa abbastanza e rimandavo l'esame. Sul momento la decisione mi toglieva un peso, dopo poco invece tornava la preoccupazione. Quando ne parlavo con qualcuno, venivo liquidata con un "devi solo stare calma", e il discorso veniva spostato su altri argomenti. Perciò ho smesso di chiedere aiuto come faccio di solito, ho cercato di risolverla da sola. Ritrovandomi sola e non riuscendo a venirne a capo, mi sono rivolta ad una psicologa della mia università (3appuntamenti in totale). Andare fuoricorso, non fare esami me era diventato motivo di vergogna, non ne parlavo con nessuno, continuavo a studiare ma non facevo esami. Ho sempre preso bei voti (26-30/30L) anche prima del blocco, ma mi sono sempre sentita inferiore, incapace.
Dopo un'altra sessione buttata, a 10esami dalla laurea, tra la voglia di finire qualcosa trascinato troppo a lungo (sono finita un anno fuoricorso), il guardarmi indietro e vedere di aver superato esami che ritenevo impossibili, o l'essermi posta in una logica di non avere altra scelta, ho "superato la paura" e anche le soddisfazioni non sono mancate (30/30L), ho sostenuto 5esami in una sessione e gli ultimi 5 nella sessione dopo mentre scrivevo anche la tesi, un mese dopo mi sono laureata. Non so precisamente quale sia stata la carica, mi sentivo bene, soprattutto perché ero riuscita ad uscirne da sola. Lo scorso settembre ho iniziato la magistrale (nuova città, nuova facoltà, nuovo cdl), sono a ridosso dei primi esami e sono ritornata nella stessa situazione, ma stavolta non riesco ad uscirne.

Vi ringrazio,
cordiali saluti
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Dr.ssa Laura Rinella Psicologo, Psicoterapeuta 6.3k 119
Gentile Utente,
ha iniziato la magistrale cambiando sede, città , i suoi riferimenti abituali e questo potrebbe avere un peso, così come la tendenza al perfezionismo.
Perché non abbassare un po' l'asticella di ciò che pretende da sé?

Come si trova nel nuovo contesto?
Si sta integrando? Amicizie, luoghi, riferimenti?
Quanto le pesa la lontananza da casa?
I suoi cosa pensano di questa scelta?

Studiare richiede mente serena e sgombra da ansie e pensieri negativi che forse sono tornati a riaffacciarsi .

Si tratterebbe nuovamente di superare le sue paure contando sui successi conseguiti e sulle sue possibilità oltre che di essere meno severa con se stessa poiché il timore dell'errore, del giudizio e di non essere all'altezza, sortisce effetti negativi.
Rincorrere le perfezione genera una gran fatica, spreco di energie, tempo e frustrazioni.

Se le riesce difficile può nuovamente riferirsi a un nostro collega, magari presso lo sportello di ascolto della sua facoltà.

Un grande in bocca al lupo

Dr.ssa Laura Rinella
Psicologa Psicoterapeuta
www.psicologiabenessereonline.it

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Utente
Utente
Avendo iniziato da poco (lo scorso settembre) mi sto ancora ambientando sebbene abbia per la maggior parte del tempo la sensazione di essere nel posto sbagliato, ho stretto qualche amicizia oltre ad altre che già avevo (amiche che conosco da molto tempo che frequentano la stessa università ma corsi diversi e che fanno anche loro pendolare). Attualmente faccio pendolare (in triennale ero fuori sede). Questa situazione mi pesa un pochino, non tanto a livello di orari quanto a livello di indipendenza. Mi è sembrato di fare un passo indietro, ma vista la poca distanza ho deciso che non valeva la pena prendere una stanza.

I miei genitori non sono molto convinti della scelta di questa magistrale, sia a livello di corso sia a livello di cambio università e città, peró hanno accettato comunque la mia scelta. Al momento penso abbiano problemi più grandi (due anni fa a mio papà è stato diagnosticato un cancro e attualmente la terapia non sta funzionando). In quel periodo essere fuori sede mi ha aiutata a separarmi da questa situazione, altrimenti sarei andata nel pallone più totale.

Il rapporto con mio papà non è mai stato dei migliore. Ho sempre sentito di dovermi quasi guadagnare/meritare il suo affetto. Sapevo che lui era sempre stato bravo a scuola (tutti lo dicevano e lo diceva anche lui) perciò ho cercato di puntare a quello, sperando di farmi accettare così. Ma anche essendo brava in quello la situazione non cambiava, perció ho continuato a cercare di eccellere ma senza farglielo sapere. Ho smesso di cercare la sua approvazione accettando la situazione così com'era. So che è sbagliato fare qualcosa per farsi accettare da altri, ma allo stesso tempo per me avere l'appoggio almeno della famiglia era importante quindi se dovevo fare così per ottenerlo, ero disposta a farlo.