Attacco di rabbia

Buonasera, ho appena vissuto un episodio che mi preoccupa. Questa notte ero di ritorno da una fiera con il mio fidanzato e mio papà. Alla fiera eravamo presenti come partecipanti portando asini e cavalli di nostra proprietà, ed eravamo a una decina di km da casa. Riportati a casa 4 dei 6 animali, gli ultimi 2 non ne volevano sapere di salire sul rimorchio, o meglio, una sola. Dopo circa 2 ore di tentativi vani, in piena notte, il mio fidanzato decide di condurla a casa a piedi (10 km circa a piedi di notte con un'asina per mano...). Io ero già piuttosto scossa dalla situazione, perché nei tentativi di caricarla sul rimorchio, quest'asina aveva già sferrato un calcio che aveva colpito il mio fidanzato allo stomaco (per fortuna con non troppa violenza), in più stavamo tutti perdendo la pazienza e iniziavamo a trattare l'animale con le maniere brusche. Inoltre, il cucciolo dell'asina, non potendo certo affrontare il viaggio di ritorno a piedi, è stato caricato di peso sul rimorchio, dove ha iniziato a dimenarsi terrorizzato rischiando di farsi molto male, per cui ho dovuto fare il viaggio nel rimorchio insieme a lui mentre mio padre guidava l'auto. Giunti a casa con l'asina testarda dopo un paio d'ore, il mio fidanzato, sfinito e dolorante, ha reagito male (comprensibilmente!) verso l'asina che ancora una volta si rifiutava di entrare nella stalla. Ho tentato di mettermi in mezzo dicendogli di andare in casa a riposarsi, mentre io avrei portato l'asina e il piccolo in un recinto, ma lui era furioso e non mi ascoltava né mi rispondeva. Ho continuato a insistere alzando anche la voce, ma lui non mollava la corda con cui trascinava l'asina e, insieme, anche me che tentavo di prenderne il controllo in tutti i modi. E' stato allora che, in un modo che mi ha scioccata, frustrata dal fatto che le mie parole e i miei "ordini" cadessero nel vuoto, ho cacciato fuori un paio di urla, che mi sono proprio uscite dalla pancia come un'onda incontrollabile, dicendo "basta!! LASCIAMIIII!", accompagnato da una specie di ceffone che è caduto sulla sua spalla. Lui mi ha detto "guarda che lo faccio per te, per evitare che ti faccia male", e io ho ancora ribattuto tra le lacrime, sempre a volume altissimo: "Ma perché non mi lasci in pace??". Quindi: ho gridato in piena notte come se lui mi stesse aggredendo, mentre per la verità l'ho aggredito io. Il tutto davanti agli occhi di mio padre e alle orecchie del vicinato, che ora penserà che io sia vittima di violenza. Non mi è mai capitato nulla di simile. E' l'uomo più gentile, premuroso e rispettoso che abbia mai incontrato e l'ho trattato malissimo. Ho pianto per ore ripensandoci, ma solo poco fa ho capito che piangevo perché ho fatto paura a me stessa, mi sono sentita in preda a un raptus irrefrenabile. Lui ha già dimenticato, mentre io mi odio perché la nostra vita è già abbastanza complicata e faticosa sul lato pratico, non posso perdere il controllo così! Non lo merita... e ho paura che ricapiti.
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicoterapeuta, Psicologo 4.9k 86
Gent.le Ragazza,
i raptus non esistono, esistono invece emozioni che spesso soffochiamo dentro di noi e che si "stratificano" nel tempo affiorando improvvisamente in una situazione stressogena come quella che ha descritto.
Colpevolizzarsi non le è di aiuto e sopratutto sterile o peggio controproducente.
Sarebbe importante chiedere scusa al suo compagno esprimendogli il suo dispiacere per la reazione che ha avuto.
In seconda battuta bisognerebbe approfondire quali aspetti generano insoddisfazione e/o tensione nella sua attuale condizione di vita e concedersi l'opportunità di parlarne, se necessario con un interlocutore qualificato (psicologo-psicoterapeuta).

Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it

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Utente
Utente
Grazie Dottoressa, fortunatamente il tempo per confrontarmi con il mio fidanzato è molto, vivendo praticamente sempre insieme. Gli ho già chiesto scusa, mi sono per lo meno imposta di non ricadere negli errori del passato quando (con altre persone) mi arroccavo nel mio orgoglio e non facevo mai la prima mossa per riconciliarmi. In realtà in questo caso non dovevamo nemmeno riconciliarci, lui non era arrabbiato con me come io non lo ero con lui, è stata la situazione molto tesa, ultima fra mille problemi di ordine pratico (una truffa da parte di un ex socio che ha riempito il mio fidanzato di debiti, il mio lavoro altalenante di libera professionista che cerca di pagare il pagabile, la certezza di non poter rimandare le soluzioni perché gli animali non vanno in letargo...). Non è una vita semplice, stiamo cercando di tener duro in attesa di tempi migliori, e nel mentre la stanchezza aumenta. Per questo mi sento quasi ancora più in colpa, del tipo "io sono una delle poche cose positive della sua vita, non posso deluderlo o caricarlo di altri dispiaceri". Sì, forse un po' presuntuoso, questo pensiero... Grazie ancora del consiglio, e non mancherò di fare una chiacchierata con un suo collega non appena potrò permettermelo.