Crisi d'ansia

Buonasera Dottori,
Mi chiamo Stefania, ho 24 e studio presso la facoltà di Medicina e Chirurgia. Fino ad un anno fa la mia carriera universitaria andava benissimo, voti alti e sempre in regola con le materie.
Durante l'ultimo anno però sono riuscita a dare solo un esame: da gennaio ad aprile ho deciso di non studiare per dedicarmi a mia madre, a cui hanno diagnosticato proprio a dicembre un tumore in uno stadio avanzato, ma avevo deciso di ricominciare a studiare cercando di andare avanti nonostante tutto.
Purtroppo però ciò non è avvenuto, ho dato solo un esame in questi mesi, e non perché io non studi, ma perché già due settimane prima dell'esame comincio ad avere una fortissima ansia, dolore epigastrico, divento nervosissima e concentrarmi diventa davvero impossibile perché i pensieri negativi prendono il sopravvento: "non riuscirò a studiare in tempo" "mi bocceranno" "prenderò un voto basso" "è troppo difficile per me"'
Da sempre sono stata nervosa prima di un esame, ma da un lato era un modo per dare il 110% proprio negli ultimi giorni e ottenere dei risultati brillanti.
Avete qualche consiglio da darmi per superare tutto ciò?
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233
Cara Stefania,

da quanto dice sembra che il problema sia sorto quando sua mamma ha ricevuto una diagnosi grave (e senza possibilità di sopravvivenza, se ho capito bene).

Di conseguenza è normale che lei non sia serena e non riesca - almeno temporaneamente - a svolgere le attività che prima svolgeva con regolarità, dal momento che è subentrato un motivo di preoccupazione e di grande tristezza che sta pendendo il posto di altre cose e sta occupando i suoi pensieri, consci e inconsci.

Che rapporto ha con sua madre?
La diagnosi è stata un fulmine a ciel sereno?

Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it

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Utente
Utente
Sì dottoressa, purtroppo possiamo solo cercare di arginare la malattia il più possibile, ma non ci hanno dato alcuna speranza di guarigione.

Prima il rapporto con mia madre era normalissimo, andavamo d'accordo, qualche volta avevamo qualche scontro, dopo un esame festeggiavamo andando insieme a fare qualcosa, una passeggiata, shopping.

Purtroppo adesso invece lei è assente. In realtà lo è da quanto abbiamo avuto la diagnosi, si è messa a letto, non parla d'altro se non della sua malattia, mangia poco e nulla. Fino a febbraio abbiamo vissuto insieme, poi ha deciso di trasferirsi a casa di sua sorella, pensionata, per consentire a me di tornare a frequentare l'università (sono una studentessa fuori sede) e permettere a mio padre di lavorare come prima.

La diagnosi è arrivata dopo un periodo di malessere fisico, che dai medici era stato imputato ad un'ernia lombare. Io la vedevo dimagrire, ma non sono stata in grado di fare due più due e spingerla a fare altri esami. Sono partita per la Francia, dove ho trascorso un mese presso un centro oncologico a Caen come tirocinante, dato che volevo/voglio diventare un'oncologa. Al rientro abbiamo scoperto il tutto.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233
"Io la vedevo dimagrire, ma non sono stata in grado di fare due più due e spingerla a fare altri esami"

Si sente in colpa?
Pensa che avrebbe potuto fare di più e magari salvarla?

Come sta vivendo il fatto che sua madre si sia trasferita da sua sorella per non "essere d'intralcio" a lei e a suo padre?

Si sente peggio da quando è tornata nella città in cui studia e si è allontanata da sua mamma o non ha notato differenze?
Ogni quanto riesce a tornare a casa?
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Utente
Utente
Appena ricevuta la notizia ho pensato che fosse davvero colpa mia il fatto che fossimo arrivati alla diagnosi troppo tardi. Ad oggi penso che sia stata anche colpa mia, ma solo perchè avrei dovuto spingerla a fare la Risonanza Magnetica prima...ci siamo affidati a molti medici e sicuramente non potevo far valere la mia opinione più della loro. In definitiva però sì, penso che avrei potuto sarlvarla.

Il suo trasferimento all'inizio mi ha ferita molto, l'ho vissuto come un abbandono, ma adesso penso che per lei sia la soluzione migliore. Casa di mia zia è dove viveva prima di sposarsi con mio padre, e lì sta meglio dal punto di vista psicologico. Infatti è convinta che casa nostra le abbia portato sfortuna.

Per quanto riguarda andare nell'altra città, da un lato mi da un sesno di liberazione, perchè essere lontana di deresponsabilizza, soprattutto so che lei è contenta che io proceda nel mio percorso universitario, anche perchè che io stia con lei o meno, la sua situazione non cambia molto. infatti non trascorriamo del tempo insieme in realtà, quando vado a trovarla guarda la tv o mi ripete in continuazione le stesse domande inerenti alla sua malattia, perchè non parla d'altro, davvero.

Tornando nella città in cui studio però mi sento in colpa per mio padre, che rimane solo a casa. Riesco a tornare a casa tutte le settimane o ogni quindici giorni, anche se questo vuol dire rimanere anche solo mezza giornata....

Inoltre mi sento in colpa per essere rimasta indietro con le materie universitarie e per far spendere quindi "inutilmente" questi soldi a mio padre.

Come vede i sensi di colpa sono il mio pane quotidiano!
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233
Qual è la prognosi di sua mamma?
E' stato valutato l'utilizzo di farmaci antidepressivi?

Per quanto riguarda i suoi sensi di colpa, sono sicuramente comprensibili, ma deve sempre tenere presente quello che lei stessa ha scritto:

"ci siamo affidati a molti medici e sicuramente non potevo far valere la mia opinione più della loro".

Lei sta ancora studiando e se nessuno dei medici che avete interpellato ha ritenuto urgente sottoporre sua mamma a RM significa che non era così semplice capire quale fosse l'entità della patologia.

Le piacerebbe avere un rapporto diverso con sua mamma in questo momento? Le sembra che essendo così concentrata sulla propria malattia sia già venuta meno in quanto madre?

Suo padre ha comportamenti che alimentano il suo senso di colpa verso di lui?
[#6]
Utente
Utente
Mia madre è in trattamento presso una psicologa, che non ha ritenuto necessario consigliare una terapia antidepressiva. Mia madre ha un residuo tumorale di diversi centimetri che infiltra tre vertebre lombari, un altro in corrispondenza della pelvi e metastasi linfonodali. Nessuno ci ha dato una data di "scadenza", ma hanno semplicemente escluso la possibilità di intervenire ulteriormente con intervento, chemioterapia o radioterapia se non a scopo palliativo.

Mio padre no assolutamente, è tutta una mia preoccupazione.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233
Da quanto è seguita dalla mia collega?
Ci sono miglioramenti?
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Utente
Utente
Da un mese, e ancora non ci sono stati miglioramenti....
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233
Un mese è davvero un tempo brevissimo.
Si vedono 1 o 2 volte a settimana?

Lei ha pensato di farsi seguire a propria volta da qualcuno?
[#10]
Utente
Utente
Sì, si vedono una volta a settimana.
Per quanto riguarda me, sono stata dal mio medico di base a fine luglio, chiedendogli se potesse consigliarmi uno psicologo di sua conoscenza. Non ha però ritenuto necessario che io mi rivolgessi ad una figura professionale, dato che per fortuna parlo molto della situazione con il mio ragazzo, e assumo da quel giorno 10 gocce/die di escitalopram.

Le dico inoltre che adesso che ho sostenuto un esame, e l'ho superato brillantemente, mi sento molto tranquilla, e cerco di affrontare la situazione a casa senza perdermi d'animo. Purtroppo quando si sommano le cause di stress, vivo male il momento e comincio a pensare negativamente.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233
Mi fa piacere che abbia superato con successo un esame, viste le difficoltà che ha riferito, e spero che questo le dia nuovamente fiducia in sè stessa.

Spetta comunque a lei decidere se rivolgersi ad uno psicologo: il medico di base non può decidere al suo posto che l'antidepressivo deve bastarle.
Ci ragioni e decida per conto suo.

Il fatto che non stia costantemente male non significa nulla, perchè la situazione è difficile e le sarebbe utile ricevere un supporto psicologico usufruendo di uno spazio che sia solo suo, nel quale elaborare quello che le sta succedendo.
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