Mio papà è caduto in depressione quando io avevo 3/4 anni e lei 10
Gentili dottori,
sono una studentessa universitaria già fuori corso al secondo anno perché soffro di depressione a causa di un senso di colpa forte nei confronti della mia famiglia e in particolare di mia sorella, che è stata male qualche anno fa per problemi suoi e io in quel periodo litigavo spesso con lei, nostro padre è caduto in depressione quando io avevo 3/4 anni e lei 10 e da piccole mia mamma mi metteva dalla sua parte e lei dalla parte di mio padre.
Questa depressione può incidere sul rapporto tra figli?
Adesso lui è tornato a lavorare come operaio e mia sorella è fidanzata ma io mi sento sempre in colpa, mi sento cattiva e ho pensato di rivolgermi alla psicologa della mia università per stare meglio. Tra l'altro ho subito bullismo da piccola e ancora ci sto male
Grazie
E' importante che parli di tutto questo in terapia perchè gli aspetti da approfondire sono tanti.
Rispetto ai precedenti consulti sta aggiungendo che sua sorella ha diversi anni più di lei e quindi dubito che tutto il "male" che pensa di averle fatto sia realmente esistito, poichè una bambina piccola difficilmente può fare del male alla sorella maggiore ed essere addirittura determinante per la sua salute mentale e serenità.
E' indubbio che la violenza alla quale ha assistito e che ha quindi subito in famiglia possa averla portata ad essere rabbiosa e a chiudersi in sè stessa, cosa che oggi percepisce come disinteresse verso sua sorella e il suo malessere: di tale malessere però non era certo in grado nè nella posizione di rendersi conto, e anche se avesse colto qualcosa non avrebbe potuto fare nulla.
Venendo a suo padre, i disturbi psicologici dei genitori influenzano sempre i figli: un genitore depresso è una presenza che non riesce ad essere rassicurante nè coinvolta nella vita dei figli, soprattutto se non cerca di curarsi per stare meglio, e può creare diversi danni.
Nel complesso, da quanto ha detto pare che lei abbia vissuto e viva tuttora in una famiglia altamente conflittuale e non c'è da meravigliarsi se non è serena e se si sente "cattiva": ha "respirato" cattiveria e ora crede di essere come le persone aggressive che ha avuto intorno.
L'importante è che ora si stia facendo aiutare a prendere le distanze da tutto questo: è molto giovane e impegnandosi ci riuscirà.
Un caro saluto,
Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it
Il senso di colpa è immotivato, ma comprensibile, viste le dinamiche disfunzionali della sua famiglia, e lavorandoci se ne libererà perchè non era davvero nelle condizioni di fare del male ad una sorella di anni più grande.
Se si è schierata con sua madre "contro" sua sorella è perchè sua madre l'ha fatta diventare la sua piccola alleata in casa, quindi non certo per una sua scelta consapevole: di conseguenza, qualunque cosa ne sia derivata non ne ha responsabilità, sia per l'età che aveva sia perchè non ha deciso lei di mettersi in quella situazione.
Mia sorella ora ha 25 anni ed è fidanzata ma circa 6/7 anni fa è stata male e io, che stavo finendo le medie e avevo quasi 14 anni la respingevo sempre.
Ero anche invidiosa del fatto che lei si fosse fatta delle amiche e io avevo difficoltà per il bullismo, anche se poi da quello che ho capito anche lei ha avuto problemi simili.
Mio papà ora ha ripreso a lavorare in cantiere ma io vorrei che anche mia sorella andasse da una psicologa, gliene ho parlato e ci sta pensando, io per ora continuo con quella nella mia università di scienze politiche, ho quasi 20 anni e sono al secondo anno.
Quelle su ciò che avrebbe "dovuto" fare sono considerazioni che elabora adesso perchè è cresciuta, ma ai tempi non potevano trovare spazio nella sua mente di ragazzina.
Lei si trovava in una situazione familiare difficile ed era una 14enne che, come tante altre, non sopportava i suoi familiari.
In questo non vedo alcuna "cattiveria" , concetto che in psicologia (cioè in psicoanalisi) può essere sovrapposto a quello di "sadismo", che chiaramente riguarda altri tipi di soggetti.
Lei ha cercato di difendersi da tutta quella situazione e di sopravvivere riportando meno danni possibile, non ha certo fatto soffrire sua sorella per il piacere di farlo.
Dottoressa, secondo lei ho sbagliato adesso?
In pratica ho dato il mio cellulare a mia sorella perché voleva leggere la conversazione via mail con la psicologa ma poi ha iniziato a guardare anche altre cose e io l'ho tolto via.
A me in generale dà fastidio perché vorrei che nessuno leggesse i miei messaggi però mi sento in colpa per questo perché lei ci rimane male.
Più ci penso più realizzo quale danno io sia stata e più mi viene da buttarmi da qualche parte
Penso che la psicologa stia sbagliando con me, neanche lei vede chi sono io davvero
Valutate anche l'opportunità di contattare un medico psichiatra, perchè potrebbe esserle utile che si avvalga anche di un supporto farmacologico.
Domani ho un altro appuntamento, grazie per le sue parole, seguirò i suggerimenti.
Posso chiederle un'altra cosa? Cerco di essere il più chiara possibile.
In quel periodo in cui le dicevo che mia sorella stava sempre più male e io non me ne rendevo conto, anzi avevo alzato un muro tra di noi, io sono dovuta partire per l'Austria per un mese con mia zia (poco più giovane di me).
Adesso se mi metto a confronto con le sofferenze di mia sorella mi faccio schifo Le spiego perché:
praticamente a scuola (alle elementari) venivo sempre presa in giro perché studiavo e perché non ero bella. Io ci rimanevo male perché anche io mi vedevo orribile.
In Austria mi piaceva un ragazzo ma vedevo che lui preferiva mia zia inoltre continuavo ad avere quella sensazione di inferiorità e per farlo notare mi mettevo le dita in bocca per vomitare , anche se non lo facevo, era più una cosa per richiamare attenzione e mia zia mi prendeva in giro.
Questa cosa che io giudico "finta sofferenza" mi fa sentire ancora più in colpa nei confronti delle reali sofferenze di mia sorella.
È un ragionamento sbagliato?
Il gesto era finto, la sofferenza che lo alimentava no.
Oltre a questo sottolineerei il fatto che due sofferenze non possono essere messe a confronto per stabilire chi ha diritto di stare male e chi no: questo non ha alcun senso.
Le suggerisco di provare a non pensare più che da bambina e ragazzina avrebbe dovuto rendersi conto di cose delle quali non poteva rendersi conto e comportarsi come un'adulta, perchè anche questo non ha senso.
Gli adulti erano i vostri genitori e se non hanno svolto il loro ruolo non è certo colpa sua.
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