Non mi sento all'altezza del mio stipendio
Buonasera,
mi rendo conto che un titolo così è molto inusuale di questi tempi.
Ho cambiato da due mesi lavoro. Il mio stipendio è il più altro fra i miei amici e fra i miei colleghi che fanno lo stesso lavoro. Il problema è che mi sento in colpa e non all'altezza. E' vero che mi sono impegnato molto da cinque anni a questa parte, ma non mi reputo meglio dei miei pari che prendono meno di me, anzi mi reputo peggio. Loro sono in grado di gestire una maggiore quantità di lavoro ed in minor tempo.
Io invece impiego molto tempo a riflettere sulle cose, capire, controllare mille volte. E ho sempre paura di sbagliare.
Sono sicuro che i capi presto mi riempiranno di lavoro, affinché io raggiunga la stessa quantità di lavoro gestita dagli altri, se non addirittura di più, dato che io prendo uno stipendio più alto. Già mi è stata preannunciata una crescita del lavoro. Questo aumento mi terrorizza, perché già faccio straordinari adesso, e altro lavoro non sento di poterlo gestire.
Non ho scelto questo lavoro con passione, ma solo perché mio padre decise di iscrivermi ad una certa scuola.
Fosse stato per me, avrei scelto un percorso di tutt'altro genere, di certo più umanistico, anche se meno rassicurante. Anche per questo ho questo enorme senso di inadeguatezze ed inferiorità verso gli altri. Inoltre, penso di avere un'intelligenza del tutto nella media.
Spero in un vostro aiuto.
Grazie molte in anticipo.
con tutti i limiti del consulto on line, il Suo sembra un problema di ansia/ossessività. Trascorrere molto tempo a rimuginare su questi aspetti non solo le fa perdere tempo prezioso per lavorare e concentrarsi, ma diventa anche un motivo di disagio.
Una consulenza diretta da uno psicologo psicoterapeuta mi pare importante.
Cordiali saluti,
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
leggo che "Loro sono in grado di gestire una maggiore quantità di lavoro ed in minor tempo". Quindi, pare che i suoi colleghi siano pagati per quantità ed efficienza (risultati\tempo).
Forse lei è "solo" più competente, attento ed efficace, quindi merita un compenso più alto, non tanto per quantità ed efficienza ma soprattutto per qualità ed efficacia del lavoro.
In ogni caso, un percorso di supporto psicologico potrebbe esserle utile a comprendere meglio l'importanza e il significato del lavoro nella sua vita.
Un cordiale saluto,
Enrico Cazzolino
Enrico Cazzolino
Psicologo Psicoterapeuta
www.consulentepsicologo.it
@Dott.ssa Pileci. Riconosco di soffrire d'ansia circa il lavoro. Per quanto concerne l'ossessività, lei la ipotizza da questa frase "impiego molto tempo a riflettere sulle cose, capire, controllare mille volte E ho sempre paura di sbagliare"? In tal caso, forse ho estremizzato. Non controllo mille volte, ma laddove un collega controlla 1 volta (o forse meno), io 3/4. Mi sento insicuro (e non all'altezza), nonostante faccia questo lavoro da tanto tempo. Nel mio precedente impiego, mi ero guadagnato la fama di "scrupoloso" per questo, e me la sono fatta mia, senza però arrivare a pensare di essere ossessivo. Insicuro e ansioso, quello sì.
@Dott. Cazzolino. In questi due mesi e mezzo, quasi, penso di avere raccolto abbastanza segnali per dire che nel mio posto di lavoro attuale vengono maggiormente apprezzate la velocità, la serialità e la quantità (ovvio non devono esserci errori sulle cose importanti). E' la cultura del mio posto di lavoro attuale. D'altronde, ben corroborata da un ottica di guadagno, lavorando su "commessa". Io penso ogni giorno a questa cosa, e immagino con paura il momento in cui sarò messo alla prova da questo punto di vista, mediante l'affidamento di molti altre "commesse" aggiuntive. E' un incubo questa idea.
Per quanto concerne il ruolo del lavoro nella mia vita, direi che è assolutamente centrale. La mia vita privata è abbastanza soddisfacente, ma se il lavoro non va bene o mi da pensieri (come in questo periodo), tutta la mia vita ne risente.
Grazie dell'ascolto.
Insomma un .. persecutore interno, mai contento , sempre critico, scomodissimo, nel suo caso.
Le consiglio un percorso presso un Collega de visu per poter riflettere serenamente sulla sua storia, sul suo rapporto coi genitori e la famiglia, e poter conquistare uno sguardo più sereno e positivo sulla sua vita..Pensi che se è arrivato fin qua, con successo, il suo lavoro vale, che di questi tempi poi, nessuno ti regala niente. Come va ora con suo padre ? Ci riscriva se crede, restiamo in ascolto con molti auguri, intanto..
MAGDA MUSCARA FREGONESE
Psicologo, Psicoterapeuta psicodinamico per problemi familiari, adolescenza, depressione - magda_fregonese@libero.it
attraverso una tastiera posso solo consigliarle di lasciare la preoccupazione della diagnosi al professionista che la aiuterà. Non importa che lei possa definirsi ansioso, ossessivo o solo un po' insicuro, in un periodo di transizione e cambiamento; l'importante è far qualcosa di concreto per star meglio.
Quando abbiamo il mal di testa vogliamo che passi: poi, mentre il dolore si è un po' alleviato, cerchiamo di capire perché è venuto, da dove viene e come non farlo ritornare...
Cordialità,
@dott.ssa fregonese. mi pagano in questa misura perché hanno delle aspettative nate dal mio curriculum. Ma il vecchio lavoro era tutt'altra cosa, e si sposava meglio con il mio modo di lavorare. Nella mia testa c'è il pensiero che il nuovo datore di lavoro abbia fatto un errore di valutazione con me.
Sicuramente dalla famiglia ( genitori e fratelli, tutti più grandi) ho ereditato la convinzione che nella vita bisogna lavorare e fare sacrifici. Mi ricordo le frasi di mio fratello: abituati ad alzarti alle 6 e mezza, che sarà così tutta la vita. Oppure il modello di mia sorella, che lavora 7 giorni su 7, o di mio padre, che ha lavorato una vita, salvo poi andare al creatore appena giunto in pensione.
È con questo perenne retroscena mentale, che ho sempre fatto le mie scelte lavorative e d'istruzione, mentre sono sicuro che se avessi seguito il mio istinto, ora non sarei qui a scrivervi di quanto il mio lavoro mi angoscia e mi preoccupa. Farei un lavoro del tutto diverso, molto più affine a me, e non mi peserebbe lavorare tanto e accettare incarichi e responsabilità crescenti, perché sarei a mio agio con quello che faccio.
Sarei disposto a guadagnare meno, pur di avere più tempo e soprattutto, più serenità mentale dato dall'abbandonare le preoccupazioni che questo lavoro mi causa.
@ dott. Cazzolino. Grazie per la risposta.
È di solito una manifestazione di genere ansioso o depressivo, che meriterebbe, se il disagio supera una certa soglia, di essere valutato per mezzo di un consulto di persona.
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
Grazie. Avevo letto di questa sindrome nelle mie ricerche di risposte in rete, e mi ci ero riconosciuto. Ma la convinzione come sapete dura poco. Il benché minimo vento contrario ti fa ritornare al punto di partenza.
Sono davvero in crisi. Oggi stesso mi è stato proposto di iniziare la selezione per una posizione ancora più alta e di responsabilità, a fianco di un manager senior e con un team di persone sotto.
Francamente me la sto facendo sotto al solo pensiero, e nemmeno a dirlo mi sento tutt'altro che all'altezza.
Come posso invischiarmi in questa cosa con questi presupposti iniziali.
Non so davvero che fare.
Da una parte è una opportunità di crescita professionale per me, dall'altra la mia condizione psichica peggiorerebbe ulteriormente.
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