Ansia e demotivazione
Buonasera, sono un ragazzo gay di 33 anni, vivo in casa con la mia famiglia ma molti giorni a settimana sono solo. circa due mesi fa è terminata la mia relazione con un coetaneo che è durata 11 anni (un terzo della mia vita). al momento del distacco, voluto da lui, non ho opposto resistenza. probabilmente, ho pensato io, dentro di me c'era lo stesso suo desiderio. infatti la nostra storia si era impantanata, e non riuscivamo a fare più un passo avanti. dopo aver passato alcuni giorni brutti perchè non riuscivo a credere che potesse essere finita, ho passato un mese intero in cui mi sono sentito galvanizzato, ero ipereccitato, felice, progettuale, affamato, arrabbiato, un mix di emozioni anche contrastanti che però sentivo mi davano una carica. immaginavo però dentro di me che fosse una sorta di difesa al dolore, come uno schermo, o anche una sensazione di liberazione. ora, da qualche settimana mi sento veramente giù: sento di avere un bisogno smodato di dormire, piango spesso (pianti brevi e frequenti), e non ho più desideri, di nessun tipo. ero tipo da un libro a settimana, ora non trovo la concentrazione neanche per una pagina di facile lettura. non sogno più nulla per il futuro, non ho aspettative o progetti, non mi interessa neanche del lavoro che dopo un periodo lungo ho finalmente trovato, e il mio cervello pensa che una soluzione a tutto questo potrebbe essere farla finita. ho troppa paura della morte, ce l'ho sempre avuta, ritengo che chi si suicida debba avere un gran coraggio, e soprattutto non darei mai un dolore così grande ai miei cari, tuttavia mi sembra, come ho detto da alcune settimane, di non avere altra soluzione. il pensiero è tutto orientato al passato, ai ricordi, sia belli che brutti, e nonostante tutto ricomincerei da capo questa relazione col mio ex anche se ritengo che non mi abbia fatto del bene nella mia vita, perché mi ha reso più fragile e dipendente emotivamente rispetto a quando non lo conoscevo. mi sento suggerire da un'amica: "esci, fai nuove amicizie, conosci qualcuno, riscriviti in palestra" ma è come se parlasse ad un muro di gomma. non ho voglia di uscire, di divertirmi, di fare esercizio fisico che mi ha sempre appassionato, la mia ansia (che mi ha sempre accompagnato discretamente nella mia vita) è diventata più protagonista ora, e mi peggiora questo stato di malessere: non faccio altro che guardare l'ora ogni giorno e notte come se stesse per succedere chissà cosa. mi sono rivolto ad uno psicologo da circa un mese, ma le nostre sedute non mi stanno piacendo: la terapia non è ancora iniziata perchè a suo dire mi sta ancora "studiando", e i nostri colloqui sono quindi ancora a livello conoscitivo, inoltre non c'è interazione: parlo solo io, lui ascolta solo e mi sembra di perdere tempo. forse ho sbagliato il tipo di orientamento: psicanalitico. ci sono indicazioni migliori per una situazione come la mia? in generale cosa dovrei sapere per iniziare a mettere un "piede" davanti all'altro? grazie in anticipo.
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Gentile utente,
immagino che lei abbia vissuto un lutto vero e proprio nella separazione con il suo compagno, dopo ben 11 anni.
Le emozioni e i pensieri, prima di: euforia, progettualità, felicità e quelle successive di: malessere, profonda tristezza, tendenza a piangere, dormire molto e ideazione suicidaria.... sembrerebbero (siamo on line e quindi altro non possiamo fare che ipotizzare) proprio fasi di elaborazione di un lutto. Una perdita e un distacco importanti nella sua vita!
Quindi, se ciò venisse confermato, si dovrebbe procedere, con l'aiuto di un collega, alla gestione cognitiva (pensieri ed emozioni) di questa importante e dolorosa separazione.
Se ritiene che l'approccio psicoanalitico non sta dando i"frutti" che desidererebbe, può sempre cambiare metodo psicoterapico.
Proprio per questo le allego una mini guida che potrà leggere per scegliere un approccio a lei più congeniale e maggiormente mirato alla risoluzione sintomatologica. https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
Cordiali saluti
immagino che lei abbia vissuto un lutto vero e proprio nella separazione con il suo compagno, dopo ben 11 anni.
Le emozioni e i pensieri, prima di: euforia, progettualità, felicità e quelle successive di: malessere, profonda tristezza, tendenza a piangere, dormire molto e ideazione suicidaria.... sembrerebbero (siamo on line e quindi altro non possiamo fare che ipotizzare) proprio fasi di elaborazione di un lutto. Una perdita e un distacco importanti nella sua vita!
Quindi, se ciò venisse confermato, si dovrebbe procedere, con l'aiuto di un collega, alla gestione cognitiva (pensieri ed emozioni) di questa importante e dolorosa separazione.
Se ritiene che l'approccio psicoanalitico non sta dando i"frutti" che desidererebbe, può sempre cambiare metodo psicoterapico.
Proprio per questo le allego una mini guida che potrà leggere per scegliere un approccio a lei più congeniale e maggiormente mirato alla risoluzione sintomatologica. https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
Cordiali saluti
Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo. Psicoterapia cognitiva e cognitivo comportamentale.
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 1.4k visite dal 30/05/2017.
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