Lasciarsi andare quando inconsciamente non lo si vuole davvero?
Salve,
scrivo disperata nella speranza di poter avere da voi qualche indicazione che, senza dirmi cosa fare, possa almeno guidarmi nelle fasi successive di analisi del percorso.
Ho avuto una lunga relazione, di sei anni, con un ragazzo estremamente schivo, timido, silenzioso, conosciuto in vacanza quando eravamo entrambi poco più che bambini, e rivisto poi solo molto più tardi, da adulti. L'amore era tanto, l'intesa emotiva per me ad oggi indescrivibile, ma tanti anche i problemi di due caratteri forti, incompatibili. La relazione all'inizio è stata a distanza, poi abbiamo vissuto nella stessa città e infine siamo ritornati ciascuno nella propria. Dopo diverse mie crisi, dovute a un'insoddisfazione diffusa, e ad un carattere (il suo) difficile e burbero e chiuso, la relazione è finita con dolore ma consapevolezza da parte di entrambi, pur restante un sentimento forte e incatenante.
Io sono laureanda in una facoltà che non mi appassiona minimamente, economia, ma che mi permetterà di avere un lavoro sicuro subentrando nello studio di mia madre, commercialista. Molta della mia frustrazione risiede nella profonda consapevolezza di stare facendo una cosa che non voglio fare ma mi darà da vivere; tuttavia la mia strada sentivo essere un'altra, la musica, e spesso mi è stato detto di stare sprecando il mio talento.
Dopo quasi un anno dalla separazione ho incontrato un uomo meraviglioso, buono, paziente, comprensivo, più grande di me di 12 anni, che ama il suo lavoro e ha un carattere solare, mi fa ridere e mi fa sentire amata. Io, tuttavia, non riesco a lasciarmi andare, a ricambiare il suo sentimento che a me arriva sincero. Ci conosciamo e vediamo ormai da sei mesi assiduamente. Lui mi aiuta con lo studio, invogliandomi, e permettendomi anche di coltivare in toto la mia passione per il canto. Io vorrei innamorarmi, ma non riesco, e naturalmente di contro lo faccio soffrire di questa mia incertezza. Non mi sento in grado di fare nulla, mi sento ancora bloccata in quell'amore romantico della mia storia precedente, finita consapevolmente ma che ha lasciato una ferita in me profondissima, perché penso che non smetterò mai di provare, nel mio intimo, ciò che ho provato per così tanti anni, complice il fatto che ogni tanto io e il mio ex ci scriviamo senza farci domande di sorta ma dicendoci tra le righe che comunque andrà noi resteremo unici e legati per sempre.
L'uomo che vedo adesso, avendo molti anni di esperienze in più sulle spalle vive anche le situazioni negative con una risolutezza che ammiro, e non mi fa sentire in colpa di niente, tuttavia io mi ci sento in maniera costante.
Sono profondamente infelice, mi sembra di essere in un tunnel senza fine. Come si lascia andare qualcosa che si vuole tenere stretta a tutti i costi? è possibile "indirizzare" il pensiero? Scusandomi per la lunghezza, sin d'ora vi ringrazio.
scrivo disperata nella speranza di poter avere da voi qualche indicazione che, senza dirmi cosa fare, possa almeno guidarmi nelle fasi successive di analisi del percorso.
Ho avuto una lunga relazione, di sei anni, con un ragazzo estremamente schivo, timido, silenzioso, conosciuto in vacanza quando eravamo entrambi poco più che bambini, e rivisto poi solo molto più tardi, da adulti. L'amore era tanto, l'intesa emotiva per me ad oggi indescrivibile, ma tanti anche i problemi di due caratteri forti, incompatibili. La relazione all'inizio è stata a distanza, poi abbiamo vissuto nella stessa città e infine siamo ritornati ciascuno nella propria. Dopo diverse mie crisi, dovute a un'insoddisfazione diffusa, e ad un carattere (il suo) difficile e burbero e chiuso, la relazione è finita con dolore ma consapevolezza da parte di entrambi, pur restante un sentimento forte e incatenante.
Io sono laureanda in una facoltà che non mi appassiona minimamente, economia, ma che mi permetterà di avere un lavoro sicuro subentrando nello studio di mia madre, commercialista. Molta della mia frustrazione risiede nella profonda consapevolezza di stare facendo una cosa che non voglio fare ma mi darà da vivere; tuttavia la mia strada sentivo essere un'altra, la musica, e spesso mi è stato detto di stare sprecando il mio talento.
Dopo quasi un anno dalla separazione ho incontrato un uomo meraviglioso, buono, paziente, comprensivo, più grande di me di 12 anni, che ama il suo lavoro e ha un carattere solare, mi fa ridere e mi fa sentire amata. Io, tuttavia, non riesco a lasciarmi andare, a ricambiare il suo sentimento che a me arriva sincero. Ci conosciamo e vediamo ormai da sei mesi assiduamente. Lui mi aiuta con lo studio, invogliandomi, e permettendomi anche di coltivare in toto la mia passione per il canto. Io vorrei innamorarmi, ma non riesco, e naturalmente di contro lo faccio soffrire di questa mia incertezza. Non mi sento in grado di fare nulla, mi sento ancora bloccata in quell'amore romantico della mia storia precedente, finita consapevolmente ma che ha lasciato una ferita in me profondissima, perché penso che non smetterò mai di provare, nel mio intimo, ciò che ho provato per così tanti anni, complice il fatto che ogni tanto io e il mio ex ci scriviamo senza farci domande di sorta ma dicendoci tra le righe che comunque andrà noi resteremo unici e legati per sempre.
L'uomo che vedo adesso, avendo molti anni di esperienze in più sulle spalle vive anche le situazioni negative con una risolutezza che ammiro, e non mi fa sentire in colpa di niente, tuttavia io mi ci sento in maniera costante.
Sono profondamente infelice, mi sembra di essere in un tunnel senza fine. Come si lascia andare qualcosa che si vuole tenere stretta a tutti i costi? è possibile "indirizzare" il pensiero? Scusandomi per la lunghezza, sin d'ora vi ringrazio.
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Non darsi il permesso di esprimere le contraddizioni che sono dentro di noi, continuando ad inseguire un "prototipo" ideale che non ci appartiene, ci imprigiona in un circolo vizioso che si autoalimenta.
"Indirizzare" il modo di essere non solo il pensiero, e ci rassicura e ci fa sentire di avere il controllo di noi stessi, ma pagniamo un prezzo altissimo, mettendo a tacere i nostri bisogni affettivi, in altre parole il modo migliore di garantire la sopravvivenza del malessere.
Allo stesso modo, hai cercato di "indirizzare" la relazione precdente ma questo non ti consente di metabolizzare le "ferite", inoltre alimenta la confusione dentro di te e nel modo in cui ti relazionate con altri partner.
La consapevolezza non va confusa con la razionalizzazione, essere consapevoli implica la disponibilità ad ascoltare e accettare le parti scomode di noi, che tuttavia ci appartengono.
Accettarle, non significa rassegnarsi ad esse ma, al contrario, avviare un processo di cambiamento che ci coinvolge attivamente e che a volte richiede l'incontro diretto di uno psicoterapeuta per fare esperienza concreta attraverso la relazione terapeutica.
"Indirizzare" il modo di essere non solo il pensiero, e ci rassicura e ci fa sentire di avere il controllo di noi stessi, ma pagniamo un prezzo altissimo, mettendo a tacere i nostri bisogni affettivi, in altre parole il modo migliore di garantire la sopravvivenza del malessere.
Allo stesso modo, hai cercato di "indirizzare" la relazione precdente ma questo non ti consente di metabolizzare le "ferite", inoltre alimenta la confusione dentro di te e nel modo in cui ti relazionate con altri partner.
La consapevolezza non va confusa con la razionalizzazione, essere consapevoli implica la disponibilità ad ascoltare e accettare le parti scomode di noi, che tuttavia ci appartengono.
Accettarle, non significa rassegnarsi ad esse ma, al contrario, avviare un processo di cambiamento che ci coinvolge attivamente e che a volte richiede l'incontro diretto di uno psicoterapeuta per fare esperienza concreta attraverso la relazione terapeutica.
Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it
[#2]
Utente
Gentile Dr.ssa, la ringrazio per la sua gentile risposta, a seguito della quale ho riflettuto molto sul fatto che acquisire consapevolezza non coincida necessariamente con la razionalizzazione. Non riesco mai a capire quale sia la linea divisoria tra affettività / amore, e questo mi confonde essendo una persona che ha bisogno di dare i nomi alle cose che prova. Riconosco che questo mio comportamento mi autolimiti ma non riesco a fare altrimenti. Peraltro conduco una spasmodica ricerca della "sincerità" e di vivere cose che rispecchiano pienamente non un ideale di relazione, ma quantomeno i sentimenti che provo vivendo la stessa.
Non mi sento appagata in toto e vivo piena di sensi di colpa perché dovrei essere, invece, appagata e soddisfatta, essendo lui una persona veramente ineccepibile.
Mi sento bloccata e incapace di prendere decisioni, perché ogni volta che ci rifletto penso "E se, invece..." e mi immobilizzo..
Non mi sento appagata in toto e vivo piena di sensi di colpa perché dovrei essere, invece, appagata e soddisfatta, essendo lui una persona veramente ineccepibile.
Mi sento bloccata e incapace di prendere decisioni, perché ogni volta che ci rifletto penso "E se, invece..." e mi immobilizzo..
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 1.4k visite dal 20/05/2017.
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