Malattia genetica e disagio psicologico

Gentili dottori,
Sono affetta dalla nascita da una patologia genetica che consiste in una alterazione dei cromosomi sessuali.
A causa di tale malattia sono molto bassa di statura, pur avendo assunto durante l'infanzia e l'adolescenza ormone della crescita. Per lo stesso non ho mai avuto uno sviluppo puberale né un ciclo mestruale spontaneo. Lo sviluppo dei caratteri sessuali femminili è stato indotto tramite estrogeni sintetici, che tutt'ora assumo per compensare la carenza di quelli che una donna normalmente produce. Con queste premesse è ovvio che non potrò mai avere figli, anche se lo vorrei tanto.
Non ho mai avuto una storia sentimentale perché mi vedo brutta e deforme e non mi sento una donna. Di fatto non lo sono: il mio corredo cromosomico non è né quello di una donna né quello di un uomo, anche se gli organi genitali esterni sono quelli femminili. Ma sono solo un contenitore vuoto visto che dentro non ci sono ovaie.
Per qualche tempo mi sono chiesta di chi fosse la colpa di tutto ciò, se mia o dei miei genitori. Confrontandomi con un genetista ho saputo che l'errore genetico che io sono è sopravvenuto dopo la fecondazione, ma che le cause non sono ancora del tutto note. I miei genitori quindi non c'entrano. Gli spermatozoi e l'ovocita dai quali sono stata generata erano sani, e non ci sono fattori di rischio conosciuti (come l'età avanzata dei genitori o farmaci assunti in gravidanza) che possano aver contribuito all'insorgenza di questa sindrome.
In pratica sono io che sono nata sbagliata, ed è solo colpa mia.
Non ho amici, non ho un lavoro, non riesco nemmeno ad uscire di casa perché mi sento orribile e deforme, e penso che la gente per strada vedendomi provi disgusto.
Fino a un mese fa ero in terapia psicologica per tutti questi problemi (in realtà il problema è uno solo: la mia malattia). Ma quando mi è stato confermato che la colpa della mia nascita è mia non ce l'ho più fatta a continuare.
La cosa peggiore è che mi viene detto che tutto è successo senza motivo, che è stato un fatto puramente casuale. Non posso accettare una risposta del genere. Voglio sapere perché è successo, e perché è successo a me.
[#1]
Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo Psicologo, Psicoterapeuta 2.4k 122
Gentile utente,

Comprensibilissimo il suo vissuto, le emozioni e i pensieri che accompagnano il proprio modo di vedersi e sentirsi. Questo non glielo può negare nessuno!

Lei scrive: "Fino a un mese fa ero in terapia psicologica per tutti questi problemi"
In proposito le chiedo:
-come e su cosa avete lavorato in terapia?
- quanto tempo è durata la terapia?

Inoltre lei dice:
*"Ma quando mi è stato confermato che la colpa della mia nascita è mia non ce l'ho più fatta a continuare"
Chi è stato sto genio che ha detto sta roba?

* "tutto è successo senza motivo, che è stato un fatto puramente casuale. Non posso accettare una risposta del genere. Voglio sapere perché è successo, e perché è successo a me."
È arrabbiata per questo! Ed è comprensibile che lo sia. Come potrebbe essere il contrario?

Vorrei però sapere legandoci proprio a questa angoscia rabbiosa che lei vive, se lo desidera, quale era lo scopo della terapia psicologica che ha seguito. È stato uno scopo/obiettivo condiviso con la/il Collega?

Ringrazio anticipatamente per le risposte che vorrà fornirci

Saluti cordiali

Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo. Psicoterapia cognitiva e cognitivo comportamentale.

[#2]
Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.5k 597

Gentile utente,

ho riletto con attenzione il suo consulto, dato che conosco bene dal punto di vista clinico tali situazioni (ad es. sindrome di Rxxxxx..., di Txxxx..., ecc. ).
E so che ad un certo punto della vita la domanda "perchè a me?" si fa impellente, ed altrettanto la ricerca di una risposta.

Lei ha cercato nei cromosomi genitoriali, ma ... nulla.
Quale l'errore, dunque?
In realtà a tutt'oggi non si sa, come Le ha confermato la genetista;
forse semplicemente il caso;
un "caso" che forse un domani avrà un nome.

Ed allora... in mancanza d'altro, si attribuisce a sè:
"In pratica sono io che sono nata sbagliata, ed è solo colpa mia."
Cosa c'entra Lei, che all'epoca era solo un feto,
senza possibilità di intervenire sul proprio processo di sviluppo?
Non c'entra nulla.
Unicamente la ricerca di un motivo, di una causa, La ha ri-portata a sè vista l'imponderabilità degli altri elementi.
Una imponderabilità che stravolge la vita, i suoi ritmi consueti, la progettualità che li accompagna.

Il termine "colpa" colpisce e turba.
"Colpa" è un termine morale che accompagna un danno volontario; non mi risulta, nel Suo caso.

Sì, la psicoterapia La potrebbe aiutare a sbrogliare questa ingarbugliata matassa.
"Ma quando mi è stato confermato che la colpa della mia nascita è mia non ce l'ho più fatta a continuare."
Se provasse a rivedere il Suo punto di vista relativo alla propria "colpa originaria", forse potrebbe riprendere
e in maniera produttiva.




Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

[#3]
Utente
Utente
Gentile dottor Pizzoleo
la ringrazio per la pronta la risposta.

Vengo alle sue domande: "Chi è stato sto genio che ha detto sta roba?"
Io sono il "genio". Se mi viene confermato quello che già in fondo sapevo, ovvero che l'errore cromosomico è accaduto dopo la fecondazione, escludendo i miei genitori e lasciando stare Dio (che sono convinta che non esista), mi pare ovvio che la colpa sia mia. Ancora di più se pensiamo che al momento dell'errore io già in qualche modo esistevo.

Per quanto riguarda la terapia non direi che ci fosse un vero e proprio scopo, almeno non concordato formalmente. Probabilmente perché le cose da affrontare erano veramente tante e perché io già in partenza mi dicevo "ma che ci vengo a fare qui se tanto non sarò mai normale, se la mia patologia me la devo comunque tenere?" e non riuscivo a pormi un obiettivo preciso.
La terapia è durata poco più di un anno con frequenza di una seduta ogni 15 giorni. Abbiamo lavorato prevalentemente sulla mia rabbia e sulla percezione del mio corpo.
[#4]
Utente
Utente
Dott.ssa Brunialti in effetti lei ha centrato la patologia (seconda che ha citato) e anche il punto della questione riguardo alla colpa.
Devo confessare che, sebbene sapessi già con buona certezza che i miei genitori non c'entravano nulla, da una parte ho quasi sperato di essere smentita, che mi si dicesse che l'errore fosse già presente prima del mio concepimento.
Invece mi sono arresa all'evidenza che lo sbaglio sono io. Sì, ci si arriva per esclusione, ma è l'unica ipotesi ragionevole. Suffragata dal fatto che, come ho già detto al suo collega, io al momento dell'errore già esistevo.
Ha ragione, pure il mio terapeuta ha detto che non può essere colpa mia perché non avrei potuto in nessun modo evitare che ciò accadesse.
Ma io la vedo così: se si rompe un vaso la colpa è comunque di chi lo ha rotto anche se non lo ha fatto apposta.
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Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.5k 597

"... Ma io la vedo così: se si rompe un vaso .."
Un vaso si può rompere anche da solo, se contiene un imponderabile errore di programmazione dovuto a chissà che, che via via si evidenzierà.

Se Lei non è disponibile a interrogarsi sul suo punto di vista peraltro "scientificamente errato"
e sulla causa di esso,
non troverà nessun senso alla Sua vita.

Fin quando resta chiusa in una prospettiva personale, che peraltro non trova neppure appigli scientifici,
e se ne crea una a propria misura e colpa,
chi può aiutarLa?
E' rinchiusa nel Suo dolore e rabbia, che vengono razionalizzati e bastano a se stessi autoalimentandosi.

Ed allora, come mai ha scritto a noi?
Lei sa benissimo che nessuno di noi Psy è in grado di rispondere al quesito:
"Voglio sapere perché è successo, e perché è successo a me." (capisco che la domanda è retorica...), eppure ci scrive.

Noi ci siamo.

Saluti cari.








[#6]
Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo Psicologo, Psicoterapeuta 2.4k 122
Gentile ragazza,

La ringrazio per avermi risposto.

Una puntualizzazione rispetto a quello che dice e due suggerimenti:

*puntualizzazione: "Se mi viene confermato quello che già in fondo sapevo, ovvero che l'errore cromosomico è accaduto dopo la fecondazione, escludendo i miei genitori e lasciando stare Dio (che sono convinta che non esista), mi pare ovvio che la colpa sia mia."
Lei, con questo pensiero, si è autocondannata ad una vita di angoscia e solitudine. Un circolo vizioso di rabbia, tristezza e autocolpa fine a se stesse che non le consente di vedere altro.
"Ma io la vedo così: se si rompe un vaso la colpa è comunque di chi lo ha rotto anche se non lo ha fatto apposta." Può rimanere del suo parere. Nessuno le può imporre di pensare il contrario, ma è bene che sappia che scientificamente il senso di colpa è un'emozione che si sperimenta e si avverte quando si diventa consapevoli di aver creato un danno a qualcuno. Lei a chi ha creato il danno?
Quindi mi chiedo: è colpa, quella che prova verso se stessa o rabbia?

* suggerimenti: sarebbe utile che ricominciasse un ciclo di psicoterapia cadenzato a sedute settimanali che abbia come scopo (chiaro e condiviso con il/la Collega. Scopo che oltretutto può rappresentare proprio la richiesta di terapia) l'accettazione della disarmonia che avverte e l'accettazione dell'incertezza che lei non tollera.
È il percorso, faticoso, che ci porta ad abbracciare i nostri "demoni dell'anima" che conduce all'accettazione della disarmonia e quindi a decrementare l'intensità, la frequenza e la durata delle emozioni più dolorose, permettendoci di vedere le situazioni, anche le più dolorose, da una prospettiva diversa...
Perché non provarci? ;-)

Un caro saluto
[#7]
Utente
Utente
Gentile dott.ssa Brunialti,
magari la mia prospettiva non troverà appigli scientifici, è vero, ma è di certo più razionale della spiegazione "è stato un caso".
Non è compito mio spiegare scientificamente i meccanismi all'origine della mia patologia. I medici e i ricercatori che dovrebbero farlo, invece non sanno dare risposte. Almeno avessero l'onestà intellettuale di ammettere che non hanno capito nulla e non parlassero di evento casuale.
Non riesco ad accettare una spiegazione del genere, non posso concepire che una cosa così orribile possa succedere senza una ragione. Mi sento presa in giro.
Non stiamo parlando di pochi casi al mondo ma di un individuo ogni 2.500 nate femmine, circa. Una percentuale così alta non può essere considerata un evento casuale.

Purtroppo credo che finché non si sarà trovata una causa alla mia patologia io non riuscirò mai a darmi pace.
La ringrazio comunque per l'attenzione e il tempo che mi ha dedicato.
[#8]
Utente
Utente
Gentile dott. Pizzoleo

è evidente che qualsiasi persona con handicap rappresenta un danno e un costo per la società, proprio perché non può essere socialmente utile e costa tantissimo a livello di cure mediche (mi perdoni il pensiero un po' nazista ma è un dato di fatto).
Io arreco un ulteriore danno alla società visto che non posso procreare (cosa che ritengo un dovere) e ai miei genitori perché nascendo li ho privati della possibilità di essere nonni e di avere una figlia normale.

Infine non credo di avere capito cosa lei intenda per disarmonia e incertezza.
[#9]
Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo Psicologo, Psicoterapeuta 2.4k 122
Per accettazione della disarmonia intendo esattamente quello che lei ha scritto:
- il sentirsi handicappata;
- non socialmente utile tanto da arrecare danno alla società;
- l'avvertirsi come anormale;
- il sentirsi in colpa nei confronti dei suoi genitori.
La terapia, conduce all'accettazione della disarmonia.

Con incertezza intendo: che spesso nessuno di noi può avere certezze assolute su cosa sta per succedere, succederà o è successo.
"Purtroppo credo che finché non si sarà trovata una causa alla mia patologia io non riuscirò mai a darmi pace." È certa di questo pensiero? È sicura che una volta trovate le cause, lei finalmente avrà pace?
Non a tutte le domande possiamo trovare le risposte che desideriamo.

Come le ho scritto
comprendo la sua rabbia e i suoi sensi di colpa.

per questo le ho consigliato la terapia. Una sorta di prova per vedere, se nella sua grande sofferenza, riuscirebbe a vedere la sua vita e a pensare a quello che le è successo, in modo diverso e meno autocritico verso se stessa.
[#10]
Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.5k 597
Gentile utente,

peccato Lei non veda attualente quegli spiragli,
che potrebbero esserci.

Saluti cari.
[#11]
Utente
Utente
Gentili dottori,
scusatemi se approfitto ancora del vostro tempo, ma non so come risolvere la mia situazione e spero mi aiutiate a fare almeno un po' di chiarezza.
A distanza di un mese e mezzo dall'interruzione della terapia che stavo seguendo ho ancora molti dubbi al riguardo. Una parte di me, quella che ancora si illude di poter essere felice un giorno, mi dice che ho sbagliato e dovrei ricominciare le sedute. Il cervello che ragiona, invece, mi dice che sarebbe uno spreco di tempo e di denaro per almeno due motivi.
Il primo è che comunque non potrò mai essere normale, non potrò mai essere una donna e per questo nessuno mi potrà mai volere bene, figuriamoci amarmi e voler passare la vita con me.
Il secondo è che ho bisogno assolutamente di sapere perché sono nata con quella patologia e perché sia successo a me. Sta diventando un pensiero quasi ossessivo, mi faccio queste domande ogni giorno più volte. Nessuno sembra volermi dare risposte, nemmeno i medici che mentono dicendo che è stato un caso, figuriamoci se potrà mai darmene uno psicoterapeuta. Ma io devo sapere il perché. E voglio poter diventare normale, non restare così per tutta la vita, non posso accettarlo!
Il mio terapeuta mi disse tempo fa che per quanto io possa migliorare le mie capacità relazionali e il mio rapporto con me stessa, e anche se riuscissi a cominciare instaurare rapporti di amicizia o conoscenze che dovessero andare un po' oltre, il 95% delle persone in ogni caso mi rifiuterebbe una volta saputo della mia patologia. Lui è stato anche troppo ottimista, la percentuale vera è 100%.
Allora mi chiedo, che senso ha fare un percorso di psicoterapia se le cose stanno così? E cosa posso fare per sapere perché è successo e perché proprio a me?
[#12]
Utente
Utente
Un'altra domanda: è "normale" che io non riesca ad avere quasi nessun tipo di contatto fisico con gli altri, al punto che anche una semplice stretta di mano di saluto per me è troppo? Penso che sia sbagliato che la gente mi tocchi perché non sono normale, ogni cellula del mio corpo è un errore. Penso che se gli altri sapessero della mia patologia non vorrebbero più nessun contatto, ne sarebberoschifati, e allora mi blocco. Mi scuso se le mie richieste sono inopportune.
[#13]
Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo Psicologo, Psicoterapeuta 2.4k 122
Carissima,

Leggo solo ora i suoi ultimi due scritti. E mi è venuto in mente di linkarle un articolo

http://www.stateofmind.it/2011/10/come-perche-pensiero-depressivo/

mi direbbe, quando avrà modo e tempo di leggerlo, cosa ne pensa?

Grazie :)
[#14]
Utente
Utente
Gentile dott.Pizzoleo, sinceramene non avevo pensato a me come a una vacca.
A parte la mia pessima ironia, in alcune affermazioni mi ci rispecchio, in altre no. Sì, sono ossessionata dai "perché" ma mi sembra che la soluzione proposta possa essere applicata solo alle persone normali, non a quelle come me. Io ogni volta che mi chiedo come posso avere quello che desidero, cioè un compagno e dei figli, devo purtroppo rispondermi: "non puoi a causa della tua malattia". Vedo continuamente gente che si sposa e fa figli anche se sono delinquenti che hanno commesso gravi reati, e quindi meriterebbero di non avere questa possibilità. Invece io che al massimo ho preso un paio di multe non posso.
La verità è che le persone normali vanno in terapia perché hanno le possibilità, le risorse per realizzare ciò che vogliono ed essere felici. Solo che a loro mancano gli strumenti e la psicoterapia agisce in questo senso.
Io invece no, non ho le possibilità, la mia patologia me le ha tolte. Ed è quello che mi ha detto anche il mio terapeuta affermando che le persone comunque mi rifiuteranno perché non sono normale.
[#15]
Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo Psicologo, Psicoterapeuta 2.4k 122
Riprendo un tratto di un suo scritto:

"Una parte di me, quella che ancora si illude di poter essere felice un giorno, mi dice che ho sbagliato e dovrei ricominciare le sedute. Il cervello che ragiona, invece, mi dice che sarebbe uno spreco di tempo e di denaro per almeno due motivi. 
Il primo è che comunque non potrò mai essere normale, non potrò mai essere una donna e per questo nessuno mi potrà mai volere bene, figuriamoci amarmi e voler passare la vita con me. 
Il secondo è che ho bisogno assolutamente di sapere perché sono nata con quella patologia e perché sia successo a me. Sta diventando un pensiero quasi ossessivo, mi faccio queste domande ogni giorno più volte. Nessuno sembra volermi dare risposte, nemmeno i medici che mentono dicendo che è stato un caso, figuriamoci se potrà mai darmene uno psicoterapeuta. Ma io devo sapere il perché. E voglio poter diventare normale, non restare così per tutta la vita, non posso accettarlo!

È come se il suo cuore e la sua pancia le dicessero: " guarda che puoi provarci a vedere e vederti in modo diverso da adesso".
di contro lei scrive " il cervello, invece, che ragiona, mi dice che...."

Da qui qualche riflessione:
Credo che lei sia una persona estremamente in gamba ma che fa molta leva sulla razionalità. Usare molto la razionalità, porta con sé benefici ma *c'è un bel grande ma* :è l'imparare a pensare di pancia e con il cuore che ci porta a vedere spiragli di armonia che la parte razionale non ci permette di vedere. Insomma, detto in breve, è il "trasferimento" di pensieri, emozioni e sentimenti dal cervello razionale alla pancia che ci porta ad essere saggi consentendoci di poter vedere anche minimi spiragli che la razionalità ostacola. La saggezza ci è data proprio da quello che noi avvertiamo nella nostra pancia, che altro non è, il nostro "secondo cervello" https://www.google.it/amp/sanifutura.it/medicina-e-diagnosi-quantistica/la-pancia-sente-comanda-piu-del-cervello/amp/

"La verità è che le persone normali vanno in terapia perché hanno le possibilità, le risorse"
Lo sa in proposito, cosa diceva Jung (famoso psichiatra, psicanalista e antropologo)?
Diceva: "datemi una persona sana e la curerò per voi". Le riflessioni su questa citazione...le lascio a lei perché sono certo che, questa citazione, qualcosa le smuoverà emotivamente.

Ultima cosa: non mi esprimo riguardo a quello che il suo terapeuta le ha detto: "disse tempo fa che per quanto io possa migliorare le mie capacità relazionali e il mio rapporto con me stessa, e anche se riuscissi a cominciare instaurare rapporti di amicizia o conoscenze che dovessero andare un po' oltre, il 95% delle persone in ogni caso mi rifiuterebbe una volta saputo della mia patologia.
Ma in che mani ha messo la sua sofferenza? Dovrei, eticamente, non parlare male dei colleghi ma qui siamo di fronte ad un collega (e mi rifiuto di pensare che possa esserlo veramente) che farebbe bene a smettere di praticare il suo lavoro.
[#16]
Utente
Utente
Gentile dott. Pizzoleo, credo di avere capito appieno solo ora cosa lei intenda per disarmonia. Meglio tardi che mai...
Per quanto riguarda i suoi giudizi: "Ma in che mani ha messo la sua sofferenza?". Forse nelle mani di una persona sincera che, al contrario della maggioranza di noi, dice le cose come stanno anche se sono spiacevoli e rischia di passare per incompetente. Non crede?
Purtroppo è vero che la maggior parte delle persone non riesce ad andare al di là dell'handicap e rifiuta le persone che non sono normali. Lo faccio io per prima quando vedo persone down o ritardati mentali. Io, se fossi normale, non starei mai e poi mai con un uomo sterile. Le persone non mi vogliono e non mi vorranno perché sono diversa, ed è un loro diritto rifiutarmi. Perché il mio terapeuta avrebbe dovuto dirmi il contrario, quando lui stesso mi ha detto che, appena saputo della mia patologia, il suo primo istinto è stato quello di prendere le distanze? Data la professione che svolge, lui poi (forse) è riuscito ad andare al di là quel primo momento di "distanziamento", ma le persone in un contesto quotidiano non lo fanno quasi mai.
La ringrazio ancora una volta per il tempo e la pazienza che mi ha dedicato.
[#17]
Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo Psicologo, Psicoterapeuta 2.4k 122
1) "Ma in che mani ha messo la sua sofferenza?". Forse nelle mani di una persona sincera che, al contrario della maggioranza di noi, dice le cose come stanno anche se sono spiacevoli e rischia di passare per incompetente. Non crede?"
NO! Ha messo la sua sofferenza nelle mani di un "collega" che:
- le ha rinforzato e alimentato il suo modo di vedersi e vivere.
- non sapeva che fare terapeuticamente.

Lei lo vede, comprensibilmente, come sincero perché si è sentita dire quello che pensava e pensa di lei.

Io lo vedo come clinicamente incompetente.
Personalmente, da persona e da specialista, avrei agito in modo diverso,
Non mancandole assolutamente di sincerità!


2) "Purtroppo è vero che la maggior parte delle persone non riesce ad andare al di là dell'handicap e rifiuta le persone che non sono normali"
Lei la vede in questo modo ma è il suo modo di vedere chiusa nel triste loculo della sofferenza che vive. È una sua credenza fondata sul giudizio degli altri rispetto ad un handicap, che lei stessa mette in atto: " Lo faccio io per prima quando vedo persone down o ritardati mentali. E io stessa, se fossi normale non starei mai e poi mai con un uomo sterile."
Allora le chiedo: secondo lei, come mai ci sono donne che condividono l'amore di una vita con uomini sterili?
[#18]
Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo Psicologo, Psicoterapeuta 2.4k 122
Dopo un bel po di tempo, la pensavo e ho pensato di scriverle. Non starò qui a chiederle come sta etc etc.
Le scrivo per un motivo. Deve sapere che sono un grande appassionato di due serie tv: NCIS e NCIS Los Angeles. In questo periodo ho letto tanto sulla sua sindrome e guardando un episodio della seconda serie, mi è venuta in mente lei.

Disarmato e pronto ad accettare qualsiasi cosa che lei, se vuole, può dirmi!

Il motivo del mio pensiero per lei, lo troverà nella lettura
http://www.sindromediturner.com/celebrita-con-la-sindrome-di-turner/


Ciao
[#19]
Utente
Utente
Innanzitutto non ho mai specificato in questo consulto di avere tale sindrome. Come lo ha saputo? Le faccio i miei complimenti per il rispetto della privacy. Provvederò a segnalare la cosa allo staff. Non parlo con chi si permette di giudicare il lavoro di colleghi che nemmeno conosce. Questo posso farlo io che conosco il mio percorso psicologico,non certo lei. Chiedo allo staff, se è possibile chiudere questo consulto vista la poca professionalità del dottor Pizzoleo.
[#20]
Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo Psicologo, Psicoterapeuta 2.4k 122
Ha parlato lei della sua malattia nel consulto di ieri.
Ho provato a scriverle. L'errore è stato da parte mia perché non mi sono riferito al consulto di ieri.

Mi dispiace davvero. Sappia che comunque lei mantiene la privacy.

segnali pure allo staff.