Come eliminare la "dipendenza" da una figura di riferimento come un sacerdote?

Buonasera,
Mi trovo a chiedere un consulto qui perché credo che ciò che sto provando non sia un "normale" sentimento di mancanza per una persona cara che non vive più nella mia città quanto piuttosto qualcosa scaturito da un processo psicologico che però non capisco ma mi fa Star male: a ottobre mi sono ammalata, ma all'inizio non l'ho detto a nessuno fuori dalla famiglia. Ero paralizzata dalla paura e dalla vergogna, non volevo che nessuno mi compatisse. A fine novembre mi sono dovuta operare e qualche giorno prima ho cominciato a dirlo alle persone più strette tra cui un sacerdote. È un sacerdote giovane (10 anni in più di me) che conosco da un paio d'anni ma a cui -prima di questa storia- ero legata in maniera sana, lo vedevo veramente come un fratello maggiore, amico ma anche esempio e guida. Di certo non rientra tra i miei amici storici (le altre tre persone a cui avevo detto come stavo) ma in lui pensavo di trovare conforto, del resto il suo lavoro è accompagnare persone che vivono momenti difficili! Mi è stato molto vicino infatti mentalmente e spiritualmente finché a metà dicembre non è arrivato il risultato della biopsia: cancro. Glielo ho detto subito perché sapevo che oltretutto mi voleva bene e le poche persone a cui l'ho detto volevo fossero aggiornate. Lui è sparito. Non mi ha più chiesto nulla e anche a messa non ha mai più avuto una parola per me. Quasi mi evitava! Non gli ho più detto nulla, ha scoperto che avevo cominciato la chemio perché una amica comune glielo ha detto a mia insaputa dato che ero seriamente sconvolta dalla sua indifferenza. E già questo è stato strano, la sua assenza mi ha fatto male tanto quanto la malattia ma razionalmente so che era esagerato. Ero così arrabbiata con lui che a febbraio l'ho affrontato, dicendogli peraltro cose cattivissime che neanche penso, e lì mi ha detto che sostanzialmente era bloccato perché mi vuole troppo bene e non sapeva affrontare la situazione perché con un suo caro non gli era mai capitato. Avrei dovuto sentirmi meglio perché almeno il problema non era che non gli importassnulla se vivevo o morivo, ma non è stato così, gli ho risposto che non sa fare il suo lavoro e sta sprecando la sua vita. Mi sento ancora in colpa. Nei giorni successivi ha rimediato diciamo, abbiamo "fatto pace", mi ha cercata e mi è stato vicinissimo, anche se vedevo che soffriva per me, e l'ho "perdonato" e il.nostro rapporto si è stretto molto, è stata un'esperienza fortissima. Ora: già da questa estate sapevamo tutti che lo avrebbero trasferito altrove, il giorno della sua partenza è arrivato a marzo e da quando è partito io sono in lutto. Penso che c'entri con l'esperienza che abbiamo vissuto, non starei così, ma non è sano ciò che provo. Non posso scrivergli tutti i giorni, sarebbe fuori luogo, ma invece è l'unica cosa che vorrei, mi manca tantissimo,non penso ad altro che parlare con lui, credo di essere "dipendente". Come potrei uscirne?
Grazie, la storia è lunga chiedo scusa!
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Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.5k 597
Gentile utente,

una figura di riferimento è una "figura/ruolo" a cui ci si affida,
un adulto che ci difende dal dolore,

oppure..

una persona verso cui si prova un trasporto
al momento non identificato o identificabile
che si svela nel prosieguo dell'esperienza.

Verso il sacerdote in questione non so se Lei prova/va dipendenza (come da titolo), oppure innamoramento o infatuazione.
In ogni caso nella grave situazione di salute
Lei si attendeva da lui empatia e incoraggiamento;
ma lui non c'è stato.

Succede con il fidanzato/marito/fratello/ecc.

Ma loro sono anche persone, con le proprie incapacità di fronte alla malattia grave.

Forse è proprio il caso di ri-centrarsi su di sè,
di chiedersi cosa prova per questo prete un po' più grande di Lei (dipendenza? innamoramento? infatuazione?) ,
di decidere dove "collocare" il sentimento corrispondente,
di considerare che lui non è di "stato libero",
di far riferimento ad altre persone.

Comprendo lo stato d'animo di "lutto", compreso in questa situazione.
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Come va la Sua salute?





Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

[#2]
Utente
Utente
Grazie per la risposta!
La mia salute va bene, pare che dopo la chemio non ci sia più traccia della malattia per ora quindi ho ripreso la mia vita appieno!
Per il sentimento che provo guardi, sono stata io la prima a chiedermi che natura avesse ma non c'è veramente nulla di fisico, non vorrei "starci insieme" quindi innamoramento o infatuazione li escluderei.
Ho pensato di scrivere qui perché ogni tanto questa cosa capita anche tra un paziente e il suo psicoterapeuta no? Una persona vive un disagio, si affida ad uno specialista che lo aiuta e il paziente a quel punto comincia a provare sentimenti conturbanti, ma non perché sia effettivamente innamorato! Nel mio caso c'è anche la "tribolazione" per arrivare ad avere le sue attenzioni che ha reso queste ultime come oro praticamente.
Penso più o meno sia questo, e voglio gestirla e superarla perche non sono mai stata così male per qualcuno, ed è ridicolo, sono sicura che sto esagerando e mi infastidisce perché io non sono così!
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Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.5k 597
Sì, succede anche tra pz. e terapeuta (tranfert),
con la differenza che il/la psicoterapeuta ha tutti gli strumenti teorici e operativi per gestire
il trasporto del paziente,
la situazione,
le proprie stesse emozioni,
utilizzandole come strumenti terapeutici.

Per quanto riguarda l'innamoramento, è proprio Freud che assimila il tranfert ad una forma di innamoramento, nel quale
".. Questo amore non si limita ad obbedire, diventa esigente, domanda soddisfazione di tenerezza e sensualità, pretende l'esclusività, si fa geloso, mostra sempre più l'altro suo aspetto, e cioè una prontezza a convertirsi in ostilità e vendetta, se non può raggiungere i propri scopi. .."
(S. Freud)

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Sono contenta che la Sua salute ora sia OK!

Saluti cordiali.

[#4]
Utente
Utente
Grazie mille!
Ma posto ciò..c'è qualcosa,, qualche esercizio mentale magari, che posso fare per razionalizzare il tutto e gestirla in maniera anche costruttiva?
Grazie davvero!
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Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.5k 597
Gentile utente,

I sentimenti non si gestiscono "..razionalizzando il tutto .. ", bensi cercando di capire il perchè sono nati, quali bisogni profondi rivelano.

Non è del tutto semplice fare questo percorso in solitudine, ci può provare.

Farsi aiutare da una Psy di persona sarebbe utile.