Senso di vuoto ed inutilità della vita

Sono uno studente universitario, ho 20 anni e sto valutando di recarmi da un esperto nel trattamento di disturbi psicologici. Vorrei domandare se le mie ansie sono eccessive o effettivamente sia meglio rivolgersi a qualcuno.
Mi sento privo di energie, senza speranze per il futuro e talvolta particolarmente triste. Piango dalle quattro alle sei volte a settimana e talvolta ho idee suicide. Gli sforzi per ottenere qualcosa, una qualsiasi iniziativa, appaiono inutili dato che, il piacere che potrei trarne sarebbe, almeno da come la vedo in questo momento, marginale o inesistente. Ho un umore alquanto altalenante, tra uno stato di stanchezza e apatia al mattino e nel tardo pomeriggio ad uno di maggior stabilità qualche volta verso metà giornata. Ci sono settimane in cui vivo più spesso fasi di profonda sfiducia e altri periodi in cui sembro star un po’ meglio, anche se, in ogni caso ritengo che la vita non abbia più alcun senso.
Sono stato in terapia da uno psicoterapeuta relazionale per sei mesi, una volta a settimana, e ho notato dei miglioramenti a livello sociale, dato un certo livello in più di apertura verso gli altri e di contatti con altre persone. Non ho mai avuto una relazione sentimentale e tento, per il momento invano, di realizzarla mosso principalmente dalla speranza di stare meglio. Lo studio è fermo da sette mesi e così come tutto il resto, non penso ci siano prospettive di cambiamento (se non peggioramento).

La mia infanzia e la pubertà sono state un po’ sofferte direi, dato il fatto che ero particolarmente ansioso, tendevo ad isolarmi, con una bassa autostima; manifestavo ossessioni (sul lavaggio delle mani, religiose, gestuali) e relative compulsioni (che nascondevo naturalmente ai miei genitori) e in alcune fasi gesti a tendenza autolesionistica (testa contro il muro, calci a porte e sedie per farsi male, morsi sulle braccia). Sulla soglia dei sedici anni, a causa di un sofferto debito formativo, mi sono sentito cadere il mondo addosso, ma è stata l’occasione per affrontare varie paure ed insicurezze (ossessioni in primis); per un anno posso dire di essermi sentito veramente felice. Dopodiché dai 18 anni in poi è stato un ritorno a situazioni di angoscia e di generale infelicità.
Oggi spero di uscire in qualche modo da tale situazione, seppure adesso mi sembri tutto inutile. Potrei dire che per me è quasi un dovere sentirsi felici a questa età (quando se no?).

Pertanto, come accennato inizialmente, vorrei chiedere un parere a chi sicuramente ne sa molto più di me a riguardo: tale condizione è da ritenersi sufficiente per rendere necessario nuovamente il sostegno da parte di uno psicologo, psicoterapeuta o psichiatra (se sì, quale sembrerebbe addirsi di più), oppure essa può considerarsi una fase transitoria che posso risolvere con le mie sole forze?

Ringrazio anticipatamente i professionisti e i medici che spero possano dedicarmi un po’ del loro tempo ed della loro esperienza.
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Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.5k 597
Gentile utente,

ci chiede se:
"tale condizione è da ritenersi sufficiente per rendere necessario nuovamente il sostegno da parte di uno psicologo, psicoterapeuta o psichiatra (se sì, quale sembrerebbe addirsi di più), oppure essa può considerarsi una fase transitoria che posso risolvere con le mie sole forze? .."

La risposta è sì,
considerato il fatto che è fermo da mesi.
E che dall'esperienza psy precedente ne ha avuto giovamento.

Inizi con uno psicologo che sia anche psicoterapeuta. Se sarà il caso, verrà indirizzato allo psichiatra.

Saluti cordiali.

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

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Dr.ssa Federica Perucci Psicologo 4 1
Buongiorno Utente,

da quello che scrive sembra che non pensi di avere abbastanza forze per riuscire a risolvere la situazione da solo.

Come mai ha interrotto il rapporto con il terapeuta in passato pur pensando di aver fatto passi avanti?

Penso che non debba avere paura di chiedere una mano a qualcuno, potrebbe essere la spinta verso il cambiamento che cerca!

Considerando che è riuscito a rivolgersi ad uno psicoterapeuta in passato, perchè non riprovare?

Saluti

Dr.ssa Federica Perucci - Psicologa

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Utente
Utente
In risposta alla dott.ssa Perucci:
ho lasciato la terapia perché non mi sentivo di poter ottenere ulteriori benefici e fin dall’inizio avevo avuto dei dubbi circa il rapporto istaurato, forse perché non sono riuscito a fidarmi pienamente delle capacità dello psicoterapeuta (ma essendo la prima esperienza, volevo sforzarmi di non liquidare subito come inefficace il tutto; magari avrei cambiato idea con il tempo). Per il resto, temo di commettere di nuovo l'errore di non trovare la persona giusta e contemporaneamente di chiedere alla psicoterapia un aiuto che non può darmi in questi caso e quindi dovrei, purtroppo, prendermela solo con me stesso (diciamo che è come se pensassi un pò di non meritarla).
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Dr.ssa Federica Perucci Psicologo 4 1
Credo che già il fatto che abbia deciso di chiedere un parere qui voglia dire che desidera cambiare qualcosa.

Probabilmente il terapeuta da solo non riuscirà completamente ad aiutarla: serve che ci metta del suo e che sia predisposto a smussare qualcosa, e da quello che scrive credo che abbia comunque fatto un passetto in questo senso!

Il consiglio che posso darle e di dare una seconda chance ad un altro psicoterapeuta, e magari, invece di "prendersela solo con se stesso", riuscirà a "contare su se stesso", mettendosi in gioco, non da solo ma con l'aiuto ed il sostegno del terapeuta!

in bocca al lupo