Problemi a viaggiare, malessere fisico. Come risolvere?
Buona sera.
Ho 29 anni ed avrei gentilmente bisogno di un consiglio/consulto riguardo il mio estremo malessere a viaggiare.. può sembrare futile, ma in realtà è molto debilitante.
In principio ho sempre avuto problemi a spostarmi dalla mia città, ma in generale era collegato al veicolo, agli odori, alle curve della strada, che mi provocavano problemi allo stomaco. Qual'ora, però, la guida del guidatore, gli odori (in genere di auto nuovo, di chiuso ecc..) non creavano problemi, non ho mai avuto grosse difficoltà nel viaggiare. Ricordo persino che all'età di 19 anni mi muovevo in pulman per più di 5 ore per dare gli esami universitari.
Ma da quando è nata mia figlia (5 anni fa), persino recarmi al centro commerciale fuori città (10min di macchina) mi crea un forte problema...
Va detto che sono affetta da Sclerosi Multipla da 12 anni ed ho imparato a non fare nulla se non sto fisicamente bene per evitare imprevisti e disagi. Così, quando devo muovermi, il mio pensiero è piano piano diventato: "E se mi sento male?"
Mio marito è originario di un altro paese rispetto a dove viviamo ora, ed almeno una volta l'anno andiamo a trovare la sua famiglia facendo 6-7 ore di viaggio in auto. Programmiamo gli spostamenti con mesi d'anticipo e dall'istante in cui lui mi comunica la data della partenza, inizio a stare male: mi viene nausea e a volte ho avuto anche episodi di diarrea poco prima di partire.
Sono giunta alla conclusione che sia questione di ansia, questo lo so. In passato ho avuto altri episodi di ansia e brevi attacchi di panico, ma sono anni che non mi capita più. Ho affrontato anche un periodo di psicoterapia per capire quale fosse il reale problema legato a questo disagio...
Al di la dei viaggi di piacere, è un grosso problema per qualunque cosa. Non posso accettare lavoro fuori città, non posso programmare una piccola gita educativa per mia figlia; solo il pensare di allontanarmi dal mio "save spot" (così lo chiamo) mi fa star male.
Eppure sono una persona a cui piacerebbe visitare posti e non capisco perchè questa cosa sia così peggiorata...
In questi giorni ho ricevuto una proposta di lavoro (sono disoccupata) in cui mi è stata comunicata la possibilità di spostamenti in altre città.
E' possibile che debba rinunciare? Non c'è nulla che posso fare per contrastare questa terribile cosa?
Sono una persona molto positiva, ma mi rendo conto che da sola non ce la posso fare.
Grazie a chi mi dedicherà del tempo.
Ho 29 anni ed avrei gentilmente bisogno di un consiglio/consulto riguardo il mio estremo malessere a viaggiare.. può sembrare futile, ma in realtà è molto debilitante.
In principio ho sempre avuto problemi a spostarmi dalla mia città, ma in generale era collegato al veicolo, agli odori, alle curve della strada, che mi provocavano problemi allo stomaco. Qual'ora, però, la guida del guidatore, gli odori (in genere di auto nuovo, di chiuso ecc..) non creavano problemi, non ho mai avuto grosse difficoltà nel viaggiare. Ricordo persino che all'età di 19 anni mi muovevo in pulman per più di 5 ore per dare gli esami universitari.
Ma da quando è nata mia figlia (5 anni fa), persino recarmi al centro commerciale fuori città (10min di macchina) mi crea un forte problema...
Va detto che sono affetta da Sclerosi Multipla da 12 anni ed ho imparato a non fare nulla se non sto fisicamente bene per evitare imprevisti e disagi. Così, quando devo muovermi, il mio pensiero è piano piano diventato: "E se mi sento male?"
Mio marito è originario di un altro paese rispetto a dove viviamo ora, ed almeno una volta l'anno andiamo a trovare la sua famiglia facendo 6-7 ore di viaggio in auto. Programmiamo gli spostamenti con mesi d'anticipo e dall'istante in cui lui mi comunica la data della partenza, inizio a stare male: mi viene nausea e a volte ho avuto anche episodi di diarrea poco prima di partire.
Sono giunta alla conclusione che sia questione di ansia, questo lo so. In passato ho avuto altri episodi di ansia e brevi attacchi di panico, ma sono anni che non mi capita più. Ho affrontato anche un periodo di psicoterapia per capire quale fosse il reale problema legato a questo disagio...
Al di la dei viaggi di piacere, è un grosso problema per qualunque cosa. Non posso accettare lavoro fuori città, non posso programmare una piccola gita educativa per mia figlia; solo il pensare di allontanarmi dal mio "save spot" (così lo chiamo) mi fa star male.
Eppure sono una persona a cui piacerebbe visitare posti e non capisco perchè questa cosa sia così peggiorata...
In questi giorni ho ricevuto una proposta di lavoro (sono disoccupata) in cui mi è stata comunicata la possibilità di spostamenti in altre città.
E' possibile che debba rinunciare? Non c'è nulla che posso fare per contrastare questa terribile cosa?
Sono una persona molto positiva, ma mi rendo conto che da sola non ce la posso fare.
Grazie a chi mi dedicherà del tempo.
[#1]
Gentile utente,
Nessuna domanda/richiesta di consulto è futile.
"Ho affrontato anche un periodo di psicoterapia per capire quale fosse il reale problema legato a questo disagio..."
- che tipo di psicoterapia ha seguito? Che orientamento aveva il/la sua/o curante?
(Psicoanalitico? Cognitivo comportamentale? Strategico? Gestaltico? Etc etc)
- a che conclusione siete giunti insieme al suo terapeuta?
- la conclusione della terapia è stata una scelta condivisa o no?
- come si svolgevano le sedute?
- avete condiviso: metodi, strategie e obiettivi con lo scopo di gestire l'ansia che ci descrive?
- ricorda un momento/episodio: prima, durante la gravidanza, dopo il parto... che l'ha turbata in qualche modo?
Anche dei pensieri che in quel periodo si sono sgradevolmente innescati (?)
Nessuna domanda/richiesta di consulto è futile.
"Ho affrontato anche un periodo di psicoterapia per capire quale fosse il reale problema legato a questo disagio..."
- che tipo di psicoterapia ha seguito? Che orientamento aveva il/la sua/o curante?
(Psicoanalitico? Cognitivo comportamentale? Strategico? Gestaltico? Etc etc)
- a che conclusione siete giunti insieme al suo terapeuta?
- la conclusione della terapia è stata una scelta condivisa o no?
- come si svolgevano le sedute?
- avete condiviso: metodi, strategie e obiettivi con lo scopo di gestire l'ansia che ci descrive?
- ricorda un momento/episodio: prima, durante la gravidanza, dopo il parto... che l'ha turbata in qualche modo?
Anche dei pensieri che in quel periodo si sono sgradevolmente innescati (?)
Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo. Psicoterapia cognitiva e cognitivo comportamentale.
[#2]
Ex utente
Buongiorno Dottore, la ringrazio per la sua risposta.
La dottoressa era una Psicoanalista la quale preferì affrontare altri discorsi in principio più che focalizzarsi sul problema di quanto sopra.
Inizialmente era un colloquio in cui le parlavo di quello che pensavo potesse essere un carico emotivo eccessivo per me, come la malattia, il fatto di essere diventata mamma e non poter fare delle cose per mia figlia... e cercava di capire quel che dicevo anche da come mi ponevo, dal mio atteggiamento nei confronti dei discorsi.
Per quanto riguarda i viaggi, ho sempre pensato che fosse l'allontanamento da mia madre il problema. Lei mi ha sempre dato sicurezza e risolveva i miei problemi. Il mio rapporto con lei è tutt'oggi fondamentale. Per mia fortuna, ho trovato nel mio compagno lo stesso punto di riferimento, per cui non si spiega perchè anche se mi sposto con lui, il disagio persiste. E cosa ancora più strana, recentemente, non sono riuscita a partire per un viaggio di 1h proprio con mia madre...
Alla fine di ogni seduta mi insegnava a focalizzarmi sul respiro, a inspirare ed espirare profondamente e a utilizzare questo metodo nei momenti di ansia.
Ho fatto in tutto 4 mesi di terapia una volta a settimana, anche se lei mi suggerì almeno di vederci un paio di volte a settimana, ma per questioni monetarie non mi era possibile.
Alla fine, sempre il motivo indicato sopra, ho dovuto interrompere per cui non c'è stata un'effettiva conclusione.
Ho trovato giovamento dai colloqui con lei in quanto decisi di affrontare la terapia essendo entrata in una fase in cui ogni dolore che provavo (mal di testa, mal di pancia..) mi facevano pensare ci fosse altro dietro di più grave al semplice disturbo e mi stavo rovinando la vita... dopo aver parlato con lei questo problema è andato sciamando finchè non è sparito.
Ma su i viaggi il tema è più che aperto...
Non ricordo alcun episodio in gravidanza o dopo che possa essere incisivo. Quando ero incinta andavo anche spesso in una città a 1h e mezza dalla mia con il mio compagno senza grossi problemi.
Forse l'unica cosa che può essere rilevante era l'insicurezza che avevo quando ero incinta perchè, essendo malata, credevo di non essere abbastanza per mia figlia a maggior ragione perchè stando nella pancia non l'avrei potuta aiutare, e quando è nata ero insicura sul quel che facevo e volevo che ci fossero sempre persone competenti da rintracciare subito.
Ma credo questo sia anche il problema di ogni primipara.
In realtà una cosa simile mi capita anche se devo prendere un impegno per cui altre persone dipendono da me e subito parte la domanda: "E se mi sento male?".
Mi scuso per il lungo tema che ho scritto e la ringrazio ancora.
La dottoressa era una Psicoanalista la quale preferì affrontare altri discorsi in principio più che focalizzarsi sul problema di quanto sopra.
Inizialmente era un colloquio in cui le parlavo di quello che pensavo potesse essere un carico emotivo eccessivo per me, come la malattia, il fatto di essere diventata mamma e non poter fare delle cose per mia figlia... e cercava di capire quel che dicevo anche da come mi ponevo, dal mio atteggiamento nei confronti dei discorsi.
Per quanto riguarda i viaggi, ho sempre pensato che fosse l'allontanamento da mia madre il problema. Lei mi ha sempre dato sicurezza e risolveva i miei problemi. Il mio rapporto con lei è tutt'oggi fondamentale. Per mia fortuna, ho trovato nel mio compagno lo stesso punto di riferimento, per cui non si spiega perchè anche se mi sposto con lui, il disagio persiste. E cosa ancora più strana, recentemente, non sono riuscita a partire per un viaggio di 1h proprio con mia madre...
Alla fine di ogni seduta mi insegnava a focalizzarmi sul respiro, a inspirare ed espirare profondamente e a utilizzare questo metodo nei momenti di ansia.
Ho fatto in tutto 4 mesi di terapia una volta a settimana, anche se lei mi suggerì almeno di vederci un paio di volte a settimana, ma per questioni monetarie non mi era possibile.
Alla fine, sempre il motivo indicato sopra, ho dovuto interrompere per cui non c'è stata un'effettiva conclusione.
Ho trovato giovamento dai colloqui con lei in quanto decisi di affrontare la terapia essendo entrata in una fase in cui ogni dolore che provavo (mal di testa, mal di pancia..) mi facevano pensare ci fosse altro dietro di più grave al semplice disturbo e mi stavo rovinando la vita... dopo aver parlato con lei questo problema è andato sciamando finchè non è sparito.
Ma su i viaggi il tema è più che aperto...
Non ricordo alcun episodio in gravidanza o dopo che possa essere incisivo. Quando ero incinta andavo anche spesso in una città a 1h e mezza dalla mia con il mio compagno senza grossi problemi.
Forse l'unica cosa che può essere rilevante era l'insicurezza che avevo quando ero incinta perchè, essendo malata, credevo di non essere abbastanza per mia figlia a maggior ragione perchè stando nella pancia non l'avrei potuta aiutare, e quando è nata ero insicura sul quel che facevo e volevo che ci fossero sempre persone competenti da rintracciare subito.
Ma credo questo sia anche il problema di ogni primipara.
In realtà una cosa simile mi capita anche se devo prendere un impegno per cui altre persone dipendono da me e subito parte la domanda: "E se mi sento male?".
Mi scuso per il lungo tema che ho scritto e la ringrazio ancora.
[#3]
Non occorre scusarsi. Anzi la ringrazio perché è stata molto accurata ed esaustiva.
Partiamo dal presupposto che "imparare" le cause/a dei propri malesseri serve relativamente, se poi non si procede con strategie e scopi condivisi in seduta con il paziente per "smontare" l'architettura cognitiva di credenze disfunzionali che conducono a pensare in maniera non utile e vantaggiosa. Ergo: non basta capire per cambiare!
Quindi
per gestire l'ansia come emozione occorre che la persona si impossessi di strategie e modi di pensare più funzionali e meno "catastrofici" durante, e non solo, le fasi di ansia acuta.
probabilmente, l'insicurezza materna alle "prime armi", con il " falchetto" sulla spalla della patologia che in qualche modo la condizionava,
avrà avuto il suo carico non indifferente...
Con ciò, non intendo assolutamente smontare il lavoro che lei ha fatto con la Collega, perché ci scrive che ha trovato giovamento in alcuni aspetti particolari come il timore di poter avere qualcosa che non va ad ogni minimo segno e sintomo che avvertiva ad esempio. E questo è estremamente positivo!
Per la sua ansia legata agli spostamenti, se dovessi suggerirle la strada più utile da intraprendere, sarebbe quella di rivolgersi ad un/una Collega Psicologa/o specializzato in terapia cognitivo-comportamentale. Questo tipo di psicoterapia è riconosciuta - fondata su basi scientifiche di ricerca - come il Gold standard nella terapia dei disagi ansiosi.
Probabilmente, se decidesse di seguire il suggerimento, le occorrerebbero anche poche sedute dato che c'è da intervenire su questa ansia specificamente legata al timore di viaggiare.
Questa lettura potrà chiarirle le idee in proposito
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/427-la-psicoterapia-il-modello-cognitivo-comportamentale.html
un caro saluto!
Ci faccia sapere se lo desidera
Partiamo dal presupposto che "imparare" le cause/a dei propri malesseri serve relativamente, se poi non si procede con strategie e scopi condivisi in seduta con il paziente per "smontare" l'architettura cognitiva di credenze disfunzionali che conducono a pensare in maniera non utile e vantaggiosa. Ergo: non basta capire per cambiare!
Quindi
per gestire l'ansia come emozione occorre che la persona si impossessi di strategie e modi di pensare più funzionali e meno "catastrofici" durante, e non solo, le fasi di ansia acuta.
probabilmente, l'insicurezza materna alle "prime armi", con il " falchetto" sulla spalla della patologia che in qualche modo la condizionava,
avrà avuto il suo carico non indifferente...
Con ciò, non intendo assolutamente smontare il lavoro che lei ha fatto con la Collega, perché ci scrive che ha trovato giovamento in alcuni aspetti particolari come il timore di poter avere qualcosa che non va ad ogni minimo segno e sintomo che avvertiva ad esempio. E questo è estremamente positivo!
Per la sua ansia legata agli spostamenti, se dovessi suggerirle la strada più utile da intraprendere, sarebbe quella di rivolgersi ad un/una Collega Psicologa/o specializzato in terapia cognitivo-comportamentale. Questo tipo di psicoterapia è riconosciuta - fondata su basi scientifiche di ricerca - come il Gold standard nella terapia dei disagi ansiosi.
Probabilmente, se decidesse di seguire il suggerimento, le occorrerebbero anche poche sedute dato che c'è da intervenire su questa ansia specificamente legata al timore di viaggiare.
Questa lettura potrà chiarirle le idee in proposito
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/427-la-psicoterapia-il-modello-cognitivo-comportamentale.html
un caro saluto!
Ci faccia sapere se lo desidera
[#4]
Ex utente
La ringrazio per la sua gentilezza e repentinità delle risposte.
Proverò a cercare un esperto del settore per intraprendere un lavoro mirato.
Tempo fa mi era stato suggerito di utilizzare farmaci per controllare quest'ansia, ma sono più propensa per una nuova terapia.
Leggerò con attenzione il link che mi ha suggerito.
Le auguro buona giornata e non mancherò di aggiornare lei e chi può trovare utile questi post.
Proverò a cercare un esperto del settore per intraprendere un lavoro mirato.
Tempo fa mi era stato suggerito di utilizzare farmaci per controllare quest'ansia, ma sono più propensa per una nuova terapia.
Leggerò con attenzione il link che mi ha suggerito.
Le auguro buona giornata e non mancherò di aggiornare lei e chi può trovare utile questi post.
[#5]
Per quanto concerne i farmaci, generalmente per un'ansia specifica il medico psichiatra, tende a prescrivere farmaci ansiolitici "al bisogno". Il loro principio attivo sono le cosiddette benzodiazepine che hanno un effetto miorilassante e ipnoinducente ma...
concordo con lei.
Si ricordi che il principio attivo della sua ansia è lei stessa. E quindi imparerà col tempo a gestirla sia cognitivamente (pensieri ed emozioni) che a livello comportamentale!!
Lieto di esserle stato d'aiuto.
Molti Auguri per tutto!
concordo con lei.
Si ricordi che il principio attivo della sua ansia è lei stessa. E quindi imparerà col tempo a gestirla sia cognitivamente (pensieri ed emozioni) che a livello comportamentale!!
Lieto di esserle stato d'aiuto.
Molti Auguri per tutto!
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 1.9k visite dal 04/04/2017.
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