Tentato suicidio di un familiare
Buongiorno,
mio fratello (33anni) ha pochi giorni fa tentato il suicidio per overdose di psicofarmaci.
Il tentativo è appunto fallito e dopo due giorni in ospedale si è ripreso.
è in cura a uno psichiatra tramite cps (che vede una volta la mese o anche più raramente) e sotto psicofarmaci da vari anni, credo 8 o 9 ( lorazepram e lexotan).
Le motivazioni sono "esistenziali" e lavorative: sente di non aver vissuto una vita non sua, non sa cosa vuole,non lo appassiona più nulla, odia il suo lavoro (non gli è mai piaciuto), ha subito mobbing.
è molto dotato intellettualmente e ha sempre ottenuto ottimi risultati negli studi.
La mia domanda è: ora che si può fare? Quali sono le strade da intraprendere?
Per ora rimarrà a casa da lavoro (l'idea di tornarci lo riempie di ansia) e vedrà a breve lo psichiatra. Sta considerando l'idea di un ricovero ma il medico non ci ha chiarito le idee: in cosa consisterebbe,di che si tratta? Quanto può durare e dove si svolge?
Ha parlato in generale di "case di cura".
Sarà necessario in questa fase aumentare gli psicofarmaci,come dice il medico?
Noi, come famiglia, a parte essere presenti, cosa dobbiamo fare? Cosa dobbiamo aspettarci?
Ha crisi di pianto e non ha abbandonato del tutto l'idea del suicidio.
Mia madre non lo prende particolarmente sul serio ed è preoccupata riguardo al suo futuro lavorativo.
Adesso ha delle idee, non so se fantasie o attuabili, riguardo al cambiare vita e stare più a contatto con la natura, coi bambini, fare una vita più semplice e tranquilla.
Secondo mia madre sono appunto fantasie e rischia di pentirsene e rovinarsi la vita.
Lui vorrebbe inoltre fare degli esami perché ha idea che potrebbe avere dei problemi a livello neurologico, sente di avere stati confusionali e disturbi a concentrarsi e ricordare le cose. Secondo mia madre sono anche queste tutte fantasie.
Esistono degli esami da fare? Quali sono,avrebbe senso farli?
Vi ringrazio infinitamente e spero in una risposta. I miei saluti.
mio fratello (33anni) ha pochi giorni fa tentato il suicidio per overdose di psicofarmaci.
Il tentativo è appunto fallito e dopo due giorni in ospedale si è ripreso.
è in cura a uno psichiatra tramite cps (che vede una volta la mese o anche più raramente) e sotto psicofarmaci da vari anni, credo 8 o 9 ( lorazepram e lexotan).
Le motivazioni sono "esistenziali" e lavorative: sente di non aver vissuto una vita non sua, non sa cosa vuole,non lo appassiona più nulla, odia il suo lavoro (non gli è mai piaciuto), ha subito mobbing.
è molto dotato intellettualmente e ha sempre ottenuto ottimi risultati negli studi.
La mia domanda è: ora che si può fare? Quali sono le strade da intraprendere?
Per ora rimarrà a casa da lavoro (l'idea di tornarci lo riempie di ansia) e vedrà a breve lo psichiatra. Sta considerando l'idea di un ricovero ma il medico non ci ha chiarito le idee: in cosa consisterebbe,di che si tratta? Quanto può durare e dove si svolge?
Ha parlato in generale di "case di cura".
Sarà necessario in questa fase aumentare gli psicofarmaci,come dice il medico?
Noi, come famiglia, a parte essere presenti, cosa dobbiamo fare? Cosa dobbiamo aspettarci?
Ha crisi di pianto e non ha abbandonato del tutto l'idea del suicidio.
Mia madre non lo prende particolarmente sul serio ed è preoccupata riguardo al suo futuro lavorativo.
Adesso ha delle idee, non so se fantasie o attuabili, riguardo al cambiare vita e stare più a contatto con la natura, coi bambini, fare una vita più semplice e tranquilla.
Secondo mia madre sono appunto fantasie e rischia di pentirsene e rovinarsi la vita.
Lui vorrebbe inoltre fare degli esami perché ha idea che potrebbe avere dei problemi a livello neurologico, sente di avere stati confusionali e disturbi a concentrarsi e ricordare le cose. Secondo mia madre sono anche queste tutte fantasie.
Esistono degli esami da fare? Quali sono,avrebbe senso farli?
Vi ringrazio infinitamente e spero in una risposta. I miei saluti.
[#1]
gentile utente, la situazione sembra piuttosto grave. in questi casi è necessario affidarsi totalmente alle cure dello psichiatra e possibilmente, anche un supporto psicoterapico.
Il ricovero potrebbe essere una necessità se ci sono rischi che l'azione suicidaria venga ripetuta,ma questo solo l'osservazione diretta dello psichiatra può stabilirlo.
Monitoraggio e cure psichiatriche e psicologiche sono, allo stato attuale, l'unica cosa da fare.
saluti
Il ricovero potrebbe essere una necessità se ci sono rischi che l'azione suicidaria venga ripetuta,ma questo solo l'osservazione diretta dello psichiatra può stabilirlo.
Monitoraggio e cure psichiatriche e psicologiche sono, allo stato attuale, l'unica cosa da fare.
saluti
Dr. Armando De Vincentiis
Psicologo-Psicoterapeuta
www.psicoterapiataranto.it
https://www.facebook.com/groups/316311005059257/?ref=bookmarks
[#2]
Utente
Grazie per avermi risposto in così breve tempo.
Capisco che l'unica cosa da fare è attendere il riscontro dello psichiatra.
Vorrei aggiungere,però,che mio fratelo non ha fiducia in questo psichiatra e non ha instaurato con lui un buon rapporto,di fiducia, sia per incompatibilità col suo approccio che perché non è riuscito ad essere molto onesto,ad aprirsi con lui fin dall'inizio.
Temo questo possa essere tuttora un problema.
Inoltre,ancora non mi sono chiare le modalità del ricovero in clinica che sarebbe possibile tramite cps, secondo il nostro medico.
Che tipo di clinica? In che modalità, day hospital,residente?
Cosa succede in questi casi?
Ci è stato detto che sarebbe gratuito in quanto pubblico,è così?
Sempre perché pubblico, ci è stato anche che sarebbe di breve durata. Di quanto tempo si parla?
Inoltre, non so come dovremmo comportarci noi familiari, né come dovremmo reagire alle sue crisi o rispondere quando parla dei suoi progetti o fantasie (personalmente io sono so se si tratti degli uni o delle altre).
Mi chiedo,come gestirà ora tutto i suo tempo? Cosa potremmo fare noi? assecondarlo,essere onesti, tenercene fuori?
Grazie ancora.
Capisco che l'unica cosa da fare è attendere il riscontro dello psichiatra.
Vorrei aggiungere,però,che mio fratelo non ha fiducia in questo psichiatra e non ha instaurato con lui un buon rapporto,di fiducia, sia per incompatibilità col suo approccio che perché non è riuscito ad essere molto onesto,ad aprirsi con lui fin dall'inizio.
Temo questo possa essere tuttora un problema.
Inoltre,ancora non mi sono chiare le modalità del ricovero in clinica che sarebbe possibile tramite cps, secondo il nostro medico.
Che tipo di clinica? In che modalità, day hospital,residente?
Cosa succede in questi casi?
Ci è stato detto che sarebbe gratuito in quanto pubblico,è così?
Sempre perché pubblico, ci è stato anche che sarebbe di breve durata. Di quanto tempo si parla?
Inoltre, non so come dovremmo comportarci noi familiari, né come dovremmo reagire alle sue crisi o rispondere quando parla dei suoi progetti o fantasie (personalmente io sono so se si tratti degli uni o delle altre).
Mi chiedo,come gestirà ora tutto i suo tempo? Cosa potremmo fare noi? assecondarlo,essere onesti, tenercene fuori?
Grazie ancora.
[#3]
Gentile utente,
Le posso chiedere la diagnosi clinica di suo fratello?
è stato ed è regolarmente seguito dal suo psichiatra. Lei che impressione ha, da familiare, verso il medico?
Grazie per le risposte che vorrà fornirmi
Le posso chiedere la diagnosi clinica di suo fratello?
è stato ed è regolarmente seguito dal suo psichiatra. Lei che impressione ha, da familiare, verso il medico?
Grazie per le risposte che vorrà fornirmi
Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo. Psicoterapia cognitiva e cognitivo comportamentale.
[#4]
Utente
Gentile Dr. Pizzoleo,
non ho ancora capito cosa sia stato diagnosticato a mio fratello, lui non è molto chiaro su questo punto.
Parla di disturbo ossessivo compulsivo, nevrosi, disturbo della personalità.
Capisco che una diagnosi possa essere indicativa e d'aiuto sebbene un individuo non sia definito dalla sua diagnosi, ma mi spiace non posso essere precisa a riguardo.
Io sono diagnosticata borderline ( termine che, a quanto ho potuto capire, corrisponde a una sorta di "Né carne né pesce").
Per quanto riguarda il nostro medico, se è al medico di base che si riferisce, ho purtroppo l'impressione che cerchi di blandirci, "tirarsene fuori" quanto più possibile (il che mi pare anche comprensibile,essendo un medico di base e non uno psichiatra) ,nonché cercare di sbrigare la faccenda alla svelta,è quasi impossibile chiedergli qualcosa e ottenere una risposta e il tutto risulta frustrante.
Tende anche a prendere le cose un po' troppo alla leggera penso; ha detto che mio fratello dovrebbe tornare a "stare bene come prima" e per questo deve prendere più psicofarmaci.
Io dico che se doveva prendere psicofarmaci già tanto bene non stava, e mi domando a quale "prima" si riferisse perché da quando era adolescente in poi io non ne ho memoria.
Immagino abbia le sue ragioni e si comporti come ritiene opportuno ma non risulta molto d'aiuto.
non ho ancora capito cosa sia stato diagnosticato a mio fratello, lui non è molto chiaro su questo punto.
Parla di disturbo ossessivo compulsivo, nevrosi, disturbo della personalità.
Capisco che una diagnosi possa essere indicativa e d'aiuto sebbene un individuo non sia definito dalla sua diagnosi, ma mi spiace non posso essere precisa a riguardo.
Io sono diagnosticata borderline ( termine che, a quanto ho potuto capire, corrisponde a una sorta di "Né carne né pesce").
Per quanto riguarda il nostro medico, se è al medico di base che si riferisce, ho purtroppo l'impressione che cerchi di blandirci, "tirarsene fuori" quanto più possibile (il che mi pare anche comprensibile,essendo un medico di base e non uno psichiatra) ,nonché cercare di sbrigare la faccenda alla svelta,è quasi impossibile chiedergli qualcosa e ottenere una risposta e il tutto risulta frustrante.
Tende anche a prendere le cose un po' troppo alla leggera penso; ha detto che mio fratello dovrebbe tornare a "stare bene come prima" e per questo deve prendere più psicofarmaci.
Io dico che se doveva prendere psicofarmaci già tanto bene non stava, e mi domando a quale "prima" si riferisse perché da quando era adolescente in poi io non ne ho memoria.
Immagino abbia le sue ragioni e si comporti come ritiene opportuno ma non risulta molto d'aiuto.
[#5]
Gentile utente,
In questi casi occorre cercare di semplificare e snellire il più possibile l'intero quadro psicopatologico e decisionale riguardo il da farsi.
Partiamo dal presupposto che occorre una definizione clinica -psichiatrica e psicologica- quanto più accurata possibile. Cosa vuol dire?
Vuol dire porre diagnosi specialistica che corrisponda alle linee guida dell'American Psychiatric Association.
Tale diagnosi deve essere: 1)nosografica (ovvero categorizzata) e 2)funzionale, ovvero valutativa del funzionamento
-cognitivo (pensieri ed emozioni) e comportamentale di suo fratello.
Occorre inoltre:
- Valutare 4 aspetti basici: frequenza, intensità, durata e gravità della sintomatologia.
- Analizzare specificamente in che senso, tempo e spazio, sono presenti comorbilitá (presenza di diverse psicopatologie nello stesso soggetto).
- Valutare di che tipologia di suicidio si tratta: *Suicidio d'impulso che nasce da una crisi acuta?
*Suicido causato da una sofferenza crescente o ricorrente?
*Suicidio causato da tendenze croniche al suicidio?
*Suicidio razionale?
* Suicidio dimostrativo?
- valutare se la terapia psicofarmacologica attuale
* è utile (quanto e come);
* se modificarla eventualmente.
Per ottenere questo quadro complessivo è necessario rivolgersi a psichiatra e psicologo-psicoterapeuta preferibilmente specializzato/a in terapia cognitivo comportamentale. Le due figure professionali devono interagire nell'inquadramento clinico della persona.
Sulla base di questo insieme di valutazioni si prospetterá la soluzione curativa più opportuna nel caso specifico di suo fratello:
- casa di cura?
- centro diurno?
- terapia ambulatoriale?
- struttura residenziale o semi-residenziale?
Nel caso da lei posto, sarebbe opportuno agire in questo modo. Ovvero scientificamente.
cordiali saluti
Ci faccia sapere se vuole
noi siamo qui.
In questi casi occorre cercare di semplificare e snellire il più possibile l'intero quadro psicopatologico e decisionale riguardo il da farsi.
Partiamo dal presupposto che occorre una definizione clinica -psichiatrica e psicologica- quanto più accurata possibile. Cosa vuol dire?
Vuol dire porre diagnosi specialistica che corrisponda alle linee guida dell'American Psychiatric Association.
Tale diagnosi deve essere: 1)nosografica (ovvero categorizzata) e 2)funzionale, ovvero valutativa del funzionamento
-cognitivo (pensieri ed emozioni) e comportamentale di suo fratello.
Occorre inoltre:
- Valutare 4 aspetti basici: frequenza, intensità, durata e gravità della sintomatologia.
- Analizzare specificamente in che senso, tempo e spazio, sono presenti comorbilitá (presenza di diverse psicopatologie nello stesso soggetto).
- Valutare di che tipologia di suicidio si tratta: *Suicidio d'impulso che nasce da una crisi acuta?
*Suicido causato da una sofferenza crescente o ricorrente?
*Suicidio causato da tendenze croniche al suicidio?
*Suicidio razionale?
* Suicidio dimostrativo?
- valutare se la terapia psicofarmacologica attuale
* è utile (quanto e come);
* se modificarla eventualmente.
Per ottenere questo quadro complessivo è necessario rivolgersi a psichiatra e psicologo-psicoterapeuta preferibilmente specializzato/a in terapia cognitivo comportamentale. Le due figure professionali devono interagire nell'inquadramento clinico della persona.
Sulla base di questo insieme di valutazioni si prospetterá la soluzione curativa più opportuna nel caso specifico di suo fratello:
- casa di cura?
- centro diurno?
- terapia ambulatoriale?
- struttura residenziale o semi-residenziale?
Nel caso da lei posto, sarebbe opportuno agire in questo modo. Ovvero scientificamente.
cordiali saluti
Ci faccia sapere se vuole
noi siamo qui.
[#6]
Utente
Buongiorno Dr. Pizzoleo,
la ringrazio per la sua risposta esauriente.
Il ragazzo ha tentato nuovamente il suicidio e al momento è ricoverato al reparto di Psichiatria dell'Ospedale San Raffaele Turro. Gli hanno cambiato terapia farmacologica e il ricovero dovrebbe durare tra le due e le quattro settimane, almeno così pare. Per ora chiaramente non si può sapere.
Se può dirmi qualcosa in merito alla struttura o qualsiasi sua impressione ne sarò lieta.
Saluti.
la ringrazio per la sua risposta esauriente.
Il ragazzo ha tentato nuovamente il suicidio e al momento è ricoverato al reparto di Psichiatria dell'Ospedale San Raffaele Turro. Gli hanno cambiato terapia farmacologica e il ricovero dovrebbe durare tra le due e le quattro settimane, almeno così pare. Per ora chiaramente non si può sapere.
Se può dirmi qualcosa in merito alla struttura o qualsiasi sua impressione ne sarò lieta.
Saluti.
[#7]
In merito alla struttura, non conoscendola, non le posso dire nulla. Mi dispiace.
Per il resto suggerisco quanto già detto in #5.
occorre
1) diagnosi specifica psichiatrica che corrisponda ai criteri diagnostici dell'ultimo manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali (DSM V)
2) diagnosi funzionale. Quest'ultima (eventualmente) anche una volta che il ragazzo verrà dimesso. Anche se sarebbe preferibile farla ora che è in degenza. Questo perché, una volta dimesso, il ragazzo potrebbe mostrare un funzionamento cognitivo e comportamentale tale da non poter eseguire una diagnosi funzionale specifica.
Con entrambi questi elementi si potrà procedere a terapia e prognosi.
Se lo desidera ci faccia sapere dopo la dimissione.
In bocca al lupo!
Per il resto suggerisco quanto già detto in #5.
occorre
1) diagnosi specifica psichiatrica che corrisponda ai criteri diagnostici dell'ultimo manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali (DSM V)
2) diagnosi funzionale. Quest'ultima (eventualmente) anche una volta che il ragazzo verrà dimesso. Anche se sarebbe preferibile farla ora che è in degenza. Questo perché, una volta dimesso, il ragazzo potrebbe mostrare un funzionamento cognitivo e comportamentale tale da non poter eseguire una diagnosi funzionale specifica.
Con entrambi questi elementi si potrà procedere a terapia e prognosi.
Se lo desidera ci faccia sapere dopo la dimissione.
In bocca al lupo!
[#8]
Utente
salve,
aggiorno la situazione.
La diagnosi è disturbo narcisistico della personalità.
Il ragazzo ha tentato due settimane fa,per la terza volta,il suicidio gettandosi dalla finestra e facendosi parecchio male, ma niente di irreparabile.
lividi,qualche osso rotto.
ieri lui e i miei hanno firmato tutte le le carte per farlo uscire dall'ospedale,perché lo volevano tenere in psichiatria - quindi è tornato a casa coi miei.
a questo punto mi domando cosa potrebbe essere meglio per lui.
dubito che stare a casa e la vicinanza dei miei -ormai molto apprensivi e oppressivi- sia utile, a lui come a loro, e come al mio altro fratello che subisce la situazione.
vi ringrazio molto, confido in una vostra risposta
aggiorno la situazione.
La diagnosi è disturbo narcisistico della personalità.
Il ragazzo ha tentato due settimane fa,per la terza volta,il suicidio gettandosi dalla finestra e facendosi parecchio male, ma niente di irreparabile.
lividi,qualche osso rotto.
ieri lui e i miei hanno firmato tutte le le carte per farlo uscire dall'ospedale,perché lo volevano tenere in psichiatria - quindi è tornato a casa coi miei.
a questo punto mi domando cosa potrebbe essere meglio per lui.
dubito che stare a casa e la vicinanza dei miei -ormai molto apprensivi e oppressivi- sia utile, a lui come a loro, e come al mio altro fratello che subisce la situazione.
vi ringrazio molto, confido in una vostra risposta
[#9]
Comprendo la sua apprensione per suo fratello, ma più che porla qui questa domanda: "a questo punto mi domando cosa potrebbe essere meglio per lui", sarebbe estremamente utile farla al medico- del reparto di psichiatria- che conosce il quadro clinico.
Prendere decisioni autonomamente, in casi come questo, non è raccomandabile.
Affidatevi ai medici, contattando eventualmente anche un/a collega psicoterapeuta che si possa prendere cura, in modo continuativo e costante nel tempo, di suo fratello.
Anche a lei e ai suoi genitori sarebbe utile avvalersi di consulenza specialistica, per comprendere come poter gestire emotivamente, cognitivamente e concretamente la situazione.
Cordiali saluti
Prendere decisioni autonomamente, in casi come questo, non è raccomandabile.
Affidatevi ai medici, contattando eventualmente anche un/a collega psicoterapeuta che si possa prendere cura, in modo continuativo e costante nel tempo, di suo fratello.
Anche a lei e ai suoi genitori sarebbe utile avvalersi di consulenza specialistica, per comprendere come poter gestire emotivamente, cognitivamente e concretamente la situazione.
Cordiali saluti
[#10]
Utente
Gentile dottore, i miei -o meglio mia madre- continuano a fidarsi più di sé stessi che dei medici.
Piangono molto e si disperano,eppure mi sembra controversa la loro posizione: da un lato mio padre si dispera,dall'altro sembra entusiasmato dall'avere di nuovo un ruolo e poter dire che lui fa tutto per i ragazzo (da quando è in pensione di ruoli e gratificazioni ne ha ben pochi), e lo controlla ossessivamente.
Mia madre lo vuole "curare lei" e decidere se "mandarlo" di qua o di là e si prende cura di lui come un bambino, dall'altra parte ce l'ha con lui perché non è più "normale". Fino a quest'ultimo tentativo non l'aveva ancora preso affatto sul serio e ce l'aveva molto con lui;ora sembra tenda più a prendersene cura.
Io mi sento estremamente fredda e non so perché mi sembra di odiarli senza odiarli,e anche se non li odio tendo a voler rappresentare un odio totale nei loro confronti. Mi è difficile essere di alcun aiuto.
Mi pare che qualunque cosa faccia possa venire strumentalizzata e trasformata attraverso la loro visione e questo mi irrita molto.
Se mi dicono che dovrei stare vicino a mio fratello, non riesco a fare a meno di volerlo ignorare totalmente.
Del resto non so in una diversa situazione come mi comporterei.
Forse semplicemente non mi importa. Eppure sento una grande ansia e come infilato in una dinamica in cui non sono padrona delle mie azioni.
In realtà è per me che chiedo consiglio.
Piangono molto e si disperano,eppure mi sembra controversa la loro posizione: da un lato mio padre si dispera,dall'altro sembra entusiasmato dall'avere di nuovo un ruolo e poter dire che lui fa tutto per i ragazzo (da quando è in pensione di ruoli e gratificazioni ne ha ben pochi), e lo controlla ossessivamente.
Mia madre lo vuole "curare lei" e decidere se "mandarlo" di qua o di là e si prende cura di lui come un bambino, dall'altra parte ce l'ha con lui perché non è più "normale". Fino a quest'ultimo tentativo non l'aveva ancora preso affatto sul serio e ce l'aveva molto con lui;ora sembra tenda più a prendersene cura.
Io mi sento estremamente fredda e non so perché mi sembra di odiarli senza odiarli,e anche se non li odio tendo a voler rappresentare un odio totale nei loro confronti. Mi è difficile essere di alcun aiuto.
Mi pare che qualunque cosa faccia possa venire strumentalizzata e trasformata attraverso la loro visione e questo mi irrita molto.
Se mi dicono che dovrei stare vicino a mio fratello, non riesco a fare a meno di volerlo ignorare totalmente.
Del resto non so in una diversa situazione come mi comporterei.
Forse semplicemente non mi importa. Eppure sento una grande ansia e come infilato in una dinamica in cui non sono padrona delle mie azioni.
In realtà è per me che chiedo consiglio.
[#11]
Gentile signorina,
Avere l'idea di sapere cosa sia meglio o peggio di fronte ad un figlio con una patologia psichiatrica, controllarlo ossessivamente etc, è sinonimo di presunzione di conoscere ciò che sarebbe meglio e certamente non è la strada idonea. Anzi: può diventare deleteria, se già non lo è, sia per suo fratello che per i suoi genitori che, a prescindere dai motivi che li conducono ad adottare questo comportamento, dovrebbero capire che affidarsi ai suggerimenti e alle cure sanitarie sarebbe la cosa migliore per tutti. Tuttavia, in nessun modo, si può imporre ai suoi genitori di fare ciò che pensano sia sbagliato o non utile per suo fratello.
Per questo, pensavo che una consulenza presso un/una collega psicoterapeuta, avrebbe giovato ad entrambi. Ma allo stato dei fatti, da quello che ho capito, è utopistico proporre questo ai suoi.
detto ciò, come da sua sua richiesta finale, veniamo a lei. Comprensibilmente, credo che lei sia veramente addolorata e forse "stanca" (?) di tutta questa faccenda. Il suo dolore, le sue preoccupazioni, i suoi timori e anche la sua rabbia, si evidenziano in quello che scrive ed è più comprensibile che sperimenti questi sentimenti. Lei fino ad ora ha retto alla grande ma ora sarebbe veramente il caso che lei inizi a prendersi cura di sé.
Cosa vuole fare? Continuare a tormentarsi anteponendo a se stessa, la lotta logorante in un ambiente per lei ostile e difficile da vivere?
E la sua serenità? La sua dimensione emotiva?
Per questo,Il mio suggerimento, per lei, è quello di contattare un/una collega psicoterapeuta per poter fare una disamina della situazione dal suo punto di vista e cercare, in accordo con la o il collega, strategie e tecniche che le consentano:
- di ri-conquistare una serenità personale tediata dall'ambiente in cui vive
- poter assumere anche punti di vista differenti rispetto alla situazione stessa.
con il fine ultimo di avvalersi di un benessere che le manca.
Che ne pensa?
Avere l'idea di sapere cosa sia meglio o peggio di fronte ad un figlio con una patologia psichiatrica, controllarlo ossessivamente etc, è sinonimo di presunzione di conoscere ciò che sarebbe meglio e certamente non è la strada idonea. Anzi: può diventare deleteria, se già non lo è, sia per suo fratello che per i suoi genitori che, a prescindere dai motivi che li conducono ad adottare questo comportamento, dovrebbero capire che affidarsi ai suggerimenti e alle cure sanitarie sarebbe la cosa migliore per tutti. Tuttavia, in nessun modo, si può imporre ai suoi genitori di fare ciò che pensano sia sbagliato o non utile per suo fratello.
Per questo, pensavo che una consulenza presso un/una collega psicoterapeuta, avrebbe giovato ad entrambi. Ma allo stato dei fatti, da quello che ho capito, è utopistico proporre questo ai suoi.
detto ciò, come da sua sua richiesta finale, veniamo a lei. Comprensibilmente, credo che lei sia veramente addolorata e forse "stanca" (?) di tutta questa faccenda. Il suo dolore, le sue preoccupazioni, i suoi timori e anche la sua rabbia, si evidenziano in quello che scrive ed è più comprensibile che sperimenti questi sentimenti. Lei fino ad ora ha retto alla grande ma ora sarebbe veramente il caso che lei inizi a prendersi cura di sé.
Cosa vuole fare? Continuare a tormentarsi anteponendo a se stessa, la lotta logorante in un ambiente per lei ostile e difficile da vivere?
E la sua serenità? La sua dimensione emotiva?
Per questo,Il mio suggerimento, per lei, è quello di contattare un/una collega psicoterapeuta per poter fare una disamina della situazione dal suo punto di vista e cercare, in accordo con la o il collega, strategie e tecniche che le consentano:
- di ri-conquistare una serenità personale tediata dall'ambiente in cui vive
- poter assumere anche punti di vista differenti rispetto alla situazione stessa.
con il fine ultimo di avvalersi di un benessere che le manca.
Che ne pensa?
Questo consulto ha ricevuto 11 risposte e 20.7k visite dal 31/03/2017.
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Approfondimento su Suicidio
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