Depressione, attacchi di panico e zero voglia di vivere: sono stanca

Buonasera dottori, dal 2006 ho iniziato a soffrire di attacchi di panico, associati a depressione. Sono stata in cura da uno psichiatra che mi ha prescritto un sacco di farmaci (interrotti a settembre 2008). Le cause dei miei attacchi sono dovute a un tentato abuso subito da un mio parente quando avevo 15 anni. Dal 2009 al 2011 sono stata BENISSIMO, riuscendo addirittura a prendere il diploma. A settembre 2011 decido di iscrivermi alla facoltà di Psicologia di Milano,ma poco prima di salire sul treno un attacco di panico con nausea e vomito mi ha bloccata. Proprio da settembre 2011 ho iniziato una relazione con un ragazzo che nessuno della mia famiglia può sopportare (ex spacciatore e drogato), con il quale sto ancora oggi, nonostante le numerose delusioni che mi ha provocato (l'ho beccato più volte a fare uso di sostanze). Tuttavia, nonostante tutto, è stata l'unica persona a capirmi. Dal 2015 i sintomi peggiorano a causa della morte della mia nonna, che mi ha cresciuta dai 12 anni in poi (da quando i miei si sono separati perché mia madre lavorava la sera). Non mangiavo più e non volevo più vivere. Non volevo nemmeno vedere il mio ragazzo, né sentirlo: ero diventata apatica, senza sentimenti. A settembre 2015 ho tentato il test d'ingresso a Psicologia e sono entrata (borsa di studio per reddito). Sono riuscita a dare tutti gli esami nel primo anno. A settembre 2016 a mia madre viene diagnosticato un tumore al pancreas, ma sono riuscita a prendere un 28. Subito dopo è toccato a me essere operata. Soffro di endometriosi da quando ho 16 anni, sono stata operata nel 2007 e da allora prendo la pillola. Nonostante questo la bestia è tornata più forte di prima: IV stadio. Dal giorno dell'intervento (7 novembre 2016) ho iniziato ad avere perdite frequenti e abbondanti fino al 10 di marzo, quando ho deciso di consultare un altro ginecologo. Mi cambia pillola, assicurandomi che non avrei più avuto perdite e niente ciclo. Purtroppo la nuova pillola mi ha distrutta: ciclo con contrazioni uterine, perdite di coaguli e paralisi della gamba destra. Da una settimana che sono a letto, non riesco a studiare e non ho più voglia di fare niente. Non riesco a uscire di casa. Vorrei solo starmene a letto. Mi da quasi fastidio sentire il mio ragazzo, della serie "Ma chi ti vuole?! Lasciami stare io non ti amo", quando invece so benissimo che non è così perché fino a una settimana fa queste cose non le provavo. In casa ho lo xanax prescritto dal mio medico di base per stare calma, ma non sta facendo effetto (0,25 mg) e non voglio esagerare (no stordimenti) In questi giorni sto seriamente pensando di mollare tutto perché non ho più voglia di fare nulla e tra 3 giorni ho un esame, solo starmene a letto senza nessuno intorno. Ho provato a chiedere aiuto in almeno 4 consultori della mia zona, ma mi sono trovata malissimo: le psicologhe che ho incontrato mi hanno fatta sentire solo un numero. Ho seriamente pensato di buttarmi dal balcone di casa e non so come uscirne.

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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233
Cara Utente,

avrebbe fatto decisamente molto meglio a cercare un aiuto psicologico quando ha iniziato a stare male, invece di lasciare passare gli anni prendendo solamente farmaci che, pur essendo d'aiuto, non consentono certo di risolvere difficoltà di ordine psicologico, né di comprenderne ed elaborarne il senso.
Come mai non l'ha fatto prima?
Si è iscritta a Psicologia con la speranza (o meglio l'illusione) di curarsi da sola?

Che diagnosi ha ricevuto di preciso?
Che farmaci ha assunto?

Per quanto riguarda i consultori, se si è trovata male con 4 persone diverse forse questo dipende da lei, piuttosto che da loro, perché non è plausibile che abbia incontrato ben 4 psicologhe identiche nei modi e nell'approccio.

Forse la infastidisce l'idea di farsi aiutare e per questo ha reagito non sentendosi presa seriamente da tutte loro.
Cosa ne pensa?

Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it

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Utente
Utente
Gentile dottoressa, la ringrazio per la sua risposta. Purtroppo mia madre ha perso il lavoro, viviamo sole e ogni volta che ho provato a chiedere aiuto economico per una terapia mi è stato risposto che nel mio caso è inutile, perché non è vero che sto male e che posso uscirne da sola, visto che tutti hanno l'ansia al giorno d'oggi. Cerco di nascondere il mio attuale stato a tutti (tranne ad alcune amiche fidate), poiché altrimenti finirei con l'essere di nuovo giudicata. Tra il 2006 e il 2008 ho preso Xerupin, xanax, daparox e serenase (con quest'ultimo ho tentato il suicido e mi hanno salvato a pelo). Mi sono iscritta a psicologia forse per capire me stessa, ma in realtà il mio obiettivo è quello di aiutare i minori vittime di abusi, bullismo (di cui sono stata protagonista dai 12 ai 13 anni) in abito giuridico. Non so dirle per quale motivo non mi sono trovata a mio agio negli studi dei consultori, forse perché mi davano appuntamenti a distanza di mesi, forse perché invece di ascoltarmi guardavano l'orologio (sono andata in 4 paesi diversi). L'unica dottoressa con cui mi sono trovata bene purtroppo è a pagamento. Nel 2011 avevo paura ad uscire di casa, una vera e propria fobia sociale che mi porto dietro anche oggi perché temo di essere giudicata e derisa (soprattutto temo di vomitare in mezzo agli altri), ma questa dottoressa per alcuni mesi mi aiutò concretamente, uscendo con me nell'ora di seduta a fare passeggiate brevi nella città. Il prossimo step sarebbe stato quello di prendere il pullman, ma purtroppo i fondi che avevo messo da parte dai miei lavoretti sono finiti e nella mia famiglia tutti ritengono che siano soldi buttati. Solo quando (nel 2007) ho iniziato a tagliarmi mia madre ha considerato lo psichiatra (evidentemente deve poter vedere il male che provo per considerarlo reale). Ho come l'impressione che nessuno possa aiutarmi e che debba fare tutto da sola. Nel frattempo sono consapevole che l'esame di lunedì non lo passerò mai e non sono completamente sicura che questo mio stato sia solo collegato alle mie condizioni fisiche che mi dicono tutti. La mia famiglia, le amiche e il mio ragazzo sostengono che voglio solo starmene a letto perché ho forti dolori e perché pensavo di essere guarita dopo l'intervento, ma c'è qualcosa in più secondo me, mi sento diversa, come se per me fosse inutile andare avanti perché non sono all'altezza dell'università e perché non potrò mai aiutare nessuno finché sto così male io. Non voglio prendere farmaci, non voglio sentirmi in una bolla, vorrei solo togliere dalla testa tutti questi pensieri strani di mollare e stare solo a letto a dormire senza fare niente.

La diagnosi fatta nel 2006: attacchi di panico associati a depressione;
La diagnosi fatta nel 2011: attacchi di panico associati ad assenza di autostima, fobia sociale;
La diagnosi fatta nel 2015: nevroticismo, disturbo ossessivo compulsivo che causa attacchi di panico relativi allo stare male e all'essere giudicata dagli altri e depressione

Grazie per la sua disponibilità
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233
Mi spiace per la sua situazione familiare e personale e probabilmente la cosa migliore che può fare è non ascoltare quello che le viene detto, quando il suo malessere viene ridimensionato, ma agire e decidere essendo conscia del fatto che è solo lei che può sapere come si sente.

Se è dovuta arrivare a tagliarsi per farsi prendere sul serio (anche se poi non è servito) possiamo pensare 2 cose: che lei dà troppo peso al riconoscimento che la sua famiglia dà al suo disagio e che forse soffre di un disturbo di personalità (in particolare le persone che soffrono di un disturbo borderline tendono ad attuare gesti autolesivi per alleviare la tensione interna e per dimostrare alle persone del loro ambiente che stanno davvero male).

In questa situazione è probabile che sia necessario un supporto farmacologico, e naturalmente rimane indispensabile la terapia psicologica.

Oltre ai consultori si è rivolta anche al CPS?

Ha pensato di trovare un lavoro per essere meno dipendente da sua madre?
[#4]
Utente
Utente
Grazie nuovamente per la risposta dottoressa. Purtroppo oggi le cose sono peggiorate, in quanto mia madre è stata nuovamente ricoverata d'urgenza per un malore. E' da una settimana che soffro d'ansia opprimente e questa mattina sono crollata in un attacco di panico devastante che mi ha spinta a cacciarmi le dita in gola per vomitare (visto che avevo la nausea) senza successo perché non ho toccato cibo. Lavoravo come giornalista freelance prima di iniziare gli studi, ma a metà anno accademico mi sono accorta di non poter reggere entrambe le cose (visto che entrambe mi portano ansia). Non ho preso nessun farmaco per calmarmi oggi, ho paura di avere giramenti di testa e nuovamente nausea che mi porterebbero a un'altra crisi di panico da affrontare da sola. Al CPS ci sono stata quando ho tentato il suicidio, non ricordo se servono impegnative per prenotare un appuntamento o bisogna pagare qualcosa. La maggior parte delle persone sostiene che sono io a voler stare male e a volermi lasciare sopraffare dagli attacchi di panico e che siccome sono io che decido di stare male nessuno può fare nulla per me, nemmeno i farmaci. La ringrazio per le sue parole e per il suo sostegno, anche se virtuale, poiché per la prima volta mi sono sentita capita e non classificata come una che sta male per niente. Vorrei solo smettere di avere queste crisi di panico e ansia, smettere di avere pensieri intrusivi riguardo a tutto (scuola, amicizia, amore, vita in sé).
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233
Mi spiace molto per sua madre e per il fatto che lei si senta sola ad affrontare anche i suoi problemi di salute.
Spero che i vostri familiari non si astengono dal dare una mano ad entrambe e se non lo fanno spontaneamente lei ha tutto il diritto di richiedere il loro aiuto.

Per quanto riguarda il suo disagio lasci perdere quello che le dicono gli altri, ma si concentri su sé stessa e sul pensiero che le serve un aiuto per uscire da questa situazione.
È ovvio che sta male e che non desidera certo continuare a sentirsi così.
Può aver fatto alcune cose, come tagliarsi, perché non si sentiva creduta nè presa sul serio, ma non si può certo pensare che chi agisce così lo faccia per capriccio.

Al CPS si accede con l'impegnativa del medico curante che deve richiedere una prima visita psichiatrica perché lei possa prendere appuntamento.
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