Coterapia

Salve Dottori,
Volevo chiedervi un consulto in merito alle co-terapie psicoterapeutiche.
In particolare ho letto facendo delle ricerche che la co-terapia, intesa come terapia condotta da due psicoterapeuti insieme, si utilizza soltanto nelle terapie familiari e non nelle terapie individuali. Volevo sapere se questa cosa è vera.
Questo perché sono stato in cura individualmente per tre anni da due dottoresse credendo di fare una psicoterapia cognitivo comportamentale e non sapendo bene di quale male soffrissi. Premettendo che loro non facevano proprio diagnosi dicendo di evitare proprio l"etichettamento", dopo tre anni la situazione è degenerata terribilmente fino a farmi "infognare" in una serie di situazioni davvero e dico davvero strazianti per le quali non entro nel merito e per le quali io mi sarei davvero suicidato perché ero disperato in una situazione critica se non fosse stato per i miei genitori che convincendomi ad andare da uno psicoterapeuta breve strategico che in quella settimana mi ha salvato letteralmente la vita sbloccandomi in due sedute e indirizzandomi anche verso un controllo neurologico/psichiatrico per una cura famacologica parallela al fine di ottenere un equilibrio che mi consenta di andare a fare una psicoterapia. Scopro quindi adesso la diagnosi grazie allo psichiatra e grazie allo psicoterapeuta: disturbo ossessivo compulsivo con manifestazioni paniche e tratti aggressivo-impulsivi spesso fuori controllo.
Quando ho raccontato la mia storia allo psicoterapeuta su quello che mi avevano detto le due dottoresse è rimasto allibito, anche in merito alle loro tecniche. Ciò che mi ha subito colpito è stata la reazione immediata del terapeuta quando gli ho detto che venivo da tre anni di psicoterapia cognitivo comportamentale da due dottoresse e rimase alquanto sorpreso prendendo subito il cellulare in mano per vedere non so che cosa. Vado dallo psichiatra e quando gli dico la stessa cosa ha una reazione simile togliendosi gli occhiali e chiedendomi perplesso:"terapia cognitivo comportamentale in due???"
Faccio delle ricerche per capire se è normale una cosa del genere, anche perché scopro che un mio amico che già sapeva di soffrire di doc si rivolse a loro e loro gli dissero che non potevano aiutarlo e lo indirizzarono tra l'altro proprio dal terapeuta dove vado ora.
Da questo ne deduco non solo la totale incapacità delle due dottoresse di curare il disturbo ossessivo compulsivo, ma anche di diagnosticarlo, perché non mi hanno indirizzato nemmeno da nessun'altra parte e anzi lo hanno peggiorato terribilmente dicendomi delle cose e facendomi fare delle cose per le quali poi sono arrivato a quella condizione critica descritta prima e per le quali credo che siano stati violati degli articoli del codice deontologico degli per la qual cosa mi sto documentando.
Per questo, nell'ambito di questo quadro e tornando alla domanda iniziale, chiedo se è normale fare una co-terapia psicologica individuale e non famigliare.

Grazie.
[#1]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233
Gentile Utente,

consideri che nel rispondere non possiamo mai entrare nel merito dell'operato di un collega, tanto più non sentendo anche la sua versione, ma solo quella di chi scrive.
Per determinate valutazioni esiste la Commissione Deontologica dell'Ordine, alla quale lei si sta già per rivolgere, e che valuterà nel dettaglio l'accaduto se riscontrerà gli estremi di una o più possibilità violazioni degli obblighi deontologici.

Cosa intende per co-terapia?
Intende che erano sempre presenti contemporaneamente le due dottoresse o che svolgeva sedute un po' con una e un po' con l'altra? Le è stato chiesto se era disponibile a farsi seguire da entrambe?

In realtà non mi risulta che esistano limitazioni da questo punto di vista, ma che due psicologi possano essere presenti insieme soprattutto quando si tratta di terapie che non si basano sul rapporto terapeutico (transfert), ma sulla pianificazione, esecuzione e monitoraggio di esercizi.
Non è immaginabile, per intenderci, la presenza di due psicoanalisti dietro il lettino, ma per terapie basate su esercizi non dovrebbe esserci problema, così come nelle terapie di gruppo (ad es. Bioenergetiche o basate sul Training Autogeno).
Chiaramente il paziente si può rifiutare di parlare di fronte a più persone, cosa che accade a volte soprattutto nelle strutture pubbliche a causa dell'alta presenza di tirocinanti e specializzandi che partecipano alle sedute a scopo di apprendimento.
È in ogni caso obbligatorio che il paziente firmi il consenso scritto alla prestazione e il consenso al trattamento dei dati, che quando i terapeuti sono due devono essere conformi e adeguati al setting.

Lo psicologo e lo psichiatra che ha sentito successivamente le hanno detto che erano perplessi perché non si trattava di Terapia Cognitivo-Comportamentale oppure era effettivamente una Terapia Cognitivo-Comportamentale e la perplessità è derivata dalla co-conduzione?

Era seguito privatamente o presso una struttura pubblica?

Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it

[#2]
Utente
Utente
Gentile Dottoressa,
Ero seguito presso uno studio privato ed erano presenti contemporaneamente le due dottoresse. La terapia prevedeva degli esercizi che mi davano dopo essersi chiuse in una camera privata e una volta uscite "deliberavano" sugli esercizi da fare. A parte che questo mi causava molto disagio.
La perplessità dello psichiatra e dello psicoterapeuta credo sia derivata dalla co-conduzione. Del fatto che si trattasse di cognitivo comportamentale lo lessi inizialmente sulla pagina di una delle due dottoresse, e una volta ne parlai in seduta con loro e loro non smentirono.
Non mi fu mai chiesto se ero disposto a farmi seguire da entrambe le dottoresse.

Del consenso informato ho appreso per la prima volta recandomi da questi due nuovi specialisti.
[#3]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
Gentile Utente,

non esiste una psicoterapia cognitivo-comportamentale condotta da due terapeuti per il disturbo ossessivo compulsivo, in quanto non è necessario che ci siano due terapeuti e, anche quando ci fosse bisogno di incontrarsi fuori dallo studio del professionista con precisi obiettivi terapeutici ad esempio, il professionista resta sempre lo stesso.

Le coterapie, tuttavia, esistono e sono molto efficaci.
Ma intendo coterapia un trattamento in cui lo psichiatra e lo psicoterapeuta si prendono cura dello stesso paziente, ma in momenti diversi e con precisi obiettivi terapeutici, comunicando in modo efficace tra loro nell'interesse del paziente.

Ma la psicoterapia viene condotta da un solo psicoterapeuta.

In letteratura Lei può trovare forme di coterapia nell'ambito della terapia cognitva, ad esempio, ma intesa come Le ho spiegato sopra (es. "Due terapeuti per un paziente" di Liotti), ma mai due terapeuti insieme. Senza entrare nel dettaglio, troppi sarebbero i punti critici di un trattamento con due terapeuti, dal momento che la relazione terapeutica è molto importante. D'altra parte, a tal proposito anche le terapie eclettiche o coterapie devono essere gestite in modo molto saggio proprio per salvaguardare gli aspetti relazionali.

Per quanto attiene nello specifico il comportamento delle due terapeute, non ho capito se sul contratto terapeutico era proprio scritto "psicoterapia cognitivo-comportamentale", se queste colleghe sono specialiste in psicoterapia (requisito indispensabile per poter esercitare la psicoterapia) o se Lei aveva capito di sottoporsi ad una terapia cognitivo-comportamentale.

Posso chiederLe quali indicazioni Le erano state date?

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#4]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233
Una delle due era più giovane? È possibile che si trattasse di una tirocinante?

Quale che fosse il motivo per occuparsi in due di lei avrebbero dovuto farle firmare entrambi i consensi su moduli separati e chiederle il permesso di vederla in due, come appunto spesso accade nelle strutture pubbliche, e lei avrebbe potuto rifiutare.

Non mi risulta che il nostro Codice Deontologico vieti la co-conduzione, ma richiede - come lo richiede la Legge - che un paziente firmi delle carte quando consulta un professionista sanitario per acconsentire al trattamento e alla conservazione dei propri dati sensibili.
[#5]
Utente
Utente
Gentile Dottoressa Pileci,
Che si trattasse di terapia cognitivo comportamentale lo lessi sulla pagina del terapeuta in un sito quando feci qualche ricerca in merito dopo qualche seduta. In seduta loro non mi hanno mai spiegato il nome del tipo di terapia, ma solo di come funzionava e che lavoravano molto con le famiglie, tanto che due sedute le feci anche con i miei genitori, ma poi tutto il resto, tre anni , individualmente. In una occasione specifica, quando cominciai ad avere dei dubbi e feci ricerche sui vari tipi di psicoterapia, ne parlai in seduta e io ero convinto che quella fosse cognitivo comportamentale dissi di alcuni aspetti benefici che la terapia cognitivo comportamentale mi aveva dato, e loro non smentirono che si trattasse di quel tipo di terapia. (Aspetti benefici minoritari rispetto agli ingenti danni che mi ha provocato, tanto che devo prendere uno stabilizzante delll'umore perché tra le altre cose avevo l'impulso ad ucciderle per la rabbia, ma non entriamo nel merito). Per quanto riguarda il fatto che siano psicoterapeute, per una ho effettivamente riscontrato che è così oggi stesso sul sito dell'albo degli psicologi, dell'altra non ho trovato nessun riscontro, ma forse perché conosco il cognome da sposata.
Gli aspetti critici riguardavano anche quando tra di loro erano in disaccordo, il che mi provocava un disagio importante, perché mi chiedevo maio chi devo seguire?

Del tipo di rapporto co-terapeutico di cui parla lei è proprio quello che accade ora , quando mi incontro con psichiatra e psicoterapeuta in momenti diversi.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233
Il nome della seconda psicologa non è presente nel sito della dottoressa della quale ha trovato informazioni?
[#7]
Utente
Utente
Gentile dottoressa Massaro,
Grazie per la risposta. Avevano entrambe la stessa età, circa 60, (non la cito per scortesia, ma solo per evidenziare l'impossibilità del tirocinio). Quando mi ci recai per la prima volta non sapevo che esercitassero in due. Ci sono andato per conoscenza ma non mi aveva accennato si svolgeva così.
[#8]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233
In realtà alcuni colleghi e colleghe si iscrivono sia al corso di laurea in Psicologia che alla specializzazione in Psicoterapia quando non sono più giovani, quindi in teoria l'età di per sé non permette di escludere che fosse una tirocinante.

Sul sito quindi non è rintracciabile il nominativo della seconda psicologa?
[#9]
Utente
Utente
Non ho trovato il nome della seconda terapeuta ne su quel sito, ne sull'albo regionale, ma ripeto che di lei conoscevo soltanto il cognome da sposata, forse ,anzi molto probabilmente sarà registrata col cognome da nubile ipotizzo in buona fede.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233
Ogni professionista è obbligato a qualificarsi con il proprio vero nome per essere riconoscibile e rintracciabile ad esempio presso l'Albo al quale deve essere iscritto.
Le professioniste che desiderano utilizzare il cognome del marito lo devono posporre al proprio, se non è il cognome con il quale sono iscritte all'Albo, perché la loro identità sia verificabile.

Se si è rivolto lì "per conoscenza" significa che conosce qualcuno che è stato seguito da loro: non può cercare di avere informazioni tramite questo canale?
È infatti molto importante stabilire che entrambe fossero psicologhe e che una delle due non fosse una persona non abilitata all'esercizio della Professione.
[#11]
Utente
Utente
Grazie Dottoressa Massaro, probabilmente procederò nel modo da lei consigliatomi.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233
Ci faccia sapere!
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
Gentile Utente,

mi fa piacere che oggi sta proseguendo una psicoterapia con successo e che si stia trovando bene con i due professionisti.

Tuttavia, per quanto riguarda la Sua richiesta "...loro non facevano proprio diagnosi dicendo di evitare proprio l"etichettamento"..." bisogna dire che la diagnosi è fondamentale per poter impostare un qualunque intervento riabilitativo, quale po' essere una psicoterapia.
Inoltre, è possibile fare una diagnosi molto chiara e/o esplicativa, cioè spiegando bene al pz. qual è il suo funzionamento, tant'è che lo psicoterapeuta con il quale è in terapia adesso non ha esitato a comunicargliela.

"dicendomi delle cose e facendomi fare delle cose per le quali poi sono arrivato a quella condizione critica descritta "

Quali sono state le prescrizioni di queste due terapeute?
[#14]
Utente
Utente
Gentile Dottoressa Pileci,
Già il fatto di avere una diagnosi infatti è stata nel mio caso terapeutica, perché quello che mi fa stare male è un problema conosciuto, catalogato, ha un suo funzionamento, è quindi curabile.

Per quanto riguarda le prescrizioni delle due terapeute desidero non entrare nel merito, perché è una situazione alquanto delicata, di cui sono a conoscenza lo psicoterapeuta e lo psichiatra.

Comunque non mi era mai stato spiegato che il senso di colpa, di aver provocato un danno irreparabile, fanno parte del disturbo ossessivo compulsivo, come anche il bisogno di rassicurazione, cosa che tra l'altro loro mi dicevano proprio di fare.

Comunque credo, come dice il mio terapeuta, e Voi potete confermarmi o smentirmi, che un qualsiasi professionista, a maggior ragione se si tratta di un medico, un terapeuta psicologico, quando si rende conto di non aver capito un problema o non saperlo risolvere, e tutto questo ci può stare perché siamo umani, lo dice e semmai indirizza il paziente altrove. È questo che mi fa arrabbiare ulteriormente.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233
Certo, è un preciso dovere inserito anche nel nostro Codice Deontologico quello di interrompere il rapporto professionale quando ci si rende conto di non poter essere utili o più utili a un determinato paziente.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
"Comunque non mi era mai stato spiegato che il senso di colpa, di aver provocato un danno irreparabile, fanno parte del disturbo ossessivo compulsivo, come anche il bisogno di rassicurazione, cosa che tra l'altro loro mi dicevano proprio di fare."

Ma infatti, un altro punto per niente convincente è proprio questo: nella psicoterapia cognitivo-comportamentale sono previsti dei frame psicoeducazionali perché possono aiutare il pz. a prendere consapevolezza delle proprie emozioni e a gestirle.

Sinceramente, da come descrive il trattamento, sorgono parecchi dubbi, non solo sulla coterapia come Lei l'ha descritta e che NON è affatto prevista dalla cognitivo-comportamentale. Legga qui per approfondimenti: https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/1384-e-davvero-psicoterapia-cognitivo-comportamentale.html

In ogni caso, spero che potrà risolvere presto la problematica legata all'ossessività: sono stati fissati degli obiettivi terapeutici?
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