Una vita poco autentica
buongiorno psicologi
come ho già scritto nei miei post precedenti (rivolti, però, a psichiatri) il problema che lamento è una generale ossessività , che non mi permette di vivere serenamente. Dopo due anni passati a ricevere sostegno psicologico da uno psichiatra, ho dovuto interrompere la terapia per motivi economici e anche resomi conto di un (parziale) miglioramento. Da quando ho iniziato l'università i tratti ossessivi si sono rimanifestati in uno studio <matto e disperatissimo>, nella ricerca e nell'acquisto compulsivo di libri che potrebbero giovare alla mia buona riuscita negli esami. Spesso la mia mente è invasa dal pensiero del futuro; penso con frequenza a cosa dovrò fare da grande, e avendo scelto lettere classiche, so che l'unica strada ''dignitosa'' che mi aspetta può essere quella dell'insegnamento universitario. E' una grande ambizione. Per dimostrare a me stesso (e in parte agli altri) che sono in grado di seguire questo percorso cerco di studiare più del dovuto, e se faccio qualche errore o mostro poca passione per un argomento, mi vengono subito dei dubbi ''E' la strada giusta?''. Mi sento quasi costretto a studiare perché nei momenti in cui non lo faccio sento che sto perdendo tempo. Devo farlo perché in questo modo sarò qualcuno, vorrei eccellere, ma non sono mai soddisfatto dei miei risultati. Il fatto è che non riesco più a godere nella mia vita, la lettura non mi appassiona più (ho una grande libreria a casa), perché è diventata anch'essa un micro-dovere! Anche guardare la TV è più un rituale che altro. Mi dico ''ora devo guardare la tv, ora devo dimostrare a me stesso che posso riuscire a concentrarmi nel guardare questo programma, come riuscivo una volta''. E' tutta una sfida per testare le mie capacità, per vedere fin dove mi posso spingere, quali risultati posso ottenere. La conseguenza di tutto ciò è un ' apatia pervasiva, che mi porta a sentire dei vuoti enormi, a non riconoscere più me stesso , a non provare più passione per la mia materia di studio. Mi sento come controllato, costretto da una forza superiore a dare un ordine alla mia vita. D'altra parte questo stile di vita mi consente di non pensare a problemi più grandi, alla mia famiglia, ai miei genitori che stanno per divorziare, a relazioni affettive-sessuali poco soddisfacenti se non del tutto assenti. Per un attimo, quando m'immergo nello studio, sento che posso compensare quel complesso d' inferiorità che mi è connaturato; sento che posso puntare su un aspetto che mi potrebbe rendere famoso o soddisfatto, considerando che tale successo non potrò mai raggiungerlo, chessò, nell'esercizio fisico, dal momento che ho un corpo minuto (anche questa consapevolezza mi porta spesso a confrontarmi con i palestrati e a sentirmi fuori luogo, inadeguato).
Non so come fare, vorrei semplicemente lasciarmi andare..
Consigli?
come ho già scritto nei miei post precedenti (rivolti, però, a psichiatri) il problema che lamento è una generale ossessività , che non mi permette di vivere serenamente. Dopo due anni passati a ricevere sostegno psicologico da uno psichiatra, ho dovuto interrompere la terapia per motivi economici e anche resomi conto di un (parziale) miglioramento. Da quando ho iniziato l'università i tratti ossessivi si sono rimanifestati in uno studio <matto e disperatissimo>, nella ricerca e nell'acquisto compulsivo di libri che potrebbero giovare alla mia buona riuscita negli esami. Spesso la mia mente è invasa dal pensiero del futuro; penso con frequenza a cosa dovrò fare da grande, e avendo scelto lettere classiche, so che l'unica strada ''dignitosa'' che mi aspetta può essere quella dell'insegnamento universitario. E' una grande ambizione. Per dimostrare a me stesso (e in parte agli altri) che sono in grado di seguire questo percorso cerco di studiare più del dovuto, e se faccio qualche errore o mostro poca passione per un argomento, mi vengono subito dei dubbi ''E' la strada giusta?''. Mi sento quasi costretto a studiare perché nei momenti in cui non lo faccio sento che sto perdendo tempo. Devo farlo perché in questo modo sarò qualcuno, vorrei eccellere, ma non sono mai soddisfatto dei miei risultati. Il fatto è che non riesco più a godere nella mia vita, la lettura non mi appassiona più (ho una grande libreria a casa), perché è diventata anch'essa un micro-dovere! Anche guardare la TV è più un rituale che altro. Mi dico ''ora devo guardare la tv, ora devo dimostrare a me stesso che posso riuscire a concentrarmi nel guardare questo programma, come riuscivo una volta''. E' tutta una sfida per testare le mie capacità, per vedere fin dove mi posso spingere, quali risultati posso ottenere. La conseguenza di tutto ciò è un ' apatia pervasiva, che mi porta a sentire dei vuoti enormi, a non riconoscere più me stesso , a non provare più passione per la mia materia di studio. Mi sento come controllato, costretto da una forza superiore a dare un ordine alla mia vita. D'altra parte questo stile di vita mi consente di non pensare a problemi più grandi, alla mia famiglia, ai miei genitori che stanno per divorziare, a relazioni affettive-sessuali poco soddisfacenti se non del tutto assenti. Per un attimo, quando m'immergo nello studio, sento che posso compensare quel complesso d' inferiorità che mi è connaturato; sento che posso puntare su un aspetto che mi potrebbe rendere famoso o soddisfatto, considerando che tale successo non potrò mai raggiungerlo, chessò, nell'esercizio fisico, dal momento che ho un corpo minuto (anche questa consapevolezza mi porta spesso a confrontarmi con i palestrati e a sentirmi fuori luogo, inadeguato).
Non so come fare, vorrei semplicemente lasciarmi andare..
Consigli?
[#1]
Gentile utente,
è tanto tempo che ci segnala le Sue difficoltà,
ma forse non le ha mai veramente curate adeguatamente, forse illudendosi che scrivendo qui si sarebbero acquietate.
Il sostegno dello psichiatra non era un vera e propria psicoterapia.
I farmaci li ha smessi.
E dunque...
Non mi rimane che rammentarLe quanto già Lei sa:
di riprendere la psicoterapia, magare presso l'Azienda Sanitaria dove la spesa e minima,
di ricontattare lo psichiatra per una consulenza sui farmaci.
Abbinare le due modalità fornisce esiti potenziati, se seguite con costanza e per il tempo necessario.
è tanto tempo che ci segnala le Sue difficoltà,
ma forse non le ha mai veramente curate adeguatamente, forse illudendosi che scrivendo qui si sarebbero acquietate.
Il sostegno dello psichiatra non era un vera e propria psicoterapia.
I farmaci li ha smessi.
E dunque...
Non mi rimane che rammentarLe quanto già Lei sa:
di riprendere la psicoterapia, magare presso l'Azienda Sanitaria dove la spesa e minima,
di ricontattare lo psichiatra per una consulenza sui farmaci.
Abbinare le due modalità fornisce esiti potenziati, se seguite con costanza e per il tempo necessario.
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#2]
Utente
>Dressa i farmaci continuo ad usarli (mi fa piacere che lei si ricorda di me)
in realtà, benché possa essere apparso ciò dai miei post precedenti, non ho mai interrotto il loro USO (forse in certi casi esso è stato un po' caotico, disorganizzato, irregolare, con effetti sull'efficacia del farmaco).
Il problema è che se si tratta di un disturbo di personalità (che cmq il mio psichiatra ha evitato sempre di diagnosticare) non c'è farmaco che regga; la tendenza alla ''perfezione'', per quanto mi renda sì una persona diversa, più scrupolosa, più attenta ai dettagli, magari anche più informata su una vastità di argomenti, mi sta letteralmente divorando.
L'idea di intraprendere un nuovo percorso di psicoterapia mi entusiasma . Sono un amante dalla psicologia e dai colloqui o dalla letture con psicologi online ho tratto sempre benessere, seppur momentaneo. Ma oltre al discorso ''economico'' c'è il fatto che non voglio ammettere a me stesso di stare ''ufficialmente'' male, perché sarei una delusione per me stesso, sarei la dimostrazione che ''2 anni di sostegno psicologico non mi sono serviti a niente''; e la consapevolezza della difficoltà del mio percorso mi porterebbe facilmente alla depressione.
in realtà, benché possa essere apparso ciò dai miei post precedenti, non ho mai interrotto il loro USO (forse in certi casi esso è stato un po' caotico, disorganizzato, irregolare, con effetti sull'efficacia del farmaco).
Il problema è che se si tratta di un disturbo di personalità (che cmq il mio psichiatra ha evitato sempre di diagnosticare) non c'è farmaco che regga; la tendenza alla ''perfezione'', per quanto mi renda sì una persona diversa, più scrupolosa, più attenta ai dettagli, magari anche più informata su una vastità di argomenti, mi sta letteralmente divorando.
L'idea di intraprendere un nuovo percorso di psicoterapia mi entusiasma . Sono un amante dalla psicologia e dai colloqui o dalla letture con psicologi online ho tratto sempre benessere, seppur momentaneo. Ma oltre al discorso ''economico'' c'è il fatto che non voglio ammettere a me stesso di stare ''ufficialmente'' male, perché sarei una delusione per me stesso, sarei la dimostrazione che ''2 anni di sostegno psicologico non mi sono serviti a niente''; e la consapevolezza della difficoltà del mio percorso mi porterebbe facilmente alla depressione.
[#3]
Gentile utente,
immagino Lei sappia che questa Sua riflessione che segue - relativa alla opportunità di un percorso di psicoterapia -
può essere prodotta e fare parte del disturbo che Lei ci porta:
"...non voglio ammettere a me stesso di stare ''ufficialmente'' male, perché sarei una delusione per me stesso, sarei la dimostrazione che ''2 anni di sostegno psicologico non mi sono serviti a niente'';... "
E dunque di fronte alla impermeabilità che si crea
è difficile che qualsivoglia orientamento fornitoLe possa entrare.
Come è avvenuto nei precedenti consulti del resto.
Saluti cordiali.
immagino Lei sappia che questa Sua riflessione che segue - relativa alla opportunità di un percorso di psicoterapia -
può essere prodotta e fare parte del disturbo che Lei ci porta:
"...non voglio ammettere a me stesso di stare ''ufficialmente'' male, perché sarei una delusione per me stesso, sarei la dimostrazione che ''2 anni di sostegno psicologico non mi sono serviti a niente'';... "
E dunque di fronte alla impermeabilità che si crea
è difficile che qualsivoglia orientamento fornitoLe possa entrare.
Come è avvenuto nei precedenti consulti del resto.
Saluti cordiali.
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 1.5k visite dal 20/02/2017.
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