Perchè sfuggo dalle relazioni?
Ebbene si, quando le relazioni si fanno più esigenti (anche poco), per cui arrivano anche impegni da rispettare verso l'altro, io scappo.
Sono una ragazza di vent'anni, frequento l'università, ho una famiglia splendida, una psicoterapeuta che mi affianca nell'uscita da un periodo di perdita di fiducia nel mondo e nelle mie capacità, di alterazioni del tono dell'umore, di disordini alimentari, tutto accompagnato ad una chiusura nella mia stanza pressoché totale per mesi. Grazie al lavoro con la psicoterapeuta e la ripresa degli studi ho riallacciato i rapporti che avevo brutalmente interrotto con tutti i miei amici e conoscenti. Qualche mese fa, inoltre, ho conosciuto un ragazzo. Tra noi c'è sintonia, lui sembra interessato, mi chiede di uscire, mi cerca (senza essere eccessivamente insistente), propone cene e serate insieme; io sfuggo, sguscio via in continuazione, invento scuse, prendo tempo. Ma cosa aspetto? Perché giunge il bisogno di tenerlo lontano? Perché tenersi continuamente frenati, a vent'anni? Non sono uscite dichiaratamente "romantiche", non sono sicura di provare davvero interesse per lui e la serata fuori potrebbe essere letta come una normale serata tra conoscenti. Questa situazione, però, mi porta a riflettere sul modo che ho di relazionarmi in generale. I rapporti con gli amici che già conoscevo sono decisamente evoluti dopo la rottura, ora credo possano dirsi costruttivi, sani e pieni d'affetto reale. Tuttavia, quando c'è da impegnarsi più a fondo e mettersi in gioco in qualcosa di nuovo... subito si torna ai ripari nel guscio. Perché questa paura di mettersi in gioco?
Vi ringrazio
Sono una ragazza di vent'anni, frequento l'università, ho una famiglia splendida, una psicoterapeuta che mi affianca nell'uscita da un periodo di perdita di fiducia nel mondo e nelle mie capacità, di alterazioni del tono dell'umore, di disordini alimentari, tutto accompagnato ad una chiusura nella mia stanza pressoché totale per mesi. Grazie al lavoro con la psicoterapeuta e la ripresa degli studi ho riallacciato i rapporti che avevo brutalmente interrotto con tutti i miei amici e conoscenti. Qualche mese fa, inoltre, ho conosciuto un ragazzo. Tra noi c'è sintonia, lui sembra interessato, mi chiede di uscire, mi cerca (senza essere eccessivamente insistente), propone cene e serate insieme; io sfuggo, sguscio via in continuazione, invento scuse, prendo tempo. Ma cosa aspetto? Perché giunge il bisogno di tenerlo lontano? Perché tenersi continuamente frenati, a vent'anni? Non sono uscite dichiaratamente "romantiche", non sono sicura di provare davvero interesse per lui e la serata fuori potrebbe essere letta come una normale serata tra conoscenti. Questa situazione, però, mi porta a riflettere sul modo che ho di relazionarmi in generale. I rapporti con gli amici che già conoscevo sono decisamente evoluti dopo la rottura, ora credo possano dirsi costruttivi, sani e pieni d'affetto reale. Tuttavia, quando c'è da impegnarsi più a fondo e mettersi in gioco in qualcosa di nuovo... subito si torna ai ripari nel guscio. Perché questa paura di mettersi in gioco?
Vi ringrazio
[#1]
Gentile utente,
Le domande che Lei pone sono centrate.
Lei chiede una risposta al problema del
"Perché questa paura di mettersi in gioco? .."
Io - psicoterapeuta che leggo - mi chiedo:
Ma come mai scrive a noi che non la conosciamo
anzichè porre questo interrogativo alla sua terapeuta,
che da tempo
"mi affianca nell'uscita da un periodo di perdita di fiducia nel mondo e nelle mie capacità,
di alterazioni del tono dell'umore,
di disordini alimentari,
tutto accompagnato ad una chiusura nella mia stanza pressoché totale per mesi ..."
cioè in un percorso complesso?
Non si fida di lei?
Ci chiede un secondo parere? Per quale motivo?
Altro?
Saluti cordiali.
Le domande che Lei pone sono centrate.
Lei chiede una risposta al problema del
"Perché questa paura di mettersi in gioco? .."
Io - psicoterapeuta che leggo - mi chiedo:
Ma come mai scrive a noi che non la conosciamo
anzichè porre questo interrogativo alla sua terapeuta,
che da tempo
"mi affianca nell'uscita da un periodo di perdita di fiducia nel mondo e nelle mie capacità,
di alterazioni del tono dell'umore,
di disordini alimentari,
tutto accompagnato ad una chiusura nella mia stanza pressoché totale per mesi ..."
cioè in un percorso complesso?
Non si fida di lei?
Ci chiede un secondo parere? Per quale motivo?
Altro?
Saluti cordiali.
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#2]
Utente
Innanzitutto ringrazio moltissimo per la tempestività della risposta.
Non tratto questo argomento con la mia terapeuta perchè in seduta emergono sempre altre cose che passano in primo piano. C'è anche che mi fa molto strano parlare (in generale, non solo a lei) di argomenti amorosi. Anche solo immaginare di comunicarle certe cose mi imbarazza molto. Scrivere qui è cercare la via semplice e vedere, da lontano, come si sta. Aggiugo che non ho mai parlato di questo genere di cose nemmeno con le amiche, non ho mai detto (nè pensato davvero in realtà) "mi piace ...". Ho avuto, sì, delle relazioni, anche se nessuna davvero coinvolgente. Ora che la rete delle relazioni si sta espandendo in modo più maturo, questo diventa un elemento di preoccupazione. Oggi sono uscita con lui: passeggiata tranquilla grazie alla bella giornata, ma non vedevo l'ora di tornare a casa, sentivo il bisogno di allontanarmene. È solo scarsa voglia di impegnarsi o è possibile che si debba indagare e lavorare altrove?
Non tratto questo argomento con la mia terapeuta perchè in seduta emergono sempre altre cose che passano in primo piano. C'è anche che mi fa molto strano parlare (in generale, non solo a lei) di argomenti amorosi. Anche solo immaginare di comunicarle certe cose mi imbarazza molto. Scrivere qui è cercare la via semplice e vedere, da lontano, come si sta. Aggiugo che non ho mai parlato di questo genere di cose nemmeno con le amiche, non ho mai detto (nè pensato davvero in realtà) "mi piace ...". Ho avuto, sì, delle relazioni, anche se nessuna davvero coinvolgente. Ora che la rete delle relazioni si sta espandendo in modo più maturo, questo diventa un elemento di preoccupazione. Oggi sono uscita con lui: passeggiata tranquilla grazie alla bella giornata, ma non vedevo l'ora di tornare a casa, sentivo il bisogno di allontanarmene. È solo scarsa voglia di impegnarsi o è possibile che si debba indagare e lavorare altrove?
[#3]
Gentile utente,
".. o è possibile che si debba indagare e lavorare altrove?.."
Certo che deve "lavorarci";
con la Sua terapeuta.
Immaginavo che scrivere qui significasse dribblare qualche difficoltà nel farlo,
come confermato da
"mi fa molto strano parlare di argomenti amorosi. ... mi imbarazza molto. Scrivere qui è cercare la via semplice ...".
La via più semplice raramente è quella più produttiva. Provi ad introdurre Lei la seduta parlando di ciò.
Le pare possibile?
".. o è possibile che si debba indagare e lavorare altrove?.."
Certo che deve "lavorarci";
con la Sua terapeuta.
Immaginavo che scrivere qui significasse dribblare qualche difficoltà nel farlo,
come confermato da
"mi fa molto strano parlare di argomenti amorosi. ... mi imbarazza molto. Scrivere qui è cercare la via semplice ...".
La via più semplice raramente è quella più produttiva. Provi ad introdurre Lei la seduta parlando di ciò.
Le pare possibile?
[#5]
Come ha parlato con noi,
rivelando competenza, appropriatezza e sensibilità,
lo può fare anche con la Sua terapeuta.
E frustrante conservare angoli di buio in una relazione terapeutica che va costruendosi sulla fiducia.
Se ritiene,
ci tenga informati sul raggiungimento di questo possibile (SICURAMENTE possibile) obiettivo.
Saluti cordiali.
[#6]
Gentile ragazza,
a me pare molto importante ciò che scrive: " Anche solo immaginare di comunicarle certe cose mi imbarazza molto"
Come mai si sente in imbarazzo a parlare di questo argomento con la terapeuta?
Non Le pare legato alle ragioni per le quali è in terapia?
La terapeuta non Le ha mai chiesto nulla sulle Sue relazioni?
Se è più comodo, potrebbe anche stampare questo scambio e portarlo in terapia. Che ne pensa?
a me pare molto importante ciò che scrive: " Anche solo immaginare di comunicarle certe cose mi imbarazza molto"
Come mai si sente in imbarazzo a parlare di questo argomento con la terapeuta?
Non Le pare legato alle ragioni per le quali è in terapia?
La terapeuta non Le ha mai chiesto nulla sulle Sue relazioni?
Se è più comodo, potrebbe anche stampare questo scambio e portarlo in terapia. Che ne pensa?
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#7]
Utente
Approfitto per ringraziare anche la dott.ssa Brunialti, alla quale non ho più risposto. E' vero che gli "angoli di buio" sono fastidiosi, se ci saranno novità sarò contenta di comunicarlo anche qui.
E poi:
Buongiorno dott.ssa Pileci, grazie per la risposta e gli ulteriori spunti di riflessione.
Mi sono chiesta spesso il motivo di questo imbarazzo senza capirci molto. Di fronte ad altre cose più urgenti da comunicare (pensieri non molto felici, dinamiche familiari, scelta universitaria, futuro in generale...) non ho mai parlato molto delle relazioni amicali/amorose in questo senso, anche se l'argomento è stato toccato. E no, lei non mi chiede nulla se non sono io a decidere di affrontare questi temi. Abbiamo parlato di amicizie nel momento in cui mi sono presentata quasi completamente sola e quando ho iniziato a stringere di nuovo legami interrotti; le ho raccontato di alcune persone importanti e abbiamo provato, si, a capire quale fosse la causa del mio desiderio di allontanare gli altri. In quel caso penso fosse dovuto alla tristezza invasiva e pervasiva che mi impediva di sentirmi in grado di mostrarmi e dare. Ma ora? Non sono più triste né stanca come prima. Eppure ancora mi sottraggo e sono impaziente di sgusciare via.
Se l'imbarazzo fosse legato alle ragioni per le quali sono in terapia... interessante! (Anche se fatico ad arrivare al punto).
Non penso sia questione di fiducia nei confronti della terapeuta, di lei mi fido molto...
Scusate, mi sono ripetuta ma proprio non capisco perché tutta questa ansia!
E poi:
Buongiorno dott.ssa Pileci, grazie per la risposta e gli ulteriori spunti di riflessione.
Mi sono chiesta spesso il motivo di questo imbarazzo senza capirci molto. Di fronte ad altre cose più urgenti da comunicare (pensieri non molto felici, dinamiche familiari, scelta universitaria, futuro in generale...) non ho mai parlato molto delle relazioni amicali/amorose in questo senso, anche se l'argomento è stato toccato. E no, lei non mi chiede nulla se non sono io a decidere di affrontare questi temi. Abbiamo parlato di amicizie nel momento in cui mi sono presentata quasi completamente sola e quando ho iniziato a stringere di nuovo legami interrotti; le ho raccontato di alcune persone importanti e abbiamo provato, si, a capire quale fosse la causa del mio desiderio di allontanare gli altri. In quel caso penso fosse dovuto alla tristezza invasiva e pervasiva che mi impediva di sentirmi in grado di mostrarmi e dare. Ma ora? Non sono più triste né stanca come prima. Eppure ancora mi sottraggo e sono impaziente di sgusciare via.
Se l'imbarazzo fosse legato alle ragioni per le quali sono in terapia... interessante! (Anche se fatico ad arrivare al punto).
Non penso sia questione di fiducia nei confronti della terapeuta, di lei mi fido molto...
Scusate, mi sono ripetuta ma proprio non capisco perché tutta questa ansia!
Questo consulto ha ricevuto 7 risposte e 6.3k visite dal 18/02/2017.
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