Ansia, insonnia, panico
Sono un ragazzo sulla trentina e ho un problema di ansia. Sono sempre stato un tipo un po' ansioso e apprensivo, ma ultimamente questa mia tendenza è esplosa.
Per tutta la mia giovinezza non ho mai avuto alcuna responsabilità, non lavoravo e vivevo con i miei genitori, ero abbastanza tranquillo. Con la vita lavorativa, i problemi iniziarono, in particolare per quanto riguarda il sonno, sempre più spesso passavo le notti in bianco. Due anni fa, le cose cominciarono a peggiorare parecchio quando mi dovetti anche trasferire, per il primo lavoro stabile della mia vita, a Milano. Il mio nuovo lavoro comportava responsabilità molto più gravose di quelle che avevo avuto in precedenza, e inoltre dovevo occuparmi da solo di tutte le faccende domestiche, che mi creavano parecchi grattacapi (vivevo in un monolocale piuttosto "diroccato"). Ricordo di aver passato parecchie notti in bianco pensando ai problemi che avrei dovuto affrontare il giorno dopo. Il risultato era che durante la settimana andavo parecchio in debito di sonno, e il venerdì ero costretto a prendere armi e bagagli e tornare dai miei genitori, per passare il weekend a dormire.
Lo scorso anno riuscii a farmi trasferire nella mia città. Avevo così lo stesso lavoro ma a ritmi decisamente più blandi e sostenibili di quello che avevo a Milano, e potevo tornare a vivere dai miei genitori. Le prime settimane furono molto serene, sembravo aver trovato il mio equilibrio. I problemi sorsero poi.
Dopo qualche settimana, ho cominciato a diventare iper-ansioso. Non c'è giorno in cui non trovi qualcosa per preoccuparmi e, se riesco a risolvere un mio problema, ne trovo immediatamente un altro. Una mia fobia particolare, sul lavoro, è quella di venire puniti molto duramente per un mio piccolo errore o addirittura senza che abbia alcuna colpa. Un giorno, per esempio, quando ho saputo che con il nuovo anno sarebbe arrivato un nuovo direttore nel mio ufficio, ho cominciato a temere che mi avrebbe licenziato o trasferito, senza però avere alcuna evidenza che questo pericolo sia realistico. Di fronte a un minimo problema di salute incomincio a sentirmi un invalido cronico senza possibilità di guarigione. Ma vi è di più: qualche giorno fa, per esempio, sono scappato alla vista di due poliziotti perché avevo paura che, scambiandomi per qualcun altro, mi potessero arrestare o sparare addosso. Inutile dire che esco sempre più raramente di casa. Grazie dell'attenzione.
Per tutta la mia giovinezza non ho mai avuto alcuna responsabilità, non lavoravo e vivevo con i miei genitori, ero abbastanza tranquillo. Con la vita lavorativa, i problemi iniziarono, in particolare per quanto riguarda il sonno, sempre più spesso passavo le notti in bianco. Due anni fa, le cose cominciarono a peggiorare parecchio quando mi dovetti anche trasferire, per il primo lavoro stabile della mia vita, a Milano. Il mio nuovo lavoro comportava responsabilità molto più gravose di quelle che avevo avuto in precedenza, e inoltre dovevo occuparmi da solo di tutte le faccende domestiche, che mi creavano parecchi grattacapi (vivevo in un monolocale piuttosto "diroccato"). Ricordo di aver passato parecchie notti in bianco pensando ai problemi che avrei dovuto affrontare il giorno dopo. Il risultato era che durante la settimana andavo parecchio in debito di sonno, e il venerdì ero costretto a prendere armi e bagagli e tornare dai miei genitori, per passare il weekend a dormire.
Lo scorso anno riuscii a farmi trasferire nella mia città. Avevo così lo stesso lavoro ma a ritmi decisamente più blandi e sostenibili di quello che avevo a Milano, e potevo tornare a vivere dai miei genitori. Le prime settimane furono molto serene, sembravo aver trovato il mio equilibrio. I problemi sorsero poi.
Dopo qualche settimana, ho cominciato a diventare iper-ansioso. Non c'è giorno in cui non trovi qualcosa per preoccuparmi e, se riesco a risolvere un mio problema, ne trovo immediatamente un altro. Una mia fobia particolare, sul lavoro, è quella di venire puniti molto duramente per un mio piccolo errore o addirittura senza che abbia alcuna colpa. Un giorno, per esempio, quando ho saputo che con il nuovo anno sarebbe arrivato un nuovo direttore nel mio ufficio, ho cominciato a temere che mi avrebbe licenziato o trasferito, senza però avere alcuna evidenza che questo pericolo sia realistico. Di fronte a un minimo problema di salute incomincio a sentirmi un invalido cronico senza possibilità di guarigione. Ma vi è di più: qualche giorno fa, per esempio, sono scappato alla vista di due poliziotti perché avevo paura che, scambiandomi per qualcun altro, mi potessero arrestare o sparare addosso. Inutile dire che esco sempre più raramente di casa. Grazie dell'attenzione.
[#1]
Gentile utente,
Mi spiace della situazione che sta vivendo, e del chiaro aumentare del disagio: dal nido protetto, al mondo del lavoro, poi la lontananza e le responsabilitá.
In una persona giá propensa al panico diviene una situazione esplosiva (al punto di temere dei poliziotti per strada).
Queste visioni catastrofistiche si stanno autoalimentando e crescendo.
Non sono stata in grado di aprire il precedente post da Lei scritto in passato (problemi tecnici), ma basta questo per una domanda semplice: cosa ha fatto in questi anni, attivamente, per affrontare il problema? Si è rivolto a specialisti? Ha intenzione di farlo?
Un caro saluto.
Mi spiace della situazione che sta vivendo, e del chiaro aumentare del disagio: dal nido protetto, al mondo del lavoro, poi la lontananza e le responsabilitá.
In una persona giá propensa al panico diviene una situazione esplosiva (al punto di temere dei poliziotti per strada).
Queste visioni catastrofistiche si stanno autoalimentando e crescendo.
Non sono stata in grado di aprire il precedente post da Lei scritto in passato (problemi tecnici), ma basta questo per una domanda semplice: cosa ha fatto in questi anni, attivamente, per affrontare il problema? Si è rivolto a specialisti? Ha intenzione di farlo?
Un caro saluto.
dr.ssa Alessia Ghisi Migliari
[#2]
Gentile utente,
a quasi 40 anni Lei trascina una situazione - umana, professionale, affettiva - che non dà segni di sblocco.
Se la speranza di risolvere i problemi risiedeva nel ritornare a casa dei genitori, ha potuto osservare che anche questo non serve.
Ritengo sia giunto il momento di prendere in mano la situazione attraverso un percorso psicologico che Le permetta di dipanare i figli che si sono sempre più aggrovigliati.
Ritiene di poterlo fare?
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 1.4k visite dal 22/01/2017.
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