Disturbi alimentari , disturbi psicologici di origine alimentare
Buonasera, mi trovo a scrivere qui perché non sta passando un bel periodo per quanto riguarda l'alimentazione e la mia visione del corpo.
Premetto che circa 3 anni fa mi è stato diagnosticato un disturbo psicologico di origine alimentare e sono stata seguita da una psicologa e l'anno scorso ormai anche da una nutrizionista.
Da quel periodo in poi il mio rapporto con il cibo e la visione di me stessa è sempre stato altalenante.
Durante il primo anno sono riuscita a perdere molto peso smettendo di mangiare rischiando quasi il ricovero. Poi non so come mi sono ripresa ma le ricadute sono sempre state li dietro l'angolo.
Non mi piaccio fisicamente, ed è un malessere che si ripercuote sul cibo in quanto mi vedo fin troppo grassa.
Al momento sono "depressa" perché non riesco a guardarmi allo specchio senza piangere, vedo tutto il grasso che ho addosso e mi fa schifo tanto che preferirei mille volte chiudermi in casa al posto di uscire e farmi vedere. Mangiare mangio, ma non perché mi piaccia o perché ne abbia voglia(certo la fame la sento però cerco sempre di non pensarci) , ma semplicemente per abitudine. Non ho più gusto nel mangiare. Alterno però periodi in cui mangerei di tutto, non per fame, (e solo dopo penso a quanto schifo abbia fatto per poi sfociare in una crisi di pianto con tanto di sensoidi colpa), a periodi in cui il solo vedere o sentire l'odore del cibo mi da la nausea.
Non vomito dopo aver mangiato per il semplice fatto che non ci riesco, però puntualmente devo correre in bagno perché ho la nausea fin troppo forte.
L'unico pensiero che ho in questi giorni è il "non mangiare", ho quella vocina che continua a dirmi "sei grassa, ti fa male, quello no, guardati fai schifo". Mi viene da pensare " sono quasi finita in ospedale, potrei benissimo riprovarci. So come si fa, perché non farlo?"
Non so cosa fare, avrei un obiettivo in mente e pur sapendo che non è per niente sano vorrei raggiungerlo lo stesso.
Ormai mi chiudo in me stessa e ne parlo raramente, persino le mie amiche me la buttano sul "ma no stai bene cosi". I miei genitori paiono non accorgersi del mio "disagio" nonostante tutti i commenti che possa fare e i vari comportamenti che posso avere a tavola.
Tutto questo mi porta a piangere, ad isolarmi ed essere triste e ad aumentare la mia voglia di raggiungere quel magro malato, quel magro che tanto sogno.
Premetto che circa 3 anni fa mi è stato diagnosticato un disturbo psicologico di origine alimentare e sono stata seguita da una psicologa e l'anno scorso ormai anche da una nutrizionista.
Da quel periodo in poi il mio rapporto con il cibo e la visione di me stessa è sempre stato altalenante.
Durante il primo anno sono riuscita a perdere molto peso smettendo di mangiare rischiando quasi il ricovero. Poi non so come mi sono ripresa ma le ricadute sono sempre state li dietro l'angolo.
Non mi piaccio fisicamente, ed è un malessere che si ripercuote sul cibo in quanto mi vedo fin troppo grassa.
Al momento sono "depressa" perché non riesco a guardarmi allo specchio senza piangere, vedo tutto il grasso che ho addosso e mi fa schifo tanto che preferirei mille volte chiudermi in casa al posto di uscire e farmi vedere. Mangiare mangio, ma non perché mi piaccia o perché ne abbia voglia(certo la fame la sento però cerco sempre di non pensarci) , ma semplicemente per abitudine. Non ho più gusto nel mangiare. Alterno però periodi in cui mangerei di tutto, non per fame, (e solo dopo penso a quanto schifo abbia fatto per poi sfociare in una crisi di pianto con tanto di sensoidi colpa), a periodi in cui il solo vedere o sentire l'odore del cibo mi da la nausea.
Non vomito dopo aver mangiato per il semplice fatto che non ci riesco, però puntualmente devo correre in bagno perché ho la nausea fin troppo forte.
L'unico pensiero che ho in questi giorni è il "non mangiare", ho quella vocina che continua a dirmi "sei grassa, ti fa male, quello no, guardati fai schifo". Mi viene da pensare " sono quasi finita in ospedale, potrei benissimo riprovarci. So come si fa, perché non farlo?"
Non so cosa fare, avrei un obiettivo in mente e pur sapendo che non è per niente sano vorrei raggiungerlo lo stesso.
Ormai mi chiudo in me stessa e ne parlo raramente, persino le mie amiche me la buttano sul "ma no stai bene cosi". I miei genitori paiono non accorgersi del mio "disagio" nonostante tutti i commenti che possa fare e i vari comportamenti che posso avere a tavola.
Tutto questo mi porta a piangere, ad isolarmi ed essere triste e ad aumentare la mia voglia di raggiungere quel magro malato, quel magro che tanto sogno.
[#1]
Cara Utente,
i Disturbi del Comportamento Alimentare richiedono cure costanti e protratte, che coinvolgano possibilmente anche la famiglia del paziente, e, da quanto riferisce, immagino che il suo percorso si sia interrotto in maniera decisamente precoce.
Come mai è stata seguita solo per un periodo e ora si trova a vivere quello che ha ben descritto?
i Disturbi del Comportamento Alimentare richiedono cure costanti e protratte, che coinvolgano possibilmente anche la famiglia del paziente, e, da quanto riferisce, immagino che il suo percorso si sia interrotto in maniera decisamente precoce.
Come mai è stata seguita solo per un periodo e ora si trova a vivere quello che ha ben descritto?
Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it
[#2]
Gentile ragazza,
scrivi: "L'unico pensiero che ho in questi giorni è il "non mangiare", ho quella vocina che continua a dirmi "sei grassa, ti fa male, quello no, guardati fai schifo"....
Questi sono pensieri tipici di chi soffre di un disturbo alimentare, ma ritengo che oltre alla psicologa e alla nutrizionista, sia importante coinvolgere uno psicoterapeuta e il medico di base, che potrà coordinare i diversi specialisti.
E' importante, oltre alla psicoterapia e al lavoro fatto con la nutrizionista, fare un lavoro psicoeducazionale, sapendo ad esempio che la restrizione e il digiuno spalancano poi le porte alle abbuffate e che è importante imparare a mangiare. Soprattutto, da un punto di vista psicologico, è probabile che ci sia una dispercezione notevole: pur avendo probabilmente un peso adeguato, la persona che soffre di un disturbo alimentare si vede o troppo grassa o troppo magra.
Con la psicoterapia si può ottenere molto; a mio avviso vale la pena rivolgersi ad un centro per la nutrizione e per i disturbi alimentari in ospedale, in modo da risolvere il problema.
I tuoi genitori non sono a conoscenza del trattamento psicologico che hai fatto?
scrivi: "L'unico pensiero che ho in questi giorni è il "non mangiare", ho quella vocina che continua a dirmi "sei grassa, ti fa male, quello no, guardati fai schifo"....
Questi sono pensieri tipici di chi soffre di un disturbo alimentare, ma ritengo che oltre alla psicologa e alla nutrizionista, sia importante coinvolgere uno psicoterapeuta e il medico di base, che potrà coordinare i diversi specialisti.
E' importante, oltre alla psicoterapia e al lavoro fatto con la nutrizionista, fare un lavoro psicoeducazionale, sapendo ad esempio che la restrizione e il digiuno spalancano poi le porte alle abbuffate e che è importante imparare a mangiare. Soprattutto, da un punto di vista psicologico, è probabile che ci sia una dispercezione notevole: pur avendo probabilmente un peso adeguato, la persona che soffre di un disturbo alimentare si vede o troppo grassa o troppo magra.
Con la psicoterapia si può ottenere molto; a mio avviso vale la pena rivolgersi ad un centro per la nutrizione e per i disturbi alimentari in ospedale, in modo da risolvere il problema.
I tuoi genitori non sono a conoscenza del trattamento psicologico che hai fatto?
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#3]
Utente
Il percorso fu interrotto per mia volontà, in quanto stavo meglio e volevo provare a cavarmela da sola. Per un periodo ha funzionato, ma poi mi sono ritrovata punto e a capo.
Sisi i miei sapevano del trattamento. Il fatto è che loro adesso pensano che io stia bene e bho, non so ma non riesco a parlarne con loro. Mi direbbero che sto bene e che non ne ho bisogno. Poi mia madre sta dimagrendo (era sovrappeso ed aveva dei problemi c alle ginocchia) e mi continua a sbattere in faccia il fatto che lei dimagrisca, mi fa discorsi che non mi vanno giu.
Ringrazio entrambe per le risposte esaustive.
Sisi i miei sapevano del trattamento. Il fatto è che loro adesso pensano che io stia bene e bho, non so ma non riesco a parlarne con loro. Mi direbbero che sto bene e che non ne ho bisogno. Poi mia madre sta dimagrendo (era sovrappeso ed aveva dei problemi c alle ginocchia) e mi continua a sbattere in faccia il fatto che lei dimagrisca, mi fa discorsi che non mi vanno giu.
Ringrazio entrambe per le risposte esaustive.
[#5]
Utente
Tipo :
Sono dimagrita
Se non mangio non succede nulla
Oppure è a lavoro fanno colazione tutto insieme perché un collega ha portato i cornetti i bignè e lei tende a sottolineare 'io però non l'ho mangiato eh'.
Oppure mi dice quante persone le abbiano detto che è dimagrita.
Sempre, sempre così.
Sono dimagrita
Se non mangio non succede nulla
Oppure è a lavoro fanno colazione tutto insieme perché un collega ha portato i cornetti i bignè e lei tende a sottolineare 'io però non l'ho mangiato eh'.
Oppure mi dice quante persone le abbiano detto che è dimagrita.
Sempre, sempre così.
[#7]
Utente
Che nonostante sappia che non mi piaccio fisicamente, debba insistere a dirmi certe cose. Odio che sottolinea quando non ha mangiato una cosa, odio quando fa finta di pensare ad una cosa e invece ne vuole dire un'altra. Una volta mi ha persino detto che ero grassa e se n'è uscita con un 'no ma non intendevo questo'.
Lo sa che non mi piaccio, che senso ha insistere a dirmi che lei sta dimagrendo e robe varie? Non lo capisco.
Lo sa che non mi piaccio, che senso ha insistere a dirmi che lei sta dimagrendo e robe varie? Non lo capisco.
[#8]
Uno dei problemi principali che bisogna trattare nei DCA è quello legato al tema del controllo. Se da una parte le ragazze anoressiche dimostrano di avere controllo e molta forza, le bulimiche non riescono a resistere e perdono facilmente il controllo.
Ciò che può creare difficoltà nella relazione con la mamma è proprio questo, che -comprensibilmente- ti infastidisce perché adesso stai facendo fatica...
Prova a riprendere in mano la situazione con un aiuto specialistico, senza farti dei problemi sul fatto di farcela da sola o meno. Non c'è nulla di male a chiedere aiuto quando si è in difficoltà.
Ciò che può creare difficoltà nella relazione con la mamma è proprio questo, che -comprensibilmente- ti infastidisce perché adesso stai facendo fatica...
Prova a riprendere in mano la situazione con un aiuto specialistico, senza farti dei problemi sul fatto di farcela da sola o meno. Non c'è nulla di male a chiedere aiuto quando si è in difficoltà.
[#9]
Non è stata una buona idea quella di interrompere la terapia, perchè un iniziale miglioramento non significa che tutto è sistemato e adesso lei si trova a nascondere ai suoi il fatto che non sta di nuovo bene, forse per vergogna o comunque per motivi dei quali immagino si renda conto.
Quello che riferisce sul comportamento e sull'atteggiamento di sua mamma rende ancor più chiaro e conferma il fatto che generalmente l'anoressia nervosa è una patologia familiare: un solo soggetto (la figlia) è portatore dei sintomi, ma è tutto il sistema ad essere malato.
Il quadro tipico è quello di una coppia di genitori composta da una madre invadente, che non distingue fra sè e la figlia, e un padre assente, che rimane sullo sfondo.
Sua mamma oggi parla "da anoressica", si vanta del controllo che riesce a mantenere non mangiando, e questo di fronte a lei pur sapendo che tipo di problemi ha avuto: dall'esterno sembra piuttosto chiaro che è necessario non solo che lei riprenda la terapia, ma che anche i suoi genitori vengano coinvolti.
Senza conoscerla non posso ovviamente stabilire nulla, ma non escluderei che lei possa essere diventata anoressica proprio per la confusione di identità con la mamma, confusione per la quale forse lei si è fatta carico del notevole sovrappeso materno considerandosi grassa quando era più che altro sua madre ad esserlo.
Quello che riferisce sul comportamento e sull'atteggiamento di sua mamma rende ancor più chiaro e conferma il fatto che generalmente l'anoressia nervosa è una patologia familiare: un solo soggetto (la figlia) è portatore dei sintomi, ma è tutto il sistema ad essere malato.
Il quadro tipico è quello di una coppia di genitori composta da una madre invadente, che non distingue fra sè e la figlia, e un padre assente, che rimane sullo sfondo.
Sua mamma oggi parla "da anoressica", si vanta del controllo che riesce a mantenere non mangiando, e questo di fronte a lei pur sapendo che tipo di problemi ha avuto: dall'esterno sembra piuttosto chiaro che è necessario non solo che lei riprenda la terapia, ma che anche i suoi genitori vengano coinvolti.
Senza conoscerla non posso ovviamente stabilire nulla, ma non escluderei che lei possa essere diventata anoressica proprio per la confusione di identità con la mamma, confusione per la quale forse lei si è fatta carico del notevole sovrappeso materno considerandosi grassa quando era più che altro sua madre ad esserlo.
Questo consulto ha ricevuto 9 risposte e 2.2k visite dal 19/01/2017.
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Approfondimento su DCA: Disturbi del Comportamento Alimentare
I disturbi alimentari (DCA), come anoressia, bulimia e binge eating, sono patologie legate a un comportamento disfunzionale verso il cibo. Sintomi, cause, cura.