Crisi esistenziale & disadattamento sociale??
salve, dopo un po di tempo mi sono deciso a chiedere un parere esterno riguardo la mia situazione, penso che un "incontro indiretto" come questo potrebbe essermi utile per darmi un orientamento su come comportarmi a riguardo.
(faccio fatica a mettere insieme i miei pensieri, di solito però non ho problemi a scrivere)
Se guardo indietro per cercare la data di inizio di questo mio modo d'essere, posso tranquillamente dire che nella pubertà, anche se non con la coscenza attuale della mi situazione, cominciavo ad avere questi "sintomi".
A quel tempo (circa 14-15 anni) successivamente alla fase di "avercela con il mondo intero", cominciava a farsi viva in me una sensazione di disagio, un disagio che mi faceva sentire su un livello diverso rispetto alle persone che mi stavano attorno, non riuscivo a sintonizzarmi del tutto con la mia vita.
E' seguita poi una fase abbastanza costante caratterizzata da poco entusiasmo in generale ma niente di preoccupante fino alla maturità. dopo di che la scelta dell universita, peraltro molto difficoltosa, che mi ha portato ad andare a stare fuori casa, novita che sembrava poter dare una svolta alla mia vita.la svolta c'è stata ma in peggio. La mia diffidenza verso le persone e sopratutto le mie forse eccessive esigenze riguardo a qualsiasi tipo di rapporto di amicizia o sentimentale, mi hanno portato a un periodo che è stato forse il piu brutto della mia vita, caratterizzato da una solitudine che mi faceva veramente star male conoscevo un sacco di persone eppure mi senti solo nel profondo, i giorni che passavo da solo erano tremendi, allora cercavo conforto nel cibo che pero non mi dava nessun sollievo, mi ritrovavo quindi sulla tazza del water a vomitare tutto, oppure mi è capitato di tagliarmi i capelli a zero in momenti di rabbia; l'unica cosa che mi faceva star bene era disegnare disegnavo spesso volti femminili. Cosi fino a maggio quando decido di cambiare facolta in quanto la mia insoddisfazione e insicurezza si era estesa anche su quel campo. cambiato facolta e tornato a casa con i mie il problema sembrava risolto in quanto la mia famiglia è l'unica cosa a cui posso far affidamento e che non mi fa sentire solo, ma quando rifletto a lungo si insinua nuovamente in me questo senso di inappagatezza, di assenza di alcun senso, a volte penso che il mio stato è dovuto al fatto che non mi riconosco nella societa moderna dove non c'è piu rapporto umano e nessuno è indispensabile, mi piacerebbe poter apprezzare la vita come fanno tutti i miei coetanei ma non ci riesco o forse non voglio riuscirci perche non vedo niente di apprezzabile, cerco risposte ma forse cerco nel modo sbagliato, ad incrementare il mio disagio si aggiunge il fatto di non riuscire a trovare una ragazza che mi capisca, sono tutte prese dal apparire (cosi come i ragazzi). fatto sta che vorrei essere sereno veramente, se potete un consiglio è ben accetto. grazie
ps: scusate se ho scritto tanto ma ho cercato di essere piu coniciso possibile.
(faccio fatica a mettere insieme i miei pensieri, di solito però non ho problemi a scrivere)
Se guardo indietro per cercare la data di inizio di questo mio modo d'essere, posso tranquillamente dire che nella pubertà, anche se non con la coscenza attuale della mi situazione, cominciavo ad avere questi "sintomi".
A quel tempo (circa 14-15 anni) successivamente alla fase di "avercela con il mondo intero", cominciava a farsi viva in me una sensazione di disagio, un disagio che mi faceva sentire su un livello diverso rispetto alle persone che mi stavano attorno, non riuscivo a sintonizzarmi del tutto con la mia vita.
E' seguita poi una fase abbastanza costante caratterizzata da poco entusiasmo in generale ma niente di preoccupante fino alla maturità. dopo di che la scelta dell universita, peraltro molto difficoltosa, che mi ha portato ad andare a stare fuori casa, novita che sembrava poter dare una svolta alla mia vita.la svolta c'è stata ma in peggio. La mia diffidenza verso le persone e sopratutto le mie forse eccessive esigenze riguardo a qualsiasi tipo di rapporto di amicizia o sentimentale, mi hanno portato a un periodo che è stato forse il piu brutto della mia vita, caratterizzato da una solitudine che mi faceva veramente star male conoscevo un sacco di persone eppure mi senti solo nel profondo, i giorni che passavo da solo erano tremendi, allora cercavo conforto nel cibo che pero non mi dava nessun sollievo, mi ritrovavo quindi sulla tazza del water a vomitare tutto, oppure mi è capitato di tagliarmi i capelli a zero in momenti di rabbia; l'unica cosa che mi faceva star bene era disegnare disegnavo spesso volti femminili. Cosi fino a maggio quando decido di cambiare facolta in quanto la mia insoddisfazione e insicurezza si era estesa anche su quel campo. cambiato facolta e tornato a casa con i mie il problema sembrava risolto in quanto la mia famiglia è l'unica cosa a cui posso far affidamento e che non mi fa sentire solo, ma quando rifletto a lungo si insinua nuovamente in me questo senso di inappagatezza, di assenza di alcun senso, a volte penso che il mio stato è dovuto al fatto che non mi riconosco nella societa moderna dove non c'è piu rapporto umano e nessuno è indispensabile, mi piacerebbe poter apprezzare la vita come fanno tutti i miei coetanei ma non ci riesco o forse non voglio riuscirci perche non vedo niente di apprezzabile, cerco risposte ma forse cerco nel modo sbagliato, ad incrementare il mio disagio si aggiunge il fatto di non riuscire a trovare una ragazza che mi capisca, sono tutte prese dal apparire (cosi come i ragazzi). fatto sta che vorrei essere sereno veramente, se potete un consiglio è ben accetto. grazie
ps: scusate se ho scritto tanto ma ho cercato di essere piu coniciso possibile.
[#1]
Gentile ragazzo
Mi permetta di porle una domanda: anche se lo ha messo in fondo alla sua descrizione, quasi di sfuggita, potremmo dire che il fatto di non riuscire a trovare una ragazza è il suo problema principale, oppure solo uno dei tanti e nemmeno il più importante?
Cordiali saluti
Mi permetta di porle una domanda: anche se lo ha messo in fondo alla sua descrizione, quasi di sfuggita, potremmo dire che il fatto di non riuscire a trovare una ragazza è il suo problema principale, oppure solo uno dei tanti e nemmeno il più importante?
Cordiali saluti
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#2]
Ex utente
Dr. Santonocito la ringrazio per la risposta, riguardo al problema della ragazza,no è solo uno dei tanti problemi e neanche il principale, penso sia la conseguenza del fatto che sono molto esigente riguardo i mie rapporti personali,o forse penso che il mio essere non si esaurisce nei raporti interpersonali, e cerco quindi risposte altrove ma queste risposte non arrivano; questo penso sia il mio problema.per esempio quando cerco di vivere secondo gli standard, cene fuori aperitivi ecc, inizialmente mi sento bene ma subito dopo ho delle cadute di umore perche mi chiedo se quello che faccio puo veramente portarmi armonia e serenita. non sono timido non ho problemi a fare nuove conoscienze(a parte la mia diffidenza di fondo verso il prossimo), tutte le persone che conosco mi stimano perche so ascoltare e dare consigli, sono rispettoso verso tutti, pero allo stesso tempo nessuno riesce veramente a "conquistarmi"(intendo a livello di amicizia e stima personale) a starmi a cuore, trovo in tutti quanti qualche cosa che non voglio accettare. penso che questo sia dovuto al fatto che all eta di 8 anni io e la mia famiglia ci siamo trasferiti per problemi di lavoro in un paesino del centro nord dove non ci siamo mai veramente integrati,e anzi da piccolo ho sofferto molto perche non venivo acettato dai miei coetanei, crescendo le cose si sono sistemate ma penso che la cosa mi abbia segnato ma non ho mai avuto veri amici, magari ero un amico per gli altri ma nessuno lo era per me. questo puo dare la spiegazione del mio non affezzionarmi a nessuno ma non spiega il fatto che non trovo soddisfazione nel quitidiano, la ricerca di un "illuminazione" che mi faccia sentire di vivere la mia vita appieno.
non so se le ho dato elementi utili per darmi un consiglio
grazie
non so se le ho dato elementi utili per darmi un consiglio
grazie
[#3]
Ok ma allora, se ci pensa, direbbe che lei è troppo insofferente nei confronti degli altri, e quindi si sente condannato a restarne deluso, oppure in realtà ha paura che potrebbe essere lei a deludere gli altri, e quindi non esserne all'altezza?
[#4]
Ex utente
io in genere nei rapporti con gli altri sono molto attento, ci metto impegno diciamo, forse per un inconscia paura di un rifiuto o come dice lei di non essere all altezza , ma daltra parte mi da fastidio non vedere negli altri lo stesso impegno che ci metto io. inoltre la mia insofferenza non è riferita a specifche caratteristiche di un singolo, ma piu che altro mi infastidisce la supeficalità della maggior parte delle persone e mi fa sentire diverso, in un certo senso sono anche orgoglioso di essere diverso pero a differenza dei "superficiali", loro si godono la vita io no..
[#5]
Credo che lei abbia toccato il punto centrale del suo problema.
Quando si parte da una posizione di svantaggio, com'è successo a lei - mi riferisco al trasferimento e al non essere accettato durante la sua infanzia - sono possibili diverse reazioni.
Se uno è superficiale di natura, può reagire diventando ancora più superficiale. Adattandosi cioè perfettamente a quello che secondo lui è il modo "giusto" di comportarsi, in base a ciò che vede attorno a sé, e credendo in tal modo di compensare e di venir più facilmente accettato.
Ma se uno non è superficiale, come mi pare sia il suo caso, un'altra reazione possibile è quella che, se non vado errato, lei ha messo in pratica molto bene, in modo più o meno inconsapevole: prendere atto della propria non superficialità e farsene un punto d'orgoglio.
In questo modo, è riuscito almeno a "salvare la faccia" con se stesso. Peccato però che ora, affacciandosi al mondo da una posizione di superiorità, si sia autocondannato ad essere inevitabilmente deluso dagli altri, perché sono superficiali.
Posso sbagliarmi, ma è come se per lei finora fosse stato più importante evitare di essere superficiale che correre il rischio d'avvicinarsi davvero agli altri. E forse adesso ci sta ripensando.
Quindi evidentemente il problema diventa trovare una via di mezzo. Non diventare superficiali, e allo stesso tempo permettere a se stessi di avvicinarsi agli altri. E non necessariamente a forza di partecipare continuamente a cene e aperitivi, se la cosa non le garba.
È una cosa che, riflettendo, può imparare a fare anche da solo. Se però non dovesse riuscirci, può comunque richiedere una consulenza specialistica e lasciarsi aiutare.
Cordiali saluti
Quando si parte da una posizione di svantaggio, com'è successo a lei - mi riferisco al trasferimento e al non essere accettato durante la sua infanzia - sono possibili diverse reazioni.
Se uno è superficiale di natura, può reagire diventando ancora più superficiale. Adattandosi cioè perfettamente a quello che secondo lui è il modo "giusto" di comportarsi, in base a ciò che vede attorno a sé, e credendo in tal modo di compensare e di venir più facilmente accettato.
Ma se uno non è superficiale, come mi pare sia il suo caso, un'altra reazione possibile è quella che, se non vado errato, lei ha messo in pratica molto bene, in modo più o meno inconsapevole: prendere atto della propria non superficialità e farsene un punto d'orgoglio.
In questo modo, è riuscito almeno a "salvare la faccia" con se stesso. Peccato però che ora, affacciandosi al mondo da una posizione di superiorità, si sia autocondannato ad essere inevitabilmente deluso dagli altri, perché sono superficiali.
Posso sbagliarmi, ma è come se per lei finora fosse stato più importante evitare di essere superficiale che correre il rischio d'avvicinarsi davvero agli altri. E forse adesso ci sta ripensando.
Quindi evidentemente il problema diventa trovare una via di mezzo. Non diventare superficiali, e allo stesso tempo permettere a se stessi di avvicinarsi agli altri. E non necessariamente a forza di partecipare continuamente a cene e aperitivi, se la cosa non le garba.
È una cosa che, riflettendo, può imparare a fare anche da solo. Se però non dovesse riuscirci, può comunque richiedere una consulenza specialistica e lasciarsi aiutare.
Cordiali saluti
Questo consulto ha ricevuto 6 risposte e 9.5k visite dal 13/11/2008.
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