Ansia e insicurezza nelle scelte - passaggio generazionale
Gentili Dottori,
da qualche mese a questa parte sto vivendo delle situazioni di ansia, insicurezza e sensi di colpa, legati alla situazione che sto per esporre. Premetto che da qualche mese seguo una terapia psicologica, inziata quasi per caso per un periodo di ansia legato ai momenti finali e alla fine di una relazione travagliata, e che ora invece è focalizzata sulla situazione che descriverò. Mio padre ha un'azienda, piccola ma che ha creato totalmente da solo. Non mi ha mai imposto ne chiesto di continuare l'attività, tuttavia tutti i miei studi e le mie scelte lavorative sono state sempre inconsciamente condizionate da ciò: ho studiato un ambito affine, ho lavorato alcuni anni in una multinazionale dello stesso settore; inconsciamente avevo già scritto un copione della mia vita che prevedeva ad un certo punto di rilevare l'attività di mio padre, per "ripagarlo" dei sacrifici che ha fatto. Il periodo di esperienza in un'altra azienda l'ho quasi preso come "un premio" per "godermi"ancora alcuni anni della mia vita, per poi iniziare a mia volta i sacrifici (in quanto i ritmi di lavoro per un attività propria, sono altissimi). Da quando ho iniziato a lavorare circa da 1 anno e mezzo in azienda, la realtà è stata ben diversa da come l'avevo immaginata. Ho sofferto il fatto della "limitatezza" delle dimensioni dell'azienda, abituato a una multinazionale, ad essere sempre nello stesso ambiente piccolo e a contatto con poche persone, ad aver perso l'opportunità di viaggiare; non riesco bene nel lavoro come riuscivo invece nella multinazionale e sento una mancanza di "riconoscimento" del mio lavoro. Credo di star realizzando giorno dopo giorno che sto replicando il copione della vita di mio padre, per un senso del dovere e per paura di deluderlo. Tuttavia mi rendo conto che non è quello che piace a me, in quanto a me piace viaggiare, essere a contatto con persone durante il lavoro, e magari avere ritmi di lavoro minori anche con minori prospettive economiche. Non ho ancora parlato a mio padre di questo e sono terrorizzato. Secondo il suo metro di giudizio queste cose che ho appena citato sono quasi "disonorevoli", in quanto bisogna vivere facendo sacrifici. Inoltre l'essere imprenditore, l'idea di non avere orari, di mettere il lavoro sopra tutto...mi mette più ansia che stimolo. Ho paura che continuando a lavorare nell'azienda, i risultati non arriveranno. Tuttavia ho il terrore di lasciare l'azienda per la paura di deludere mio padre, che giudicherebbe le mie esigenze capricci, e quindi di perdere la sua fiducia ed essere giudicato negativamente da lui. Aggiungo che il dialogo con mio padre, in generale nel passato, è sempre stato molto scarso, e ora quasi nullo. Questa situazione mi fa vivere malissimo, ho sensi di colpa nei confronti di mio padre, e momenti di ansia e blocco totale sul lavoro, mal di testa spesso, e arrivo a fine giornata e settimana esausto dalle energie nervose spese.
Come posso gestire tutto ciò?
Grazie mille
da qualche mese a questa parte sto vivendo delle situazioni di ansia, insicurezza e sensi di colpa, legati alla situazione che sto per esporre. Premetto che da qualche mese seguo una terapia psicologica, inziata quasi per caso per un periodo di ansia legato ai momenti finali e alla fine di una relazione travagliata, e che ora invece è focalizzata sulla situazione che descriverò. Mio padre ha un'azienda, piccola ma che ha creato totalmente da solo. Non mi ha mai imposto ne chiesto di continuare l'attività, tuttavia tutti i miei studi e le mie scelte lavorative sono state sempre inconsciamente condizionate da ciò: ho studiato un ambito affine, ho lavorato alcuni anni in una multinazionale dello stesso settore; inconsciamente avevo già scritto un copione della mia vita che prevedeva ad un certo punto di rilevare l'attività di mio padre, per "ripagarlo" dei sacrifici che ha fatto. Il periodo di esperienza in un'altra azienda l'ho quasi preso come "un premio" per "godermi"ancora alcuni anni della mia vita, per poi iniziare a mia volta i sacrifici (in quanto i ritmi di lavoro per un attività propria, sono altissimi). Da quando ho iniziato a lavorare circa da 1 anno e mezzo in azienda, la realtà è stata ben diversa da come l'avevo immaginata. Ho sofferto il fatto della "limitatezza" delle dimensioni dell'azienda, abituato a una multinazionale, ad essere sempre nello stesso ambiente piccolo e a contatto con poche persone, ad aver perso l'opportunità di viaggiare; non riesco bene nel lavoro come riuscivo invece nella multinazionale e sento una mancanza di "riconoscimento" del mio lavoro. Credo di star realizzando giorno dopo giorno che sto replicando il copione della vita di mio padre, per un senso del dovere e per paura di deluderlo. Tuttavia mi rendo conto che non è quello che piace a me, in quanto a me piace viaggiare, essere a contatto con persone durante il lavoro, e magari avere ritmi di lavoro minori anche con minori prospettive economiche. Non ho ancora parlato a mio padre di questo e sono terrorizzato. Secondo il suo metro di giudizio queste cose che ho appena citato sono quasi "disonorevoli", in quanto bisogna vivere facendo sacrifici. Inoltre l'essere imprenditore, l'idea di non avere orari, di mettere il lavoro sopra tutto...mi mette più ansia che stimolo. Ho paura che continuando a lavorare nell'azienda, i risultati non arriveranno. Tuttavia ho il terrore di lasciare l'azienda per la paura di deludere mio padre, che giudicherebbe le mie esigenze capricci, e quindi di perdere la sua fiducia ed essere giudicato negativamente da lui. Aggiungo che il dialogo con mio padre, in generale nel passato, è sempre stato molto scarso, e ora quasi nullo. Questa situazione mi fa vivere malissimo, ho sensi di colpa nei confronti di mio padre, e momenti di ansia e blocco totale sul lavoro, mal di testa spesso, e arrivo a fine giornata e settimana esausto dalle energie nervose spese.
Come posso gestire tutto ciò?
Grazie mille
[#1]
Gent.le Utente,
se ha già iniziato un percorso terapeutico significa che ha instaurato un rapporto diretto con lo specialista che la sta seguendo, quindi quello è lo spazio più adeguato all'interno del quale condividere il suo vissuto e individuare quali aspetti alimentano la sua insoddisfazione.
Come mai preferisce parlarne in una consulenza on line
se ha già iniziato un percorso terapeutico significa che ha instaurato un rapporto diretto con lo specialista che la sta seguendo, quindi quello è lo spazio più adeguato all'interno del quale condividere il suo vissuto e individuare quali aspetti alimentano la sua insoddisfazione.
Come mai preferisce parlarne in una consulenza on line
Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it
[#2]
Utente
Gentile Dottoressa,
credo che uno spunto o una riflessione in più possano essere utili; pur avendo intrapreso un percorso mi rendo conto che a volte ci sono degli spunti interessanti che arrivano anche magari da altre persone al di fuori del terapeuta che mi fanno vedere la situazione sotto un altro punto di vista e che possono aiutarmi, anche all'interno della terapia, tutto qui.
Sapendo che ogni situazione è unica e non paragonabile, magari a qualche Dottore è capitato di gestire una situazione simile (è poi così tanto raro?) e ha qualche spunto interessante da proporre.
Grazie
credo che uno spunto o una riflessione in più possano essere utili; pur avendo intrapreso un percorso mi rendo conto che a volte ci sono degli spunti interessanti che arrivano anche magari da altre persone al di fuori del terapeuta che mi fanno vedere la situazione sotto un altro punto di vista e che possono aiutarmi, anche all'interno della terapia, tutto qui.
Sapendo che ogni situazione è unica e non paragonabile, magari a qualche Dottore è capitato di gestire una situazione simile (è poi così tanto raro?) e ha qualche spunto interessante da proporre.
Grazie
[#3]
"Come posso gestire tutto ciò?"
A me sembra che stia cercando una sorta di "metodo" da applicare più che uno spunto di riflessione.
In psicoterapia non esistono "soluzioni standard e preconfezionate", al contrario in ogni percorso è fondamentale lasciar affiorare e valorizzare l'unicità della propria soggettività.
In questo momento sembrerebbe intrappolato in un conflitto interiore tra le comprensibili e legittime aspettative di autorealizzazione e i sensi di colpa derivanti dagli impegni assunti con suo padre.
La paura che la "immobilizza" è un'emozione che chiede di uno spazio di ascolto e di elaborazione e non ha bisogno di essere "gestita"ma "guardata in faccia" perché forse ha molte cose da raccontarle che la riguardano.
Tuttavia questo è un processo che richiede il contatto diretto con lo psicoterapeuta non può essere realizzato attraverso una consulenza on line e, dato che ha già avviato un percorso terapeutico, quello è lo spazio adeguato per realizzarlo.
A me sembra che stia cercando una sorta di "metodo" da applicare più che uno spunto di riflessione.
In psicoterapia non esistono "soluzioni standard e preconfezionate", al contrario in ogni percorso è fondamentale lasciar affiorare e valorizzare l'unicità della propria soggettività.
In questo momento sembrerebbe intrappolato in un conflitto interiore tra le comprensibili e legittime aspettative di autorealizzazione e i sensi di colpa derivanti dagli impegni assunti con suo padre.
La paura che la "immobilizza" è un'emozione che chiede di uno spazio di ascolto e di elaborazione e non ha bisogno di essere "gestita"ma "guardata in faccia" perché forse ha molte cose da raccontarle che la riguardano.
Tuttavia questo è un processo che richiede il contatto diretto con lo psicoterapeuta non può essere realizzato attraverso una consulenza on line e, dato che ha già avviato un percorso terapeutico, quello è lo spazio adeguato per realizzarlo.
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 1.8k visite dal 05/01/2017.
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Approfondimento su Ansia
Cos'è l'ansia? Tipologie dei disturbi d'ansia, sintomi fisici, cognitivi e comportamentali, prevenzione, diagnosi e cure possibili con psicoterapia o farmaci.