Come comportarsi con un'amica vittimista

Buongiorno,
innanzitutto grazie per l'attenzione. Due anni fa durante un periodo particolarmente difficile (nuovo lavoro, la scoperta della brutta malattia di una zia, la fine di una storia di 7 anni), ho legato molto con una collega di lavoro che mi è stata piuttosto vicino con gesti che all'epoca mi commuovevano molto: regali, lettere, centinaia di messaggi. Io mi sono lasciata andare a questa amicizia ricambiando allo stesso modo e con gesti affettuosi, piccoli doni e semplici uscite insieme. Per un paio di mesi le cose sono andate bene, quando ho iniziato a notare comportamenti sempre più strani da parte di questa donna (di 17 anni più grande di me che ne ho 27): si arrabbiava se parlavo con altre persone, spesso quello che le dicevo non le piaceva e mi accusava di ferirla, di farla soffrire, di trascurarla. Mi invitava a diffidare di molte colleghe ritenendole false e ipocrite. Dopo una vacanza insieme le cose sono crollate: lei sempre più gelosa e arrabbiata a causa delle mie nuove amicizie e frequentazioni (con quello che sarebbe diventato poi il mio attuale fidanzato), sempre più triste e sofferente a causa mia. Io ho provato a farla ragionare, a dire che per lei c'ero e ci sarei sempre stata, ma lei si trincerava dietro a questo muro di tristezza causato da me. Nel frattempo ho cominciato ad essere insofferente a questa situazione, perché in due anni di conoscenza non le ho mai sentito dire un giorno: "Sono felice". Da quello che mi dice è in ospedale un giorno si e uno no per problemi all'ulcera o ai denti, suo papà è malato per cui spesso lo porta in Chirurgia (a suo dire è stato operato circa 4 volte nell'ultimo anno), in sei mesi ha perso due zie. Ho cominciato sempre più a mettere in dubbio le sue parole e a risponderle male. Mi rendo conto che ho raggiunto un tale livello di insofferenza nei suoi confronti che le rispondo in modo seccato anche quando non lo merita e questo mi dispiace, non è da me, ma è arrivata al punto da togliermi la voglia e le energie anche di mandarle un messaggio. Al lavoro non mi rivolge la parola perché arrabbiata, ferita dai miei comportamenti, per cui comunichiamo solo tramite messaggio o qualche lettera che mi manda, e tale situazione si trascina da quasi due anni. Ogni parola, ogni frase, ogni atteggiamento mio o di altri la fa soffrire. Ho scoperto che non sono la prima con cui fa così, è successo moltissime altre volte sempre con lo stesso schema: lettere, regali, tristezza sua. Ancora oggi si comporta così con le nuove arrivate. Mi rendo conto benissimo che questa non è un'amicizia e che forse dovrei chiuderla, ma i sensi di colpa mi bloccano. Come affrontarla? Cosa dirle? A volte penso che dovrei portare pazienza e accettarla con i suoi difetti. Lei ogni volta che le dico che non dovremmo più sentirci risponde che ha capito e cambierà. Cosa mi consigliate di fare? Grazie ancora.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
Gentile Utente,

dalla Sua narrazione è tutto chiaro, ma prima di pensare a che cosa fare, posso chiederLe come mai i sensi di colpa?
Sensi di colpa se si allontana da questa persona?
Se non soddisfa le sue (di questa collega) aspettative e desideri?
Come mai?

Con le persone che fanno le "vittime" non ci riesce molto facile restare calmi e sereni, perché si pongono chiaramente su un piano relazionale di tipo competitivo, in modalità perdente.
Quindi, di fronte ad una vittima c'è sempre un carnefice e, Suo malgrado, Lei diventerebbe il carnefice, non per cattiveria, ma perché le vittime tirano spesso fuori l'aggressività nelle altre persone.

La invito, tuttavia, a riflettere sui Suoi sensi di colpa perché qui mi sembrano davvero incongrui rispetto alla situazione.

Cordiali saluti,

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

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Utente
Utente
Gentile Dottoressa,
grazie per la Sua risposta. I miei sensi di colpa nascono dal fatto che per quanto io desideri di fatto porre fine a questa "amicizia" mi sento in torto perché penso che in fondo potrei sforzarmi ad essere più gentile e presente nella sua vita. Lei spesso mi dice di essere triste e sola e io, che mi reputo una persona molto fortunata, mi chiedo se sia giusto lasciarla così nella sua solitudine. Poi, di fronte ai suoi continui piagnistei, i miei propositi vacillano ed emerge in me, come da Lei perfettamente indicato, un'aggressività che neppure sospettavo di poter provare. Crede quindi che tali miei sensi di colpa siano fuori luogo e dovrei chiudere il rapporto?
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
Gentile Utente,

se una persona è da sola, può esserlo per tante ragioni, ragioni che non hanno a che vedere con Lei e per le quali Lei deve sentirsi in colpa.

Inoltre, lasci agli altri la possibilità e opportunità di poter risolvere i propri problemi: magari questa persona non è capace di stare con gli altri e quindi Lei non fa un favore e comportarsi così, oltre al fatto di andare in sofferenza Lei stessa per prima.

Quindi viva la Sua vita facendo ciò che sente di voler fare.

I sensi di colpa sono incongrui se non derivano dall'aver danneggiato qualcosa o qualcuno: Lei che colpa ne ha se questa persona è sola?

Cordiali saluti,