Doc e ansia sociale: cambio psicoterapia?

Salve sono un ragazzo di 21 anni e attualmente sono in cura da una psicoterapeuta ad orientamento umanistico-integrato con cui mi trovo molto bene. La sua diagnosi è stata di disturbo ossessivo e ansia sociale. Ho fatto 22 sedute da luglio 2016, nelle quali abbiamo affrontate diverse tematiche riguardo alla mia vita e molte riflessioni sulle mie modalità di pensiero e sulla mia tendenza a sottovalutarmi e ad essere eccessivamente critico e severo con me stesso. Ho ripreso un mano la mia vita, che stavo abbastanza trascurando, sia per quanto riguarda lo studio (vado all'università), sia per quanto la cura di me stesso. Ho acquisito più autostima e più fiducia in me stesso, sono maturato ho imparato ad accettarmi un pelino di più, e cerco di stare impegnato il più possibile durante la giornata (prima passavo gran parte del mio tempo a non far niente a rimuginare sui miei problemi, ed ero più apatico).
Per quanto riguarda i miei problemi in termini pratici, che ora cerco di definire meglio, non ho avuto miglioramenti. Il mio disturbo ossessivo è incentrato sulle mie capacità intellettive e sulle mie emozioni: ho continui dubbi su queste mie capacità come il ragionamento, la memoria, le mie abilità sociali, la mia capacità di attenzione.. ecc. Questi continui dubbi mi portano a passare molto tempo a ragionarci sopra, e a cercare di capire cosa non vada in me, spesso confrontando le mie capacità con quelle degli altri, che tendo ad analizzare in base a ciò che dicono e a come si comportano.. Spesso le conclusioni a cui arrivano mi deprimono e di conseguenza tendo a sottostimarmi molto. Queste mie continue analisi e autosservazioni mi portano via abbastanza tempo e mi causano problemi di attenzione (spesso infatti ho difficoltà a seguire un discorso, o a mantenere l'attenzione su qualsiasi cosa, come un film in tv o altro) che a loro volta alimentano i miei dubbi. Ho capito che questi ragionamenti sono solo il frutto del mio disturbo, ma nonostante ciò, pur sapendo, dopo delle riflessioni con la mia terapeuta, che la natura del mio problema è di tipo psicologico e non di altro tipo come invece i miei dubbi mi portano a pensare, rimetto in discussione continuamente le mie capacità intellettive.
Sento che questo tipo di psicoterapia, nonostante mi sia stato molto utile, non sia adatto a risolvere concretamente i miei problemi. Sono una persona razionale, ho difficoltà a fare alcune delle cose che stanno alla base di questa psicoterapia: il riportare alla mente eventi del mio passato non mi sembra utile (almeno per me), sia perchè ho una memoria autobiografica scarsa (questo è un dato di fatto, non una mia ossessione), sia perchè non rivivo le emozioni che invece dovrei avere ripensando a determinati eventi traumatici. Perciò vorrei passare alla TCC, in quanto credo che sarebbe più utile per me, e per i miei problemi. Però prima di decidere e di parlarne con la mia terapeuta, vorrei avere più opinioni di voi specialisti. Grazie.
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicoterapeuta, Psicologo 4.9k 87
Gent.le Utente,
la ricerca scientifica sui fattori di efficacia in psicoterapia oramai da più di trent'anni con conferma che il fattore che fa la differenza è la relazione terapeutica e non l'orientamento di riferimento dello specialista.
Tuttavia questo non esclude la possibilità di esprimere tutte le perplessità e di confrontarsi con lo psicoterapeuta, verificando se è possibile individuare gli obiettivi terapeutici verso i quali orientare l'intervento a partire dalle attuali condizioni.
In questo modo sarà possibile fare un bilancio del percorso terapeutico fatto finora e verificare se ci sono le condizioni per proseguirlo oppure è necessario cercare un altro psicoterapeuta.
La seduta di psicoterapia dovrebbe essere un'esperienza non solo un momento di riflessione, rappresenta l'opportunità di sperimentare concretamente un modo diverso e più funzionale di entrare in contatto con se stessi.
In definitiva il consiglio e di fare chiarezza con lo psicoterapeuta e poi valutare le varie possibilità.

Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it

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Utente
Utente
Se quello che dice è vero, sul fatto che non è il tipo di psicoterapia che cura bensì la relazione terapeuta-paziente, allora perchè la quasi totalità delle persone che soffrono di doc non hanno tratto giovamento da psicoterapie di tipo analitico? Questo è quello che ho notato leggendo diverse esperienze onilne. Mentre, sempre la ricerca scientifica, e sempre da ciò che ho letto, privilegia le terapie come la tcc per questo tipo di problemi? La mie domande non hanno tono provocatorio, non mi fraintenda, hanno solo scopo informativo, anche perchè io ovviamente non sono un esperto.
Son in particolare le esperienze altrui che mi frenano dal continuare questo tipo di terapia, anche perchè da quanto ho capito, la terapia che sto facendo è molto lunga e non avendo certezze che possa aiutarmi di più di quello che ha già fatto, non vorrei di certo impiegare anni per poi magari ritrovarmi con gli stessi problemi di partenza..
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicoterapeuta, Psicologo 4.9k 87
Intanto una precisazione: la psicoanalisi non è un orientamento umanistico, fatta questa premessa ogni volta che si crea un impasse in un percorso terapeutico ma esplicitato e affrontato.
Quindi la scelta auspicabile è confrontarsi apertamente con lo psicoterapeuta e se si arriva ad una conclusione, ha tutto il diritto di orientarsi nella scelta di un altro specialista ma lo farei in funzione delle sue esigenze e non di quanto letto in rete relativamente alle esperienze di altri.
In psicoterapia la soggettività va valorizzata e non appiattita su presunti "standard".
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
Gentile Utente,

sulla relazione terapeutica può leggere questo articolo:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/1630-e-la-relazione-che-cura.html

La tecnica della psicoterapia è il modo in cui si fa psicoterapia, ed è positivo trovarsi bene con lo psicoterapeuta, ma di solito in una psicoterapia si fissano degli obiettivi terapeutici sensati, misurabili e percorribili rispetto la problematica del pz e su questi si lavora.

Se anche il pz si trova bene con il terapeuta, ma gli obbiettivi (per una qualunque ragione) non vengono raggiunti, la terapia fallisce e il pz non ha risolto il problema, ha solo perso tempo, energie e denaro.

Invece, sul DOC potrebbe leggere qui:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/4051-i-pensieri-ossessivi-possono-diventare-reali.html

https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/3715-la-rimuginazione-ossessiva-come-risolverla.html

Cordiali saluti,

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

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Utente
Utente
Con la terapeuta non abbiamo posto nessun obiettivo di base, mi ha solo detto che ci vorrà del tempo, e che 20 sedute sono pochissime in relazione al percorso che stiamo facendo. Questa affermazione mi ha messo un po' sulle spine, poichè, come ho già detto, non vorrei ritrovarmi dopo 100 sedute, e quindi dopo anni, senza risultati. Inoltre questa terapia, che ho paragonato erroneamente alla psicoanalisi, è comunque particolarmente incentrata sul passato, ed è questo che mi crea perplessità nel mio caso. Sul presente si lavora molto meno, si fa ben poco di concreto per risolvere i miei problemi, poichè la sua visione è che devo accettarmi così come sono, mentre io voglio cambiare . Le avevo già accennato che stavo valutando se il tipo di terapia che stavamo facendo fosse adatto a me e avevo nominato la terapia cognitivo comportamentale. Il suo parere rispecchiava quello della Dr.ssa Sabrina Camplone, ovvero che è la relazione a curare e non la tecnica terapeuta. Mi disse inoltre che è sbagliato lavorare sui sintomi come fa la TCC, poichè una volta curato un sintomo senza annientare il problema alla radice, esso comparirebbe sotto un'altra forma. Io non sono motlo d'accordo sulla sua visione ed è per questo che son venuto a chiedere pareri qua.
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicoterapeuta, Psicologo 4.9k 87
"la sua visione è che devo accettarmi così come sono, mentre io voglio cambiare "

Accettarsi non va confuso con "rassegnarsi" ma con la possibilità di entrare in contatto con se stessi sospendendo l'atteggiamento giudicante che alimenta il nostro senso di inadeguatezza.
Tuttavia si tratta deriva da un processo che riguarda l'interiorizzazione di un'esperienza concreta: sentirsi accettati e non giudicati, evidentemente non è un semplice "suggerimento": dovresti accettarti così come sei.
La possibilità di accettarsi diventa l'anticamera del processo di cambiamento che vede la persona attivamente coinvolta fin dall'inizio.
In definitiva se avverte l'andamento della psicoterapia come una sorta di "navigazione a vista" priva di punti di riferimento che la demotiva nel proseguire il percorso è necessario rendere esplicite questi aspetti e valutare se ci sono le condizioni per andare avanti o bisogna avviarsi ad una conclusione.
Inoltre lavorare sul presente con significa focalizzarsi esclusivamente sui sintomi ma naturalmente ogni orientamento ha una modalità d'intervento differente, in realtà la maggior parte degli approcci psicoterapeutici tendono a partire dal "qui ed ora" non è una caratteristica esclusiva della terapia cognitivo-comportamentale.
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
Da un punto di vista prettamente strategico, per eliminare il dubbio ossessivo è necessario compiere azioni specifiche indicate dal terapeuta. Si tratta di un disturbo che non è intaccato dai fattori aspecifici come la relazione terapeutica, la motivazione e l'aspettativa del paziente. Sono fattori essenziali, ma non sempre sufficienti.

Sempre da un punto di vista strategico, il richiamare fatti passati mentalmente o per iscritto è molto utile quando sia possibile accertare che si sia verificato un trauma (ad esempio nel disturbo da stress post-traumatico). Le ossessioni sono un disturbo diverso e vanno perciò trattate in altro modo.

Sebbene la sua terapia attuale possa esserle stata d'aiuto per sistemare determinate cose e per chiarirsi di più le idee, potrebbe essere necessario compiere ancora qualche passo per liberarsi del tutto dal suo problema. Se dopo 22 sedute una terapia non è riuscita a incidere sul nocciolo del disagio, è difficile che possa farlo con 50 o 100.

Un'ultima cosa: il mito che alcune terapie sarebbero "solo sintomatiche" mentre altre lavorerebbero "nel profondo" è solo questo: un mito. Indipendentemente dall'approccio, qualunque terapia efficace parte da ciò che porta il paziente e finisce per ottenere effetti permanenti. Pertanto le terapie si dividono semmai in efficaci e non efficaci. E anche fra le terapie efficaci, alcune possono essere più efficienti di altre.

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
Gentile Utente,

questo è un'affermazione che NON ha nessuna base scientifica e nessun riscontro: "Mi disse inoltre che è sbagliato lavorare sui sintomi come fa la TCC, poichè una volta curato un sintomo senza annientare il problema alla radice, esso comparirebbe sotto un'altra forma."

A parte il fatto che, semmai, la TCC lavora sulle credenze disfunzionali del pz e sui comportamenti problematici che generano e mantengono il problema e quindi -inevitabilmente- sulla "radice" del problema.

Non è detto infatti che il problema sia lontano anni luce nella memoria o infanzia del pz., e che quindi si debba andare alla ricerca di qualcosa di patologico nel passato, semplicemente il può essere nel modo in cui organizziamo la conoscenza, nel modo in cui leggiamo la realtà attorno a noi, ecc...

Se lavorare su emozioni e cognizioni del pz. significa non fare un lavoro "profondo", sarebbe interessante sapere su che cosa lavorano altri tipi di terapia!

Spero abbia trovato interessanti spunti nelle letture che ho indicato sopra.

Cordiali saluti,
[#9]
Utente
Utente
Ringrazio il Dr. Giuseppe Santonocito e la Dr.ssa Angela Pileci per aver risposto esaurientemente ai miei quesiti e per gli interessanti articoli. A questo punto sono più convinto del cambiamento di terapia che voglio fare e ne parlerò con la mia terapeuta. Avessi saputo prima che i miei problemi non erano adatti al tipo di terapia a cui stavo andando incontro avrei fatto una scelta diversa. Uno dei motivi per cui ho scelto un percorso terapeutico incentrato sul passato è che i miei disagi hanno origine antica. Per quanto riguarda l'ansia sociale, è insorta nel periodo in cui andavo alle elementari, ma che è diventata importante e limitante per la mia vita a partire dalla prima adolescenza. Sebbene con gli anni sia riuscito a ridimensionare questo problema, grazie a una vita sociale abbastanza attiva, adesso si verifica soltanto in specifiche situazioni, sopratutto nei rapporti con l'altro sesso. Esempio: non riesco mai ad intervenire a lezione all'università (solo al pensiero di rispondere a una domanda del prof divento rosso e ho vampate di calore); se rimango da solo con una ragazza che mi piace o che mi attrae, mi si annebbia la mente, inizio a sudare e a sentirmi sotto esame, e di conseguenza non vedo l'ora di andarmene. Questo è il problema che mi crea più frustrazione ad oggi, in quanto sono bello fisicamente e molto simpatico e perciò potrei avere tutte le ragazze che voglio, ma questi miei problemi me lo impediscono e mi portano spesso a evitare determinate situazioni e mi rattristano molto. Con la terapeuta abbiamo affrontate il tema della VERGOGNA, che sta alla base della mie ansie sociali. Secondo lei, la causa principale del mio disturbo è l'ambiente familiare in cui hovissuto, caratterizzato da un padre (morto a luglio per tumore) ipercritico nei miei confronti, sempre pronto a criticarmi in qualsiasi situazione e a umiliarmi anche in pubblico, da una madre (che soffre di episodi depressivi da molto tempo) molto protettiva e troppo buona (non ha mai saputo dirmi di no), e da una sorella di un egoismo puro, sempre invidiosa e dispettosa nei miei confronti.
Il mio DOC invece, credo che abbia origini ancora più vecchie: sin da quando avevo 2 anni avevo comportamenti strani, avevo il vizio di strusciarmi continuamente le mani sulle gambe e sulle braccia, comportamenti che si sono modificati col tempo e che tuttora mi affliggono. Ho sempre pensato che soffrissi di tic, ma adesso credo che siano di natura ossessiva, in quanto sono io che decido quando farli, ma non riesco a resistere all'impulso di compierli. Il compierli mi dà un senso di sollievo e quasi di piacere. Questi comportamenti si intensificano quando sono stressato e si riducono in situazioni di relax e ad oggi sono: mi scrocchio mani e piedi continuamente e altre parti del corpo, tiro su col naso, e mi manipolo il collo quasi brutalmente, tanto è che credo di essermi recato dei danni alle cartilagini. Di questi sintomi non ne ho mai discusso seriamente in terapia, li ho solo accennati e lei ha sorvolato.
La mia domanda è: questi comportamenti sono legati al DOC? Vorrei tanto saperlo perchè mi creano disagio e alimentano i miei dubbi sul fatto che qualcosa dentro di me funzioni male.
Alla prossima seduta, in ogni caso riferirò il mio intento di voler cambiare terapia. Ma quale percorso sarebbe più adeguato nel mio caso? TCC? TBS? Vorrei avere le idee chiare prima di prendere questa decisione. Grazie
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
>>> La mia domanda è: questi comportamenti sono legati al DOC? Vorrei tanto saperlo perchè
>>>

Basterebbe leggere questo per ipotizzare con buone probabilità che il suo sia davvero un problema di origine ansioso-ossessiva. Ipotesi ulteriormente dai suoi racconti oltre che dalla diagnosi già ricevuta. L'illusione che sapendo di più l'ansia si risolva, è un classico tema ossessivo. Solo che scavare e rimuginare, al contrario, l'ansia la alimenta e la fa aumentare.

L'ansia è la classe di disturbi psicopatologici a più alta prevalenza pressoché in tutto il mondo. Ma sta di fatto che per curarla quasi mai è necessario sapere da dove viene o perché. Se lei deve andare da Roma a Firenze, le interessa sapere solo i passi necessari per andare da Roma a Firenze. Non <perché> o <come> era arrivato a Roma.

TBS o TCC sono entrambe indicate per i disturbi d'ansia.

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