Sto male (banale, lo so)
Gent.li dottori,
ho 35 anni e, da un lungo periodo, non sto bene. Mi sento una fallita lavorativamente (ho un part time di 3 ore) e una sfigata che vive ancora in casa con i genitori.
Ho fatto parecchi anni di chiacchierate con gli psy, ho diversi amici, mi sento amata anche in famiglia.
Tuttavia, l'angoscia mi assale. Ho paura di tutto: del lavoro, di non riuscire mai ad uscire dalla casa dei miei.
Gli psicologi mi hanno dato mille consigli, per alcuni periodi ho preso anche dei farmaci, ma, superati i periodi critici, stavo un po' bene e poi oplà, la mia angoscia caratteriale si riaffacciava.
Forse la devo solo accettare. Eppure mi sento soffocare.
Mi sento disperata, sorrido, sto con gli amici, ma spesso mi do un timer tra me e me: "Se tra un anno sono ancora a casa, mi ammazzo".
Mi è sempre mancata la forza di stare sulle mie gambe. Anche gli ultimi tempi andavo dallo psy ma sentivo che era diventata una dipendenza: io cerco un salvagente negli altri perché non mi fido di me stessa. Quando resto sola, la tavolozza di colori che mi viene naturale sfoggiare con gli altri sparisce, e riaffiora solo il nero. C'era un aforisma della Merini che diceva: "Illumino spesso gli altri ma io rimango al buio". Sono sempre in giro, inquieta. Irrequieta. Non so stare senza gli altri. Mi tremano le gambe appena mi si prospetta una sera da sola con me stessa, perché penso a come la mia vita sia in stallo da anni e, non trovando la soluzione, non avendo la forza né una motivazione interna per cambiare, non riuscendoci neanche con l'aiuto dello psy, propendo per l'uscire e obnubilarmi con i discorsi della gente fino alle tre di notte, tra mille sigarette e discorsi triti e ritriti. Ho anche idee pulp di morte. Ai miei amici questo non sfugge, io mi apro, ma non sanno della disperazione totale. La annusano, ma non conoscono gli abissi che attraverso. A volte, spesso, mi confido con mia madre, ma ho paura che prima o poi, per colpa mia, le verrà un colpo. Insomma, un genitore non è felice nel vedere un figlio sempre inquieto.
Questo è. Ho paura di essere ormai compromessa, mi sento un cartone bagnato. Fradicio.
ho 35 anni e, da un lungo periodo, non sto bene. Mi sento una fallita lavorativamente (ho un part time di 3 ore) e una sfigata che vive ancora in casa con i genitori.
Ho fatto parecchi anni di chiacchierate con gli psy, ho diversi amici, mi sento amata anche in famiglia.
Tuttavia, l'angoscia mi assale. Ho paura di tutto: del lavoro, di non riuscire mai ad uscire dalla casa dei miei.
Gli psicologi mi hanno dato mille consigli, per alcuni periodi ho preso anche dei farmaci, ma, superati i periodi critici, stavo un po' bene e poi oplà, la mia angoscia caratteriale si riaffacciava.
Forse la devo solo accettare. Eppure mi sento soffocare.
Mi sento disperata, sorrido, sto con gli amici, ma spesso mi do un timer tra me e me: "Se tra un anno sono ancora a casa, mi ammazzo".
Mi è sempre mancata la forza di stare sulle mie gambe. Anche gli ultimi tempi andavo dallo psy ma sentivo che era diventata una dipendenza: io cerco un salvagente negli altri perché non mi fido di me stessa. Quando resto sola, la tavolozza di colori che mi viene naturale sfoggiare con gli altri sparisce, e riaffiora solo il nero. C'era un aforisma della Merini che diceva: "Illumino spesso gli altri ma io rimango al buio". Sono sempre in giro, inquieta. Irrequieta. Non so stare senza gli altri. Mi tremano le gambe appena mi si prospetta una sera da sola con me stessa, perché penso a come la mia vita sia in stallo da anni e, non trovando la soluzione, non avendo la forza né una motivazione interna per cambiare, non riuscendoci neanche con l'aiuto dello psy, propendo per l'uscire e obnubilarmi con i discorsi della gente fino alle tre di notte, tra mille sigarette e discorsi triti e ritriti. Ho anche idee pulp di morte. Ai miei amici questo non sfugge, io mi apro, ma non sanno della disperazione totale. La annusano, ma non conoscono gli abissi che attraverso. A volte, spesso, mi confido con mia madre, ma ho paura che prima o poi, per colpa mia, le verrà un colpo. Insomma, un genitore non è felice nel vedere un figlio sempre inquieto.
Questo è. Ho paura di essere ormai compromessa, mi sento un cartone bagnato. Fradicio.
[#1]
Gentile Utente,
Non mi sono chiare alcune cose..
Chiacchierate con gli psicologi non significa nulla...
Consigli? Lo psicologo non da consigli...
Ha fatto una psicoterapia?
Se si, con quale diagnosi clinica?
Depressione?
Altro?
Ha assunto una farmacoterapia?
Congiuntamente alla terapia farmacologica?
Sempre con quale diagnosi clinica?
Non mi sono chiare alcune cose..
Chiacchierate con gli psicologi non significa nulla...
Consigli? Lo psicologo non da consigli...
Ha fatto una psicoterapia?
Se si, con quale diagnosi clinica?
Depressione?
Altro?
Ha assunto una farmacoterapia?
Congiuntamente alla terapia farmacologica?
Sempre con quale diagnosi clinica?
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
[#2]
Ex utente
Ho fatto per 9 anni (dai 18 ai 27) dei colloqui con uno psicologo. Mi ha aiutato molto. Fobia sociale e disturbo ossessivo compulsivo, queste le "diagnosi date". Ho preso Entact e Alprazolam dai 21 ai 23 anni e anche più avanti, per un altro annetto.
Ora non prendo nulla dal 2011 (se non Xanax al bisogno).
Non so che indirizzo avesse la mia psicoterapia, andavo e stavo un po' meglio, e ai tempi "ero giovane" ;-) e non conoscevo le varie specializzazioni.
Con questo psicologo è finita gradualmente perché mi diceva che ero pronta per camminare sola.
Ho fatto dunque 3 anni a "zoppicare" da sola, più che camminare e, verso i 31 anni, ho ricominciato i colloqui con un altro psicologo perché si ripresentavano gli stessi problemi, solo che sotto altra forma, ma sempre paure esagerate, ossessioni, tremarella per un colloquio, vomito, senso di angoscia.
Lo psicologo da cui vado ora non mi convince, non lo trovo bravissimo e non mi dà sicurezza come il primo, tuttavia mi fa un buon prezzo e all'occorrenza mi risponde al telefono e ai messaggi. E' "accessibile", dunque, a "portata di WhatsApp", e questo mi faceva ovviare alla confusione delle sedute, dove si parla di tutto, come con un amico, ma senza avere un obiettivo né di tempo (ha una fine 'sta terapia?) né di percorso.
Parlo al passato perché questa cosa gliel'ho detta pochi giorni fa, in tutta onestà, e mi sa che si è offeso.
Mi ha risposto che, se non ho fiducia in lui, la psicoterapia finisce qui...
(E per fortuna che siamo dicotomici noi ossessivi, non avrebbe potuto dire: " ok, non mi consideri all'altezza, ma, se vieni, significa che qualcosa di buono c'è?)
Ora non prendo nulla dal 2011 (se non Xanax al bisogno).
Non so che indirizzo avesse la mia psicoterapia, andavo e stavo un po' meglio, e ai tempi "ero giovane" ;-) e non conoscevo le varie specializzazioni.
Con questo psicologo è finita gradualmente perché mi diceva che ero pronta per camminare sola.
Ho fatto dunque 3 anni a "zoppicare" da sola, più che camminare e, verso i 31 anni, ho ricominciato i colloqui con un altro psicologo perché si ripresentavano gli stessi problemi, solo che sotto altra forma, ma sempre paure esagerate, ossessioni, tremarella per un colloquio, vomito, senso di angoscia.
Lo psicologo da cui vado ora non mi convince, non lo trovo bravissimo e non mi dà sicurezza come il primo, tuttavia mi fa un buon prezzo e all'occorrenza mi risponde al telefono e ai messaggi. E' "accessibile", dunque, a "portata di WhatsApp", e questo mi faceva ovviare alla confusione delle sedute, dove si parla di tutto, come con un amico, ma senza avere un obiettivo né di tempo (ha una fine 'sta terapia?) né di percorso.
Parlo al passato perché questa cosa gliel'ho detta pochi giorni fa, in tutta onestà, e mi sa che si è offeso.
Mi ha risposto che, se non ho fiducia in lui, la psicoterapia finisce qui...
(E per fortuna che siamo dicotomici noi ossessivi, non avrebbe potuto dire: " ok, non mi consideri all'altezza, ma, se vieni, significa che qualcosa di buono c'è?)
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 1.9k visite dal 09/12/2016.
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