Ipocondria e conseguente disturbo d'ansia in uno studente di medicina
Salve. Chiedo questo consulto in merito ad una manifestazione di ipocondria che sto accusando ultimamente. Ho 21 anni compiuti.
Nel mio caso è un po' speciale perché frequento il terzo anno di medicina e chirurgia e sono convinto che l'eccessiva preoccupazione derivi dalle informazioni che acquisisco con lo studio o in reparto.
In particolare, non riesco a scrollarmi l'ansia per la salute presente e futura dei miei genitori (entrambi 58enni) a cui sono molto affezionato e che al momento sono in buona salute, senza grossi fattori di rischio né condizioni croniche. Molto spesso, specialmente la notte, non riesco a smettere di pensare che potrebbero stare per ammalarsi, soprattutto di cancro (invariabilmente i tipi più gravi: pancreas, ovaio, encefalo...), o che lo faranno nei prossimi anni quando secondo le statistiche vi è il picco d'incidenza di queste malattie. Ho provato a venire incontro a questa paura convincendo i miei a fare controlli periodici ma (a me) non serve a molto perché so bene che molte patologie sono difficili da intercettare o intrattabili e quindi l'ansia continua.
L'ipocondria riguarda anche me, ma in misura minore rispetto ai miei genitori.
Quest'ansia si manifesta da circa 5-6 mesi in periodi di 2-5 ore in cui non riesco a distrarmi o a concentrarmi su altre attività, che siano lo studio, il sonno o il divertimento da solo o con altri; accuso lievi malesseri fisici come tachicardia, sudorazione, inappetenza e insonnia. Talvolta si presenta anche quando sono in compagnia e, in quei casi, mi isolo per arrovellarmi. Non è un'ansia invalidante o incontrollabile ma è piuttosto fastidiosa e sul piano psicologico, per quanto sappia bene che siano paure irrazionali o quantomeno inopportune, non riesco a scrollarmela facilmente. Mi sento ridicolo con me stesso e in colpa perché perdo tempo a scervellarmi su problemi inesistenti invece di impiegarlo meglio.
Non ho mai avuto disturbi psicologici prima d'ora.
Il mio quesito è: secondo il Vostro parare, come affrontare questo problema? Devo semplicemente conviverci nell'attesa che passi da sé? Esistono comportamenti da evitare? È opportuno parlarne con qualcuno? Vi ringrazio infinitamente per la cortese attenzione, spero di non essere stato eccessivamente prolisso.
Nel mio caso è un po' speciale perché frequento il terzo anno di medicina e chirurgia e sono convinto che l'eccessiva preoccupazione derivi dalle informazioni che acquisisco con lo studio o in reparto.
In particolare, non riesco a scrollarmi l'ansia per la salute presente e futura dei miei genitori (entrambi 58enni) a cui sono molto affezionato e che al momento sono in buona salute, senza grossi fattori di rischio né condizioni croniche. Molto spesso, specialmente la notte, non riesco a smettere di pensare che potrebbero stare per ammalarsi, soprattutto di cancro (invariabilmente i tipi più gravi: pancreas, ovaio, encefalo...), o che lo faranno nei prossimi anni quando secondo le statistiche vi è il picco d'incidenza di queste malattie. Ho provato a venire incontro a questa paura convincendo i miei a fare controlli periodici ma (a me) non serve a molto perché so bene che molte patologie sono difficili da intercettare o intrattabili e quindi l'ansia continua.
L'ipocondria riguarda anche me, ma in misura minore rispetto ai miei genitori.
Quest'ansia si manifesta da circa 5-6 mesi in periodi di 2-5 ore in cui non riesco a distrarmi o a concentrarmi su altre attività, che siano lo studio, il sonno o il divertimento da solo o con altri; accuso lievi malesseri fisici come tachicardia, sudorazione, inappetenza e insonnia. Talvolta si presenta anche quando sono in compagnia e, in quei casi, mi isolo per arrovellarmi. Non è un'ansia invalidante o incontrollabile ma è piuttosto fastidiosa e sul piano psicologico, per quanto sappia bene che siano paure irrazionali o quantomeno inopportune, non riesco a scrollarmela facilmente. Mi sento ridicolo con me stesso e in colpa perché perdo tempo a scervellarmi su problemi inesistenti invece di impiegarlo meglio.
Non ho mai avuto disturbi psicologici prima d'ora.
Il mio quesito è: secondo il Vostro parare, come affrontare questo problema? Devo semplicemente conviverci nell'attesa che passi da sé? Esistono comportamenti da evitare? È opportuno parlarne con qualcuno? Vi ringrazio infinitamente per la cortese attenzione, spero di non essere stato eccessivamente prolisso.
[#1]
Gentile Utente,
quello che accade a lei accade anche a molti suoi colleghi che, studiando Medicina, frequentano l'ospedale entrando in contatto con pazienti di ogni tipo, con le patologie più diverse, anche molto gravi, e iniziano a pensare che quello che vedono può accadere anche a loro e/o ai loro cari.
La stessa cosa succede anche alle altre figure professionali che lavorano in ospedale, come gli OSS e gli infermieri, che entrano in contatto con le stesse situazioni con le quali entrano in contatto i medici.
E' un impatto sicuramente "forte", quello con un mondo di malattie, disfunzioni, disabilità e incidenti di ogni tipo, e stimola in particolare chi ha una tendenza di fondo all'ipocondria.
Questa tendenza può non essersi mai palesata in precedenza, ma, dal punto di vista psicodinamico, può aver costituito il motivo inconscio della scelta di quel corso di laurea: acquisire più informazioni possibile per controllare lo stato di salute proprio e altrui al fine di scongiurare la morte, in ultima analisi.
Molti medici con il tempo si abituano e si costruiscono una corazza che li rende anche poco empatici nei confronti del paziente, ma che serve loro a mantenere la lucidità necessaria per fare quel lavoro e non subire gli effetti dell'ansia che sarebbe ingestibile, se prevalesse sulla razionalità.
Alcuni medici invece non superano mai l'ansia che la loro professione suscita e sono a rischio di burn-out anche per questo motivo.
Dal momento che non è così scontato che lei superi quello che sta provando con la forza dell'abitudine, facendoci "il callo" o distaccandosi dai contenuti che studia, e dal momento che ha bisogno di serenità per studiare e concentrarsi, le suggerisco di parlarne con uno psicologo anche per capire quali sono le motivazioni alla base della sua scelta di studiare Medicina, che possono avere a che fare con quello che sta provando.
Nella sua università c'è uno sportello d'ascolto per gli studenti?
quello che accade a lei accade anche a molti suoi colleghi che, studiando Medicina, frequentano l'ospedale entrando in contatto con pazienti di ogni tipo, con le patologie più diverse, anche molto gravi, e iniziano a pensare che quello che vedono può accadere anche a loro e/o ai loro cari.
La stessa cosa succede anche alle altre figure professionali che lavorano in ospedale, come gli OSS e gli infermieri, che entrano in contatto con le stesse situazioni con le quali entrano in contatto i medici.
E' un impatto sicuramente "forte", quello con un mondo di malattie, disfunzioni, disabilità e incidenti di ogni tipo, e stimola in particolare chi ha una tendenza di fondo all'ipocondria.
Questa tendenza può non essersi mai palesata in precedenza, ma, dal punto di vista psicodinamico, può aver costituito il motivo inconscio della scelta di quel corso di laurea: acquisire più informazioni possibile per controllare lo stato di salute proprio e altrui al fine di scongiurare la morte, in ultima analisi.
Molti medici con il tempo si abituano e si costruiscono una corazza che li rende anche poco empatici nei confronti del paziente, ma che serve loro a mantenere la lucidità necessaria per fare quel lavoro e non subire gli effetti dell'ansia che sarebbe ingestibile, se prevalesse sulla razionalità.
Alcuni medici invece non superano mai l'ansia che la loro professione suscita e sono a rischio di burn-out anche per questo motivo.
Dal momento che non è così scontato che lei superi quello che sta provando con la forza dell'abitudine, facendoci "il callo" o distaccandosi dai contenuti che studia, e dal momento che ha bisogno di serenità per studiare e concentrarsi, le suggerisco di parlarne con uno psicologo anche per capire quali sono le motivazioni alla base della sua scelta di studiare Medicina, che possono avere a che fare con quello che sta provando.
Nella sua università c'è uno sportello d'ascolto per gli studenti?
Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it
[#2]
Utente
Buona sera dr.ssa Massaro,
effettivamente controllando su Internet ho scoperto che l'Università degli Studi di Bari ha uno sportello di consultazione psicologica ma, le dirò, trattandosi dell'ateneo barese non credo proprio che ci andrò mai; già non mi fido di ciò che ci danno da mangiare a mensa, figuriamoci se vado alla cieca dai loro psicologi (di cui non è pubblicato né il nome né la qualifica né niente).
Oggi sono andato dal medico di famiglia per ragioni terze (vaccinazione antinfluenzale) e gli ho parlato di questo problema. Ne abbiamo discusso un po' e mi ha tranquillizzato, dicendomi che se dovesse intensificarsi quest'ansia, mi indirizzerà lui al servizio di psicologia della ASL, ma che dubita fortemente questo si renderà mai necessario perché "è normale, ti dovresti preoccupare se non te ne importasse nulla". Ha escluso che si tratti di un disturbo d'ansia patologico perché "uno, non sei il tipo; due, non t'impedisce di svolgere le tue attività quotidiane". Abbiamo anche parlato della salute mia e dei miei e lui ha reiterato che stiamo bene e "la testa te la devi fasciare solo dopo essertela rotta, mai prima. Questo vale per tutti i pazienti che avrai".
Sono abbastanza sicuro che il motivo da Lei indicato (desiderio di essere in grado di controllare attivamente lo stato di salute proprio e dei propri cari) per la mia scelta universitaria è assolutamente realistico e ne sono consapevole. Non mi sembra tuttavia negativo, finché è bilanciato gli altri (desiderio di aiutare gli altri, interesse scientifico nella biologia e nella medicina, prospettive professionali ed economiche). Onestamente non penso sarebbe produttivo discuterne perché la facoltà mi piace molto e non sto trovando eccessive difficoltà nello studio.
La ringrazio per la risposta celere e le auguro una buona serata.
effettivamente controllando su Internet ho scoperto che l'Università degli Studi di Bari ha uno sportello di consultazione psicologica ma, le dirò, trattandosi dell'ateneo barese non credo proprio che ci andrò mai; già non mi fido di ciò che ci danno da mangiare a mensa, figuriamoci se vado alla cieca dai loro psicologi (di cui non è pubblicato né il nome né la qualifica né niente).
Oggi sono andato dal medico di famiglia per ragioni terze (vaccinazione antinfluenzale) e gli ho parlato di questo problema. Ne abbiamo discusso un po' e mi ha tranquillizzato, dicendomi che se dovesse intensificarsi quest'ansia, mi indirizzerà lui al servizio di psicologia della ASL, ma che dubita fortemente questo si renderà mai necessario perché "è normale, ti dovresti preoccupare se non te ne importasse nulla". Ha escluso che si tratti di un disturbo d'ansia patologico perché "uno, non sei il tipo; due, non t'impedisce di svolgere le tue attività quotidiane". Abbiamo anche parlato della salute mia e dei miei e lui ha reiterato che stiamo bene e "la testa te la devi fasciare solo dopo essertela rotta, mai prima. Questo vale per tutti i pazienti che avrai".
Sono abbastanza sicuro che il motivo da Lei indicato (desiderio di essere in grado di controllare attivamente lo stato di salute proprio e dei propri cari) per la mia scelta universitaria è assolutamente realistico e ne sono consapevole. Non mi sembra tuttavia negativo, finché è bilanciato gli altri (desiderio di aiutare gli altri, interesse scientifico nella biologia e nella medicina, prospettive professionali ed economiche). Onestamente non penso sarebbe produttivo discuterne perché la facoltà mi piace molto e non sto trovando eccessive difficoltà nello studio.
La ringrazio per la risposta celere e le auguro una buona serata.
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 13.8k visite dal 29/11/2016.
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Approfondimento su Ansia
Cos'è l'ansia? Tipologie dei disturbi d'ansia, sintomi fisici, cognitivi e comportamentali, prevenzione, diagnosi e cure possibili con psicoterapia o farmaci.