Paura impressa
Ciao, come si evince dal profilo sono un ragazzo di 19 anni, con un problema che non riesco a superare, chiedo gentilmente un consiglio.
Questa mia paura è iniziata in ambiente scolastico circa 3 anni fa, verso una persona che frequentava il mio stesso corso. Inizialmente lo consideravo un ragazzo normale con una notevole presenza fisica e uno sguardo molto tagliente, finché non iniziò a dimostrare la sua personalità da leader e molto bullesca, verso il prossimo. Iniziò col avvicinarsi verso di me ogni tanto, per fare la battuta di turno facendo magari leva su un difetto fisico, riuscendo ad ottenere l'effetto sperato, bastava solamente uno sguardo nei miei occhi per paralizzarmi e non farmi rispondere a modo. La mia paura verso questa persona è stata progressiva ed è cominciata nel secondo anno scolastico e si è protratta fino all'anno successivo, gli ultimi mesi di scuola erano insostenibili , quando era presente in classe non mi sentivo a mio agio e tendevo a nascondermi, quando non c'era invece stavo benissimo ed ero spensierato. Arrivai a pensare di dover tenere duro finché l'ultimo anno non sarebbe finito, dal momento che era una scuola triennale, l'idea di dover oppormi a lui era impensabile, solo il pensiero mi metteva un ansia terribile addosso. Adesso sono passati 3 anni da allora, il primo anno cercai solamente di non pensarci più e di andare oltre, ma non ci riuscivo... mi compariva in mente sempre nei momenti di spensieratezza o di felicità, rovinandomi quello che stavo facendo, ogni volta che succedeva cercavo di auto illudermi dicendomi che non avevo paura di lui e che ormai ero cambiato. Ho realizzato la mia paura , solamente il secondo anno dall'aver finito la scuola triennale, nonostante ciò, il suo brutto muso mi compare continuamente durante la giornata, non c'è stato MAI un giorno a cui non ci ho pensato. Adesso sono ben tre anni che non lo vedo, ma il tempo sembra essersi bloccato, non riesco ad andare avanti, ultimamente stavo pensando di scrivergli un messaggio e cercare in qualche modo di incontrarci e discutere del problema a quattrocchi e una volta ammessa la mia paura verso di lui, pensavo di guardarlo dritto negli occhi e dirgli: "Non ho più paura di te".
Può sembrare molto infantile lo so, non so quale reazione aspettarmi da lui, non se la prenderà seriamente o lo vedrà come un motivo per deridermi, ma a questo punto non mi importa, mi importa solamente oppormi a lui in qualche modo, ciò che non ho fatto quando lo dovevo fare, se posso risolvere la questione a parole sarebbe magnifico, ma se dovesse per qualsiasi motivo alzare le mani, ahimè non posso tirarmi indietro. Pensavo di portarmi qualche mio amico per guardare a distanza l'andamento e di intervenire solo nel caso questo avrebbe portato a sua volta qualche amico per menare le mani. Che ne dite? Potrebbe aiutarmi?
PS: Di questa mia debolezza non ne ho mai parlato con nessuno, pensavo di rivelarlo appunto al mio amico , di cui mi fido molto.
Questa mia paura è iniziata in ambiente scolastico circa 3 anni fa, verso una persona che frequentava il mio stesso corso. Inizialmente lo consideravo un ragazzo normale con una notevole presenza fisica e uno sguardo molto tagliente, finché non iniziò a dimostrare la sua personalità da leader e molto bullesca, verso il prossimo. Iniziò col avvicinarsi verso di me ogni tanto, per fare la battuta di turno facendo magari leva su un difetto fisico, riuscendo ad ottenere l'effetto sperato, bastava solamente uno sguardo nei miei occhi per paralizzarmi e non farmi rispondere a modo. La mia paura verso questa persona è stata progressiva ed è cominciata nel secondo anno scolastico e si è protratta fino all'anno successivo, gli ultimi mesi di scuola erano insostenibili , quando era presente in classe non mi sentivo a mio agio e tendevo a nascondermi, quando non c'era invece stavo benissimo ed ero spensierato. Arrivai a pensare di dover tenere duro finché l'ultimo anno non sarebbe finito, dal momento che era una scuola triennale, l'idea di dover oppormi a lui era impensabile, solo il pensiero mi metteva un ansia terribile addosso. Adesso sono passati 3 anni da allora, il primo anno cercai solamente di non pensarci più e di andare oltre, ma non ci riuscivo... mi compariva in mente sempre nei momenti di spensieratezza o di felicità, rovinandomi quello che stavo facendo, ogni volta che succedeva cercavo di auto illudermi dicendomi che non avevo paura di lui e che ormai ero cambiato. Ho realizzato la mia paura , solamente il secondo anno dall'aver finito la scuola triennale, nonostante ciò, il suo brutto muso mi compare continuamente durante la giornata, non c'è stato MAI un giorno a cui non ci ho pensato. Adesso sono ben tre anni che non lo vedo, ma il tempo sembra essersi bloccato, non riesco ad andare avanti, ultimamente stavo pensando di scrivergli un messaggio e cercare in qualche modo di incontrarci e discutere del problema a quattrocchi e una volta ammessa la mia paura verso di lui, pensavo di guardarlo dritto negli occhi e dirgli: "Non ho più paura di te".
Può sembrare molto infantile lo so, non so quale reazione aspettarmi da lui, non se la prenderà seriamente o lo vedrà come un motivo per deridermi, ma a questo punto non mi importa, mi importa solamente oppormi a lui in qualche modo, ciò che non ho fatto quando lo dovevo fare, se posso risolvere la questione a parole sarebbe magnifico, ma se dovesse per qualsiasi motivo alzare le mani, ahimè non posso tirarmi indietro. Pensavo di portarmi qualche mio amico per guardare a distanza l'andamento e di intervenire solo nel caso questo avrebbe portato a sua volta qualche amico per menare le mani. Che ne dite? Potrebbe aiutarmi?
PS: Di questa mia debolezza non ne ho mai parlato con nessuno, pensavo di rivelarlo appunto al mio amico , di cui mi fido molto.
[#1]
Buonasera,
sembra vivere in questo periodo il desiderio di reagire alla paura che questo ragazzo, che le appariva dalla notevole forza fisica e dallo sguardo tagliente, le incuteva.
Potremmo quindi dire che il suo movimento emotivo interiore è significativo, poiché può oggi ascoltare dentro di sé il desiderio e la possibilità di reagire senza paralizzarsi. Potremmo dire che è arrabbiato e vuole uscire allo scoperto, senza più farsi condizionare.
Capisco cosa significa subire le azioni dei bulli e possiamo riflettere sul valore del suo gesto oggi. Che cosa significa "guardarlo dritto negli occhi e dirgli: Non ho più paura di te"?
Allora da una parte penso all'immensa rabbia che prova, e questo è comprensibile. Dall'altra parte mi domando se vive un senso di inferiorità dentro di sé e desidera in qualche modo sconfiggerlo.
Allora questo potrebbe fare parte del suo mondo interiore e quel ragazzo potrebbe facilmente incarnarne una rappresentazione, come se lui fosse l'emblema dei torti subiti e della sua sottomissione, l'emblema della sua inferiorità. E lei vuole, con tutto se stesso, dimostrare il contrario.
Ma come si fa a dimostrare il contrario? Basterà dirglielo e magari arrivare ad "alzare le mani" se sarà costretto, dimostrando di saper reagire? O il punto è un altro?
Potremmo riflettere su questo, quale potrebbe essere il punto? Il punto potrebbe riguardare lei stesso e l'immagine che lei ha di sé. Mi sono chiesto se lei sente di essere una persona che vale, sente di potersi esprimere nella sua vita in generale, con forza e senza doversi nascondere?
Le faccio queste domande e le propongo le mie riflessioni, con l'idea di suggerirle la possibilità di spostare l'attenzione al suo mondo interiore. Il problema, quindi, sarebbe che potrebbe non bastare un gesto temporaneo di chiarimento e sfida, affinché lei possa sentire dentro di sé la sua forza e credere in se stesso.
Mi sono perciò chiesto, in via ipotetica, se riuscendo a sentirsi un giovane uomo forte e libero di essere se stesso, senza dover incontrare necessariamente quel ragazzo nella realtà, riuscirebbe finalmente a dimenticarsi del suo brutto muso.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
sembra vivere in questo periodo il desiderio di reagire alla paura che questo ragazzo, che le appariva dalla notevole forza fisica e dallo sguardo tagliente, le incuteva.
Potremmo quindi dire che il suo movimento emotivo interiore è significativo, poiché può oggi ascoltare dentro di sé il desiderio e la possibilità di reagire senza paralizzarsi. Potremmo dire che è arrabbiato e vuole uscire allo scoperto, senza più farsi condizionare.
Capisco cosa significa subire le azioni dei bulli e possiamo riflettere sul valore del suo gesto oggi. Che cosa significa "guardarlo dritto negli occhi e dirgli: Non ho più paura di te"?
Allora da una parte penso all'immensa rabbia che prova, e questo è comprensibile. Dall'altra parte mi domando se vive un senso di inferiorità dentro di sé e desidera in qualche modo sconfiggerlo.
Allora questo potrebbe fare parte del suo mondo interiore e quel ragazzo potrebbe facilmente incarnarne una rappresentazione, come se lui fosse l'emblema dei torti subiti e della sua sottomissione, l'emblema della sua inferiorità. E lei vuole, con tutto se stesso, dimostrare il contrario.
Ma come si fa a dimostrare il contrario? Basterà dirglielo e magari arrivare ad "alzare le mani" se sarà costretto, dimostrando di saper reagire? O il punto è un altro?
Potremmo riflettere su questo, quale potrebbe essere il punto? Il punto potrebbe riguardare lei stesso e l'immagine che lei ha di sé. Mi sono chiesto se lei sente di essere una persona che vale, sente di potersi esprimere nella sua vita in generale, con forza e senza doversi nascondere?
Le faccio queste domande e le propongo le mie riflessioni, con l'idea di suggerirle la possibilità di spostare l'attenzione al suo mondo interiore. Il problema, quindi, sarebbe che potrebbe non bastare un gesto temporaneo di chiarimento e sfida, affinché lei possa sentire dentro di sé la sua forza e credere in se stesso.
Mi sono perciò chiesto, in via ipotetica, se riuscendo a sentirsi un giovane uomo forte e libero di essere se stesso, senza dover incontrare necessariamente quel ragazzo nella realtà, riuscirebbe finalmente a dimenticarsi del suo brutto muso.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
Dr. Enrico de Sanctis - Roma
Psicologo e Psicoterapeuta a orientamento psicoanalitico
www.enricodesanctis.it
[#2]
>>> stavo pensando di
>>>
Forse il problema è proprio questo: pensi troppo e agisci poco.
L'esserti fissato su ciò che è successo fra te e questo ragazzo rende bene l'idea di una modalità di pensiero rimuginatoria, inibita, che pensa che i problemi si risolvano prima nella testa e poi nel mondo reale. Invece spesso è il contrario; si impara prima (provando e sbagliando) a comportarsi in modo diverso E QUINDI le idee e le sensazioni si adattano di conseguenza.
La mia ipotesi, che potrai confermare o no, è che questo accaduto sia stato solo uno dei modi in cui si manifesta il tuo atteggiamento insicuro e un po' ansioso, che dovrai superare in generale, per crescere. Pertanto non c'è bisogno di andarsi a ricercare il bullo che ti ha dato fastidio e dirgli il fatto suo: basta cogliere le innumerevoli occasioni che la vita ti pone di fronte ogni giorno, per imparare ad affermarti. Senza angeli custodi, ma in prima persona.
>>>
Forse il problema è proprio questo: pensi troppo e agisci poco.
L'esserti fissato su ciò che è successo fra te e questo ragazzo rende bene l'idea di una modalità di pensiero rimuginatoria, inibita, che pensa che i problemi si risolvano prima nella testa e poi nel mondo reale. Invece spesso è il contrario; si impara prima (provando e sbagliando) a comportarsi in modo diverso E QUINDI le idee e le sensazioni si adattano di conseguenza.
La mia ipotesi, che potrai confermare o no, è che questo accaduto sia stato solo uno dei modi in cui si manifesta il tuo atteggiamento insicuro e un po' ansioso, che dovrai superare in generale, per crescere. Pertanto non c'è bisogno di andarsi a ricercare il bullo che ti ha dato fastidio e dirgli il fatto suo: basta cogliere le innumerevoli occasioni che la vita ti pone di fronte ogni giorno, per imparare ad affermarti. Senza angeli custodi, ma in prima persona.
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#3]
Utente
innanzitutto vi ringrazio per le risposte, cercherò di rispondere in maniera più esaustiva possibile.
Si è vero, provavo un grande senso di inferiorità stando davanti a lui, ed ora sono rimaste quelle sensazioni sgradevoli che mi tornano in mente durante la giornata, ovviamente non nella stessa maniera di quando si sono manifestate, ma comunque molto fastidiose.
Voi avete presupposto che io sia una persona ansiosa e con difficolta di esprimersi liberamente, e non posso che darvi ragione, anche se cerco di non darlo a vedere durante il quotidiano.
Mi stressano particolarmente le relazioni sociali tra tante persone, nella mia attuale classe (nuova scuola) da quando mi sono trasferito non ho mai dato molta confidenza ai miei compagni e loro non l'hanno data a me, tranne per 2 persone con cui riesco a dialogare di argomenti di interesse comune, magari potrei anche andare d'accordo con qualcun altro, non lo metto in discussione, ma in ambiente scolastico o altri, in cui sono previste tante persone, non riesco proprio a comportarmi nello stesso modo di quando sono in un gruppo di 3, massimo 4 persone , di cui almeno due devo conoscere, altrimenti trovo difficolta a sbloccarmi.
Devo riconoscere che in questi anni il mio modo di relazionarmi è diventato sempre più selettivo e non ho più la stessa spontaneità che magari avevo a 14 15 anni, forse questa è una diretta conseguenza delle mie esperienze passate; agli occhi delle persone non so come appaio, io cerco sempre di essere gentile ogni volta che mi si viene chiesta qualcosa, notano sicuramente che tendo ad isolarmi, ma come ho detto non sono capace a gestirmi con tante persone. Lo ammetto, sono un po' insicuro, ma non a livelli di avere paura ad aprire bocca.
Lei mi ha chiesto se io mi sento un uomo forte, devo rispondere di no, magari prima degli avvenimenti citati gli avrei risposto con un semplice "normale", adesso non mi considero proprio debole, sinceramente non saprei definire come mi sento, l'unica cosa che riesco a dirle è che non ho la stessa sicurezza e spontaneità della maggior parte dei miei coetanei.
Se invece mi sento libero, vorrei rispondere con un parzialmente si; le scelte che mi riguardano direttamente le prendo io, senza lasciarmi influenzare da nessuno, anche se avvolte in determinate circostanze minori vorrei agire diversamente, ma come lei ha detto, penso troppo ed agisco poco.
Quindi da quanto ho capito devo cercare di risolvere il problema alla base, devo diventare più sicuro o più forte? Da cosa mi consigliate di iniziare?
Si è vero, provavo un grande senso di inferiorità stando davanti a lui, ed ora sono rimaste quelle sensazioni sgradevoli che mi tornano in mente durante la giornata, ovviamente non nella stessa maniera di quando si sono manifestate, ma comunque molto fastidiose.
Voi avete presupposto che io sia una persona ansiosa e con difficolta di esprimersi liberamente, e non posso che darvi ragione, anche se cerco di non darlo a vedere durante il quotidiano.
Mi stressano particolarmente le relazioni sociali tra tante persone, nella mia attuale classe (nuova scuola) da quando mi sono trasferito non ho mai dato molta confidenza ai miei compagni e loro non l'hanno data a me, tranne per 2 persone con cui riesco a dialogare di argomenti di interesse comune, magari potrei anche andare d'accordo con qualcun altro, non lo metto in discussione, ma in ambiente scolastico o altri, in cui sono previste tante persone, non riesco proprio a comportarmi nello stesso modo di quando sono in un gruppo di 3, massimo 4 persone , di cui almeno due devo conoscere, altrimenti trovo difficolta a sbloccarmi.
Devo riconoscere che in questi anni il mio modo di relazionarmi è diventato sempre più selettivo e non ho più la stessa spontaneità che magari avevo a 14 15 anni, forse questa è una diretta conseguenza delle mie esperienze passate; agli occhi delle persone non so come appaio, io cerco sempre di essere gentile ogni volta che mi si viene chiesta qualcosa, notano sicuramente che tendo ad isolarmi, ma come ho detto non sono capace a gestirmi con tante persone. Lo ammetto, sono un po' insicuro, ma non a livelli di avere paura ad aprire bocca.
Lei mi ha chiesto se io mi sento un uomo forte, devo rispondere di no, magari prima degli avvenimenti citati gli avrei risposto con un semplice "normale", adesso non mi considero proprio debole, sinceramente non saprei definire come mi sento, l'unica cosa che riesco a dirle è che non ho la stessa sicurezza e spontaneità della maggior parte dei miei coetanei.
Se invece mi sento libero, vorrei rispondere con un parzialmente si; le scelte che mi riguardano direttamente le prendo io, senza lasciarmi influenzare da nessuno, anche se avvolte in determinate circostanze minori vorrei agire diversamente, ma come lei ha detto, penso troppo ed agisco poco.
Quindi da quanto ho capito devo cercare di risolvere il problema alla base, devo diventare più sicuro o più forte? Da cosa mi consigliate di iniziare?
[#4]
Il suo racconto è prezioso, ci sono tanti aspetti che meritano un ascolto speciale. Ci tengo a dirle che mi sembra consapevole di alcuni suoi vissuti personali, che riesce a riconoscere grazie a una sua capacità a guardarsi dentro, con onestà. Questo non è così scontato, e lei mostra di esserne capace.
Il senso di insicurezza, una certa fatica nelle relazioni, la sensazione di essere bloccato quando si trova in un gruppo allargato, un senso di chiusura e isolamento sono tutti vissuti cruciali, che lei lascia emergere generosamente.
Questo sembra essere coerente con la mia impressione legata a un senso di inferiorità e alla difficoltà a essere se stesso e a esprimersi liberamente. Finisce così per non dare "molta confidenza ai miei compagni" e per non riceverla da parte loro, rinunciando a occasioni di scambio che in alcuni casi potrebbero essere ricche, magari intime, magari divertenti. Questo ci fa riflettere, poiché è come se ci fosse dentro di lei qualcosa che la intimorisce e le impedisce di lasciarsi andare, come lei mi sembra comunicare. È come se ci fosse un carico emotivo intenso dentro di sé di tensione e paura.
Quando chiede da cosa iniziare, io penso che possa iniziare da qui. Insieme abbiamo avuto un breve scambio, in cui lei è stato in grado di esprimere i suoi vissuti, per quanto online.
Ecco, io penso che lei possa valutare di proseguire dal vivo il discorso che si è avviato qui. Questo vuol dire valutare un percorso psicoterapeutico. Per me questo rappresenta il modo attraverso cui lei potrà sviluppare un senso di sicurezza e di forza, senza più soccombere alla paura.
Questo è il mio pensiero, legato all'orientamento teorico psicoanalitico che abbraccio nonché al mio modo di intendere un percorso terapeutico, che è un percorso esistenziale di libertà ed espressività, come lo è la vita. Potrà senz'altro confrontarsi con il pensiero di altri colleghi, che può essere diverso dal mio, in modo da farsi un'idea personale su come procedere eventualmente, qualora lo decidesse.
Per me è fondamentale prendersi cura delle sue ferite, ascoltare e comprendere i suoi stati d'animo, fermarsi a riflettere sui suoi vissuti, rispettarli e favorire la sua personale e unica soggettività.
In una relazione terapeutica psicoanalitica questo avviene attraverso uno scambio riflessivo ed emotivo con il terapeuta.
Lei potrà fare i conti, nel vivo della relazione terapeutica, con i suoi freni, la sua vulnerabilità e i suoi vissuti emotivi più profondi, affinché possa imparare lì, direttamente con il terapeuta, a esprimerli.
Il processo che la terapia genera è una trasformazione emotiva stabile e duratura, che le consentirà di orientarsi nel mondo e di agire secondo la sua autenticità, potendo finalmente essere se stesso. Sicuramente è un percorso ambizioso, di cui lei a me sembra abbia mostrato desiderio, e comporta costanza, continuità, impegno, e non può essere considerato a breve termine, poiché implica un cambiamento profondo di se stessi.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
Il senso di insicurezza, una certa fatica nelle relazioni, la sensazione di essere bloccato quando si trova in un gruppo allargato, un senso di chiusura e isolamento sono tutti vissuti cruciali, che lei lascia emergere generosamente.
Questo sembra essere coerente con la mia impressione legata a un senso di inferiorità e alla difficoltà a essere se stesso e a esprimersi liberamente. Finisce così per non dare "molta confidenza ai miei compagni" e per non riceverla da parte loro, rinunciando a occasioni di scambio che in alcuni casi potrebbero essere ricche, magari intime, magari divertenti. Questo ci fa riflettere, poiché è come se ci fosse dentro di lei qualcosa che la intimorisce e le impedisce di lasciarsi andare, come lei mi sembra comunicare. È come se ci fosse un carico emotivo intenso dentro di sé di tensione e paura.
Quando chiede da cosa iniziare, io penso che possa iniziare da qui. Insieme abbiamo avuto un breve scambio, in cui lei è stato in grado di esprimere i suoi vissuti, per quanto online.
Ecco, io penso che lei possa valutare di proseguire dal vivo il discorso che si è avviato qui. Questo vuol dire valutare un percorso psicoterapeutico. Per me questo rappresenta il modo attraverso cui lei potrà sviluppare un senso di sicurezza e di forza, senza più soccombere alla paura.
Questo è il mio pensiero, legato all'orientamento teorico psicoanalitico che abbraccio nonché al mio modo di intendere un percorso terapeutico, che è un percorso esistenziale di libertà ed espressività, come lo è la vita. Potrà senz'altro confrontarsi con il pensiero di altri colleghi, che può essere diverso dal mio, in modo da farsi un'idea personale su come procedere eventualmente, qualora lo decidesse.
Per me è fondamentale prendersi cura delle sue ferite, ascoltare e comprendere i suoi stati d'animo, fermarsi a riflettere sui suoi vissuti, rispettarli e favorire la sua personale e unica soggettività.
In una relazione terapeutica psicoanalitica questo avviene attraverso uno scambio riflessivo ed emotivo con il terapeuta.
Lei potrà fare i conti, nel vivo della relazione terapeutica, con i suoi freni, la sua vulnerabilità e i suoi vissuti emotivi più profondi, affinché possa imparare lì, direttamente con il terapeuta, a esprimerli.
Il processo che la terapia genera è una trasformazione emotiva stabile e duratura, che le consentirà di orientarsi nel mondo e di agire secondo la sua autenticità, potendo finalmente essere se stesso. Sicuramente è un percorso ambizioso, di cui lei a me sembra abbia mostrato desiderio, e comporta costanza, continuità, impegno, e non può essere considerato a breve termine, poiché implica un cambiamento profondo di se stessi.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
[#5]
Utente
Mi avete dato in questi ultimi giorni degli spunti di pensiero su cui non mi ero mai soffermato, che davo per scontato. Non bastano le parole per ringraziarvi.
Il suo consiglio lo accolgo molto volentieri, prenderò in considerazione quanto detto, per adesso vorrei provare a correggere queste mie mancanze nel breve periodo, avendone preso coscienza, nel caso non dovessi riuscire seguirò il percorso da lei proposto. La ringrazio ancora del tempo che mi ha dedicato.
Il suo consiglio lo accolgo molto volentieri, prenderò in considerazione quanto detto, per adesso vorrei provare a correggere queste mie mancanze nel breve periodo, avendone preso coscienza, nel caso non dovessi riuscire seguirò il percorso da lei proposto. La ringrazio ancora del tempo che mi ha dedicato.
Questo consulto ha ricevuto 6 risposte e 1.8k visite dal 19/10/2016.
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