Fobia grave insetti?
Salve. Sono un ragazzo di 22 anni e non ho mai avuto problemi importanti o gravi di salute fisica e mentale. Ma da un po' di tempo a questa parte, sto avendo un gravissimo problema psicologico, che mi fa stare male con me stesso. Gli insetti. Non una normale fobia. Ma molto più grave. Soprattutto cimici e cavallette. Oggi, mentre ero sul balcone con i miei colleghi dellaa caserma, a fumare una sigaretta, mi è volata una cimice sulla spalla. E non potete immaginare quale reazione ho avuto. A parte il forte urlo sul momento, per circa 30 minuti continuavano a tremarmi le mani incontrollabilmente. Avevo le lacrime agli occhi e per poco non sono svenuto. Pensavo stessi per avere un infarto. È così ormai da 10 anni. Da piccolo ricordo di aver visto per la prima volta, nella mia cameretta, una cavalletta molto lunga, marrone. Ed a un certo punto, mi è saltata sulla felpa. È stato traumatizzante per me. Non ho mangiato per due giorni, non sono riuscito ad uscire di casa e tremavo come una foglia se qualcuno nominava la cavalletta. D'allora non sono più lo stesso, se ho incontri ravvicinati con questi tipi di insetti. Per il resto, quando non li ho sott'occhio, sto benissimo. Se mi si parla di farfalle, coccinelle, ecc. Non ho alcuna reazione. Le trovo bellissime, anzi. Anche gli insetti stecco. Ne ho uno a casa, sempre con me. Non capisco, perchè verso questo insetto non provo paura, ma simpatia e verso cimici e cavallette, invece provo una paura folle. Due anni fa, ho comprato per mio fratello questo insetto stecco, che poi lui non ha più voluto. Quindi ora tocca a me prendermene cura. Lo prendo in mano, pulisco la vaschetta, cambio il cibo /Solo foglie di nocciolo e rametti, con acqua./ Lui non vola, non avendo le ali. E cammina lentamente. Lo lascio ogni tanto libero sulla mia scrivania, mentre sono al computer. È il mio piccolo amico diciamo. Due mesi fa, ho comprato una femmina ed ora sto aspettando che schiudano le uova, per i piccoli. Quindi, la mia simpatia verso questi piccoli legnetti, è tanta. Tanto che ho imparato anche a volergli bene. Dovrebbe spaventarmi essendo simile alla cavalletta. Ma al contrario, non mi spaventa affatto. Se mi si parla di cimici o cavallette, però, sento i brividi lungo la schiena. Le cimici poi, che mi stanno facendo passare un autunno terribile al lavoro, mi causano attacchi di panico. Non ne ho mai viste così tante. A casa, prima di dormire controllo tutta la camera. Lavorando in un carcere minorile, ne ho viste di tutti i colori poi. Apparentemente, un giovane detenuto, si trova nella mia stessa situazione. Il pomeriggio, due giorni fa circa, mi sento chiamare da questo ragazzo. Una cavalletta vicino il suo letto. Ho dovuto, perchè già mi tremavano le mani, chiamare un collega. Ho chiesto al ragazzo di aprire la finestra e farla volare fuori. Ma non ne voleva sapere. Il mio collega, lo ha fatto volare fuori. Vedendo l'insetto agitarsi per terra, mi sono sentito male. A cosa è dovuto tutto questo?
[#1]
gentile ragazzo non è l'approccio giusto chiedersi a cosa è dovuto ma bisogna chiedersi cosa bisogna fare per uscirne.
per la fobia degli insetti gli approcci terapeutici migliori sono quelli di stampo comportamentale.
saluti
per la fobia degli insetti gli approcci terapeutici migliori sono quelli di stampo comportamentale.
saluti
Dr. Armando De Vincentiis
Psicologo-Psicoterapeuta
www.psicoterapiataranto.it
https://www.facebook.com/groups/316311005059257/?ref=bookmarks
[#3]
Le terapie più adatte alle fobie sono quelle in cui al paziente vengono prescritte azioni pratiche da fare, o da non fare, per vincere gradualmente la fobia. Esempi di tali terapie sono la comportamentale e la strategica.
Si rivolga a un collega nella sua zona.
Si rivolga a un collega nella sua zona.
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#4]
Gentilissimo
Concordo con i colleghi.
L'approccio migliore è quello cognitivo comportamentale che unisce ristrutturazioni del pensiero ad azioni concrete da eseguire.
Una delle tecniche potrebbe essere quello della desensibilizzazione sistematica ovvero un avvicinarsi allo stimolo avverso per gradi abbinando tecniche di rilassamento.
Cordialmente
Concordo con i colleghi.
L'approccio migliore è quello cognitivo comportamentale che unisce ristrutturazioni del pensiero ad azioni concrete da eseguire.
Una delle tecniche potrebbe essere quello della desensibilizzazione sistematica ovvero un avvicinarsi allo stimolo avverso per gradi abbinando tecniche di rilassamento.
Cordialmente
Dr. Sara Ronchi
sara71ronchi@gmail.com -3925207768
www.psicologa-mi.it
[#5]
Ex utente
Ci ho provato, davvero...
Ma l'unico insetto a cui riesco ad avvicinarmi è il mio insetto stecco. Se si parla di grilli, cavallette, cimici...inizio ad avere forti attacchi d'ansia. Il primo mese di lavoro è stato traumatico. Dove parcheggiavo la macchina, entravano cimici ovunque e non potevo muovermi, se nessuno dei miei colleghi veniva ad aiutarmi. Sta diventando molto pesante questa situazione. Non attendo altro che la fine dell'autunno...
Ma l'unico insetto a cui riesco ad avvicinarmi è il mio insetto stecco. Se si parla di grilli, cavallette, cimici...inizio ad avere forti attacchi d'ansia. Il primo mese di lavoro è stato traumatico. Dove parcheggiavo la macchina, entravano cimici ovunque e non potevo muovermi, se nessuno dei miei colleghi veniva ad aiutarmi. Sta diventando molto pesante questa situazione. Non attendo altro che la fine dell'autunno...
[#7]
Salve, ho letto con molta attenzione il suo racconto e voglio dirle che l'ho trovato ricco di sfumature e dettagli importanti, che riguardano il problema che ha posto nel consulto. La preziosa coloritura emotiva che ha caratterizzato la sua narrazione è un segno molto favorevole del suo mondo interiore.
Anche se siamo online, provo a lasciarle alcuni spunti, evocati in me dal suo racconto, per tentare di dare alcuni suggestioni relativamente alla sua domanda.
Intanto mi sento di dirle che il titolo che ha scelto per il consulto "Fobia grave insetti?", non è del tutto vero. Su questo sarebbe importante fare una riflessione.
Infatti parla con grande simpatia di altri insetti, trasmettendo un senso di affetto per loro. Trovo che la qualità del suo sentimento per l'insetto stecco sia positiva. Lei stesso lo dice, "è il suo piccolo amico", e ne parla come di una presenza che le fa compagnia a suo modo.
Questo ci porta a fare una prima distinzione tra i tipi di insetti nella sua esperienza e, quindi, ci fornisce un elemento importante per comprendere il senso della "fobia" che si caratterizza, secondo il suo racconto, da un forte vissuto di "panico".
Lei specifica che prova una "paura folle per cimici e cavallette", mentre per l'insetto stecco, che riconosce avere una somiglianza con le cavallette, vive un senso di vicinanza. Durante il suo racconto dice una cosa che ho sentito significativa a proposito dell'insetto stecco, per distinguerlo dagli altri di cui ha paura: "Lui non vola, non avendo le ali. E cammina lentamente".
Questo potrebbe essere un dettaglio di rilievo, lei può sentire sintonia con l'insetto stecco perché è calmo e non è imprevedibile, come le cimici e le cavallette.
Ci racconta anche un episodio molto prezioso di quando era più giovane: "Da piccolo ricordo di aver visto per la prima volta, nella mia cameretta, una cavalletta molto lunga, marrone. Ed a un certo punto, mi è saltata sulla felpa. È stato traumatizzante per me. Non ho mangiato per due giorni, non sono riuscito ad uscire di casa e tremavo come una foglia se qualcuno nominava la cavalletta".
Questo ricordo è suggestivo e sarebbe fondamentale che lei potesse approfondirlo. Un evento che lei definisce così "traumatizzante" nella sua "cameretta" dove ha vissuto da piccolo, al punto da non riuscire a uscire di casa per due giorni.
Mi sono chiesto in che modo ha condiviso questa esperienza con i suoi genitori, a mio avviso questo potrebbe aiutarci.
Sembra infatti dirci che la casa rappresenta per lei un luogo non così sicuro, tanto che ogni sera prima di dormire deve "controllare" la presenza dei temuti insetti.
Mi colpisce dal suo racconto che la paura di cimici e cavallette la vive negli spazi chiusi. Immagino sia anche negli spazi aperti, ma mi colpisce che comunque ci sottolinei solo quelli chiusi. Accanto alla casa e alla cameretta, parla dell'auto, e anche del luogo di lavoro, raccontando dell'episodio del detenuto chiuso in cella.
Mi colpisce quindi che luoghi che dovrebbero essere sicuri, non lo sono. E lei sembra vivere un senso di pericolo.
Ci dice oltretutto che lavora in un carcere minorile, dove ne ha "viste di tutti i colori". Questo mi ha colpito, perché mi sono chiesto come vive la sua professione, se l'ha scelta ed è soddisfatto oppure se non le piace, perché ad esempio può essere pericolosa, può accadere di tutto ed è difficile poter controllare le cose.
A livello simbolico, potremmo dire che gli spazi chiusi possono essere evocativi del nostro mondo interiore. Bisognerebbe quindi valutare in modo approfondito i suoi vissuti più profondi.
Quindi mi sento di dirle che a volte succede che certe paure che viviamo siano collegate a un nostro senso di insicurezza e pericolo, di instabilità o di insoddisfazione per la nostra vita, di cui diventa importante potersi prendere cura.
Questo può riguardare quindi tanti aspetti della sua vita, che a partire dalla fobia e dal panico di cui ci parla, può scegliere di aprire. Soprattutto tenendo conto del lungo periodo che caratterizza la comparsa del suo problema nonché della sua curiosità a conoscerne le origini.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
Anche se siamo online, provo a lasciarle alcuni spunti, evocati in me dal suo racconto, per tentare di dare alcuni suggestioni relativamente alla sua domanda.
Intanto mi sento di dirle che il titolo che ha scelto per il consulto "Fobia grave insetti?", non è del tutto vero. Su questo sarebbe importante fare una riflessione.
Infatti parla con grande simpatia di altri insetti, trasmettendo un senso di affetto per loro. Trovo che la qualità del suo sentimento per l'insetto stecco sia positiva. Lei stesso lo dice, "è il suo piccolo amico", e ne parla come di una presenza che le fa compagnia a suo modo.
Questo ci porta a fare una prima distinzione tra i tipi di insetti nella sua esperienza e, quindi, ci fornisce un elemento importante per comprendere il senso della "fobia" che si caratterizza, secondo il suo racconto, da un forte vissuto di "panico".
Lei specifica che prova una "paura folle per cimici e cavallette", mentre per l'insetto stecco, che riconosce avere una somiglianza con le cavallette, vive un senso di vicinanza. Durante il suo racconto dice una cosa che ho sentito significativa a proposito dell'insetto stecco, per distinguerlo dagli altri di cui ha paura: "Lui non vola, non avendo le ali. E cammina lentamente".
Questo potrebbe essere un dettaglio di rilievo, lei può sentire sintonia con l'insetto stecco perché è calmo e non è imprevedibile, come le cimici e le cavallette.
Ci racconta anche un episodio molto prezioso di quando era più giovane: "Da piccolo ricordo di aver visto per la prima volta, nella mia cameretta, una cavalletta molto lunga, marrone. Ed a un certo punto, mi è saltata sulla felpa. È stato traumatizzante per me. Non ho mangiato per due giorni, non sono riuscito ad uscire di casa e tremavo come una foglia se qualcuno nominava la cavalletta".
Questo ricordo è suggestivo e sarebbe fondamentale che lei potesse approfondirlo. Un evento che lei definisce così "traumatizzante" nella sua "cameretta" dove ha vissuto da piccolo, al punto da non riuscire a uscire di casa per due giorni.
Mi sono chiesto in che modo ha condiviso questa esperienza con i suoi genitori, a mio avviso questo potrebbe aiutarci.
Sembra infatti dirci che la casa rappresenta per lei un luogo non così sicuro, tanto che ogni sera prima di dormire deve "controllare" la presenza dei temuti insetti.
Mi colpisce dal suo racconto che la paura di cimici e cavallette la vive negli spazi chiusi. Immagino sia anche negli spazi aperti, ma mi colpisce che comunque ci sottolinei solo quelli chiusi. Accanto alla casa e alla cameretta, parla dell'auto, e anche del luogo di lavoro, raccontando dell'episodio del detenuto chiuso in cella.
Mi colpisce quindi che luoghi che dovrebbero essere sicuri, non lo sono. E lei sembra vivere un senso di pericolo.
Ci dice oltretutto che lavora in un carcere minorile, dove ne ha "viste di tutti i colori". Questo mi ha colpito, perché mi sono chiesto come vive la sua professione, se l'ha scelta ed è soddisfatto oppure se non le piace, perché ad esempio può essere pericolosa, può accadere di tutto ed è difficile poter controllare le cose.
A livello simbolico, potremmo dire che gli spazi chiusi possono essere evocativi del nostro mondo interiore. Bisognerebbe quindi valutare in modo approfondito i suoi vissuti più profondi.
Quindi mi sento di dirle che a volte succede che certe paure che viviamo siano collegate a un nostro senso di insicurezza e pericolo, di instabilità o di insoddisfazione per la nostra vita, di cui diventa importante potersi prendere cura.
Questo può riguardare quindi tanti aspetti della sua vita, che a partire dalla fobia e dal panico di cui ci parla, può scegliere di aprire. Soprattutto tenendo conto del lungo periodo che caratterizza la comparsa del suo problema nonché della sua curiosità a conoscerne le origini.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
Dr. Enrico de Sanctis - Roma
Psicologo e Psicoterapeuta a orientamento psicoanalitico
www.enricodesanctis.it
[#8]
Ex utente
Buonasera gentile dottore. Innanzi tutto, la ringrazio per questa sua dettagliata risposta e mi fa piacere che lei ci tenga ad aiutarmi, con tutti i limiti della distanza. In effetti sì, provo un certo senso di sollievo nell'essere consapevole che l'insetto di cui mi prendo cura, non è imprevedibile, ma a suo modo riesce ad affascinare chiunque lo guardi da vicino, date le sue varie capacità, come la mimetizzazione e l'adattarsi a qualunque luogo in cui si trovi, senza problemi. Ci sono vari insetti per cui non provo paura. I ragni, le farfalle, le coccinelle, le api, stranamente. Certo, la paura di essere punto da un ape c'è sempre. Ma se non vengono infastidite, non vedo che male debbano fare, così come i ragni. Le cimici e le cavallette sono imprevedibili, come appunto lei ha detto. Da un secondo all'altro, possono saltare e nonostante siano innocue mi destano un certo tipo di ansia e preoccupazione. Quando per la prima volta, l'ho vista nella mia cameretta, per me è stato come se avesse invaso quello che era un po' il mio rifugio, quando ero piccolo. Il mio spazio personale.
Gli spazi chiusi dovrebbero essere verosimilmente sicuri, ma non è sempre del tutto così. D'autunno specialmente, se si aprono i vetri per far circolare un po' di aria, questi temuti insetti, trovano subito l'occasione per annidarsi nelle case, negli ambienti di lavoro. Dovrebbe essere normale.
Ma per me non lo è. Ogni volta, ho forti attacchi d'ansia. Ho paura di trovarmeli puntualmente addosso. Uno dei miei colleghi, un giorno mi chiese come potevo aver paura di un insetto innocuo e non di tutti i gravi rischi che comportano un lavoro come il nostro. Ed anche io me lo chiedo, senza però trovare risposta.
Riguardo la mia professione, l'ho scelta, essendo da sempre stato affascinato a questo tipo di lavoro. Inizialmente aspiravo a diventare carabiniere, come mio nonno, ma poi, crescendo ho iniziato ad avere altri interessi. Volevo conoscere questo mondo, un po' duro forse. Ma la realtà, è dura anche fuori dalle carceri. Il mondo è pieno di difficoltà. Io le volevo affrontare e volevo aiutare gli altri a farlo. Perchè credo che anche chi sbaglia, ha diritto ad una seconda opportunità. Soprattutto ragazzi giovani, come me, con tutta la vita davanti. Io mi rivedo molto in loro. Non certo nell'ambito criminale, ma nei modi di fare, nei comportamenti, nelle azioni. Anche io ero così qualche anno fa. E ho pensato, e se quando ero io così, avessi commesso un'errore, nessuno sarebbe stato disposto ad aiutarmi? Insomma, si sbaglia tutti i giorni. Da cose banali, a cose molto gravi. Ma tutti meritano di avere un'altra occasione. Ho scelto allora la polizia penitenziaria, della quale facevano parte anche mia zia e suo marito.
Io cerco sempre, per questi ragazzi, di essere presente. Ma ci sono situazioni, in cui anch'io ho bisogno di aiuto. È normale. Tutti hanno bisogno di aiuto in qualcosa.
Per esempio, il ragazzo di cui parlavo nel consulto, ha questo tipo di fobia, la paura degli insetti che volano e che saltano e che possono trovarsi dappertutto; Io vorrei, una volta che ho aiutato me stesso, aiutare anche a lui a superare questa paura, perchè so come ci si sente, ad avere paura dell'imprevedibile. Io ora, per motivi professionali, non posso assolutamente parlare del motivo per cui questo giovane è detenuto in un carcere, ma al contrario di quello che molti pensano, i ragazzi in carcere, non sono cattive persone. Sono e appaiono, come ragazzi normalissimi. Che, sicuramente hanno fatto dei gravi errori, ma stanno rimediando. Sono ragazzi pieni di vita, di voglia di divertirsi, di stare in compagnia. Poi certo, ci sono sempre ragazzi un po' problematici, ma questo dipende da qual'è il modo in cui vivono la situazione.
Per il resto, situazioni in cui mi sento in pericolo, non riguardano il mio lavoro. Anche perchè, nonostante quelle poche ore nel pomeriggio, in cui le celle vengono, come ordinato dal direttore, lasciate aperte, si potrebbe incorrere in vari rischi e pericoli. Dato che non tutti i detenuti del carcere, sono persone stabili psicologicamente. Nonostante ciò, non mi sento in pericolo. Nei corridoi, ci si scambia qualche parola, un sorriso e fa sempre piacere quando questi ragazzi sanno di poter contare su di noi. Se ad alcuni può sembrare, che gli operatori penitenziari, siano persone a cui non importa del loro lavoro e della rieducazione dei ragazzi, in realtà non è così. La mattina ci si occupa dei vari compiti da svolgere, che possono essere l'ufficio, il tribunale, la squadra mobile, fornire aiuti di vario tipo ai detenuti. Il pomeriggio di solito ci si occupa dei colloqui, delle richieste dei detenuti da riportare al direttore, di controllare un po' tutto l'ambiente, soprattutto quando i ragazzi sono fuori dalle loro celle. Di notte, ci si occupa di cose più importanti. Di controllare non solo ogni corridoio e cella del carcere, ma anche che i ragazzi si sentano bene e che non sia successo niente di grave. Perchè può capitare, il malore, l'infortunio, ecc.
Ora, dipende sempre dal turno che si svolge, ma in ognuno, si svolgono sempre mansioni importanti.
Riguardo agli insetti, spero di riuscire a vincere questa paura. Soprattutto perchè se un domani, dovessi avere un figlio e lui dovesse aver bisogno di un papà che lo liberi da questo insetto, non potrò tirarmi indietro. E poi vorrei farlo per me stesso, per la mia sicurezza.
La ringrazio per la risposta, dottore.
Gli spazi chiusi dovrebbero essere verosimilmente sicuri, ma non è sempre del tutto così. D'autunno specialmente, se si aprono i vetri per far circolare un po' di aria, questi temuti insetti, trovano subito l'occasione per annidarsi nelle case, negli ambienti di lavoro. Dovrebbe essere normale.
Ma per me non lo è. Ogni volta, ho forti attacchi d'ansia. Ho paura di trovarmeli puntualmente addosso. Uno dei miei colleghi, un giorno mi chiese come potevo aver paura di un insetto innocuo e non di tutti i gravi rischi che comportano un lavoro come il nostro. Ed anche io me lo chiedo, senza però trovare risposta.
Riguardo la mia professione, l'ho scelta, essendo da sempre stato affascinato a questo tipo di lavoro. Inizialmente aspiravo a diventare carabiniere, come mio nonno, ma poi, crescendo ho iniziato ad avere altri interessi. Volevo conoscere questo mondo, un po' duro forse. Ma la realtà, è dura anche fuori dalle carceri. Il mondo è pieno di difficoltà. Io le volevo affrontare e volevo aiutare gli altri a farlo. Perchè credo che anche chi sbaglia, ha diritto ad una seconda opportunità. Soprattutto ragazzi giovani, come me, con tutta la vita davanti. Io mi rivedo molto in loro. Non certo nell'ambito criminale, ma nei modi di fare, nei comportamenti, nelle azioni. Anche io ero così qualche anno fa. E ho pensato, e se quando ero io così, avessi commesso un'errore, nessuno sarebbe stato disposto ad aiutarmi? Insomma, si sbaglia tutti i giorni. Da cose banali, a cose molto gravi. Ma tutti meritano di avere un'altra occasione. Ho scelto allora la polizia penitenziaria, della quale facevano parte anche mia zia e suo marito.
Io cerco sempre, per questi ragazzi, di essere presente. Ma ci sono situazioni, in cui anch'io ho bisogno di aiuto. È normale. Tutti hanno bisogno di aiuto in qualcosa.
Per esempio, il ragazzo di cui parlavo nel consulto, ha questo tipo di fobia, la paura degli insetti che volano e che saltano e che possono trovarsi dappertutto; Io vorrei, una volta che ho aiutato me stesso, aiutare anche a lui a superare questa paura, perchè so come ci si sente, ad avere paura dell'imprevedibile. Io ora, per motivi professionali, non posso assolutamente parlare del motivo per cui questo giovane è detenuto in un carcere, ma al contrario di quello che molti pensano, i ragazzi in carcere, non sono cattive persone. Sono e appaiono, come ragazzi normalissimi. Che, sicuramente hanno fatto dei gravi errori, ma stanno rimediando. Sono ragazzi pieni di vita, di voglia di divertirsi, di stare in compagnia. Poi certo, ci sono sempre ragazzi un po' problematici, ma questo dipende da qual'è il modo in cui vivono la situazione.
Per il resto, situazioni in cui mi sento in pericolo, non riguardano il mio lavoro. Anche perchè, nonostante quelle poche ore nel pomeriggio, in cui le celle vengono, come ordinato dal direttore, lasciate aperte, si potrebbe incorrere in vari rischi e pericoli. Dato che non tutti i detenuti del carcere, sono persone stabili psicologicamente. Nonostante ciò, non mi sento in pericolo. Nei corridoi, ci si scambia qualche parola, un sorriso e fa sempre piacere quando questi ragazzi sanno di poter contare su di noi. Se ad alcuni può sembrare, che gli operatori penitenziari, siano persone a cui non importa del loro lavoro e della rieducazione dei ragazzi, in realtà non è così. La mattina ci si occupa dei vari compiti da svolgere, che possono essere l'ufficio, il tribunale, la squadra mobile, fornire aiuti di vario tipo ai detenuti. Il pomeriggio di solito ci si occupa dei colloqui, delle richieste dei detenuti da riportare al direttore, di controllare un po' tutto l'ambiente, soprattutto quando i ragazzi sono fuori dalle loro celle. Di notte, ci si occupa di cose più importanti. Di controllare non solo ogni corridoio e cella del carcere, ma anche che i ragazzi si sentano bene e che non sia successo niente di grave. Perchè può capitare, il malore, l'infortunio, ecc.
Ora, dipende sempre dal turno che si svolge, ma in ognuno, si svolgono sempre mansioni importanti.
Riguardo agli insetti, spero di riuscire a vincere questa paura. Soprattutto perchè se un domani, dovessi avere un figlio e lui dovesse aver bisogno di un papà che lo liberi da questo insetto, non potrò tirarmi indietro. E poi vorrei farlo per me stesso, per la mia sicurezza.
La ringrazio per la risposta, dottore.
[#11]
Devo dire che la sua narrazione è particolarmente elaborata e ricca di stimoli.
L'aspetto dell'imprevedibilità nel "suo spazio personale" è importante. Così come gli aspetti identificativi di cui parla tra lei e i detenuti in carcere, simili "nei modi di fare, nei comportamenti, nelle azioni".
Lei dice di essere stato così come loro qualche anno fa, di comprenderli. Capisco ora che non si senta in pericolo con loro, c'è sintonia tra voi, indicativa di una buona relazione di lavoro.
Fa una professione importante, impegnativa su più fronti, e mi sembra la svolga in modo appassionato, con partecipazione e responsabilità.
Chissà se la "paura dell'imprevedibile" c'entra, se cioè questa paura può avere generato delle reazioni in lei che provo a immaginare essere, mi corregga se mi sbaglio, reazioni di ribellione, insoddisfazione e inquietudine, sfida o provocazione ad esempio. Magari anche di solitudine?
Se fosse così, di questo bisognerebbe tenere massimo conto.
Questa paura, che da tempo si è focalizzata su alcuni insetti, chissà se c'entra anche con aspetti profondi di sé, che riguardano le sue esperienze familiari e relazionali e il suo sentire più intimo. E così magari sarebbe importante focalizzarla anche su altri aspetti della sua vita, in modo tale da non esserne più sottomesso.
Affrontando questa paura su un fronte più personale, legato alla sua storia, potrebbe attenuarsi anche quella per i temuti insetti.
In ultimo, un inciso: non dimentichi che un giorno, se avrà un figlio, non dovrà insegnargli che lei è onnipotente come un eroe. Saprà dirgli tante cose, saprà aiutarlo, ma ci sarà qualcosa che anche per lei è difficile. Sarà importante per suo figlio confrontarsi con il papà umano, con le sue qualità e le sue vulnerabilità.
E magari per un bambino, che non vive la paura dell'imprevedibilità avendo lei come padre, potrebbe essere piuttosto naturale e giocoso spingere la cavalletta là fuori.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
L'aspetto dell'imprevedibilità nel "suo spazio personale" è importante. Così come gli aspetti identificativi di cui parla tra lei e i detenuti in carcere, simili "nei modi di fare, nei comportamenti, nelle azioni".
Lei dice di essere stato così come loro qualche anno fa, di comprenderli. Capisco ora che non si senta in pericolo con loro, c'è sintonia tra voi, indicativa di una buona relazione di lavoro.
Fa una professione importante, impegnativa su più fronti, e mi sembra la svolga in modo appassionato, con partecipazione e responsabilità.
Chissà se la "paura dell'imprevedibile" c'entra, se cioè questa paura può avere generato delle reazioni in lei che provo a immaginare essere, mi corregga se mi sbaglio, reazioni di ribellione, insoddisfazione e inquietudine, sfida o provocazione ad esempio. Magari anche di solitudine?
Se fosse così, di questo bisognerebbe tenere massimo conto.
Questa paura, che da tempo si è focalizzata su alcuni insetti, chissà se c'entra anche con aspetti profondi di sé, che riguardano le sue esperienze familiari e relazionali e il suo sentire più intimo. E così magari sarebbe importante focalizzarla anche su altri aspetti della sua vita, in modo tale da non esserne più sottomesso.
Affrontando questa paura su un fronte più personale, legato alla sua storia, potrebbe attenuarsi anche quella per i temuti insetti.
In ultimo, un inciso: non dimentichi che un giorno, se avrà un figlio, non dovrà insegnargli che lei è onnipotente come un eroe. Saprà dirgli tante cose, saprà aiutarlo, ma ci sarà qualcosa che anche per lei è difficile. Sarà importante per suo figlio confrontarsi con il papà umano, con le sue qualità e le sue vulnerabilità.
E magari per un bambino, che non vive la paura dell'imprevedibilità avendo lei come padre, potrebbe essere piuttosto naturale e giocoso spingere la cavalletta là fuori.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
[#14]
I medicinali, così come le terapie brevi, sono utili se vuole o deve risolvere il problema velocemente.
Hanno la funzione di modificare il sintomo, ma non lavorano su un livello profondo di personalità da cui si è generato il sintomo. Per questo è possibile che se l'origine resta immutata, il sintomo si ripresenti in futuro nuovamente, nella stessa forma o in forme differenti.
La mia opinione è diversa da quella dei colleghi. Il confronto con diversi orientamenti, in tal senso, per quanto possa confondere in un primo momento, può rappresentare una ricchezza con cui si può confrontare.
A mio avviso, quindi, non esiste una terapia più adatta al suo problema. Penso invece che l'intervento migliore dipenda dal suo obiettivo, dal modo con cui intende raggiungerlo e dai suoi interessi.
Un augurio,
Enrico de Sanctis
Hanno la funzione di modificare il sintomo, ma non lavorano su un livello profondo di personalità da cui si è generato il sintomo. Per questo è possibile che se l'origine resta immutata, il sintomo si ripresenti in futuro nuovamente, nella stessa forma o in forme differenti.
La mia opinione è diversa da quella dei colleghi. Il confronto con diversi orientamenti, in tal senso, per quanto possa confondere in un primo momento, può rappresentare una ricchezza con cui si può confrontare.
A mio avviso, quindi, non esiste una terapia più adatta al suo problema. Penso invece che l'intervento migliore dipenda dal suo obiettivo, dal modo con cui intende raggiungerlo e dai suoi interessi.
Un augurio,
Enrico de Sanctis
Questo consulto ha ricevuto 14 risposte e 12.4k visite dal 03/10/2016.
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