Terapia cognitivo comportamentale
Buongiorno, mio figlio 16enne è in terapia cognitivo comportamentale da 4 mesi. Sinora nessun miglioramento.
Lui continua ad avere paura anche a dire ciao ai compagni di classe ed è sempre silenzioso.
Queste terapie non dovrebbero essere brevi e mirate alla soluzione del problema?
Dopo 4 mesi mi sarei aspettato un minimo almeno miglioramento.
Cosa ne pensate?
Grazie
Lui continua ad avere paura anche a dire ciao ai compagni di classe ed è sempre silenzioso.
Queste terapie non dovrebbero essere brevi e mirate alla soluzione del problema?
Dopo 4 mesi mi sarei aspettato un minimo almeno miglioramento.
Cosa ne pensate?
Grazie
[#1]
Buongiorno,
ci sono alcune forme di terapia cognitivo-comportamentale che sono brevi, altre che non lo sono. Se cerca una terapia breve deve rivolgersi a terapeuti specifici che la effettuano.
Io abbraccio un altro orientamento, che è psicoanalitico. Non lavoro sui sintomi né su un obiettivo. Credo infatti che bisogna occuparsi della persona nella sua interezza e nella sua complessità.
Credo inoltre che il cambiamento debba essere a livello emotivo, non dev'essere una forzatura razionale, altrimenti non è un vero cambiamento.
Il mio pensiero è che "avere paura a dire ciao ai compagni" non possa essere considerato un problema focale, che può essere risolto in breve tempo.
Comprendo i suoi dubbi e il suo desiderio che la condizione di paura di suo figlio migliori, il più velocemente possibile. Immagino la sofferenza nel vederlo silenzioso e chiuso in se stesso, deprivato delle cose belle che la vita può dare. Tuttavia il suo potrebbe essere un problema radicato in lui, che personalmente approfondirei e affronterei nei tempi dovuti.
Lei ha avuto modo di chiedere a suo figlio come si sente con il terapeuta e cosa ne pensa del lavoro svolto in questi 4 mesi?
E, se ha voglia di parlarne, lei come sta vivendo questa situazione?
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
ci sono alcune forme di terapia cognitivo-comportamentale che sono brevi, altre che non lo sono. Se cerca una terapia breve deve rivolgersi a terapeuti specifici che la effettuano.
Io abbraccio un altro orientamento, che è psicoanalitico. Non lavoro sui sintomi né su un obiettivo. Credo infatti che bisogna occuparsi della persona nella sua interezza e nella sua complessità.
Credo inoltre che il cambiamento debba essere a livello emotivo, non dev'essere una forzatura razionale, altrimenti non è un vero cambiamento.
Il mio pensiero è che "avere paura a dire ciao ai compagni" non possa essere considerato un problema focale, che può essere risolto in breve tempo.
Comprendo i suoi dubbi e il suo desiderio che la condizione di paura di suo figlio migliori, il più velocemente possibile. Immagino la sofferenza nel vederlo silenzioso e chiuso in se stesso, deprivato delle cose belle che la vita può dare. Tuttavia il suo potrebbe essere un problema radicato in lui, che personalmente approfondirei e affronterei nei tempi dovuti.
Lei ha avuto modo di chiedere a suo figlio come si sente con il terapeuta e cosa ne pensa del lavoro svolto in questi 4 mesi?
E, se ha voglia di parlarne, lei come sta vivendo questa situazione?
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
Dr. Enrico de Sanctis - Roma
Psicologo e Psicoterapeuta a orientamento psicoanalitico
www.enricodesanctis.it
[#2]
Gentilissima
Come dice il collega ci sono terapie cognitive comportamentali brevi e meno brevi.
Quattro mesi visto che abbraccio questo orientamento sono un po pochi soprattutto se suo figlio viene visto una sola volta a settimana.
Il tutto comunque e' molto soggettivo.
La psicologa le ha fatto un minimo di restituzione sull'andamento di suo figlio?
Cosa dice?
Cordialmente
Come dice il collega ci sono terapie cognitive comportamentali brevi e meno brevi.
Quattro mesi visto che abbraccio questo orientamento sono un po pochi soprattutto se suo figlio viene visto una sola volta a settimana.
Il tutto comunque e' molto soggettivo.
La psicologa le ha fatto un minimo di restituzione sull'andamento di suo figlio?
Cosa dice?
Cordialmente
Dr. Sara Ronchi
sara71ronchi@gmail.com -3925207768
www.psicologa-mi.it
[#6]
Gentilissimo
Chieda lei una seduta in cui chiede come sta andando il figlio... in che direzione vuole procedere ...se dovete comportarvi con lui in un certo modo.
Purtroppo molti colleghi sono molto chiusi ma e' nel suo pieno diritto sapere qualcosa.
Prenda un appuntamento.
Cordialmente
Chieda lei una seduta in cui chiede come sta andando il figlio... in che direzione vuole procedere ...se dovete comportarvi con lui in un certo modo.
Purtroppo molti colleghi sono molto chiusi ma e' nel suo pieno diritto sapere qualcosa.
Prenda un appuntamento.
Cordialmente
[#10]
Utente
Il terapista durante le sedute non fa niente di quello che dovrebbe fare. Riceve i resoconti settimanali compilati scrupolosamente dal ragazzo e li mette da parte, non li esamina nemmeno. Non gli dà alcun compito da fare in classe, ad es. saluta un compagno e se non riesci dimmelo!!!
Mi sono informato e mi hanno detto che durante l'ora della seduta dovrebbe esaminare i resoconti settimanali con il ragazzo, parlarne insieme e studiare strategie per risolvere i problemi insieme.
Potete darmi un vostro parere?
Grazie
Mi sono informato e mi hanno detto che durante l'ora della seduta dovrebbe esaminare i resoconti settimanali con il ragazzo, parlarne insieme e studiare strategie per risolvere i problemi insieme.
Potete darmi un vostro parere?
Grazie
[#11]
Salve,
cosa le racconta suo figlio sull'andamento della seduta, come si svolge?
Mi sembra di capire che sia arrabbiato, poiché non si è trovato bene con tanti specialisti, 4 anni di ricerche sono molti.
Sembra che neanche questa volta sia riuscito a trovare il terapeuta giusto, che cosa non è andato in questi anni?
Il problema è legato alla mancanza di brevità, allo scarso coinvolgimento delle figure genitoriali nella terapia? Oppure alle aspettative di metodo?
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
cosa le racconta suo figlio sull'andamento della seduta, come si svolge?
Mi sembra di capire che sia arrabbiato, poiché non si è trovato bene con tanti specialisti, 4 anni di ricerche sono molti.
Sembra che neanche questa volta sia riuscito a trovare il terapeuta giusto, che cosa non è andato in questi anni?
Il problema è legato alla mancanza di brevità, allo scarso coinvolgimento delle figure genitoriali nella terapia? Oppure alle aspettative di metodo?
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
[#12]
Utente
Durante la seduta il terapeuta tende a sottovalutare i problemi del ragazzo. Gli chiede se è uscito al pomeriggio, gli dice di invitare gente a casa. Ma se lui ha paura anche a dire ciao ed in classe non lo considerano come fa ad invitare gente?
Penso che questo avvenga automaticamente quando e se il ragazzo risolverùà i problemi.
Il problema è legato all'incapacità dei terapisti incontrati. Nessuno in grado di dare un pò di autostima ad un bambino diventato ormai ragazzo!!!!
Non penso sia così difficile per un terapista competente!!!!
Grazie
Penso che questo avvenga automaticamente quando e se il ragazzo risolverùà i problemi.
Il problema è legato all'incapacità dei terapisti incontrati. Nessuno in grado di dare un pò di autostima ad un bambino diventato ormai ragazzo!!!!
Non penso sia così difficile per un terapista competente!!!!
Grazie
[#13]
È giusto che lei faccia le sue valutazioni, mi rendo conto che vivendo un senso di insoddisfazione è preoccupato e dispiaciuto di vedere suo figlio come un ragazzo chiuso in se stesso.
Non le parlo da terapeuta cognitivo-comportamentale, lasciando ai miei colleghi che ne sanno più di me la parola. Trovo giuste le sue considerazioni circa i tempi. È difficile invitare gente a casa se non dice "ciao" a nessuno.
Non so perché questo terapeuta si muova così, forse non vuole dare troppi compiti a suo figlio. L'autostima si sviluppa anche nella relazione terapeutica, non soltanto attraverso i compiti. Altrimenti suo figlio non impara a conoscere se stesso e a essere libero di esprimersi. Il compito non deve diventare asettico, altrimenti è solo un esercizio pesante in cui non si crede, di cui non si vede l'ora di liberarsi.
Poi tenga presente che io le parlo così perché ho un orientamento diverso, però penso che possa riguardare anche la vostra situazione.
Per questo le chiedevo se suo figlio si trova a suo agio con questo terapeuta, provi a informarsi anche di questo, è importante.
Non le parlo da terapeuta cognitivo-comportamentale, lasciando ai miei colleghi che ne sanno più di me la parola. Trovo giuste le sue considerazioni circa i tempi. È difficile invitare gente a casa se non dice "ciao" a nessuno.
Non so perché questo terapeuta si muova così, forse non vuole dare troppi compiti a suo figlio. L'autostima si sviluppa anche nella relazione terapeutica, non soltanto attraverso i compiti. Altrimenti suo figlio non impara a conoscere se stesso e a essere libero di esprimersi. Il compito non deve diventare asettico, altrimenti è solo un esercizio pesante in cui non si crede, di cui non si vede l'ora di liberarsi.
Poi tenga presente che io le parlo così perché ho un orientamento diverso, però penso che possa riguardare anche la vostra situazione.
Per questo le chiedevo se suo figlio si trova a suo agio con questo terapeuta, provi a informarsi anche di questo, è importante.
[#15]
Gentile Utente,
con i limiti della distanza e del mezzo, a me sembra che le indicazioni del Collega che segue Suo figlio siano corrette.
Infatti Lei scrive: "Gli chiede se è uscito al pomeriggio, gli dice di invitare gente a casa. Ma se lui ha paura anche a dire ciao ed in classe non lo considerano come fa ad invitare gente?"
La TCC prevede di far fare al pz. proprio ciò che fa paura, non ciò che riesce già a fare, quindi se il ragazzo fa fatica con i compagni di classe, quella di invitarli a casa potrebbe essere una buona idea.
Certamente capisco che se Suo figlio si pone in un certo modo (chiusura) con i compagni di classe, anche questi ultimi reagiranno con distanza, ma è proprio per spezzare questa dinamica che il terapeuta ha prescritto determinati compiti.
Non sono d'accordo sulla Sua affermazione "Penso che questo avvenga automaticamente quando e se il ragazzo risolverùà i problemi." e Le spiego perché.
Le prescrizioni che un terapeuta dà al pz servono proprio per poter mettere il pz. nella condizione di cambiare e migliorare.
Non ci sono cambiamenti automatici, in casi del genere, se il ragazzo non fa delle specifiche cose. Anzi, può parlare col terapeuta anche per molto tempo, ma se Suo figlio non si sforza (e parlo proprio di fare fatica, all'inizio) di fare esattamente ciò che il terapeuta gli dice di fare, come può sperare in un cambiamento?
Per quanto riguarda Lei genitore, invece, anche io sento -con tutti i limiti della distanza- che ci sia un certo fastidio verso la terapia, forse perché vorrebbe, come qualunque genitore, che Suo figlio stesse bene subito. Questo è comprensibile, ma tenga presente che la problematica di cui stiamo parlando riguarda soprattutto un apprendimento di nuove modalità relazionali e di nuove abilità che Suo figlio o non ha o fa fatica per ragioni sue (che devono essere discusse in terapia) o per un ambiente sfavorevole (a scuola che cosa succede? queste difficoltà ci sono solo a scuola?)e che quindi il cambiamento sarà per forza graduale. Su questo aspetto deve mettersi il cuore in pace.
Quindi, anziché essere critico verso il terapeuta, atteggiamento che potrebbe scoraggiare Suo figlio, perché non prova ad incoraggiare Suo figlio a continuare la terapia, proprio per vedere questi risultati che desiderate?
Le terapie precedenti sono terminate sempre per le stesse ragioni, o ho capito male io?
Ha deciso Suo figlio di interrompere le terapie, oppure è stata una decisione Sua?
Lei sa quali sono gli obiettivi terapeutici fissati fin qui?
con i limiti della distanza e del mezzo, a me sembra che le indicazioni del Collega che segue Suo figlio siano corrette.
Infatti Lei scrive: "Gli chiede se è uscito al pomeriggio, gli dice di invitare gente a casa. Ma se lui ha paura anche a dire ciao ed in classe non lo considerano come fa ad invitare gente?"
La TCC prevede di far fare al pz. proprio ciò che fa paura, non ciò che riesce già a fare, quindi se il ragazzo fa fatica con i compagni di classe, quella di invitarli a casa potrebbe essere una buona idea.
Certamente capisco che se Suo figlio si pone in un certo modo (chiusura) con i compagni di classe, anche questi ultimi reagiranno con distanza, ma è proprio per spezzare questa dinamica che il terapeuta ha prescritto determinati compiti.
Non sono d'accordo sulla Sua affermazione "Penso che questo avvenga automaticamente quando e se il ragazzo risolverùà i problemi." e Le spiego perché.
Le prescrizioni che un terapeuta dà al pz servono proprio per poter mettere il pz. nella condizione di cambiare e migliorare.
Non ci sono cambiamenti automatici, in casi del genere, se il ragazzo non fa delle specifiche cose. Anzi, può parlare col terapeuta anche per molto tempo, ma se Suo figlio non si sforza (e parlo proprio di fare fatica, all'inizio) di fare esattamente ciò che il terapeuta gli dice di fare, come può sperare in un cambiamento?
Per quanto riguarda Lei genitore, invece, anche io sento -con tutti i limiti della distanza- che ci sia un certo fastidio verso la terapia, forse perché vorrebbe, come qualunque genitore, che Suo figlio stesse bene subito. Questo è comprensibile, ma tenga presente che la problematica di cui stiamo parlando riguarda soprattutto un apprendimento di nuove modalità relazionali e di nuove abilità che Suo figlio o non ha o fa fatica per ragioni sue (che devono essere discusse in terapia) o per un ambiente sfavorevole (a scuola che cosa succede? queste difficoltà ci sono solo a scuola?)e che quindi il cambiamento sarà per forza graduale. Su questo aspetto deve mettersi il cuore in pace.
Quindi, anziché essere critico verso il terapeuta, atteggiamento che potrebbe scoraggiare Suo figlio, perché non prova ad incoraggiare Suo figlio a continuare la terapia, proprio per vedere questi risultati che desiderate?
Le terapie precedenti sono terminate sempre per le stesse ragioni, o ho capito male io?
Ha deciso Suo figlio di interrompere le terapie, oppure è stata una decisione Sua?
Lei sa quali sono gli obiettivi terapeutici fissati fin qui?
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#17]
È possibile che se si vive un forte senso di chiusura ci siano delle ragioni. Bisogna capire quali sono.
Cercare di sorvolare su questo e chiedere alla persona di sforzarsi di aprirsi, rischia a mio avviso di aumentare la chiusura e rendere ancor più inaccessibile il vivere.
La persona sa già da sé che sarebbe meglio aprirsi, ma non lo sa fare, può vivere un senso di paura molto intenso ad esempio o angosce schiaccianti.
Ci sono potenti meccanismi che bloccano la persona. Non è una questione di volontà.
Cordialmente,
Enrico de Sanctis
Cercare di sorvolare su questo e chiedere alla persona di sforzarsi di aprirsi, rischia a mio avviso di aumentare la chiusura e rendere ancor più inaccessibile il vivere.
La persona sa già da sé che sarebbe meglio aprirsi, ma non lo sa fare, può vivere un senso di paura molto intenso ad esempio o angosce schiaccianti.
Ci sono potenti meccanismi che bloccano la persona. Non è una questione di volontà.
Cordialmente,
Enrico de Sanctis
[#20]
Essere emarginati alle Elementari può essere un'esperienza terribile, e chissà come mai questo è accaduto. Forse suo figlio non ha potuto reagire né difendersi, ha invece subito, non facendo sentire la sua voce.
Bisogna approfondire come mai è stato rifiutato, per la sua timidezza o per qualche altro motivo?
Posso rispondere alla sua preziosa e complessa domanda come psicoterapeuta psicoanalitico, e il mio pensiero può essere differente da quello cognitivo-comportamentale.
Un percorso terapeutico serve perché la persona impari a conoscersi e anche a esprimersi nella relazione con il terapeuta. Inizialmente mi immagino che possa fare fatica a essere libero anche con il terapeuta, a far sentire la sua voce.
Piano piano, grazie a un lavoro paziente e gentile, senza che il terapeuta copra il ragazzo con la sua voce, il ragazzo potrebbe lasciarsi andare e ricostituire un senso di fiducia di sé ad esempio. Lo spazio analitico, in questo senso, rappresenta una nuova esperienza relazionale e un nuovo inizio per uscire nel mondo fortificati e continuare a farsi le ossa là fuori.
Il gruppo potrebbe essere un lavoro interessante, anche se dev'essere favorevole suo figlio perché anche in quel caso si troverebbe con altre persone e potrebbe essere al momento troppo per lui. Può senz'altro provare a chiedere.
Anche nel lavoro individuale, comunque, suo figlio deve essere favorevole, deve sentire la motivazione a farlo.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
Bisogna approfondire come mai è stato rifiutato, per la sua timidezza o per qualche altro motivo?
Posso rispondere alla sua preziosa e complessa domanda come psicoterapeuta psicoanalitico, e il mio pensiero può essere differente da quello cognitivo-comportamentale.
Un percorso terapeutico serve perché la persona impari a conoscersi e anche a esprimersi nella relazione con il terapeuta. Inizialmente mi immagino che possa fare fatica a essere libero anche con il terapeuta, a far sentire la sua voce.
Piano piano, grazie a un lavoro paziente e gentile, senza che il terapeuta copra il ragazzo con la sua voce, il ragazzo potrebbe lasciarsi andare e ricostituire un senso di fiducia di sé ad esempio. Lo spazio analitico, in questo senso, rappresenta una nuova esperienza relazionale e un nuovo inizio per uscire nel mondo fortificati e continuare a farsi le ossa là fuori.
Il gruppo potrebbe essere un lavoro interessante, anche se dev'essere favorevole suo figlio perché anche in quel caso si troverebbe con altre persone e potrebbe essere al momento troppo per lui. Può senz'altro provare a chiedere.
Anche nel lavoro individuale, comunque, suo figlio deve essere favorevole, deve sentire la motivazione a farlo.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
[#22]
Gentile Utente,
se prova a rileggere questa Sua richiesta e le precedenti, si renderà conto che Lei sta davvero tentandole tutte per il benessere di Suo figlio, e lo capisco. Ma non è facendo così che aiuterà Suo figlio. Cioè non è proponendo di punto in bianco un gruppo di terapia o cambiando terapeuta dopo poco tempo che Suo figlio avrà modo di cambiare. Bisogna avere una strategia.
Come Le avevo già scritto sopra e come ha confermato anche il Collega dott. De Sanctis di cui cito la conclusione dell'ultimo intervento, che condivido, "Anche nel lavoro individuale, comunque, suo figlio deve essere favorevole, deve sentire la motivazione a farlo. ", è la volontà, la motivazione di Suo figlio che farà la differenza.
Ma la motivazione è una variabile cognitiva sulla quale si lavora.
In che modo? Le faccio un esempio. Un conto è se io dico ad esempio "SENTO la motivazione a perdere peso" e poi non FACCIO nulla. Posso parlarne per anni della mia motivazione, ma non cambierà niente, anche perché nel frattempo avrò delle abitudini consolidate.
Ben altra cosa è se io inizio a ragionare su vantaggi e svantaggi della mia attuale condizione che sento invalidante o che mi fa soffrire e a FARE ciò che occorre per raggiungere il mio obiettivo. Da qui nasce la motivazione. E la mia motivazione crescerà. Perché? Perchè vedrò dei risultati, aumenterà il mio senso di autoefficacia e di padronanza del problema. Probabilmente tutto ciò ora Suo figlio non lo sente, anzi si sente vittima, impotente e senza via d'uscita. Ecco perché probabilmente Suo figlio non riesce a cambiare. Quindi, come vede, non è necessario parlarne in terapia per molto tempo, anche perché è probabile che Suo figlio, dopo la brutta esperienza alle elementari, non sappia che fare ora e abbia un senso di impotenza appresa.
Ma è anche vero che per fortuna gli esseri umani non vengono distrutti dalle esperienze brutte che fanno nella vita. Certamente ci soffriamo, ma ci rialziamo. E' anche in questo senso che quegli episodi di bullismo del passato potrebbero essere rivisti oggi. E soprattutto sarebbe utile che Suo figlio acquisisse tutto ciò che gli occorre in termini di competenze per saper gestire in futuro qualunque tipo di vessazione.
Però, tornando al Suo ruolo di genitore, anziché decidere di chiudere una terapia a favore di un altro terapeuta come ha fatto fino ad ora, o fare tentativi, potrebbe per prima cosa informarsi con il terapeuta su obiettivi e progressi, incoraggiando poi Suo figlio.
Ci faccia sapere l'evoluzione di questo percorso terapeutico.
Cordiali saluti,
se prova a rileggere questa Sua richiesta e le precedenti, si renderà conto che Lei sta davvero tentandole tutte per il benessere di Suo figlio, e lo capisco. Ma non è facendo così che aiuterà Suo figlio. Cioè non è proponendo di punto in bianco un gruppo di terapia o cambiando terapeuta dopo poco tempo che Suo figlio avrà modo di cambiare. Bisogna avere una strategia.
Come Le avevo già scritto sopra e come ha confermato anche il Collega dott. De Sanctis di cui cito la conclusione dell'ultimo intervento, che condivido, "Anche nel lavoro individuale, comunque, suo figlio deve essere favorevole, deve sentire la motivazione a farlo. ", è la volontà, la motivazione di Suo figlio che farà la differenza.
Ma la motivazione è una variabile cognitiva sulla quale si lavora.
In che modo? Le faccio un esempio. Un conto è se io dico ad esempio "SENTO la motivazione a perdere peso" e poi non FACCIO nulla. Posso parlarne per anni della mia motivazione, ma non cambierà niente, anche perché nel frattempo avrò delle abitudini consolidate.
Ben altra cosa è se io inizio a ragionare su vantaggi e svantaggi della mia attuale condizione che sento invalidante o che mi fa soffrire e a FARE ciò che occorre per raggiungere il mio obiettivo. Da qui nasce la motivazione. E la mia motivazione crescerà. Perché? Perchè vedrò dei risultati, aumenterà il mio senso di autoefficacia e di padronanza del problema. Probabilmente tutto ciò ora Suo figlio non lo sente, anzi si sente vittima, impotente e senza via d'uscita. Ecco perché probabilmente Suo figlio non riesce a cambiare. Quindi, come vede, non è necessario parlarne in terapia per molto tempo, anche perché è probabile che Suo figlio, dopo la brutta esperienza alle elementari, non sappia che fare ora e abbia un senso di impotenza appresa.
Ma è anche vero che per fortuna gli esseri umani non vengono distrutti dalle esperienze brutte che fanno nella vita. Certamente ci soffriamo, ma ci rialziamo. E' anche in questo senso che quegli episodi di bullismo del passato potrebbero essere rivisti oggi. E soprattutto sarebbe utile che Suo figlio acquisisse tutto ciò che gli occorre in termini di competenze per saper gestire in futuro qualunque tipo di vessazione.
Però, tornando al Suo ruolo di genitore, anziché decidere di chiudere una terapia a favore di un altro terapeuta come ha fatto fino ad ora, o fare tentativi, potrebbe per prima cosa informarsi con il terapeuta su obiettivi e progressi, incoraggiando poi Suo figlio.
Ci faccia sapere l'evoluzione di questo percorso terapeutico.
Cordiali saluti,
[#23]
Utente
Apprezzo le sue parole. Il ragazzo è incoraggiato costantemente dal terapeuta e da noi genitori. E' che proprio non riesce a trovare il coraggio, è completamente bloccato. La nostra paura è che anche questo terapeuta non riesca a sbloccarlo, anche se da quanto ha detto in precedenza tre mesi sono pochi. Spero riesca a fargli capire che deve reagisce anche lui. Le faremo sapere degli sviluppi.
Buona giornata.
Buona giornata.
[#25]
Utente
Buongiorno,
per chi volesse rispondermi vi aggiorno sugli sviluppi della terapia cognitivo-comportamentale.
Il ragazzo è un pò sfiduciato perchè dopo 4 mesi di terapia non vede alcun miglioramento.
Abbiamo letto che durante le sedute di TCC il terapeuta dovrebbe esaminare i questionari che gli fa compilare giornalmente, discuterli con lui e studiare strategie insieme per migliorare. Non fa niente di tutto questo, li mette da parte e, secondo noi, non li esamina nemmeno. L'altro giorno gli ha dato un questionario da compilare che gli aveva già dato un mese prima!!!!!!!
Chiedo a chi di voi è esperto di TCC. Se durante le sedute non esamina quanto scrive nostro figlio come fa il terapeuta a modificare il comportamento ed i pensieri di nostro figlio con la terapia?
Ringrazio anticipatamente chi volesse rispondere.
per chi volesse rispondermi vi aggiorno sugli sviluppi della terapia cognitivo-comportamentale.
Il ragazzo è un pò sfiduciato perchè dopo 4 mesi di terapia non vede alcun miglioramento.
Abbiamo letto che durante le sedute di TCC il terapeuta dovrebbe esaminare i questionari che gli fa compilare giornalmente, discuterli con lui e studiare strategie insieme per migliorare. Non fa niente di tutto questo, li mette da parte e, secondo noi, non li esamina nemmeno. L'altro giorno gli ha dato un questionario da compilare che gli aveva già dato un mese prima!!!!!!!
Chiedo a chi di voi è esperto di TCC. Se durante le sedute non esamina quanto scrive nostro figlio come fa il terapeuta a modificare il comportamento ed i pensieri di nostro figlio con la terapia?
Ringrazio anticipatamente chi volesse rispondere.
[#26]
Le do un parere da terapeuta strategico che non si occupa di cognitivo-comportamentale.
È possibile che suo figlio, data l'età, necessiti di essere aiutato in forma non solamente individuale, ma anche attraverso la famiglia. Non posso rispondere per la terapia cognitivo-comportamentale, per la quale la rimando alle risposte già ricevute dai colleghi, e nemmeno posso pronunciarmi sui comportamenti tenuti dal terapeuta in questione che sta vedendo vostro figlio, dato che non lo conosco. Sebbene, per come li sta descrivendo, mi lascino alquanto perplesso.
Tuttavia in altre forme di terapia, nel caso degli adolescenti, si cerca di intervenire se è il caso anche attraverso la famiglia. Il mio parere è che nel vostro caso il terapeuta dovrebbe almeno aver ventilato o addirittura già proposto tale possibilità. Ma se l'atteggiamento è sbrigativo, non vi chiama per informarvi sull'andamento della terapia (cosa che è OBBLIGATO per legge a fare, dato che il ragazzo è minorenne) e non gli fa svolgere i compiti o non si preoccupa di verificarne l'esecuzione, considerando che la TCC è una terapia attiva, credo che dovreste prendere in considerazione l'idea di cambiare.
È possibile che suo figlio, data l'età, necessiti di essere aiutato in forma non solamente individuale, ma anche attraverso la famiglia. Non posso rispondere per la terapia cognitivo-comportamentale, per la quale la rimando alle risposte già ricevute dai colleghi, e nemmeno posso pronunciarmi sui comportamenti tenuti dal terapeuta in questione che sta vedendo vostro figlio, dato che non lo conosco. Sebbene, per come li sta descrivendo, mi lascino alquanto perplesso.
Tuttavia in altre forme di terapia, nel caso degli adolescenti, si cerca di intervenire se è il caso anche attraverso la famiglia. Il mio parere è che nel vostro caso il terapeuta dovrebbe almeno aver ventilato o addirittura già proposto tale possibilità. Ma se l'atteggiamento è sbrigativo, non vi chiama per informarvi sull'andamento della terapia (cosa che è OBBLIGATO per legge a fare, dato che il ragazzo è minorenne) e non gli fa svolgere i compiti o non si preoccupa di verificarne l'esecuzione, considerando che la TCC è una terapia attiva, credo che dovreste prendere in considerazione l'idea di cambiare.
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#27]
Utente
Grazie Dottore della sua risposta.
Non capisco cosa voglia dire con intervenire attraverso la famiglia, può spiegarsi meglio?
In quattro mesi ci ha convocato una volta sola e guardava l'orologio in continuazione. Poteva farsi pagare la seduta senza guardare l'orologio!!!
Come dice lei e da quanto da noi letto la TCC è una terapia attiva, farla così significa secondo noi buttare soldi e basta.
Il fatto è che il ragazzo , da quattro anni cerca di fare la TCC come si deve e, dove abitiamo noi nessun terapeuta è in grado (questo è il quinto).
Ritiene che la terapia di gruppo possa fargli bene?
Buona giornata
Non capisco cosa voglia dire con intervenire attraverso la famiglia, può spiegarsi meglio?
In quattro mesi ci ha convocato una volta sola e guardava l'orologio in continuazione. Poteva farsi pagare la seduta senza guardare l'orologio!!!
Come dice lei e da quanto da noi letto la TCC è una terapia attiva, farla così significa secondo noi buttare soldi e basta.
Il fatto è che il ragazzo , da quattro anni cerca di fare la TCC come si deve e, dove abitiamo noi nessun terapeuta è in grado (questo è il quinto).
Ritiene che la terapia di gruppo possa fargli bene?
Buona giornata
[#28]
No, assolutamente non una terapia di gruppo, ma un intervento che coinvolga in qualche modo anche i genitori.
Siccome già esiste - o dovrebbe esistere - un rapporto fra genitori e figlio, si evita di doverne costruire uno fra terapeuta e ragazzo. In sostanza si insegna ai genitori come intervenire sui problemi del figlio, quando il figlio è ancora piccolo, diciamo appunto fino ai 15-16 anni. E quindi si interviene per terapia indiretta. Ovviamente va visto caso per caso, ma in terapia strategica, almeno, si fa così.
Mi dispiace che vi siate rivolti a tanti terapeuti e speso soldi inutilmente. Purtroppo le varie zone geografiche sono diversamente coperte e a volte, come in ogni settore, spostarsi per andare a reperire aiuto magari può fare spendere meno tempo e soldi che cercarlo nelle vicinanze.
Già, ma come sapere qual è l'aiuto adatto, potrebbe chiedere lei? E avrebbe ragione. Non è un problema di sempre facile soluzione.
Siccome già esiste - o dovrebbe esistere - un rapporto fra genitori e figlio, si evita di doverne costruire uno fra terapeuta e ragazzo. In sostanza si insegna ai genitori come intervenire sui problemi del figlio, quando il figlio è ancora piccolo, diciamo appunto fino ai 15-16 anni. E quindi si interviene per terapia indiretta. Ovviamente va visto caso per caso, ma in terapia strategica, almeno, si fa così.
Mi dispiace che vi siate rivolti a tanti terapeuti e speso soldi inutilmente. Purtroppo le varie zone geografiche sono diversamente coperte e a volte, come in ogni settore, spostarsi per andare a reperire aiuto magari può fare spendere meno tempo e soldi che cercarlo nelle vicinanze.
Già, ma come sapere qual è l'aiuto adatto, potrebbe chiedere lei? E avrebbe ragione. Non è un problema di sempre facile soluzione.
[#29]
Utente
Nostro figlio ha 16 anni, quindi presumo che per insegnare ai genitori come intervenire sui problemi del figlio sia tardi, anche se i consigli ben dati vanno bene a qualsiasi età.
Noi abitiamo in provincia di Sassari, ci sposteremo anche se ne conoscessimo capaci. Purtroppo a Cagliari, dove hanno fatto diagnosi di Asperger a nostro figlio, ci hanno abbandonato. Ti fanno la diagnosi e basta, poi ti devi arrangiare perchè loro fanno la terapia soltanto a quelli della zona.
Risultato: nostro figlio è sempre uguale, anzi peggiorato, visto che adesso non dice neanche "ciao" ai compagni di classe.
Buona giornata
Noi abitiamo in provincia di Sassari, ci sposteremo anche se ne conoscessimo capaci. Purtroppo a Cagliari, dove hanno fatto diagnosi di Asperger a nostro figlio, ci hanno abbandonato. Ti fanno la diagnosi e basta, poi ti devi arrangiare perchè loro fanno la terapia soltanto a quelli della zona.
Risultato: nostro figlio è sempre uguale, anzi peggiorato, visto che adesso non dice neanche "ciao" ai compagni di classe.
Buona giornata
[#31]
Non conosco la collega in questione e quindi non posso pronunciarmi o consigliargliela.
Ma se suo figlio ha ricevuto la diagnosi di Asperger allora il discorso da fare è diverso. Nel senso che, con le dovute riserve dato che siamo a distanza e non conosco il vostro caso, riporre troppa fiducia nella psicoterapia potrebbe non essere l'atteggiamento più utile. La psicoterapia può molto, ma non sempre e non per tutto. Forse sarebbe meglio a questo punto che vi orientaste verso centri o professionisti specializzati per le persone affette da questo tipo di disturbo. E qui devo fermarmi, dato che personalmente non me ne occupo e non sarei quindi in grado di darle suggerimenti.
Ciò non toglie che il terapeuta attuale dovrebbe forse aver avuto un diverso atteggiamento nei vostri confronti.
Ma se suo figlio ha ricevuto la diagnosi di Asperger allora il discorso da fare è diverso. Nel senso che, con le dovute riserve dato che siamo a distanza e non conosco il vostro caso, riporre troppa fiducia nella psicoterapia potrebbe non essere l'atteggiamento più utile. La psicoterapia può molto, ma non sempre e non per tutto. Forse sarebbe meglio a questo punto che vi orientaste verso centri o professionisti specializzati per le persone affette da questo tipo di disturbo. E qui devo fermarmi, dato che personalmente non me ne occupo e non sarei quindi in grado di darle suggerimenti.
Ciò non toglie che il terapeuta attuale dovrebbe forse aver avuto un diverso atteggiamento nei vostri confronti.
[#32]
Utente
Grazie della risposta. Mio figlio ha una diagnosi per asperger borderline, non sono neanche loro sicuri che lo abbia.
Ritiene che la terapia strategica breve possa essere adatta per risolvere il suo problema del blocco con i coetanei?
Buona giornata
P.S. Abbiamo deciso di non farlo andare più dal terapeuta attuale. Quello che fa lui è acqua fresca, non serve a niente
Ritiene che la terapia strategica breve possa essere adatta per risolvere il suo problema del blocco con i coetanei?
Buona giornata
P.S. Abbiamo deciso di non farlo andare più dal terapeuta attuale. Quello che fa lui è acqua fresca, non serve a niente
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Non sarebbe opportuno dare rassicurazioni o togliere speranze da qui, a distanza. Come ho detto senza conoscere il caso si può solo restare sul generico. A maggior ragione trattandosi di una diagnosi incerta.
È comprensibile che trattandosi di suo figlio lei si preoccupi di fare tutto il possibile, ma l'unica cosa che mi sento di suggerire è di continuare a cercare e di rivolgervi ad altri. Senza aspettare mesi o anni per vedere risultati; se la direzione presa da una psicoterapia, di qualunque tipo, è quella giusta, i risultati dovrebbero vedersi abbastanza presto.
È comprensibile che trattandosi di suo figlio lei si preoccupi di fare tutto il possibile, ma l'unica cosa che mi sento di suggerire è di continuare a cercare e di rivolgervi ad altri. Senza aspettare mesi o anni per vedere risultati; se la direzione presa da una psicoterapia, di qualunque tipo, è quella giusta, i risultati dovrebbero vedersi abbastanza presto.
Questo consulto ha ricevuto 34 risposte e 3.7k visite dal 03/10/2016.
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