Psicoterapia
Buongiorno gentili dottori,
sono una ragazza di 20 anni e da aprile sono in terapia per disordini alimentari, dell'umore e nelle relazioni, anche se sarebbe più corretto dire "in una crisi che ha coinvolto ogni aspetto della mia vita".
La dott.ssa (psicanalista) mi ha subito accolta ed è iniziato il percorso che oggi mi ha per lo meno rimessa in piedi e dato un po' più di speranza. Quasi tutti gli aspetti problematici sono migliorati, sto meglio ma desso mi trovo in un nuovo momento di crisi che cerco di tenere sotto controllo con discreti risultati. Dopo l'ultima seduta ha preso forma una domanda: "ma tutto quello che io e la dott.ssa ci scambiamo, dove va? Dove vanno tutte le parole che io dico e lei scrive?".
Mi spiego: ad ogni incontro succede che mi siedo, inizia un momento di imbarazzo assoluto perché la mia testa si svuota di tutti i pensieri e la dott.ssa mi guarda in silenzio, poi cerco di tirar fuori qualcosa da dire, racconto, lei scrive, cerca di approfondire con domande, e con queste prova a farmi riflettere. Ogni tanto spunta con una domandina sempre troppo difficile, mi sorride, mi guarda seria, scrive, poi conclude con una frase ad effetto spesso riprendendo le mie parole, nel tentativo di farmi capire che forse hanno un valore, e poi un affettuoso: "ci fermiamo qui". Lei mi piace, è davvero brava, ma vorrei che parlasse di più, che mi spiegasse cosa è successo da un punto di vista esperto. Da sola non sono in grado di cogliere tutti i suoi messaggi, sento che tanto di quello che emerge in quella stanza rimane implicito; rimane tutto in un limbo e non viene sviluppato, non viene ripreso e osservato sotto luci diverse. Probabilmente lei lo fa, ma io non ne sono partecipe, io non rielaboro. Di tutto il dolore che ho provato negli scorsi anni, cosa porto con me? Quale insegnamento? Una volta superato quel tipo di sofferenza, una volta raccontato un episodio, un avvenimento, una sensazione, un'emozione...resta tutto sospeso, senza che gli sia dato un significato.
È un deficit mio? Che faccio? Ho paura non sia il lavoro giusto, perché non riesco a giungere ad una sintesi. Sono in confusione perché da qui mi invadono tante domande: "Perché la terapeuta non mi dice di più? Non ha ancora capito?", "perché non ha capito? Non sono in grado di spiegarmi?", "Perché non so spiegarle le cose con un discorso coerente, unitario, completo?", "Ha senso indagare in questo modo?", "Semplicemente non vuole esporsi per lasciare che io trovi le mie risposte? Ma io non sono capace, è per questo che chiedo il suo (di psicoterapeuta) punto di vista, un parere esperto e professionale!" "Lascio questo tipo di psicoterapia, magari per cercare un approccio che mi aiuti a trovare più strategie pratiche?".
Mi preoccupa molto anche il fatto che dopo sei mesi di indagine sono ancora molto confusa ed instabile (soprattutto per quanto riguarda il problema con l'alimentazione). Non so se mi sono spiegata, intanto ringrazio di cuore. Cordiali saluti.
sono una ragazza di 20 anni e da aprile sono in terapia per disordini alimentari, dell'umore e nelle relazioni, anche se sarebbe più corretto dire "in una crisi che ha coinvolto ogni aspetto della mia vita".
La dott.ssa (psicanalista) mi ha subito accolta ed è iniziato il percorso che oggi mi ha per lo meno rimessa in piedi e dato un po' più di speranza. Quasi tutti gli aspetti problematici sono migliorati, sto meglio ma desso mi trovo in un nuovo momento di crisi che cerco di tenere sotto controllo con discreti risultati. Dopo l'ultima seduta ha preso forma una domanda: "ma tutto quello che io e la dott.ssa ci scambiamo, dove va? Dove vanno tutte le parole che io dico e lei scrive?".
Mi spiego: ad ogni incontro succede che mi siedo, inizia un momento di imbarazzo assoluto perché la mia testa si svuota di tutti i pensieri e la dott.ssa mi guarda in silenzio, poi cerco di tirar fuori qualcosa da dire, racconto, lei scrive, cerca di approfondire con domande, e con queste prova a farmi riflettere. Ogni tanto spunta con una domandina sempre troppo difficile, mi sorride, mi guarda seria, scrive, poi conclude con una frase ad effetto spesso riprendendo le mie parole, nel tentativo di farmi capire che forse hanno un valore, e poi un affettuoso: "ci fermiamo qui". Lei mi piace, è davvero brava, ma vorrei che parlasse di più, che mi spiegasse cosa è successo da un punto di vista esperto. Da sola non sono in grado di cogliere tutti i suoi messaggi, sento che tanto di quello che emerge in quella stanza rimane implicito; rimane tutto in un limbo e non viene sviluppato, non viene ripreso e osservato sotto luci diverse. Probabilmente lei lo fa, ma io non ne sono partecipe, io non rielaboro. Di tutto il dolore che ho provato negli scorsi anni, cosa porto con me? Quale insegnamento? Una volta superato quel tipo di sofferenza, una volta raccontato un episodio, un avvenimento, una sensazione, un'emozione...resta tutto sospeso, senza che gli sia dato un significato.
È un deficit mio? Che faccio? Ho paura non sia il lavoro giusto, perché non riesco a giungere ad una sintesi. Sono in confusione perché da qui mi invadono tante domande: "Perché la terapeuta non mi dice di più? Non ha ancora capito?", "perché non ha capito? Non sono in grado di spiegarmi?", "Perché non so spiegarle le cose con un discorso coerente, unitario, completo?", "Ha senso indagare in questo modo?", "Semplicemente non vuole esporsi per lasciare che io trovi le mie risposte? Ma io non sono capace, è per questo che chiedo il suo (di psicoterapeuta) punto di vista, un parere esperto e professionale!" "Lascio questo tipo di psicoterapia, magari per cercare un approccio che mi aiuti a trovare più strategie pratiche?".
Mi preoccupa molto anche il fatto che dopo sei mesi di indagine sono ancora molto confusa ed instabile (soprattutto per quanto riguarda il problema con l'alimentazione). Non so se mi sono spiegata, intanto ringrazio di cuore. Cordiali saluti.
[#1]
gentile utente ci sono approcci terapeutici diversi, alcuni portano via molto tempo, altri sono più concentrati sul problem solver e più diretti. Non tutti gli approcci sono adatti per tutto e non tutti raggiungono gli stessi obiettivi.
le consiglio questa lettura per un approfondimento.
Tuttavia dopo 6 mesi senza risultati significativi è necessaria una riflessione critica sul lavoro effettuato
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
saluti
le consiglio questa lettura per un approfondimento.
Tuttavia dopo 6 mesi senza risultati significativi è necessaria una riflessione critica sul lavoro effettuato
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
saluti
Dr. Armando De Vincentiis
Psicologo-Psicoterapeuta
www.psicoterapiataranto.it
https://www.facebook.com/groups/316311005059257/?ref=bookmarks
[#2]
Gentile utente, sei mesi di *analisi* sono pochissimi!
Occorre tempo per inquadrare le *sue* problematiche, poi iniziera' un discorso piu' profondo.
Ma *le indicazioni* tipo *manualetto* di istruzioni pratico non fanno parte di questo approccio.
Non c'e una *fonte* (psicoterapeuta) che mette acqua iin un *secchio* (lei). Cosa se ne farebbe? Che acqua viene posta da una fonte esterna in Lei? E Le interesserebbe?
Questo tipo di psicoterapia che Lei sta seguendo invece non *riempie un secchio* ma fa si' che lei stessa diventi fonte di nuove idee e nuove elaborazioni dei temi importanti per Lei.
E' questo l'unico modo davvero utile per Lei. Gli altri metodi lascerebbero il tempo che trovano. Lei sarebbe un secchio *bucato* dove l'acqua entra ed esce senza trovare nulla che la trattenga o la assorba.
Spero di averLe fornito spunti di riflessione.
I miei saluti.
Occorre tempo per inquadrare le *sue* problematiche, poi iniziera' un discorso piu' profondo.
Ma *le indicazioni* tipo *manualetto* di istruzioni pratico non fanno parte di questo approccio.
Non c'e una *fonte* (psicoterapeuta) che mette acqua iin un *secchio* (lei). Cosa se ne farebbe? Che acqua viene posta da una fonte esterna in Lei? E Le interesserebbe?
Questo tipo di psicoterapia che Lei sta seguendo invece non *riempie un secchio* ma fa si' che lei stessa diventi fonte di nuove idee e nuove elaborazioni dei temi importanti per Lei.
E' questo l'unico modo davvero utile per Lei. Gli altri metodi lascerebbero il tempo che trovano. Lei sarebbe un secchio *bucato* dove l'acqua entra ed esce senza trovare nulla che la trattenga o la assorba.
Spero di averLe fornito spunti di riflessione.
I miei saluti.
Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132
[#3]
Gentilissima
Per me la psicoanalisi non è il metodo elettivo per i disordini alimentari.
Andrebbe meglio un approccio cognitivo comportamentale
Lei rimane con molte domande....si chiede dove andrà il percorso perché la psicoanalisi e' proprio un far riflettere la persona ma senza dare strumenti oggettivi per migliorare il disagio alimentare.
Io la vedo più utile per capire meglio la propria personalità....per traumi subiti nell'infanzia, ma non per un disordine come il suo.
Io le consiglierei un approccio come quello descritto dove tramite comportamenti mirati, consegne e ristrutturazione cognitiva può portarla a miglioramenti visibili.
Ma questo è solo un mio parere
Cordialmente
Per me la psicoanalisi non è il metodo elettivo per i disordini alimentari.
Andrebbe meglio un approccio cognitivo comportamentale
Lei rimane con molte domande....si chiede dove andrà il percorso perché la psicoanalisi e' proprio un far riflettere la persona ma senza dare strumenti oggettivi per migliorare il disagio alimentare.
Io la vedo più utile per capire meglio la propria personalità....per traumi subiti nell'infanzia, ma non per un disordine come il suo.
Io le consiglierei un approccio come quello descritto dove tramite comportamenti mirati, consegne e ristrutturazione cognitiva può portarla a miglioramenti visibili.
Ma questo è solo un mio parere
Cordialmente
Dr. Sara Ronchi
sara71ronchi@gmail.com -3925207768
www.psicologa-mi.it
[#4]
Gentile Ragazza,
si è spiegata benissimo e credo che sarebbe opportuno ponesse gli interrogativi che espone qui alla sua terapeuta, è importante che lo faccia, sono elementi che non andrebbero taciuti, utili per il percorso in atto.
Dice di trovarsi bene con la sua curante e di apprezzare i benefici finora conseguiti, prima di pensare di cambiare percorso ne parli.
Esponga ogni dubbio e perplessità, ogni richiesta di chiarimento prima di tutto.
Poi se crede, se lo riterrà opportuno ci riscriva semmai.
Cordialità
si è spiegata benissimo e credo che sarebbe opportuno ponesse gli interrogativi che espone qui alla sua terapeuta, è importante che lo faccia, sono elementi che non andrebbero taciuti, utili per il percorso in atto.
Dice di trovarsi bene con la sua curante e di apprezzare i benefici finora conseguiti, prima di pensare di cambiare percorso ne parli.
Esponga ogni dubbio e perplessità, ogni richiesta di chiarimento prima di tutto.
Poi se crede, se lo riterrà opportuno ci riscriva semmai.
Cordialità
Dr.ssa Laura Rinella
Psicologa Psicoterapeuta
www.psicologiabenessereonline.it
Questo consulto ha ricevuto 4 risposte e 1.1k visite dal 26/09/2016.
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