Il mio uomo soffre di DE ed eiaculazione precoce. Che fare?
Sono una donna di 38 anni, divorziata da 10. Da 3 anni e mezzo il mio attuale compagno di 41 si è trasferito a vivere con me e con mio figlio di 10 anni. Siamo una bella famiglia. Io e il mio compagno stiamo insieme in tutto da 6 anni.
Ora, accade che da circa 3 anni il mio compagno soffre in modo altalenante di problemi di erezione, non durante i preliminari ma al momento in arriviamo al rapporto sessuale completo. Perde l'erezione e il rapporto non è possibile, o perde l'erezione all'inizio del rapporto e questo non può proseguire. Gradualmente, i rapporti sono diventati sempre più rari e veloci, fino ad arrivare a una frequenza sconfortante. Défaillance sporadiche sono diventate sempre più frequenti e siamo al punto attuale in cui abbiamo non più di tre rapporti al mese, non soddisfacenti. I preliminari e altri modi in cui interagiamo in intimità, come i rapporti orali, sono molto piacevoli. In entrambi il desiderio è calato molto, nonostante ancora proviamo attrazione l'uno per l'altra. Ci siamo molto intiepiditi e allontanati nel tempo. Il mio compagno dice di non sentire neanche il desiderio di masturbarsi, se non sporadicamente.
Dopo anni a negare il problema, tra l'altro accompagnato anche da altri sintomi come quella che lui descrive "sensazione di fare pipì per gravità", con un getto fiacco e poco valido, come se non riuscisse a spingere per urinare, quest'estate il mio compagno si è attivato col medico di famiglia. Gli esami ematochimici e delle urine sono nella norma, incluso il PSA, tranne la glicemia che tende al limite superiore ma non desta preoccupazioni. Il mio compagno è in sovrappeso di 8kg e ha cominciato subito a prendere provvedimenti per evitare guai futuri, facendo esercizio fisico e regolandosi con l'alimentazione. Il medico l'ha messo in trattamento con tamsulosina. Ha quasi concluso i tre mesi di trattamento previsti. Dopo quello che ci è sembrato un iniziale e fugace beneficio della terapia nella prima settimana, la situazione è tornata quella di prima.
Siamo in terapia separatamente (sistemico-relazionale lui, analisi transazionale io) da gennaio. Abbiamo avuto anche un primo incontro come coppia con la sua psicologa e stiamo valutando se proseguire anche come coppia.
L'impossibilità di vivere questa parte importante della nostra coppia e di noi come singole persone ha logorato il nostro benessere portandoci in una situazione di stallo completo in cui la nostra autostima ha subito pesanti contraccolpi e in cui ci siamo ridotti a essere una coppia bianca.
Io sono stanca e logorata, faccio fatica a vedere un futuro. Continuo a lottare, ma non so più cosa fare, né come sopportare la frustrazione di essermi ridotta a essere priva di desiderio, e di speranza.
Ho letto i vostri articoli sull'argomento. Le ho provate tutte.
Che fare?
Spero in qualche spunto utile, se non altro di riflessione, che possa aiutarmi a gestire questo difficile, lungo, e forse interminabile, momento
capisco il Suo sconforto e la Sua stanchezza, ma che cosa fare deve essere indicato chiaramente in terapia dallo psicoterapeuta.
Ovviamente non so quali ragioni ci siano per fare due terapie diverse, anziché una terapia sessuologica della coppia, ma il disturbo dell'erezione di solito è il disturbo più semplice da trattare e quindi vorrei sapere:
quali obiettivi terapeutici sono stati fissati? Quali raggiunti?
Come mai due terapie diverse?
E' chiaro che fino a quando non si risolve il problema, anzi si ripresenta durante il rapporto, non si ha nessuna voglia di riprovare: tutto ciò che è sgradevole vorremmo evitarlo e non ripeterlo...
Cordiali saluti,
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
La ringrazio di cuore per la sua risposta. Una voce. Nel vuoto. E nello smarrimento che provo.
Ci siamo recati in due terapie differenti e individuali perché questa problematica certamente ha portato allo scoperto parti di noi che abbiamo sentito di dover indagare. Parti di noi come individui. Io uscivo da un anno e mezzo di terapia costruttivista-cognitivo comportamentale che mi aveva portata al punto di staccarmi da un ambiente di lavoro tossico guidato da una psicopatica narcisista, ora posso dirlo.... Ambiente che ha ha affondato nel mio molle e ha fatto ammalare il mio corpo. Da quel momento, ho sentito di non progredire più nella terapia. E ho scelto un altro specialista in analisi transazionale al quale mi sono rivolta con l'obiettivo di uscire da una storta di "magma", per trovare finalmente me stessa, e possibilmente risolvere disturbi fisici che palesemente si sono rivelati somatizzazioni dopo innumerevoli accertamenti medici negativi. E tanti soldi spesi e sacrifici, che tuttora affrontiamo per sostenere le nostre terapie.
Il mio compagno a sua volta ha visto il suo "pezzo" in questa dinamica di coppia. Ha sentito la necessità a sua volta di lavorare su di sé, di uscire anche lui dal "magma" indistinto di una diade/triade in cui si era rifugiato, trasformandosi in un blocco di malleabile plastilina, perdendo il senso di sé. La disfunzione erettile è stata un pretesto, che lo ha portato a volersi indagare più a fondo.
Io l'ho conosciuto dopo 5 anni di solitudine sua totale. Era uscito da una cocente delusione sentimentale. Sua moglie, con cui il sesso era esplosivo e per la quale aveva letteralmente perso la testa, intrattenendo con lei un rapporto tra l'altro molto trasgressivo, in cui si inseriva anche il bondage, in una dinamica simbiotica molto coinvolgente per lui sessualmente, lo lasciò dopo sei mesi di matrimonio, con una casa comprata e arredata a loro gusto. Improvvisamente. L'impegno messo in un nido perfetto che si distrusse sotto i piedi di lui. Che nei 5 anni successivi non volle alcuna storia.
La figura di questa donna mi perseguita, e mi chiedo perché io non sia alla sua altezza. Perché io, che lo amo profondamente, non possa averlo. Perché tocca a me questa umiliazione profonda, e questa mutilazione che ogni giorno toglie un pezzo di me.
Mi scusi per lo sfogo. Ma è davvero pesante per me riuscire a sopportare tutto questo. La mia terapia mi ha aiutata molto. Ma sembra non essere mai abbastanza.
sembrerebbe che il problema sia principalmente del suo compagno, anche se ci sono delle tematiche, come il pensiero della sua ex moglie, che coinvolgono anche lei in questo intreccio di problemi e relazioni.
Consiglierei, se la terapia sistemico relazionale tarda a dare risultati, di cambiare terapeuta e approccio e di provare con le terapie brevi perchè hanno dato buoni risultati nei problemi sessuali e non solo.
cordiali saluti
Valentina Sciubba Psicologa
www.valentinasciubba.it Terapia on line
Terapia Breve Strategica e della Gestalt
Disturbi psicologici e mente-corpo
Un disturbo di questo tipo all'interno di un rapporto consolidato deve essere indagato con cura dapprima a livello andrologico e solo successivamente a livello psicologico.
In tale sede in seconda istanza andranno indagate le cause che possono essere alla base del disturbo.
Lei puo' individuare un *evento scatenante* avvenuto fra Voi o nella routine della votra vita?
Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132
con tutti i limiti di una valutazione a distanza....
Di solito nella psicoterapia vengono fissati obiettivi chiari, sensati e percorribili. Indagare a lungo potrebbe addirittura portare fuori strada. Come vede, Lei ora sa un sacco di cose che prima ignorava ma non sa come risolvere il problema sessuale.
Ad esempio, il paragone con la ex moglie, con la quale si sente in competizione e che vede come "irraggiungibile". A che cosa Le serve, se non a sentirsi a disagio?
In terapia bisogna avere obiettivi chiari per sapere prima di partire dove mettere le mani, non tirare fuori tutto ciò che... non serve!
Tutti noi potremmo indagare a lungo per portare alla consapevolezza ciò di cui ora siamo inconsapevoli, ma serve davvero? E' utile o dannoso?
Invece, tornando alla Sua prima domanda "che fare?" sarebbe opportuno scegliere una psicoterapia mirata alle soluzioni al problema. Spaccare il capello in quattro può essere interessante per comprendere tante cose, ma alla fine è fondamentale risolvere.
Cordiali saluti,
La diagnosi andrologica non mi è chiara.
Il deficit erettivo è causa o conseguenza dell'eiaculazione precoce?
Qui trova la correlazione tre le due:
http://www.valeriarandone.it/articoli/1739-eiaculazione-precoce-mancanza-erezione/
La cura cambia e non di poco.
È stato fatto un eco doppler penieno?
Un dosaggio ormonale?
Con che risultati?
Quali sono le cause?
Sono state escluse le cause organiche?
Soffre di qualche patologia?
Assume farmaci?
Provi a consultare queste letture e due canali salute: tutto sul d.e e tutto sull'e.p, redatti a quattro mani con due colleghi andrologi.
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1225-deficit-erettile-un-problema-di-coppia-il-ruolo-della-partner.html
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1225-deficit-erettile-un-problema-di-coppia-il-ruolo-della-partner.html-
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/6154-il-ruolo-delle-donne-nel-deficit-erettivo-dell-uomo.html
Le dico nuovamente che se l'e.p è causa del deficit erettivo, la cura cambia, e le riporto una frase che adoperò spesso nei mie Scritti:
"Una “diagnosi non completa” ed una terapia che non affronti le cause nella loro globalità, possono costituire , un fattore di mantenimento del disturbo nel tempo, anziché la risoluzione delle disfunzioni."
La diagnosi differenziale è di fondamentale importanza.
https://www.medicitalia.it/salute/andrologia/119-eiaculazione-precoce.html
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/3854-si-puo-prevenire-l-eiaculazione-precoce-quell-incontrollabile-fretta-del-piacere.html
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/1358-eiaculazione-precoce-e-pensieri-ossessivi-e-catastrofici.html
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
Vi ringrazio sentitamente per i vostri riscontri.
Mi scuso per non aver potuto rispondere prima, sono stata impegnata in un corso di formazione fuori città oggi.
Cercherò di rispondere con ordine.
Rispetto alla questione dell'indagine andrologica e di altre componenti di natura medica sollevata dalla D.ssa Esposito e dalla D.ssa Randone, il mio compagno non soffre di alcuna patologia e non assume farmaci. Non beve, non fuma, si alimenta in modo sano, e ha praticato fino a qualche mese fa arti marziali a un livello piuttosto intenso ed elevato. Al momento siamo ancora a livello di medico di famiglia che ha fatto fare esame urine e urinocoltura, ed esami ematochimici di routine (emocromo, funzionalità epatica e renale, PSA, glicemia per familiarità diabete). Dagli esami è emersa solo la glicemia tendente al limite superiore ma che non richiede provvedimenti se non dieta ed esercizio fisico. Colesterolo bassissimo. PSA spento. Sono presenti aggregati piastrinici. Quest'ultima cosa era emersa già in passato con gli screening dell'AVIS. Il medico dell'AVIS allora e il medico di famiglia oggi hanno consigliato di mantenere una buona idratazione bevendo di più e con regolarità (dalle urine è emersa una moderata disidratazione). La cosa in passato era rientrata come dimostrato in due successivi controlli; attualmente è stata prescritta cardioaspirina esclusivamente per familiarità per patologie coronariche e cardiache ma non perché sussista un rischio di per sé. I controlli dovranno essere ripetuti tra due settimane circa dato che la cardioaspirina è stata appena terminata.
È stata prescritta una cura di tamsulosina per 3 mesi, a quanto ho capito per favorire il rilassamento della muscolatura, e un'ecografia transrettale. Il medico di famiglia, se ho ben capito, ha escluso prostatiti, IPB o altri problemi più seri e ha ipotizzato, da quanto il mio compagno mi ha detto, che non vi sia un'ipertrofia prostatica ma che la prostata potrebbe essersi sviluppata in modo fisiologico ma con una conformazione tale da esercitare una compressione che potrebbe determinare il getto debole di urina e potrebbe incidere anche a livello sessuale (non avevo mai sentito parlare di tale eventualità). Questo ciò che ho compreso, da qui forse la ragione per cui è stata data nel frattempo tamsulosina. Siamo in attesa di poter fare l'ecografia. Con quella vorrei poi prenotare per il mio compagno un appuntamento da un andrologo. Non sono stati fatti dosaggi ormonali né altri esami per ora.
Una cosa che non ho detto è che i problemi con la pipì e con tutto il resto sono insorti dopo un incidente in moto che il mio uomo ha subito. Cadendo, una vertebra sacrale si è ruotata, come si evince dalla risonanza magnetica, e a quel livello sono state evidenziate delle compressioni. Manipolazioni dell'osteopata vengono fatte piuttosto regolarmente per rimettere in asse la vertebra, che tende poi a ruotare nuovamente tanto che a toccare la zona si avverte chiaramente la protrusione dell'osso verso l'esterno. L'osteopata rileva continuamente forti contratture a livello pelvico e perineale che cerca di alleggerire manipolando anche i visceri.
Dal punto di vista delle terapie e degli aspetti psicologici, riflettendo sulla domanda della D.ssa Esposito, posso dire che un evento dopo il quale i problemi hanno cominciato a presentarsi è l'avvio della nostra convivenza (coincisa anche con l'incidente!). In precedenza abitavamo in due città a un'ora e mezza di distanza. Io e il mio compagno siamo motociclisti e ci conoscemmo tramite il motoclub, pertanto nei primi anni della nostra relazione avevamo fondamentalmente due vite separate in due città piuttosto lontane che permettevano incontri solo nel weekend, in cui spesso facevamo giri in moto insieme. Con la convivenza e le responsabilità condivise, e la routine, piano piano questo aspetto è andato scemando fino a scomparire totalmente. Il mio compagno ha continuato a lavorare nella sua città di provenienza non riuscendo a trovare lavoro qui, con le ovvie conseguenze in termini di impoverimento delle sue risorse psicofisiche e di stanchezza. Da un anno ha trovato lavoro qui ed è contento e soddisfatto dell'opportunita che ha trovato, tanto che settimana prossima firmeremo il compromesso per la nostra prima casa, siamo in una condizione di stabilità e serenità anche rispetto alla possibità di attuare progetti insieme.
Comprendo bene la considerazione fatta dalla D.ssa Pileci, soprattutto alla luce del suo orientamento. Condivido pienamente l'idea che vi è una soglia oltre la quale spaccare il capello in quattro può diventare quasi un "esercizio di stile" fine a sé stesso. Rivedendo la mia esperienza personale posso dire che la prima terapia che ho fatto, caratterizzata da un forte orientamento cognitivo comportamentale, mi ha dato risultati concreti dal punto di vista "operativo" ma non mi ha permesso di comprendere l'origine di alcune dinamiche che mettevo in atto e che hanno continuato a intossicare la mia esistenza senza che io me ne accorgessi. In questo, l'analisi transazionale invece mi ha aiutata moltissimo, tanto che come persona oggi mi sento integrata, unitaria, coerente nei miei aspetti e nelle mie modalità, e lucida nel leggere i miei pensieri e comportamenti. Da questo punto di vista la mia dottoressa ritiene raggiunti gli obiettivi fissati inizialmente, e io concordo con lei. Resta che oggi sento di aver già spaccato in quattro tutti i capelli che per il mio benessere dovevo spaccare, e oggi desidero lavorare su aspetti più concreti, perché come dice al D.ssa Pileci, a un certo punto è necessario anche stare nell'azione e non più solo nel pensiero. Anche per questo motivo sono dubbiosa sulla possibilità di proseguire anche con la terapia di coppia. Non sento più l'esigenza di analizzare, ma di agire alla luce delle consapevolezze che ho maturato. Le dinamiche mi appaiono talmente chiare da essere per me quasi degli schiaffi in volto per la loro evidenza, ma mi trovo a non saper agire in coppia rispetto a questo problema. Il mio compagno invece pare riversare ancora molto del suo passato nella nostra coppia, e credo sia sua responsabilità vedersi queste cose. Inevitabilmente, il passato che lui porta nella nostra coppia io lo vedo, e ne resto influenzata, e vorrei che riuscisse a elaborarlo definitivamente dandogli lo spazio che oggi è funzionale che occupi.
So di essermi dilungata molto ma erano molte le informazioni ed è difficile condensarle in poche righe.
Vi ringrazio ancora per il vostro aiuto.
La situazione che ci riferisce e' variegata e tutti gi aspetti vanno considerati.
A livello andrologico l'incidente che il Suo partner ha subito potrebbe avere creato dei problemi anatomo-fisiologici che speriamo si risolvano con le terapie!
A livello psicologico credo che la situazione forse non sia *patologica* ma degna di attenzione.
Sono coincise diverse evenienze. Prima fra tutte la *convivenza*, che ha mutato significativamente il Vostro rapporto rendendovi *una coppia*.
Per Lei che ha gia' seguito l'analisi questa convivenza potrebbe essere stato inglobata nella Sua vita e nella Sua psiche senza problemi! avendo oramai Lei idonei *strumenti di gestione* della Sua psiche. Ma questo potrebbe non essere avvenuto per il Suo partner. Che si trova a dovere gestire la situazione nuova e anche in condizioni di salute non perfette.
Parlatene fra voi con affetto e intima disponibilta' reciproca : un percorso di coppia potrebbe essere utile a entrambi per accedere *insieme* a questa nuova situazione.
Le formulo i migliori auguri e ci mandi Vostre notizie!
Sì, avevo già letto gli articoli che mi ha segnalato, avevo anche consultato da cima a fondo il suo sito. Credo che queste risorse possano aiutare molte donne nella mia condizione. Nelle mie ricerche mi ero imbattuta in esse, le avevo apprezzate perché si discostano dai soliti articoli che si trovano sul web e che sembrano tutti dei copia-incolla uno dell'altro.
Pur essendo consapevole del ruolo che la donna ha nell'insorgenza e nel mantenimento del problema, continuo a stupirmi della fragilità che gli uomini sembrano mostrare in queste situazioni. Non tutti, chiaramente, non voglio generalizzare. Ma anche dai molti riscontri che leggo sul web, leggo esperienze riportate da tanti uomini che sembrano talmente smarriti e spaventati, quando basterebbe che prendessero atto che esiste qualcosa da indagare e comprendere con serenità e fiducia. Mi sembrano spesso, invece, affrontare la cosa con una grande immaturità. 40enni che si trasformano in bambini tremanti. Mi domando: dove sono le risorse che andrebbero messe in campo per affrontare la vita? All'età in cui si è padri, e possibilmente si dovrebbero sostenere i figli nella loro crescita e nella scoperta della loro identità, il fatto che molti siano ancora a questo punto primordiale nella comprensione di sé e nell'essere "genitori di sé stessi" fatico molto a comprenderlo e a giustificarlo. Nel 2016 siamo pieni di informazioni, risorse, e aiuto per poter affrontare ciò che ci riguarda.
La ringrazio ancora per il suo riscontro e se le fa piacere la terrò aggiornata sulla prosecuzione del l'iter di diagnosi con l'andrologo.
Credo che abbia ragione in merito al divario tra me e il mio compagno. Devo riconoscere che da gennaio a oggi lui ha maturato una consapevolezza notevole rispetto a prima dell'inizio della terapia. Oggi non nasconde più la polvere sotto il tappeto, è aperto al dialogo rispetto a tutto, si riconosce, e si è messo in gioco in tanti modi che in passato sarebbero stati per lui impensabili. Lo stimo molto per la forza che ha avuto nel voler scoperchiare il suo "vaso di Pandora". So cosa vuol dire, ci sono passata, e gli sto vicino, conscia che oggi posso sostenere con serenità i difficili momenti che accompagnano questo tipo di percorsi.
Riconsidererò la terapia di coppia, magari io e il mio compagno potremmo venirci incontro sul tipo di approccio. Lui potrebbe continuare individualmente nella sua fase di analisi e comprensione, magari insieme potremmo invece optare per un approccio di tipo più "operativo" che possa venire incontro anche ai miei bisogni.
Un carissimo saluto e grazie.
nell'analisi approfondita della problematica, non trovo accenno alla frase:
<<altri modi in cui interagiamo in intimità, come i rapporti orali, sono molto piacevoli. <<
Al "molto piacevole" due parole,
alle defaillances moltissime frasi.
Mi fa pensare a come spesso la persona e la coppia sottolineino il mezzo vuoto del bicchiere (perchè lo si patisce e soffre),
anzichè il mezzo pieno, come risorsa cui attingere ambedue
e di cui godere nelle difficoltà;
anche nel frattempo che l'urologo "dice la sua" (un uomo sano e sportivo non è detto che non possa avere problemi in quell'area..).
Sull'eiaculazione precoce, le consiglio di leggere :
https://www.medicitalia.it/news/psicologia/4810-eiaculazione-precoce-nuove-indicazioni-per-diagnosi-e-cura.html
Saluti cordiali.
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
Ringraziandovi per i vostri riscontri, volevo aggiornarvi in itinere sugli sviluppi.
L'ecografia sarà il 23/9. Sono andata a vedere l'impegnativa e la diagnosi riportata è "sospetta IPB". Evidentemente c'è stato un errore di comunicazione del mio compagno, che mi aveva detto che questa patologia era stata esclusa. A me in effetti il suo discorso non tornava. Ne abbiamo parlato e credo abbia frainteso il feedback del medico e di conseguenza me l'abbia riportato in modo errato, generando in me quindi ulteriori pensieri dannosi e interrogativi inutili, poiché non riuscivo a spiegarmi quale fosse il possibile problema di "no IPB ma prostata fisiologicamente ingrossata", e non mi tornava. Credo che il mio compagno abbia semplicemente confuso tra prostatite e ipertrofia prostatica. Col PSA spento infatti solitamente si escludono prostatiti, ma non si esclude ipertrofia prostatica, e questo è infatti il sospetto del medico.
A questo punto ho fatto i conti con una notevole dose di rabbia mia, perché l'Ipb è un mio sospetto da tre anni e mezzo, sospetto che a oggi il medico conferma. Non era quindi un mio delirio. La rabbia che ho provato è dovuta al fatto che per anni ho chiesto al mio compagno di farsi vedere perché pensavo a una IPB, ma lui ha temporeggiato. La IPB non mi risulta essere reversibile se non tramite intervento chirurgico, per questo la diagnosi precoce è molto importante, per arrestare subito l'iperplasia intervenendo coi farmaci. Il tempo passato quindi ha giocato un suo ruolo. Pensando al fatto che trascurandosi ha fatto una scelta su se stesso, ma anche sulla nostra coppia, e che quindi si sia deresponsabilizzato anche rispetto al sistema-coppia di cui faccio parte anch'io, mi sono sentita pervadere dalla rabbia.
Questo anche in considerazione del fatto che un anno fa ho subito una miomectomia multipla a seguito di una pesante cura sperimentale di tre mesi che mi ha provata molto fisicamente. Anche io ebbi la tentazione di negare il problema, ma non lo feci e provvedetti subito, e la responsabilità che ho avvertito e che mi ha spinto ad accantonare gli infantilismi è stata non solo verso me stessa, ma anche a tutela della nostra coppia. La conseguenza sarebbe stata, altrimenti, di negare un problema che sarebbe progredito, portando forse a conseguenze ben più gravi, e incidendo anche sulla possibilità, per il mio compagno, di poter pensare ad avere un figlio insieme.
Faccio fatica ad accettare questo aspetto. Pertanto gli ho parlato e gli ho detto che a oggi pretendo tutte le risposte del caso a livello medico, e che intendo mettermi in discussione ulteriormente in una terapia di coppia solo nel momento in cui sarà chiaro l'aspetto medico, e quanto possa incidere rispetto ai problemi che sperimentiamo, per poi portare una situazione chiara in terapia, se anche lui ne avvertirà ancora il bisogno.
Mi dispiace aver dovuto arrivare a questo punto. Ma a oggi scelgo in primo luogo me stessa, e non voglio prescindere da chiarimenti esaustivi su questo fronte. Le mie energie rispetto a un percorso di coppia ritengo giusto spenderle se anche dall'altra parte vi è un impegno concreto nel comprendere a fondo le questioni che ci riguardano.
Vi terrò aggiornate!
Ancora grazie e buona giornata
<<.. gli ho parlato e gli ho detto che a oggi pretendo tutte le risposte del caso a livello medico, e che intendo mettermi in discussione ulteriormente in una terapia di coppia solo nel momento in cui sarà chiaro l'aspetto medico, ...<<
Pur non sottovalutando gli aspetti di risentimento accumulatisi dentro di Lei,
pur condividendo l'opzione di pensare ad una eventuale terapia di coppia ad accertamenti medici conclusi,
tuttavia non ritengo il Suo atteggiamento rivendicativo quello più giusto in questa fase.
Ci pensi.
Come paziente, da tempo sono in terapia individuale, e tuttora in un percorso di analisi transazionale, anche se devo ancora reincontrare la terapeuta dopo la pausa estiva. Specifico questo perché alla luce di ciò forse il mio punto di vista potrà essere più chiaramente leggibile.
Nei confronti del mio compagno, vedendomi all'interno di una relazione, mi pongo come persona adulta che cerca il dialogo con una controparte adulta.
Detto ciò, non temo più il mio genitore e il mio bambino, perché non ne sono più vittima inconsapevole e li riconosco. Ho capito che un individuo ben integrato sa far emergere anche questi due suoi stati in modo funzionale all'interno della coppia, perché ricchi di risorse importanti. Ho imparato a riconoscerli come tutti funzionali al benessere, a patto di modularli in modo equilibrato e con consapevolezza.
Spesso quindi mi sono data il permesso di chiamare in causa il mio genitore accudente nella relazione tra me e il mio compagno. Quando lui si negava una possibile patologia paralizzato dalla paura, quando ha necessitato di forte sostegno e aiuto incondizionato nel suo percorso di presa d'atto, quando ha necessitato di supporto concreto perché sofferente, il mio genitore si è misuratamente fatto avanti, accudendolo senza sostituirsi a lui.
Questo però a mio parere non deve trascendere in una transazione perpetua tra un genitore e un bambino, dove io non pongo limiti chiari come adulto e, di fatto, arrivo a colludere con un uomo che permane in uno stato di bambino paralizzato dalla paura, e di fatto non fa emergere il suo adulto, che si auspica dovrebbe, fatti salvi stati di particolare sofferenza fisica ed emotiva, trovare le risorse per affrontare e gestire le situazioni rielaborandole e agendo di conseguenza.
Lei ha ragione, ho un atteggiamento rivendicativo. Rivendico la mia presenza, la mia presenza di adulto, e la volontà di essere in una relazione adulta. Rivendico i miei bisogni e le mie necessità. In un modo non reattivo, e su questo lavoro e mi impegno costantemente. Credo però vi sia una grande differenza tra rivendicare e recriminare. Il mio genitore normativo che recrimina e giudica è fuori combattimento nella relazione col mio compagno. Non ho alcuna intenzione di rimproverare o giudicare il mio compagno. La mia rabbia è collegata anche ai miei vissuti, e me la sto gestendo da sola, come è giusto che sia.
Qual è il confine tra rivendicare e recriminare, tra colludere trasformandosi in mamma apprensiva o genitore normativo, ed essere un adulto? Dove situa, tra queste modalità, l’atteggiamento che ritiene funzionale in una situazione come questa? La sua risposta mi interessa molto.
La ringrazio per l’ascolto, un caro saluto.
Gentile utente,
considerato che lei è già da tempo in terapia, la persona che più adeguatamente può rispondere alla sua domanda .. è proprio la Sua terapeuta; perchè è di persona, perchè la conosce; e dunque personalizza la risposta.
Saluti cordiali.
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Approfondimento su Eiaculazione precoce
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