Difficoltà con la terapeuta
Gentili dottori,
Vi riporto l'esperienza che sto vivendo con la mia terapeuta per chiedere consiglio, visto che mi desta preoccupazione.
Ho richiesto un supporto psicologico a Marzo 2016 recandomi al Servizio di Consulenza Psicologica associato alla mia università. In quei mesi il mio tono dell'umore era drasticamente basso, con qualche sintomo depressivo non sufficienti però a definirmi affetta da un disturbo depressivo. Il malessere che provavo era grande ed insostenibile, per quel motivo ho richiesto una consulenza. Presso il servizio ho effettuato 5 sedute di consulenza con una terapeuta con cui mi sono trovata molto bene e che mi ha inviata ad uno psichiatra per accertare che non ci fosse bisogno di supporto farmacologico. Lo psichiatra ha accertato la non necessità di farmaci vista la mia situazione ma mi ha consigliato una psicoterapia ad indirizzo psicoanalitico. Mi ha fornito un nominativo, ho preso appuntamento e ho fatto 4 sedute da questa nuova terapeuta (privato). Premetto che alla penultima seduta prima delle vacanze la terapeuta mi ha proposto un piano di lavoro che prevedeva una psicoanalisi: 3 sedute alla settimana, con un prezzo per ogni seduta piuttosto alto. Essendo una giovane universitaria mi sono trovata in crisi per questi prezzi così alti e, parlandone con la mia famiglia, abbiamo concluso che era eccessivo. Ho riferito queste problematiche alla terapeuta nell'ultima seduta, lei mi ha detto di pensarci e che ci saremmo viste dopo le vacanze.
Dopo le ferie estive ci siamo viste e alla fine della seduta le ho fatto presente che non avevo i soldi per permettermi la terapia, lei ha cercato di scendere a compromessi proponendomi prima due sedute e poi una seduta alla settimana, dato che io continuavo a dire no. Sono tornata a casa turbata e arrabbiata. Ogni volta che vado da lei mi sento nervosa prima di entrare, in seduta parlo e mi apro normalmente, ma sia prima che dopo mi sento strana (non riesco a trovare parola migliore), un po' a disagio e ho voglia di piangere tutte le volte che esco di lì. Le ho telefonato dicendole che la volta successiva non avrei ffatto la seduta, di prepararmi la fattura poichè non sarei più venuta. Subito ha detto va bene e poi ha cercato di indagare il motivo dicendomi che voleva capire le mie motivazioni. Mi sono sentita nuovamente a disagio.
Oltre al fattore economico, che è davvero consistente ed incide sulla decisione, non capisco se io stia scappando dalla terapia o se questi sentimenti negativi nei suoi confronti siano un segnale che qualcosa non va. Non riesco a dirle che questa cosa mi mette in crisi, vorrei solo interrompere o cambiare terapeuta. Lei dice che vuole fare il punto della situazione, ma io non so a che punto sono. Mi sento confusa e credo non sia una buona cosa che io provi queste emozioni nei suoi confronti, dovrei sentirmi al sicuro.
Vi ringrazio per l'attenzione e spero possiate darmi un parere.
Vi riporto l'esperienza che sto vivendo con la mia terapeuta per chiedere consiglio, visto che mi desta preoccupazione.
Ho richiesto un supporto psicologico a Marzo 2016 recandomi al Servizio di Consulenza Psicologica associato alla mia università. In quei mesi il mio tono dell'umore era drasticamente basso, con qualche sintomo depressivo non sufficienti però a definirmi affetta da un disturbo depressivo. Il malessere che provavo era grande ed insostenibile, per quel motivo ho richiesto una consulenza. Presso il servizio ho effettuato 5 sedute di consulenza con una terapeuta con cui mi sono trovata molto bene e che mi ha inviata ad uno psichiatra per accertare che non ci fosse bisogno di supporto farmacologico. Lo psichiatra ha accertato la non necessità di farmaci vista la mia situazione ma mi ha consigliato una psicoterapia ad indirizzo psicoanalitico. Mi ha fornito un nominativo, ho preso appuntamento e ho fatto 4 sedute da questa nuova terapeuta (privato). Premetto che alla penultima seduta prima delle vacanze la terapeuta mi ha proposto un piano di lavoro che prevedeva una psicoanalisi: 3 sedute alla settimana, con un prezzo per ogni seduta piuttosto alto. Essendo una giovane universitaria mi sono trovata in crisi per questi prezzi così alti e, parlandone con la mia famiglia, abbiamo concluso che era eccessivo. Ho riferito queste problematiche alla terapeuta nell'ultima seduta, lei mi ha detto di pensarci e che ci saremmo viste dopo le vacanze.
Dopo le ferie estive ci siamo viste e alla fine della seduta le ho fatto presente che non avevo i soldi per permettermi la terapia, lei ha cercato di scendere a compromessi proponendomi prima due sedute e poi una seduta alla settimana, dato che io continuavo a dire no. Sono tornata a casa turbata e arrabbiata. Ogni volta che vado da lei mi sento nervosa prima di entrare, in seduta parlo e mi apro normalmente, ma sia prima che dopo mi sento strana (non riesco a trovare parola migliore), un po' a disagio e ho voglia di piangere tutte le volte che esco di lì. Le ho telefonato dicendole che la volta successiva non avrei ffatto la seduta, di prepararmi la fattura poichè non sarei più venuta. Subito ha detto va bene e poi ha cercato di indagare il motivo dicendomi che voleva capire le mie motivazioni. Mi sono sentita nuovamente a disagio.
Oltre al fattore economico, che è davvero consistente ed incide sulla decisione, non capisco se io stia scappando dalla terapia o se questi sentimenti negativi nei suoi confronti siano un segnale che qualcosa non va. Non riesco a dirle che questa cosa mi mette in crisi, vorrei solo interrompere o cambiare terapeuta. Lei dice che vuole fare il punto della situazione, ma io non so a che punto sono. Mi sento confusa e credo non sia una buona cosa che io provi queste emozioni nei suoi confronti, dovrei sentirmi al sicuro.
Vi ringrazio per l'attenzione e spero possiate darmi un parere.
[#1]
Gentile Utente,
Lei usa l'aggettivo "strana" per definire come si sente, ma che cos'è che davvero Le dà fastidio? Le dà fastidio lo scendere a compromessi della terapeuta, oppure non tollera che qualcuno possa farLe delle domande per capire meglio la situazione e le Sue motivazioni o altro ancora?
Cordiali saluti,
Lei usa l'aggettivo "strana" per definire come si sente, ma che cos'è che davvero Le dà fastidio? Le dà fastidio lo scendere a compromessi della terapeuta, oppure non tollera che qualcuno possa farLe delle domande per capire meglio la situazione e le Sue motivazioni o altro ancora?
Cordiali saluti,
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#2]
Salve,
ha comunicato con chiarezza la sensazione di disagio che prova, è riuscita a trasmetterla attraverso la sua narrazione scritta. A me ha lasciato la sensazione di qualcosa che la blocca.
Provo a fare alcune ipotesi, per quanto non sia facile da qui. La situazione è ricca di aspetti che costituiscono importanti elementi su cui è necessario fermarsi a riflettere in modo approfondito.
Come prima cosa, mi preme dirle che una psicoanalisi è una relazione, quindi il fatto che lei provi queste emozioni nei confronti della psicoanalista è un elemento prezioso.
Se non si sente al sicuro questo potrebbe appartenere al suo mondo interno ed è lì proprio per questo. Il senso di sicurezza potrebbe non essere al momento possibile, sarebbe invece un obiettivo dell'analisi, non il suo inizio.
Ad esempio il fatto di sentirsi turbata e arrabbiata per il costo delle sedute potrebbe essere indicativo di un vissuto che fa parte del suo mondo interiore, rispetto a un mondo che non le viene incontro, ma che invece mostra fin da subito il suo prezzo.
Ci potrebbe essere una coerenza tra la possibilità di aprirsi alla vita e il tono dell'umore che descrive di sé. Certi vissuti depressivi da una parte mortificano, dall'altra proteggono. Se penso che l'analista non le viene incontro, magari mostra ai suoi occhi di non proteggerla. Questo potrebbe generare la sua rabbia contro di lei, il fatto cioè di non sentirsi al sicuro.
Potrebbe inoltre evocare in lei paure profonde legate alla sua potenziale autonomia e al timore di vivere la sua vita, con tutto quello che comporta.
Paradossalmente lei è lì per quello, per cambiare il tono dell'umore e riuscire a esprimere se stessa, liberamente e con forza. Ma non è semplice, come ci testimonia, e di questo non dobbiamo stupirci.
Queste sono solo alcune delle numerose riflessioni che devono essere indagate nel tempo durante le sedute, in base ai suoi vissuti. Ci saranno verosimilmente anche altri aspetti accanto a quello economico. Ad esempio, non è facile aprirsi e guardarsi dentro, si toccano corde delicate e ferite profonde, che possono fare male e generare angoscia.
Quello che sta vivendo potrebbe essere il segno che è nel posto giusto, perché le sue emozioni emergono nel vivo della relazione. E siete lì per prendervene cura.
Sarebbe assolutamente importante, quindi, che lei potesse parlarle dei suoi vissuti, esattamente come ha fatto qui, anche se comprendo che sia faticoso. A mio parare, però, è l'unico modo per capire cosa sta succedendo dentro di lei e continuare a sviluppare quell'ambizioso e creativo processo per cui lei è in analisi, cioè essere se stessa.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
ha comunicato con chiarezza la sensazione di disagio che prova, è riuscita a trasmetterla attraverso la sua narrazione scritta. A me ha lasciato la sensazione di qualcosa che la blocca.
Provo a fare alcune ipotesi, per quanto non sia facile da qui. La situazione è ricca di aspetti che costituiscono importanti elementi su cui è necessario fermarsi a riflettere in modo approfondito.
Come prima cosa, mi preme dirle che una psicoanalisi è una relazione, quindi il fatto che lei provi queste emozioni nei confronti della psicoanalista è un elemento prezioso.
Se non si sente al sicuro questo potrebbe appartenere al suo mondo interno ed è lì proprio per questo. Il senso di sicurezza potrebbe non essere al momento possibile, sarebbe invece un obiettivo dell'analisi, non il suo inizio.
Ad esempio il fatto di sentirsi turbata e arrabbiata per il costo delle sedute potrebbe essere indicativo di un vissuto che fa parte del suo mondo interiore, rispetto a un mondo che non le viene incontro, ma che invece mostra fin da subito il suo prezzo.
Ci potrebbe essere una coerenza tra la possibilità di aprirsi alla vita e il tono dell'umore che descrive di sé. Certi vissuti depressivi da una parte mortificano, dall'altra proteggono. Se penso che l'analista non le viene incontro, magari mostra ai suoi occhi di non proteggerla. Questo potrebbe generare la sua rabbia contro di lei, il fatto cioè di non sentirsi al sicuro.
Potrebbe inoltre evocare in lei paure profonde legate alla sua potenziale autonomia e al timore di vivere la sua vita, con tutto quello che comporta.
Paradossalmente lei è lì per quello, per cambiare il tono dell'umore e riuscire a esprimere se stessa, liberamente e con forza. Ma non è semplice, come ci testimonia, e di questo non dobbiamo stupirci.
Queste sono solo alcune delle numerose riflessioni che devono essere indagate nel tempo durante le sedute, in base ai suoi vissuti. Ci saranno verosimilmente anche altri aspetti accanto a quello economico. Ad esempio, non è facile aprirsi e guardarsi dentro, si toccano corde delicate e ferite profonde, che possono fare male e generare angoscia.
Quello che sta vivendo potrebbe essere il segno che è nel posto giusto, perché le sue emozioni emergono nel vivo della relazione. E siete lì per prendervene cura.
Sarebbe assolutamente importante, quindi, che lei potesse parlarle dei suoi vissuti, esattamente come ha fatto qui, anche se comprendo che sia faticoso. A mio parare, però, è l'unico modo per capire cosa sta succedendo dentro di lei e continuare a sviluppare quell'ambizioso e creativo processo per cui lei è in analisi, cioè essere se stessa.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
Dr. Enrico de Sanctis - Roma
Psicologo e Psicoterapeuta a orientamento psicoanalitico
www.enricodesanctis.it
[#3]
Utente
Gentili dottori,
Grazie per le vostre tempestive risposte.
Dottoressa Pileci, non mi infastidisce il dialogo con la terapeuta e quindi le sue domande, ma il fatto che lei mi abbia chiesto un motivo valido, oltre alla situazione economica, riguardo all'abbandono della terapia mi ha fatto pensare subito che lei avesse intuito che non è la vera ragione. Dentro di me so che c'è qualcosa che in questo rapporto mi infastidisce o addirittura mi invade, solo non riesco a spiegarglielo. Mi vergogno.
Dottor De Sanctis, le sue ipotesi penso siano tutte plausibili e, facendo un po' di autocritica, mi rendo conto che la situazione sia più complicata di quanto pensassi: intendo contorta e inconscia. Sono prossima alla laurea, che mi tiene molto impegnata, e forse sto mettendo da parte il dolore per poter provare una felicità che devo solo a me stessa.
Come posso risolvere la questione? Come riuscire a capire se davvero questa terapeuta è quella giusta e se è questa la terapia che mi serve (visti anche i costi che non posso permettermi)?
Grazie per le vostre tempestive risposte.
Dottoressa Pileci, non mi infastidisce il dialogo con la terapeuta e quindi le sue domande, ma il fatto che lei mi abbia chiesto un motivo valido, oltre alla situazione economica, riguardo all'abbandono della terapia mi ha fatto pensare subito che lei avesse intuito che non è la vera ragione. Dentro di me so che c'è qualcosa che in questo rapporto mi infastidisce o addirittura mi invade, solo non riesco a spiegarglielo. Mi vergogno.
Dottor De Sanctis, le sue ipotesi penso siano tutte plausibili e, facendo un po' di autocritica, mi rendo conto che la situazione sia più complicata di quanto pensassi: intendo contorta e inconscia. Sono prossima alla laurea, che mi tiene molto impegnata, e forse sto mettendo da parte il dolore per poter provare una felicità che devo solo a me stessa.
Come posso risolvere la questione? Come riuscire a capire se davvero questa terapeuta è quella giusta e se è questa la terapia che mi serve (visti anche i costi che non posso permettermi)?
[#4]
Comprendo che possa essere difficile per lei. Quando parla di qualcosa che la invade e di vergogna, apre un discorso importante.
Forse avete toccato alcuni aspetti profondi, non glielo so dire da qui. Quando è così, a volte può succedere di spaventarsi e di ritirarsi, come in fuga. ‚È un paradosso, perché il motivo per cui lei è lì è proprio quello di toccare aspetti profondi di sé. E proprio per il fatto che, probabilmente, ci state riuscendo, questo la allontana.
Lei vuole interrompere forse proprio perché il percorso "lavora" dentro di lei, per quanto siate all'inizio.
Come le dicevo, alcuni aspetti depressivi potrebbero essere il segno che esprimere se stessa per lei sia angoscioso, ed è rassicurante tenere calme le acque. Nel momento in cui le smuove con l'analista, infatti, potrebbe trovarsi a vivere uno stato d'animo negativo, che attraverso certi meccanismi, ad esempio di ritiro o di fuga, tiene invece a bada.
So che non è facile, se lo fosse probabilmente avrebbe risolto da sola il suo malessere. Spero che le sue sensazioni non la condizionino eccessivamente al punto da costituirsi in lei come rinuncia.
E a poco a poco spero che lei possa andare avanti e parlare dei suoi vissuti all'analista, nonostante i freni della sua vergogna e le sensazioni di disagio così intense. Magari inizialmente può provare ad accennare il suo stato d'animo, senza approfondirlo, se questo potrebbe essere un percorso più tollerabile per lei.
Procederei così per capire se "sta scappando" o meno.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
Forse avete toccato alcuni aspetti profondi, non glielo so dire da qui. Quando è così, a volte può succedere di spaventarsi e di ritirarsi, come in fuga. ‚È un paradosso, perché il motivo per cui lei è lì è proprio quello di toccare aspetti profondi di sé. E proprio per il fatto che, probabilmente, ci state riuscendo, questo la allontana.
Lei vuole interrompere forse proprio perché il percorso "lavora" dentro di lei, per quanto siate all'inizio.
Come le dicevo, alcuni aspetti depressivi potrebbero essere il segno che esprimere se stessa per lei sia angoscioso, ed è rassicurante tenere calme le acque. Nel momento in cui le smuove con l'analista, infatti, potrebbe trovarsi a vivere uno stato d'animo negativo, che attraverso certi meccanismi, ad esempio di ritiro o di fuga, tiene invece a bada.
So che non è facile, se lo fosse probabilmente avrebbe risolto da sola il suo malessere. Spero che le sue sensazioni non la condizionino eccessivamente al punto da costituirsi in lei come rinuncia.
E a poco a poco spero che lei possa andare avanti e parlare dei suoi vissuti all'analista, nonostante i freni della sua vergogna e le sensazioni di disagio così intense. Magari inizialmente può provare ad accennare il suo stato d'animo, senza approfondirlo, se questo potrebbe essere un percorso più tollerabile per lei.
Procederei così per capire se "sta scappando" o meno.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
[#5]
Gentile utente,
Due elementi:
1. Lei ci chiede
<<Come riuscire a capire se davvero questa terapeuta è quella giusta e se è questa la terapia che mi serve (visti anche i costi che non posso permettermi)?<<
Oltre alle ottime riflessioni dei Colleghi, Le propongo di documentarsi un po' sui differenti orientamenti, che corrispondono anche ad un differente numero di sedute settimanali/mansili e a differenti modalità di interazione:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1333-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico-parte-ii.html
2. Qualsiasi sia la decisione che Lei prenderà rispetto alla prosecuzione dell'attuale psicoterapia,
vorrebbe evitare l'ultima seduta propostaLe dalla terapeuta per:
<<fare il punto della situazione<<.
Capisco che la cosa possa sembrarLe faticosa, oppure inutile perchè
<<io non so a che punto sono<<.
Ma è necessaria, per evitare di concludere "scappando" o "sbattendo la porta"; ambedue queste modalità portano a buttar via quello che di buono (poco o molto) si è raggiunto e lasciano uno strascico di amarezza e sfiducia.
Due elementi:
1. Lei ci chiede
<<Come riuscire a capire se davvero questa terapeuta è quella giusta e se è questa la terapia che mi serve (visti anche i costi che non posso permettermi)?<<
Oltre alle ottime riflessioni dei Colleghi, Le propongo di documentarsi un po' sui differenti orientamenti, che corrispondono anche ad un differente numero di sedute settimanali/mansili e a differenti modalità di interazione:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1333-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico-parte-ii.html
2. Qualsiasi sia la decisione che Lei prenderà rispetto alla prosecuzione dell'attuale psicoterapia,
vorrebbe evitare l'ultima seduta propostaLe dalla terapeuta per:
<<fare il punto della situazione<<.
Capisco che la cosa possa sembrarLe faticosa, oppure inutile perchè
<<io non so a che punto sono<<.
Ma è necessaria, per evitare di concludere "scappando" o "sbattendo la porta"; ambedue queste modalità portano a buttar via quello che di buono (poco o molto) si è raggiunto e lasciano uno strascico di amarezza e sfiducia.
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 2.1k visite dal 07/09/2016.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.