Rigetto della socialità
Buonasera gentili dottori,
sono una ragazza giovane, brillantemente laureata, ho sempre lavorato, insomma sono indipendente su ogni piano "pratico" della vita, ma in compenso ho molti problemi di carattere sociale.
Raramente riesco a passare del tempo piacevole in compagnia. Un mese fa ho passato una vacanza tra "amici" cui non volevo partecipare (conscia dei miei problemi), poiché il mio ragazzo ha insistito che io andassi con lui (egli è forse unica persona che mi fa stare bene e di cui mi fido), e io ancora ci rimugino e piango al solo ricordo. Infatti, quei giorni li ho passati praticamente con un attacco di panico al giorno. Qualche volta sono stata abbastanza bene, ma passare 24/7 il mio tempo in mezzo ad altra gente (seppure di mia conoscenza) mi ha sfiancata. Non vedevo l'ora di tornare a casa mia, sola, a studiare o a lavorare (contesti in cui mi sento inserita, giusta, al sicuro insomma).
In realtà penso di stare bene se, e solo se, l'attenzione non ricade su di me. In effetti, ho sofferto di bullismo per quasi tutta la mia adolescenza e in seguito di anoressia (uno dei periodi in cui mi sono paradossalmente sentita meglio mentalmente, perché essere troppo magra mi rendeva quasi invisibile, o almeno questa era la piacevole sensazione che mi procurava...).
Il mio ragazzo mi ha portata con gli amici proprio perché sperava di "farmi migliorare" su questo piano, come dice lui; sono sicura che abbia solo buone intenzioni, ma detto così, mi fa sentire solo più sbagliata rispetto agli altri - e comunque, ovviamente, non è migliorato niente...
La domanda è: c'è davvero "da migliorare"? Non è possibile proprio che io sia così caratterialmente e basta? Io non voglio pensare di avere un problema, anche perché, se ce l'ho, non sono proprio in grado di correggerlo...
sono una ragazza giovane, brillantemente laureata, ho sempre lavorato, insomma sono indipendente su ogni piano "pratico" della vita, ma in compenso ho molti problemi di carattere sociale.
Raramente riesco a passare del tempo piacevole in compagnia. Un mese fa ho passato una vacanza tra "amici" cui non volevo partecipare (conscia dei miei problemi), poiché il mio ragazzo ha insistito che io andassi con lui (egli è forse unica persona che mi fa stare bene e di cui mi fido), e io ancora ci rimugino e piango al solo ricordo. Infatti, quei giorni li ho passati praticamente con un attacco di panico al giorno. Qualche volta sono stata abbastanza bene, ma passare 24/7 il mio tempo in mezzo ad altra gente (seppure di mia conoscenza) mi ha sfiancata. Non vedevo l'ora di tornare a casa mia, sola, a studiare o a lavorare (contesti in cui mi sento inserita, giusta, al sicuro insomma).
In realtà penso di stare bene se, e solo se, l'attenzione non ricade su di me. In effetti, ho sofferto di bullismo per quasi tutta la mia adolescenza e in seguito di anoressia (uno dei periodi in cui mi sono paradossalmente sentita meglio mentalmente, perché essere troppo magra mi rendeva quasi invisibile, o almeno questa era la piacevole sensazione che mi procurava...).
Il mio ragazzo mi ha portata con gli amici proprio perché sperava di "farmi migliorare" su questo piano, come dice lui; sono sicura che abbia solo buone intenzioni, ma detto così, mi fa sentire solo più sbagliata rispetto agli altri - e comunque, ovviamente, non è migliorato niente...
La domanda è: c'è davvero "da migliorare"? Non è possibile proprio che io sia così caratterialmente e basta? Io non voglio pensare di avere un problema, anche perché, se ce l'ho, non sono proprio in grado di correggerlo...
[#1]
Gentile Utente,
Nel 2014 ci scriveva perché aveva voglia di morire, lamentava solitidine ed autolesionismo.
Si è poi curata?
Come?
Terapia combinata?
Anche farmacologica?
"La domanda è: c'è davvero "da migliorare"? Non è possibile proprio che io sia così caratterialmente e basta? Io non voglio pensare di avere un problema, anche perché, se ce l'ho, non sono proprio in grado di correggerlo..."
La sua domanda di oggi, se non si è mai curata, potrebbe essere la logica conseguenza di ieri, di quello che non ha ancora risolto.
Nel 2014 ci scriveva perché aveva voglia di morire, lamentava solitidine ed autolesionismo.
Si è poi curata?
Come?
Terapia combinata?
Anche farmacologica?
"La domanda è: c'è davvero "da migliorare"? Non è possibile proprio che io sia così caratterialmente e basta? Io non voglio pensare di avere un problema, anche perché, se ce l'ho, non sono proprio in grado di correggerlo..."
La sua domanda di oggi, se non si è mai curata, potrebbe essere la logica conseguenza di ieri, di quello che non ha ancora risolto.
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
[#2]
<<Io non voglio pensare di avere un problema, anche perché, se ce l'ho, non sono proprio in grado di correggerlo...>>
Gentile Ragazza,
ho riletto anche le sue pecedenti richieste, di 2-3 anni fa e la sensazione che ne ho percepito è quella di un tormento, di un disagio datato che fatica a trovar voce e perciò si esprime come può, con sintomatologie differenti nel tempo accomunate dal desiderio di essere invisibile al mondo, quasi di "sparire".
Il problema che io ho visto è proprio questo: la sua sofferenza.
Purtroppo non ascoltarla, non pensarla non la eliminano... ma chi dice che debba farcela da sola ad affrontarla?
Immagino desiderebbe un'altra risposta, ma credo che il suggerimento di rivolgersi ad uno psicologo psicoterapeuta e/o uno psichiatra fornitole in passato, resti valido: intanto per aiutarla ad osservare e comprendere maggiormante ciò che prova e poi a capire se ci sia o no qualcosa da migliorare (e, nell'eventualità, come fare).
Ci ha provato recentemente?
Saluti cordiali.
Gentile Ragazza,
ho riletto anche le sue pecedenti richieste, di 2-3 anni fa e la sensazione che ne ho percepito è quella di un tormento, di un disagio datato che fatica a trovar voce e perciò si esprime come può, con sintomatologie differenti nel tempo accomunate dal desiderio di essere invisibile al mondo, quasi di "sparire".
Il problema che io ho visto è proprio questo: la sua sofferenza.
Purtroppo non ascoltarla, non pensarla non la eliminano... ma chi dice che debba farcela da sola ad affrontarla?
Immagino desiderebbe un'altra risposta, ma credo che il suggerimento di rivolgersi ad uno psicologo psicoterapeuta e/o uno psichiatra fornitole in passato, resti valido: intanto per aiutarla ad osservare e comprendere maggiormante ciò che prova e poi a capire se ci sia o no qualcosa da migliorare (e, nell'eventualità, come fare).
Ci ha provato recentemente?
Saluti cordiali.
Dr.ssa Paola Scalco, Psicoterapia Cognitiva e Sessuologia Clinica
ASTI - Cell. 331 5246947
https://whatsapp.com/channel/0029Va982SIIN9ipi00hwO2i
[#3]
Utente
Intanto, ringrazio le gentili D.sse Randone e Scalco per le risposte tempestive...c'è una cosa che devo ammettere, ed è che in effetti io vorrei cancellare il passato, le cose spiacevoli, quasi non fossero mai esistite. Ad esempio, il solo fatto che si prendano in considerazione i miei vecchi interventi sul forum, mi disturba. Non so nulla di psicologia, ma di certo, anche io capisco che questo mio modo di fare è sbagliato. Vorrei "imparare" ad essere una persona più spensierata quasi dall'oggi al domani, oppure, riuscire ad accertarmi così come sono. Vorrei non avere "bisogno di aiuto", non sono abituata a chiederlo, di solito sono io che aiuto il prossimo. Se gli altri tentennano, cadono, falliscono, è normale, ma se succede a me, non me lo perdono. Quindi no, non ho mai chiesto aiuto al di fuori della anonima rete...
Questo consulto ha ricevuto 4 risposte e 1.5k visite dal 22/08/2016.
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