Angoscia
salve dottori, è parecchio tempo che non vi chiedo un consulto; nel frattempo ho continuato la psicoterapia e prendo ancora le medicine. A breve dovrò andare dallo psichiatra per un controllo, sperando che discuteremo della terapia. Io prendo serenase 15 gocce al mattino e 15 la sera, e sto bene da molto tempo. Mi ingrassano un po', sarebbe bello perciò se potessi ridurre di qualche gioccia giusto per recuperare un po' di forma fisica e sentirmi meglio con me stesso. Ma sarà il medico a dirmi. Stamattina però ho avuto un attacco di angoscia, di nuovo, dopo tanto tempo. Si scatena quando mi sento abbandonato da mio padre, o da mia madre, magari li sento distanti. Mi aspetto che mi salutino, magari, mi chiamino, nei momenti in cui sono più soolo, invece sembra che non se ne freghino proprio non capendo il mio disagio. Sono uscito di casa per fare quattro passi ma se avessi avuto modo..ho avuto pensieri suicidari insomma. Poi sono andato sul posto di lavoro di mio padre, ho pianto un po' e ora sto meglio. Ma da dove caspita viene quest'angoscia? Non ha un senso la mia vita. Passerà? Servono esperienze nuove che consolidino la mia identità? E' normale avere momenti tali di sconforto o è da ritenere patologico? Altra domanda che pure mi faccio e vi chiedo, una volta dismessi i farmaci secondo voi, se mai li dismetterò, potrò tranquillamente condurre una vita dignitosa? Ho anche vomitato oggi, nonostante i farmaci mi aiutino a contenere questo vomito, che mi capita appunto quando sono solo a casa angosciato. Grazie infinite per chi vorrà rispondermi..
[#1]
Gentile utente,
Non posso aiutarLa per quanto riguarda i farmaci i quali non sono di competenza psicologica. E le informazioni potra' chiederle allo psichiatra che La sedue.
Tuttavia la Sua *angoscia* se Lei lo ritenesse opportuno dovrebbe essere *sostenuta* in una psicoterapia almeno supportiva. Ci accenna qualcosa ma non bene. Che psicoteapia seguiva o segue? E con che tipo di setting?
E' comprensibile che Lei senta il bisogno di appoggiarsi a livello relazionale a chi possa comprenderLa. L'angoscia infatti spesso non puo' essere *eliminata* ma va contenuta, inquadrata, sopportata.
E forse in questo senso vorrei che Lei la elaborasse. Nessuno e' immune da momenti e fasi di tristezza. Ma cio' che rende possibile fronteggiare tali stati d'animo e' la fiducia in se' stessi e nelle proprie risorse.
Tali consapevolezze si costruiscono in un rapporto terapeutico che porti a dare valore ai contenuti buoni che esistono nel proprio profondo.
E' questo il *lavoro terapeutico* che Lei svolge in terapia?
Non posso aiutarLa per quanto riguarda i farmaci i quali non sono di competenza psicologica. E le informazioni potra' chiederle allo psichiatra che La sedue.
Tuttavia la Sua *angoscia* se Lei lo ritenesse opportuno dovrebbe essere *sostenuta* in una psicoterapia almeno supportiva. Ci accenna qualcosa ma non bene. Che psicoteapia seguiva o segue? E con che tipo di setting?
E' comprensibile che Lei senta il bisogno di appoggiarsi a livello relazionale a chi possa comprenderLa. L'angoscia infatti spesso non puo' essere *eliminata* ma va contenuta, inquadrata, sopportata.
E forse in questo senso vorrei che Lei la elaborasse. Nessuno e' immune da momenti e fasi di tristezza. Ma cio' che rende possibile fronteggiare tali stati d'animo e' la fiducia in se' stessi e nelle proprie risorse.
Tali consapevolezze si costruiscono in un rapporto terapeutico che porti a dare valore ai contenuti buoni che esistono nel proprio profondo.
E' questo il *lavoro terapeutico* che Lei svolge in terapia?
Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132
[#2]
Utente
cara dottoressa, grazie per la risposta. Io seguo una psicoterapia psicoanalitica, il mio dottore mi dà molto aiuto come sostegno, inoltre io scrivo molto e poi faccio leggere a lui i miei pensieri. Volevo essere più preciso riguardo ai miei problemi, che risiedono in me e nella relazione con mamma e papà. Noto da parte di papà e mamma, prima una e poi l'altro insomma, non so in che ordine, una contraddizione quando parlano e agiscono. Ho letto del cosiddetto "doppio legame" e a casa mia ci sta tutto. Mio padre non mi supporta come dovrebbe, a volte c'è a volte no, mia madre a volte l'abbraccio e si irrigidisce, anche se è lì che io vorrei abbracciarla e che ricambiasse il mio affetto. Mio padre secondo me non sta bene, è stato sempre uno che faceva tic e agitato e a volte alza la voce e con mamma stessa non vedo armonia. Ma se glielo dico che sta male o forse c'è qualcosa che non va in famiglia che si ritorce contro di me lui si innervosisce, mi prende a male parole, lo stesso mamma. Non a caso, secondo me ho avuto problemi di natura psicotica. Non so proprio come comportarmi, l'unica cosa positiva è che ho chiesto loro se sarebbero disposti, in accordo tra me e il terapeuta, a venire a fare una seduta insieme, e lo ro hanno detto di sì. Ammiro la mia e la loro buona volontà, ma qualcosa c'è che non va. Mio fratello piccolo ad esempio non ha problemi ed è tranquillo. PUò consigliarmi come potrei fare? Come posso agire? Ne vale il mio futuro, perché sono fermo da molto tempo e prima di riprendere una attività, studio o lavoro, vorrei venire a capo di questa mia situazione. Grazie mille dottoressa esposito.
[#3]
Gentile utente,
In una terapia psicoanalitica non e' possibile cambiare setting. Sarebbe deleterio per Lei.
La Sua autonomia dovra' trovarla in se', piano piano.
Del resto oramai e' un uomo e non ha piu' bisogno dei suoi genitori.
Riguardo il *doppio legame* di cui ha letto e' una faccenda molto difficile da comprendere e certo Lei non si trova nella posizione migliore per farlo! Quindi coraggio!
Vada avanti con la Sua terapia e sulle Sue gambe!
Auguri!
In una terapia psicoanalitica non e' possibile cambiare setting. Sarebbe deleterio per Lei.
La Sua autonomia dovra' trovarla in se', piano piano.
Del resto oramai e' un uomo e non ha piu' bisogno dei suoi genitori.
Riguardo il *doppio legame* di cui ha letto e' una faccenda molto difficile da comprendere e certo Lei non si trova nella posizione migliore per farlo! Quindi coraggio!
Vada avanti con la Sua terapia e sulle Sue gambe!
Auguri!
[#7]
Utente
parlando con un amico, è venuta fuori questa cosa qua, dottoressa, che io me la sono sempre cavata con le mie forze nella vita, faccio una cosa che faceva pure mio padre e mi piace quindi questo mi lega a lui ed è la mia parte "maschile" diciamo, almeno io sento così; a volte gli chiedo aiuto, e quando questo avviene succede quella cosa, che poi parlando con lui, lui ha ammesso, del Nì, cioè ti dico di sì ma con remora, e quindi questo, sento quei sintomi che solo le medicine mi aiutano a contenere..ho tante persone che mi vogliono bene intorno, anche figure di riferimento, però questo "demone" ogni tanto (non conoscevo altri termini) torna (lungi da me associazioni bibliche)..tutto qua
[#8]
Gentile utente,
E' abbastanza intuitivo che Suo padre rappresenti un riferimento molto forte per Lei. Forse troppo forte. Che *satura* il campo e la *invade*
Una rappresentazione del *maschile* che oscura la Sua possibilita' di *svincolarsi*. Di crescere. Di concedersi qualche desiderio e qualche errore!
Penso che in terapia abbia elaborato gia` questa *figura* protettiva, identificativa, punitiva!
E' molto rilevante : Pensi che nella psicoanalisi lacaniana il solo *nome del Padre* da' forza a un filone infinito di rappresentazioni!
Che tipo di orientamento psicodinamico segue nella Sua terapia?
E' abbastanza intuitivo che Suo padre rappresenti un riferimento molto forte per Lei. Forse troppo forte. Che *satura* il campo e la *invade*
Una rappresentazione del *maschile* che oscura la Sua possibilita' di *svincolarsi*. Di crescere. Di concedersi qualche desiderio e qualche errore!
Penso che in terapia abbia elaborato gia` questa *figura* protettiva, identificativa, punitiva!
E' molto rilevante : Pensi che nella psicoanalisi lacaniana il solo *nome del Padre* da' forza a un filone infinito di rappresentazioni!
Che tipo di orientamento psicodinamico segue nella Sua terapia?
[#9]
Utente
non so dottoressa che tipo di orientamento psicodinamico seguo nella mia terapia, non so neanche cosa significhi. Credo che il mio psicoterapeuta sia di scuola junghiana, ma non ne sono sicuro..che mio padre sia una figura punitiva, almeno per quello che percepisco e ho sempre percepito io, lo riconosco. Ricordo ancora schiaffi quando esprimevo a casa quello che volevo..sono giunto alla conclusione che ci sarà sempre amore e scontro con mio padre, perché io le ho provate di tutte, anche provare a costruire un equilibrio fuori di casa..per lui questo, secondo me, significherebbe abbandonare del tutto la famiglia. Ma io non mi sento pronto ancora per abbandonare del tutto la mia famiglia. E temo, che, se ancora non ci riesco, è proprio per responsabilità sua. Forse è lui che si deve staccare da me. Ma io sono impotente, non posso farci niente. Per questo chiedo sempre a voi e anche al mio psicoterapeuta come posso fare per "uscire" da questa situazione..mi dice che devo trovare io la mia autonomia, ma mi accorgo che fino a mo ho fatto qualcosa nella mia vita perché c'è stata una figura fuori dalla mia famiglia paterna che mi ha aiutato ad andare avanti..ora non so cosa fare. Mi rimetto al suo cortese parere
Questo consulto ha ricevuto 10 risposte e 2.1k visite dal 20/08/2016.
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