Sono un fallito
Buongiorno, ho 24 anni e non ho più voglia di vivere. Sin da piccolo ho sempre capito che io non ero fatto per questo mondo. Ho sempre avuto difficoltà nello svolgere anche i compiti più semplici, ad esempio mio padre mi mandava a prendere un determinato oggetto e io puntualmente sbagliavo. Ho iniziato a credere che non fossi intelligente, pensavo di essere ritardato o stupido. Ho iniziato a perdere la voglia di fare tutto. L'unica distrazione erano e sono i miei amici. Quando sto insieme a qualcuno riesco a dimenticare queste cose e mi sembra di vivere una vita normale. Appena resto solo non faccio altro che insultarmi, dandomi del fallito, un buono a nulla. Quando sbaglio qualcosa mi incolpo da solo umiliandomi. Sono sempre stato così, ma le cose sono iniziate a peggiorare con l'Università. Ho un amico di famiglia che fa l'ingegnere e sono sempre stato affascinato da lui vedendolo ben vestito, con la macchina di lusso ecc. Cose che magari quando si è bambini possono sembrare belle. Preso dal suo fascino mi sono sempre detto che "da grande avrei fatto l'ingegnere". E così ho provato, ho frequentato il liceo scientifico. Gli anni del liceo sono stati un trauma. Pensavo 130kg ed era facile essere preso di mira da altri ragazzi che ridevano di te. Per non parlare poi delle ragazze. Bene o male quasi tutti avevano iniziato ad avere le prime avventure amorose mentre io restavo a guardare. Pensavo: come posso piacere a qualche ragazza se mi faccio schifo io stesso? La cosa peggiorava anche perché oltre ai miei penseri negativi vedevo la gente che mi guardava e rideva. E pensavo: ridono di me perché sono grasso. E stato così fino alla.fine del liceo. Iniziata l'Università ho conosciuto una ragazza della quale mi ero innamorato però lei non ricambiava e preso dalla depressione ho smesso di mangiare perdendo molto peso. Intanto gli studi andavano male ogni esame fallito era una tragedia. Continuavo a mortificarmi e a darmi del fallito. La.cosa continua tutt'ora. Non ho dato molti esami, anche perché per vari motivi ho cambiato 3 università. Mi ritrovo ora a 24 anni senza nessuno esperienza lavorativa, una laurea ancora lontana, zero rapporti sessuali tanto che ormai ho rinunciato perfino a provarci, perché uno come me che non sa fare niente dovrebbe piacere a qualcuno? Tutto questo me lo porto dentro dal liceo. Mi sono sempre sentito inferiore a tutti e sento che la mia vita non ha senso. Voglio solo essere aiutato ad avere una vita normale.
[#1]
Buongiorno a lei,
immagino quanto difficoltose siano le esperienze che ci racconta.
Se da una parte vive un senso di stanchezza e rassegnazione, dall'altra tuttavia sento un desiderio in lei di cambiare le cose, il desiderio di vivere in modo diverso.
So quanto può ferire sentirsi presi di mira, sentirsi osservati, derisi e rifiutati. Lei parla di trauma, comunicandoci quanto questa esperienza sia terribile, la capisco.
Ho trovato centrale una sua affermazione, quando ha scritto: "Mio padre mi mandava a prendere un determinato oggetto e io puntualmente sbagliavo", sottolineando che questo ha potuto sviluppare un'immagine di sé negativa, tanto che ha "iniziato a credere che non fossi intelligente, pensavo di essere ritardato o stupido". Coerentemente, in seguito, ha reagito in un modo specifico, come se vivesse un senso di profonda sfiducia e insicurezza e, quindi, ha "iniziato a perdere la voglia di fare tutto".
A volte non riusciamo a fare diversamente e non è strano che le nostre reazioni siano coerenti con le nostre esperienze del passato, che ci hanno formato.
Non so se si è accorto di quanto preziosa sia la narrazione delle sue esperienze, cosa che è il segno della sua intelligenza: lei è tutt'altro che "stupido" o "inferiore" o "buono a nulla".
Il senso di rassegnazione e di annullamento di sé sembra collegato a un suo nucleo interiore che, come lei per primo ha detto, affonda in un passato antico. Ha nominato suo padre e penso che le relazioni più significative con le figure di riferimento del suo sviluppo debbano essere approfondite.
Dalla lettura del suo racconto, mi sento di dire che non è vero che non è fatto "per vivere in questo mondo". Vivere non è semplice, però a volte ci sono dei carichi che rendono dolorose le nostre esperienze di vita e ci fanno sentire impotenti.
In relazione all'Università non so se lei abbia cercato più una dimensione legata all'immagine che alla sostanza e alla sua passione. Come fosse un'identità necessaria per riscattare quell'immagine di sé che sentiva come compromessa. Se così fosse non è tanto straordinario che lei non sia interessato a ciò che studia. Non è un fallito, anzi forse ci sarebbe un problema se portasse avanti qualcosa che rischia di essere solo un'illusione. Senz'altro restare e proseguire su questa strada, pur controvoglia, non è utile per lei, questo sì.
Affinché possa affrontare il suo stato d'animo di malessere è necessario uno spazio idoneo in cui possa trovare un professionista interessato alla sua storia, con il quale valutare un percorso di cura delle proprie ferite e di sviluppo di una fiducia e di una sicurezza interiore, con quel soffio vitale indispensabile per trovare la sua strada e lì incontrare le persone amiche e, con un po' di fortuna, anche l'amore.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
immagino quanto difficoltose siano le esperienze che ci racconta.
Se da una parte vive un senso di stanchezza e rassegnazione, dall'altra tuttavia sento un desiderio in lei di cambiare le cose, il desiderio di vivere in modo diverso.
So quanto può ferire sentirsi presi di mira, sentirsi osservati, derisi e rifiutati. Lei parla di trauma, comunicandoci quanto questa esperienza sia terribile, la capisco.
Ho trovato centrale una sua affermazione, quando ha scritto: "Mio padre mi mandava a prendere un determinato oggetto e io puntualmente sbagliavo", sottolineando che questo ha potuto sviluppare un'immagine di sé negativa, tanto che ha "iniziato a credere che non fossi intelligente, pensavo di essere ritardato o stupido". Coerentemente, in seguito, ha reagito in un modo specifico, come se vivesse un senso di profonda sfiducia e insicurezza e, quindi, ha "iniziato a perdere la voglia di fare tutto".
A volte non riusciamo a fare diversamente e non è strano che le nostre reazioni siano coerenti con le nostre esperienze del passato, che ci hanno formato.
Non so se si è accorto di quanto preziosa sia la narrazione delle sue esperienze, cosa che è il segno della sua intelligenza: lei è tutt'altro che "stupido" o "inferiore" o "buono a nulla".
Il senso di rassegnazione e di annullamento di sé sembra collegato a un suo nucleo interiore che, come lei per primo ha detto, affonda in un passato antico. Ha nominato suo padre e penso che le relazioni più significative con le figure di riferimento del suo sviluppo debbano essere approfondite.
Dalla lettura del suo racconto, mi sento di dire che non è vero che non è fatto "per vivere in questo mondo". Vivere non è semplice, però a volte ci sono dei carichi che rendono dolorose le nostre esperienze di vita e ci fanno sentire impotenti.
In relazione all'Università non so se lei abbia cercato più una dimensione legata all'immagine che alla sostanza e alla sua passione. Come fosse un'identità necessaria per riscattare quell'immagine di sé che sentiva come compromessa. Se così fosse non è tanto straordinario che lei non sia interessato a ciò che studia. Non è un fallito, anzi forse ci sarebbe un problema se portasse avanti qualcosa che rischia di essere solo un'illusione. Senz'altro restare e proseguire su questa strada, pur controvoglia, non è utile per lei, questo sì.
Affinché possa affrontare il suo stato d'animo di malessere è necessario uno spazio idoneo in cui possa trovare un professionista interessato alla sua storia, con il quale valutare un percorso di cura delle proprie ferite e di sviluppo di una fiducia e di una sicurezza interiore, con quel soffio vitale indispensabile per trovare la sua strada e lì incontrare le persone amiche e, con un po' di fortuna, anche l'amore.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
Dr. Enrico de Sanctis - Roma
Psicologo e Psicoterapeuta a orientamento psicoanalitico
www.enricodesanctis.it
[#2]
Utente
Buona sera dottor De Sanctis, prima di tutto volevo ringraziarla per la risposta. Per quanto riguarda il mio interesse verso la facoltà da me scelta posso dirle che mi piace e mi appassiona, ma trovo frustrante e demotivante le varie sconfitte ricevute. Vedere i miei ex compagni di liceo laurearsi mentre a me manca ancora molto mi fa stare male. Avevo già pensato di andare al consultorio della mia facoltà per parlare con qualcuno ma ho paura di essere giudicato come pazzo o depresso. Ho già molte difficoltà a farmi degli amici e il pensiero di essere giudicato male perché vado da uno psicologo mi fa desistere, anche se è tutto coperto dall'anonimato.
[#3]
Il fatto che si sta muovendo è indice di una sua motivazione e trovo che sia positivo.
Il consultorio può essere un'idea, posso capire che senta l'esigenza di non farlo nell'ambiente universitario che frequenta quotidianamente, però il fatto di essere giudicato come "pazzo o depresso", potrebbe riguardare maggiormente alcuni suoi timori.
Per esempio potrebbe trovare il modo di chiedere a qualcuno che fa l'Università con lei cosa ne pensa del servizio, se sa di qualcuno che si è già rivolto al consultorio, e magari può confrontarsi con l'idea che gli altri hanno. La sente una cosa troppo intima o rischiosa?
Penso che ci sia anche una curiosità per questo ambito, nella vita capita a tutti di trovarsi di fronte ad alcune difficoltà e di avere il desiderio di parlare e confrontarsi.
Ci sono culture in cui la psicoterapia e la psicoanalisi sono esperienze comuni, anzi ambite.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
Il consultorio può essere un'idea, posso capire che senta l'esigenza di non farlo nell'ambiente universitario che frequenta quotidianamente, però il fatto di essere giudicato come "pazzo o depresso", potrebbe riguardare maggiormente alcuni suoi timori.
Per esempio potrebbe trovare il modo di chiedere a qualcuno che fa l'Università con lei cosa ne pensa del servizio, se sa di qualcuno che si è già rivolto al consultorio, e magari può confrontarsi con l'idea che gli altri hanno. La sente una cosa troppo intima o rischiosa?
Penso che ci sia anche una curiosità per questo ambito, nella vita capita a tutti di trovarsi di fronte ad alcune difficoltà e di avere il desiderio di parlare e confrontarsi.
Ci sono culture in cui la psicoterapia e la psicoanalisi sono esperienze comuni, anzi ambite.
Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 17.5k visite dal 21/07/2016.
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