Gli esami prendo una qualsiasi scusa

Salve, mi sono iscritto a questo forum per cercare di avere delle risposte concrete riguardo il mio problema.
Sono un ragazzo di 28 anni, non ho mai avuto problemi di salute particolarmente gravi, sono sempre stato una persona normalissima, molto socievole e con uno svariato numero di amici e non ho mai avuto problemi ad interagire con le ragazze e nessun problem a scuola ecc.
Da qualche anno a questa parte però, qualcosa è cambiato, non so bene quando in realtà ma la mia vita è cambiata radicalmente, o per essere più preciso, è come se vivessi una vita che non è la mia; vivo in ansia costante per ogni singola cosa, partendo dall'università che non riesco a terminare e che mi fa vivere in costante contrasto con la mia famiglia e i miei amici che vorrebbero già vedermi laureato e con un lavoro ma io proprio non ci riesco, studio in modo svogliato e poi quando arriva il momento di sostenere gli esami prendo una qualsiasi scusa per non farli, mi vergogno del giudizio di altri ragazzi lì presenti che possono in qualche modo giudicarmi male, e dico ai miei che sono stato bocciato e via con le discussioni a casa.....
Ho visto i migliori anni della mia vita passarmi avanti e io sempre in questo stato pietoso a cui non riesco a porre rimedio.
Mi sento malissimo, mi sento un vero fallito e mi vergogno di me stesso, non riesco a guardare negli occhi le persone perchè, per via del mio comportamento e delle bugie che ho detto loro, mi sento un verme.
Penso continuamente a cosa avrei potuto fare della mia vita con scelte diverse da quelle che ho preso, o meglio che non ho preso.
Ogni persona che guardo la considero di gran lunga migliore di me, ma poi c'è un contrappasso che subisco...le persone che mi conoscono da sempre o anche quelle che mi vedono o che hanno a che fare con me hanno tutte invece un giudizio ottimo, si fidano, mi considerano una persona brillante...
Non ce la faccio più, sto per scoppiare....aiutatemi vi prego.
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Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Salve a lei,

immagino debba essere sorpreso di fronte al problema che sta vivendo, come se fosse inatteso.
I motivi per cui qualcosa è cambiato da qualche anno possono essere un buon punto di partenza per riflettere sul suo malessere.

Possiamo dire che sta vivendo una crisi, e per questo sente un comprensibile senso di disagio e smarrimento.
È pur vero però che la crisi può anche essere un'occasione per vedere le cose da un'altra prospettiva e cambiare la propria vita.
Non so se questo sia il suo caso, ma le sue parole mi fanno ipotizzare di sì.

Il suo racconto è ricco di aspetti su cui è importante soffermarsi.
In questa sede mi sento di circoscrivere, tra i numerosi stimoli, una sua affermazione, quando dice: "È come se vivessi una vita che non è la mia".

Mi sembra un'affermazione cruciale, che merita la massima attenzione. Mi sono chiesto se è arrivato a un certo punto del suo cammino esistenziale, sentendosi giudicato e vivendo un senso di paura, oggi stanco di non sentirsi autentico e di non essere se stesso.

L'autenticità può spaventare, significa esporsi con tutti i rischi che questo comporta, come ad esempio sottoporsi al giudizio degli altri senza soccombervi oppure ad esempio dissentire e per questo deludere le aspettative delle persone a noi care.

Lei parla di un senso di vergogna di sé. Questo non è trascurabile. Se da una parte si sente così per le bugie dette, da un'altra parte forse c'è un senso di vergogna più profondo, che potrebbe riguardare il modo in cui lei concepisce se stesso.
Nella mia ipotesi e nelle riflessioni evocate in me dal suo racconto, voglio dirle che a volte capita di non riuscire a essere se stessi in quanto non si dà sufficiente valore a quello che siamo, e magari abbiamo bisogno di ascoltare più gli altri, ai quali diamo valore molto più di quanto non facciamo con noi stessi. Il rischio, alla fine, è di annullarsi.
Questo capita per tante ragioni e mi sembra coerente con quello che ci stiamo dicendo.

Anche il senso di fallimento e il vissuto esperienziale terribile, cui lei dà titolo al suo consulto, come fosse rassegnato e bloccato, mi sembrano in linea con il suo carico emotivo. Da una parte fallisce perché non riesce a seguire una strada già scritta e destinata per lei, eppure fallisce perché non riesce a trasgredirla e a scegliere la "sua" di strada, la "sua" di vita.

Il senso di fallimento e la "depressione" sono indicativi, tuttavia c'è una parte di lei che sembra "scoppiare", e questo potrebbe essere il segno della sua vitalità e della sua espressività emergenti, che vogliono dare una svolta alla sua vita.

In proposito, quando dice di pensare "continuamente a cosa avrei potuto fare della mia vita con scelte diverse da quelle che ho preso, o meglio che non ho preso", può ancora farlo. Non è troppo tardi, ma non c'è bisogno che sia io a dirglielo.
Penso che una parte di lei lo sappia che non è tardi e, anche se genera vissuti emotivi intensi, non vuole soccombere alla paura di esprimersi e fare scelte diverse, finalmente, per se stesso.

Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis

Dr. Enrico de Sanctis - Roma
Psicologo e Psicoterapeuta a orientamento psicoanalitico
www.enricodesanctis.it

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Dr.ssa Daniela Pellitteri Psicoterapeuta, Psicologo 50 8
Gent. mo Utente,
cito testualmente :
' è come se vivessi una vita che non è la mia; vivo in ansia costante per ogni singola cosa, partendo dall'università che non riesco a terminare ...'.
- Le chiedo di chi può essere questa vita?
- Come è arrivato a 'scegliere' la facoltà che frequenta?
- A quali bisogni, aspirazioni, desideri, ha dato soddisfazione iscrivendosi all'università?
- Ha affrontato , magari in sede di orientamento, quali potrebbero essere le sue motivazioni allo studio e al non studio?
- Di quali interessi è fatta la sua vita?
- Riesce ad esprimere le sue potenzialità?
- Le conosce?
- Com'è che è così severo nei suoi confronti definendosi un fallito, uno che mente a tutti coloro che lo amano...?
- E' possibile nella vita concedersi delle perplessità, fare una ricerca per comprendere meglio ciò che muove le nostre azioni?
-Ha mai lavorato per acquisire consapevolezza dei pensieri che si intrecciano e sostengono le sue emozioni?

Ogni osservatore modifica la realtà che osserva, che sia interna a se stesso e che sia esterna a se stesso.

Conosce i suoi schemi interpretativi che lo caratterizzano nel suo modo di vedere le cose?
Perfezionismo?
Tutto bianco o tutto nero?
Sbagliare è da incapaci?
Devo essere quello che gli altri si aspettano?
...
Mi scusi per la raffica delle domande che possono sembrare un po' pressanti.

E' che sono convinta il modo di porsi in questa richiesta di consulto che dimostra, da parte sua, una buonissima capacità di osservare se stesso e un aperto coraggio nel chiedere aiuto senza troppi giri di parole, meriti risposte altrettanto schiette e trasparenti che possano concretamente esserle utili.

Sono convinta che cominciare un lavoro con un/una collega possa davvero aiutarla a trovare le SUE risposte a queste domande costruendo un percorso :
- che lo supporti in una progressiva conoscenza di se stesso ;
- che lo accompagni nella possibilità di apprendere modalità utili alla tolleranza ed accettazione di ciò che di se stesso (forse) non riconosce come proprio;
- che lo abitui a dare spazio alla comprensione delle sue emozioni e ai comportamenti che queste influenzano per poter 'finalmente' decidere in piena libertà emotiva.

Essere percepiti anche brillanti e affidabili da chi le sta intorno non è così' assurdo come può sembrarle : noi siamo fatti di tante parti e ricopriamo tanti ruoli, siamo in grado di soddisfare completamente le aspettative, nei nostri confronti , di alcuni, e di deludere quelle di altri.

Per alcune persone siamo i migliori del mondo, per altri siamo antipatici, per altri interessanti, per altri disattenti ecc. ecc.

Pian piano maturando e conoscendoci saremo in grado di integrare i nostri diversi modi di essere e di sviluppare un senso di interezza che ci faccia sentire bene con noi stessi e con gli altri.

Cordialmente
Daniela Pellitteri






Dr.ssa Daniela Pellitteri

[#3]
Utente
Utente
Innanzitutto colgo l'occasione per ringraziare sia il Dr. De Sanctis sia la Dr.ssa Pellittieri per la disponibilità.

In realtà, per riallacciare in qualche modo entrambi i discorsi, io ho sempre saputo di voler andare all'università e strada facendo ho scelto il percorso che ritenevo più idoneo a me; infatti avendo avuto per qualche tempo la possibilità di fare un po' di esperienza lavorativa mi sono accorto che l'indirizzo che ho scelto mi piace e, come accennavo ieri, i colleghi che avevo intorno più grandi, esperti e maturi di me mi vedeano di buon occhio, da un punto di vista professionale e umano.
Inoltre, so benissimo perchè me ne rendo conto di non essere affatto una persona stupida o che ha difficoltà nell'apprendimento o nelle relazioni sociali, è solo che mentre per qualsiasi altra persona, coerente con se stessa, nella mia stessa situazione avrebbe colto queste occasioni come uno slancio in avanti per uscire da questa situazione di stallo, invece per me non è stato così.
Ho fatto una marea di rinunce, anche le più banali, arrivando a rovinarmi letteralmente gli ultimi anni della mia vita, e nonostante ogni singola sera vado a letto con un peso enorme sul petto dicendomi:"...sai cosa fare, da domani inizia a farlo un passo alla volta...", puntualmente non lo faccio...non so perchè....forse sono un codardo, forse sono rimasto imbottigliato in questo vortice di insicurezza che mi sta sabotando l'esistenza......
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Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Quando dice: "Ho fatto una marea di rinunce, anche le più banali, arrivando a rovinarmi letteralmente gli ultimi anni della mia vita, e nonostante ogni singola sera vado a letto con un peso enorme sul petto dicendomi:"...sai cosa fare, da domani inizia a farlo un passo alla volta...", puntualmente non lo faccio...non so perchè....forse sono un codardo, forse sono rimasto imbottigliato in questo vortice di insicurezza che mi sta sabotando l'esistenza......", ciò che comunica è cruciale.

Dal nostro scambio, mi sento di dirle che sarebbe importante, dal mio punto di vista, parlare con uno psicoterapeuta dal vivo, in modo tale che possa avere uno scambio approfondito sui suoi vissuti e su tutti quegli aspetti emergenti legati alle esperienze che costellano la sua persona.

Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis