Frattura del pene o della coppia?
Ho 35 anni,
sono sposato con una donna bellissima, di cui sono innamorato dai tempi della scuola e abbiamo due bimbe meravigliose di 6 e 4 anni.
Fino a tre anni fa siamo sempre stati una famiglia felice, poi sono cominciati i problemi.
Tre anni fa, durante un rapporto sessuale con mia moglie, ho subito una frattura al pene. Dopo varie vicissitudini, problemi e interventi chirurgici, il medico che mi aveva in cura mi ha dichiarato completamente guarito.
Il mio problema è che da allora non sono più riuscito ad avere erezioni e rapporti con mia moglie. Tutti gli esami sembrano escludere complicazioni legate alla frattura e quindi si ritiene che la causa della disfunzione erettile possa essere psicologica.
Da più di un anno la mia famiglia mi ha convinto a farmi vedere da uno psicologo, dal quale sono in cura tutt'ora.
Ai problemi di erezione, infatti, si erano sommati problemi di peso, ero arrivato a pesare 102 kg. Lo psicologo dice che il cibo è stata per me una valvola di sfogo, una sorta di compensazione. Con il suo aiuto ora sono sceso a 88 kg, sono ancora molti, perché sono alto solo 1,68, ma ci stiamo lavorando.
Per quanto riguarda il problema di erezione, invece, non ci sono stati miglioramenti...
Mia moglie ha dimostrato nei mie confronti un amore incondizionato ed è sempre al mio fianco, ma ho il timore che questi miei disagi, prolungati nel tempo, possano allontanarla.
In questi mesi mi sono sottoposto ad una dieta ferrea, ma, complice il gran caldo, mi sento completamente spossato e privo di forze. Nello scorso fine settimana abbiamo portato le bimbe al mare. Quando siamo arrivati io ero distrutto per il viaggio, ma le bimbe volevano andare in spiaggia...io non ce l'ho fatta...mi sono letteralmente accasciato nel letto dell'albergo e ho lasciato sola la mia famiglia...
Il giorno seguente non mi sono alzato...ho detto che non mi sentivo bene, in realtà l'unico mio desiderio era quello di non uscire, non fare nulla, non muovere un muscolo...mi sento in preda ad una apatia totale...Per tornare a casa ha dovuto guidare mia moglie per tutto il tempo...mi è sembrata delusa e molto stanca, anche se paziente e comprensiva
Ho il timore che la mia famiglia mi stia scappando di mano, mi sento inutile, un peso, un fardello...che cosa ho da offrirle...perché dovrebbe continuare a stare con me...
Lo psicologo mi sta aiutando, soprattutto per controllare il peso, ma sento di avere bisogno di qualcosa in più...la mia vita sessuale non può essere finita a 35 anni e la mia famiglia perfetta non si merita un uomo come me...ho il timore che mia moglie possa cominciare a cercare in qualcun altro quello che non trova più in me, sono un uomo diventato apatico, grasso e impotente...le non se lo merita...
Mi sento prigioniero di un corpo che non sento più mio e che temo possa incrinare lo splendido rapporto che ho da molti anni con mia moglie...
Che cosa posso fare? Come mi devo comportare? Vorrei solo tornare ad essere la persona che ero tre anni fa...
A.
sono sposato con una donna bellissima, di cui sono innamorato dai tempi della scuola e abbiamo due bimbe meravigliose di 6 e 4 anni.
Fino a tre anni fa siamo sempre stati una famiglia felice, poi sono cominciati i problemi.
Tre anni fa, durante un rapporto sessuale con mia moglie, ho subito una frattura al pene. Dopo varie vicissitudini, problemi e interventi chirurgici, il medico che mi aveva in cura mi ha dichiarato completamente guarito.
Il mio problema è che da allora non sono più riuscito ad avere erezioni e rapporti con mia moglie. Tutti gli esami sembrano escludere complicazioni legate alla frattura e quindi si ritiene che la causa della disfunzione erettile possa essere psicologica.
Da più di un anno la mia famiglia mi ha convinto a farmi vedere da uno psicologo, dal quale sono in cura tutt'ora.
Ai problemi di erezione, infatti, si erano sommati problemi di peso, ero arrivato a pesare 102 kg. Lo psicologo dice che il cibo è stata per me una valvola di sfogo, una sorta di compensazione. Con il suo aiuto ora sono sceso a 88 kg, sono ancora molti, perché sono alto solo 1,68, ma ci stiamo lavorando.
Per quanto riguarda il problema di erezione, invece, non ci sono stati miglioramenti...
Mia moglie ha dimostrato nei mie confronti un amore incondizionato ed è sempre al mio fianco, ma ho il timore che questi miei disagi, prolungati nel tempo, possano allontanarla.
In questi mesi mi sono sottoposto ad una dieta ferrea, ma, complice il gran caldo, mi sento completamente spossato e privo di forze. Nello scorso fine settimana abbiamo portato le bimbe al mare. Quando siamo arrivati io ero distrutto per il viaggio, ma le bimbe volevano andare in spiaggia...io non ce l'ho fatta...mi sono letteralmente accasciato nel letto dell'albergo e ho lasciato sola la mia famiglia...
Il giorno seguente non mi sono alzato...ho detto che non mi sentivo bene, in realtà l'unico mio desiderio era quello di non uscire, non fare nulla, non muovere un muscolo...mi sento in preda ad una apatia totale...Per tornare a casa ha dovuto guidare mia moglie per tutto il tempo...mi è sembrata delusa e molto stanca, anche se paziente e comprensiva
Ho il timore che la mia famiglia mi stia scappando di mano, mi sento inutile, un peso, un fardello...che cosa ho da offrirle...perché dovrebbe continuare a stare con me...
Lo psicologo mi sta aiutando, soprattutto per controllare il peso, ma sento di avere bisogno di qualcosa in più...la mia vita sessuale non può essere finita a 35 anni e la mia famiglia perfetta non si merita un uomo come me...ho il timore che mia moglie possa cominciare a cercare in qualcun altro quello che non trova più in me, sono un uomo diventato apatico, grasso e impotente...le non se lo merita...
Mi sento prigioniero di un corpo che non sento più mio e che temo possa incrinare lo splendido rapporto che ho da molti anni con mia moglie...
Che cosa posso fare? Come mi devo comportare? Vorrei solo tornare ad essere la persona che ero tre anni fa...
A.
[#1]
Gentile Sig.A
Probabilmente la Sua spossatezza trova una causa in ragioni diverse dalla disfunzione erettile.
Lei sta subendo una insoddisfazione di se' stesso e la dieta in questo non e' da sottovalutare. Si rifiuta a 360 gradi mi sembra!
Ne parli con lo psicologo che la segue. Di questo stato d'animo in cui si trova. Ne parli con Sua moglie. Una compagna della vita non cerca nessun altro se ama il proprio uomo. Ma forse e' bene che ve lo diciate esplicitamente! Non crede?
Probabilmente la Sua spossatezza trova una causa in ragioni diverse dalla disfunzione erettile.
Lei sta subendo una insoddisfazione di se' stesso e la dieta in questo non e' da sottovalutare. Si rifiuta a 360 gradi mi sembra!
Ne parli con lo psicologo che la segue. Di questo stato d'animo in cui si trova. Ne parli con Sua moglie. Una compagna della vita non cerca nessun altro se ama il proprio uomo. Ma forse e' bene che ve lo diciate esplicitamente! Non crede?
Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132
[#2]
Salve,
bisognerebbe approfondire il suo racconto, per capire meglio molti aspetti che riguardano il suo disagio attuale.
Ad esempio le circostanze legate alla frattura del pene, i suoi vissuti relativi a questo evento traumatico che coinvolge la sua immagine di sé maschile.
In queste sede provo a chiederle come mai, dal canto suo, si domanda se il problema potrebbe non essere la "frattura del pene", ma la "frattura della coppia"? Secondo lei, questo come mai sarebbe avvenuto, considerando che precedentemente alla frattura la vostra relazione familiare era soddisfacente?
Inoltre, ci sono stati cambiamenti estetici o propriocettivi a seguito della frattura e degli interventi? In che senso si sente "prigioniero di un corpo che non sente più suo", vive un senso di rigetto di sé, come se non si riconoscesse dal punto di vista fisico?
E, oggi, al di là del rapporto con sua moglie, riesce ad avere erezioni?
Un saluto,
Enrico de Sanctis
bisognerebbe approfondire il suo racconto, per capire meglio molti aspetti che riguardano il suo disagio attuale.
Ad esempio le circostanze legate alla frattura del pene, i suoi vissuti relativi a questo evento traumatico che coinvolge la sua immagine di sé maschile.
In queste sede provo a chiederle come mai, dal canto suo, si domanda se il problema potrebbe non essere la "frattura del pene", ma la "frattura della coppia"? Secondo lei, questo come mai sarebbe avvenuto, considerando che precedentemente alla frattura la vostra relazione familiare era soddisfacente?
Inoltre, ci sono stati cambiamenti estetici o propriocettivi a seguito della frattura e degli interventi? In che senso si sente "prigioniero di un corpo che non sente più suo", vive un senso di rigetto di sé, come se non si riconoscesse dal punto di vista fisico?
E, oggi, al di là del rapporto con sua moglie, riesce ad avere erezioni?
Un saluto,
Enrico de Sanctis
Dr. Enrico de Sanctis - Roma
Psicologo e Psicoterapeuta a orientamento psicoanalitico
www.enricodesanctis.it
[#3]
Gentile Utente,
Aggiungo qualche nota a quelle dei Colleghi.
Ho seguito recentemente un paziente per una frattura del pene, rara, ma possibile.
Ha fatto tutti i controlli postumi?
È guarito del tutto?
Edemi? Placche?
Spesso questo trauma così importante su un organo simbolico slatentizza quote d'ansia associate alla risposta sessuale.
Si faccia aiutare, può sempre trasformare la crisi in risorsa per la vostra coppia.
Nel mio sito personale e blog troverà tantissimo materiale sul d.e, diagnosi e cure
Aggiungo qualche nota a quelle dei Colleghi.
Ho seguito recentemente un paziente per una frattura del pene, rara, ma possibile.
Ha fatto tutti i controlli postumi?
È guarito del tutto?
Edemi? Placche?
Spesso questo trauma così importante su un organo simbolico slatentizza quote d'ansia associate alla risposta sessuale.
Si faccia aiutare, può sempre trasformare la crisi in risorsa per la vostra coppia.
Nel mio sito personale e blog troverà tantissimo materiale sul d.e, diagnosi e cure
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
[#4]
Ex utente
Innanzi tutto desidero ringraziare tutti i dottori che hanno dedicato tempo e attenzione alla mia storia.
Alla dr.ssa Nardone vorrei dire che ho fatto tutti i controlli che i medici hanno ritenuto necessari e non sono emerse cause organiche al mio problema di DE. Leggerò con molto interesse il materiale sul suo sito.
Alla dr..sa Esposito vorrei dire che ho provato a parlare dei miei disagi con il mio psicologo, con mia moglie, con i miei genitori e con un amico fraterno. Non nego che il dialogo mi porti sollievo, ma la comprensione e i consigli di tutte queste persone non sono ancora riusciti ad alleviare il mio malessere.
Come di ce lei, anche il mio psicologo ritiene che il mio disagio nasca prima del problema della disfunzione erettile.
Come suggerito dal dr. De Sanctis, provo ad approfondire il mio racconto, per fornire elementi utili alla comprensione della mia situazione.
Sono cresciuto in una famiglia di donne (ho tre sorelle) e sono il quarto figlio, arrivato inaspettato, inatteso, non voluto...
Da sempre la mia vita è stata impostata sul confronto: "alla tua età le tue sorelle facevano...dicevano...pensavano..." Sono sempre stato quello con qualcosa in meno, quello più piccolo, quello che non ha studiato, quello che guadagna poco, quello che non porta a termine i progetti...
In una sola cosa avevo fatto meglio...mi sono costruito una famiglia splendida. Due delle mie sorelle sono passate attraverso l'esperienza del matrimonio e della separazione e l'altra non è mai riuscita ad avere rapporti stabili.
La mia famiglia era, bella, felice e perfetta...
Il mio psicologo dice che questo per me è diventata quasi una colpa...un peso da sostenere...una sfida che mi stava sfinendo...calimero non poteva essere perfetto... ed ecco che ho cominciato a rompere tutto...
Le circostanze legate alla frattura del pene...
Da qualche mese avevo cominciato a mettere su qualche kg e avevo il timore che mia moglie potesse non essere più attratta sessualmente da me.
Pensavo ogni giorno a qualcosa per stupirla e farla felice...quella volta, durante un rapporto avevo voluto provare una posizione nuova, particolare e lei ne era stata piacevolmente sorpresa...poi un movimento goffo, improvviso, non controllato e un rumore come uno schiocco, mi sembrava di aver spezzato un ramo e un dolore fortissimo...ero imbarazzato, mortificato, spaventato, in ansia non sapevo che cosa fare...all'inizio abbiamo provato a mettere del ghiaccio, poi ci siamo resi conto che la situazione peggiorava e ci siamo decisi ad andare al pronto soccorso...non vi racconto l'imbarazzo che ho provato nel raccontare ai medici che cosa fosse successo...
Da quel giorno comincia un calvario di visite, esami, chirurgia, astinenza forzata...
In qualche modo la notizia si è sparsa in famiglia, il commento peggiore, come sempre, è venuto da mio padre, maestro di delicatezza e sensibilità.
Ero ferito nell'orgoglio, nel mio essere uomo, avevo incrinato la mia potenza sessuale...mentre rimuginavo sulle mie sventure trovavo consolazione nel cibo...mi sono accorto che era un problema quando ormai era troppo tardi...
Io e mia moglie abbiamo sempre amato la bicicletta, quando sono nate le bimbe non abbiamo mai abbandonato la nostra passione e le portavamo con noi nei carrellini porta bambini. Quando ho cominciato a superare i 90 kg avevo difficoltà a fare le gite, la fatica superava il piacere...oltre i 100 kg ho dovuto smettere...per mia moglie è stata una grande delusione...per un po' ha continuato da sola poi ha abbandonato.
E' stato in quel periodo che mi ha messo alle strette perché andassi da uno psicologo...stavo distruggendo il mio fisico e il nostro rapporto.
Oggi, quando dico che mi sento prigioniero di un corpo che non sento più mio mi riferisco al peso, che ho ridotto molto rispetto ai 102 kg, ma che ancora mi è di impaccio in molte attività e ai rapporti sessuali che non riesco più ad avere. Con mia moglie abbiamo sempre avuto un'ottima intesa, da dopo la frattura abbiamo provato ad avere dei rapporti, ma le erezioni non erano mai sufficienti ad una penetrazione...c'è stato un periodo in cui mi masturbavo continuamente, nella speranza, che si è rivelata vana, di riattivare la mia sessualità, da molti mesi ormai non mi tocco più. Ogni tanto ho qualche erezione mattutina, che svanisce rapidamente...
Ora la cosa che più mi preoccupa è questa sensazione di apatia, in un certo senso il peso di sopportare la mia famiglia perfetta è svanito, sono tornato il solito calimero...ho fallito anche in questo...ma vorrei, con tutto me stesso, tornare alla mia vecchia vita...
La prossima settimana sarò in vacanza dal lavoro, l'estate per me è sempre stata una stagione fantastica, una occasione di movimento, incontri, passioni...felicità. Ora, però, la cosa che più mi preme è non avere nulla da fare, anche le cose piacevoli per me rappresentano un peso, un dovere, un onere insopportabile.
Insieme con mia moglie, da alcuni mesi, abbiamo prenotato una crociera da fare insieme con le bimbe...la mia ansia più grande è: "dove troverò la forza per le visite, le attività, l'intrattenimento che sicuramente avranno preparato per noi?".
Il mio psicologo dice di fare un passo per volta, affrontare una giornata dopo l'altra, una attività dopo l'altra e non pensare alla crociera nel suo insieme altrimenti potrebbe apparire ai miei occhi come una montagna invalicabile...
La cosa che mi spaventa di più è vedere mia moglie che si rapporta a me come ad un malato, verso il quale nutrire compassione e pazienza e non un uomo per cui provare attrazione. Da questa sensazione la decisione della dieta ferrea, che ho concordato con un dietologo, ma che non trova il completo consenso del mio psicologo...dice che sono in un momento di fragilità e la dieta potrebbe essere faticosa da un punto di vista mentale...
Spesso mi domando se senza la frattura del pene tutto questo sarebbe successo...il mio psicologo dice che i segnali c'erano già prima e che, in modo diverso, qualcosa sarebbe capitato.
Il nostro rapporto di coppia sta affrontando da anni un periodo in salita, per quanto mia moglie avrà ancora voglia di faticare? Ho paura che qualcosa si sia incrinato per sempre, anche se mia moglie ha per me continue parole di affetto e comprensione.
Ora vorrei sapere, come faccio a tornare indietro, quando ero più leggero, più sereno e più felice?
Grazie a tutti per il supporto,
A.
Alla dr.ssa Nardone vorrei dire che ho fatto tutti i controlli che i medici hanno ritenuto necessari e non sono emerse cause organiche al mio problema di DE. Leggerò con molto interesse il materiale sul suo sito.
Alla dr..sa Esposito vorrei dire che ho provato a parlare dei miei disagi con il mio psicologo, con mia moglie, con i miei genitori e con un amico fraterno. Non nego che il dialogo mi porti sollievo, ma la comprensione e i consigli di tutte queste persone non sono ancora riusciti ad alleviare il mio malessere.
Come di ce lei, anche il mio psicologo ritiene che il mio disagio nasca prima del problema della disfunzione erettile.
Come suggerito dal dr. De Sanctis, provo ad approfondire il mio racconto, per fornire elementi utili alla comprensione della mia situazione.
Sono cresciuto in una famiglia di donne (ho tre sorelle) e sono il quarto figlio, arrivato inaspettato, inatteso, non voluto...
Da sempre la mia vita è stata impostata sul confronto: "alla tua età le tue sorelle facevano...dicevano...pensavano..." Sono sempre stato quello con qualcosa in meno, quello più piccolo, quello che non ha studiato, quello che guadagna poco, quello che non porta a termine i progetti...
In una sola cosa avevo fatto meglio...mi sono costruito una famiglia splendida. Due delle mie sorelle sono passate attraverso l'esperienza del matrimonio e della separazione e l'altra non è mai riuscita ad avere rapporti stabili.
La mia famiglia era, bella, felice e perfetta...
Il mio psicologo dice che questo per me è diventata quasi una colpa...un peso da sostenere...una sfida che mi stava sfinendo...calimero non poteva essere perfetto... ed ecco che ho cominciato a rompere tutto...
Le circostanze legate alla frattura del pene...
Da qualche mese avevo cominciato a mettere su qualche kg e avevo il timore che mia moglie potesse non essere più attratta sessualmente da me.
Pensavo ogni giorno a qualcosa per stupirla e farla felice...quella volta, durante un rapporto avevo voluto provare una posizione nuova, particolare e lei ne era stata piacevolmente sorpresa...poi un movimento goffo, improvviso, non controllato e un rumore come uno schiocco, mi sembrava di aver spezzato un ramo e un dolore fortissimo...ero imbarazzato, mortificato, spaventato, in ansia non sapevo che cosa fare...all'inizio abbiamo provato a mettere del ghiaccio, poi ci siamo resi conto che la situazione peggiorava e ci siamo decisi ad andare al pronto soccorso...non vi racconto l'imbarazzo che ho provato nel raccontare ai medici che cosa fosse successo...
Da quel giorno comincia un calvario di visite, esami, chirurgia, astinenza forzata...
In qualche modo la notizia si è sparsa in famiglia, il commento peggiore, come sempre, è venuto da mio padre, maestro di delicatezza e sensibilità.
Ero ferito nell'orgoglio, nel mio essere uomo, avevo incrinato la mia potenza sessuale...mentre rimuginavo sulle mie sventure trovavo consolazione nel cibo...mi sono accorto che era un problema quando ormai era troppo tardi...
Io e mia moglie abbiamo sempre amato la bicicletta, quando sono nate le bimbe non abbiamo mai abbandonato la nostra passione e le portavamo con noi nei carrellini porta bambini. Quando ho cominciato a superare i 90 kg avevo difficoltà a fare le gite, la fatica superava il piacere...oltre i 100 kg ho dovuto smettere...per mia moglie è stata una grande delusione...per un po' ha continuato da sola poi ha abbandonato.
E' stato in quel periodo che mi ha messo alle strette perché andassi da uno psicologo...stavo distruggendo il mio fisico e il nostro rapporto.
Oggi, quando dico che mi sento prigioniero di un corpo che non sento più mio mi riferisco al peso, che ho ridotto molto rispetto ai 102 kg, ma che ancora mi è di impaccio in molte attività e ai rapporti sessuali che non riesco più ad avere. Con mia moglie abbiamo sempre avuto un'ottima intesa, da dopo la frattura abbiamo provato ad avere dei rapporti, ma le erezioni non erano mai sufficienti ad una penetrazione...c'è stato un periodo in cui mi masturbavo continuamente, nella speranza, che si è rivelata vana, di riattivare la mia sessualità, da molti mesi ormai non mi tocco più. Ogni tanto ho qualche erezione mattutina, che svanisce rapidamente...
Ora la cosa che più mi preoccupa è questa sensazione di apatia, in un certo senso il peso di sopportare la mia famiglia perfetta è svanito, sono tornato il solito calimero...ho fallito anche in questo...ma vorrei, con tutto me stesso, tornare alla mia vecchia vita...
La prossima settimana sarò in vacanza dal lavoro, l'estate per me è sempre stata una stagione fantastica, una occasione di movimento, incontri, passioni...felicità. Ora, però, la cosa che più mi preme è non avere nulla da fare, anche le cose piacevoli per me rappresentano un peso, un dovere, un onere insopportabile.
Insieme con mia moglie, da alcuni mesi, abbiamo prenotato una crociera da fare insieme con le bimbe...la mia ansia più grande è: "dove troverò la forza per le visite, le attività, l'intrattenimento che sicuramente avranno preparato per noi?".
Il mio psicologo dice di fare un passo per volta, affrontare una giornata dopo l'altra, una attività dopo l'altra e non pensare alla crociera nel suo insieme altrimenti potrebbe apparire ai miei occhi come una montagna invalicabile...
La cosa che mi spaventa di più è vedere mia moglie che si rapporta a me come ad un malato, verso il quale nutrire compassione e pazienza e non un uomo per cui provare attrazione. Da questa sensazione la decisione della dieta ferrea, che ho concordato con un dietologo, ma che non trova il completo consenso del mio psicologo...dice che sono in un momento di fragilità e la dieta potrebbe essere faticosa da un punto di vista mentale...
Spesso mi domando se senza la frattura del pene tutto questo sarebbe successo...il mio psicologo dice che i segnali c'erano già prima e che, in modo diverso, qualcosa sarebbe capitato.
Il nostro rapporto di coppia sta affrontando da anni un periodo in salita, per quanto mia moglie avrà ancora voglia di faticare? Ho paura che qualcosa si sia incrinato per sempre, anche se mia moglie ha per me continue parole di affetto e comprensione.
Ora vorrei sapere, come faccio a tornare indietro, quando ero più leggero, più sereno e più felice?
Grazie a tutti per il supporto,
A.
[#5]
Il suo racconto è ricco di stimoli, in questa sede vorrei lasciarle un pensiero in particolare evocato in me dalle sue parole.
Sembra esserci nel suo racconto un filo comune che potrebbe essere relativo al suo mondo interiore: essere "Calimero" e non riuscire a considerarlo un valore. "Calimero" è semplicemente diverso, non meglio né peggio.
Potremmo dire che nel momento in cui sente di essere in difetto e si giudica negativamente, possono verificarsi alcune modalità e derive: ad esempio quella di attivarsi per riscattare la propria vita, essere estremamente ambiziosi o perfezionisti; oppure, al contrario, sentire un senso di impotenza e fallimento così intenso da vivere in modo rassegnato e sottotono.
Non è strano il suo giudizio negativo su "Calimero", sembra averne fatto esperienza, come la sua narrazione testimonia attraverso un lessico famigliare emblematico. La competizione tra voi fratelli, il giudizio della sua famiglia e il senso di diffidenza, il mancato sostegno di suo padre anche nei momenti di difficoltà e malattia sono esempi esplicativi in proposito.
Allora potrebbe essere importante questa crisi che sta vivendo, perché potrebbe portare un rinnovamento di non poco conto. Senz'altro affrontarla è particolarmente impegnativo e faticoso, questo non deve stupirci, e la sua esperienza lo dimostra.
Questa crisi potrebbe essere significativa perché una parte di lei autentica è stanca di dover dimostrare di essere all'altezza e di dover riscattare se stesso. Non so dalle sue parole se questo è il pensiero del suo psicologo, senz'altro è il mio, come idea ipotetica che in questa sede sento di sviluppare intorno al suo discorso.
Ci tengo a dirle che dovrà, nel tempo, non solo accettare "Calimero", ma anche sentire quanto creativo e bello è esserlo.
La frattura del pene c'entra con tutto questo?
Non lo so, di certo mi ha colpito che aveva "il timore che mia moglie potesse non essere più attratta sessualmente da me. Pensavo ogni giorno a qualcosa per stupirla e farla felice...", e questo sembra di nuovo riproporre il suo vissuto di inadeguatezza, alla ricerca di effetti speciali che confermino il contrario: non bastava essere se stesso.
Mi ha colpito il suo racconto a proposito della frattura, quando dice: "Poi un movimento goffo... ero imbarazzato, mortificato, spaventato, in ansia", poiché ha dato rilievo prima al giudizio su di sé e solo dopo all'emozione legata allo spaventoso shock di quel momento. Quasi fosse più preoccupato di non essere prestante e di deludere?
Allora il dramma successivo dal punto di vista organico forse si è costellato da una terribile conferma psicologica di inadeguatezza di sé, che ora è arrivata anche a toccare la sua virilità, "ferito nell'orgoglio, nel mio essere uomo, avevo incrinato la mia potenza sessuale...". Ma è davvero così?
Adesso leggo con altri occhi il titolo del suo consulto, e mi domando se con "frattura della coppia", lei non intenda un suo possibile desiderio di essere diverso in coppia, più autentico, più umano, quel "Calimero" finalmente libero di esprimere se stesso, semplicemente per quello che è.
Questo mio pensiero è legato alle suggestioni che online ho vissuto attraverso le sue parole. Senz'altro, poiché è già in cura, è importante che questi discorsi si svolgano dal vivo, costituendosi come un dialogo riflessivo e uno scambio emotivo, da cui possa fondare una sicurezza e una fiducia di base, da cui partire per un nuovo inizio.
A proposito della cura, se ha voglia di parlarne, quando dice che non allevia il suo malessere, ha dei dubbi o non è soddisfatto? Quali sono le sue impressioni a riguardo?
Un saluto,
Enrico de Sanctis
Sembra esserci nel suo racconto un filo comune che potrebbe essere relativo al suo mondo interiore: essere "Calimero" e non riuscire a considerarlo un valore. "Calimero" è semplicemente diverso, non meglio né peggio.
Potremmo dire che nel momento in cui sente di essere in difetto e si giudica negativamente, possono verificarsi alcune modalità e derive: ad esempio quella di attivarsi per riscattare la propria vita, essere estremamente ambiziosi o perfezionisti; oppure, al contrario, sentire un senso di impotenza e fallimento così intenso da vivere in modo rassegnato e sottotono.
Non è strano il suo giudizio negativo su "Calimero", sembra averne fatto esperienza, come la sua narrazione testimonia attraverso un lessico famigliare emblematico. La competizione tra voi fratelli, il giudizio della sua famiglia e il senso di diffidenza, il mancato sostegno di suo padre anche nei momenti di difficoltà e malattia sono esempi esplicativi in proposito.
Allora potrebbe essere importante questa crisi che sta vivendo, perché potrebbe portare un rinnovamento di non poco conto. Senz'altro affrontarla è particolarmente impegnativo e faticoso, questo non deve stupirci, e la sua esperienza lo dimostra.
Questa crisi potrebbe essere significativa perché una parte di lei autentica è stanca di dover dimostrare di essere all'altezza e di dover riscattare se stesso. Non so dalle sue parole se questo è il pensiero del suo psicologo, senz'altro è il mio, come idea ipotetica che in questa sede sento di sviluppare intorno al suo discorso.
Ci tengo a dirle che dovrà, nel tempo, non solo accettare "Calimero", ma anche sentire quanto creativo e bello è esserlo.
La frattura del pene c'entra con tutto questo?
Non lo so, di certo mi ha colpito che aveva "il timore che mia moglie potesse non essere più attratta sessualmente da me. Pensavo ogni giorno a qualcosa per stupirla e farla felice...", e questo sembra di nuovo riproporre il suo vissuto di inadeguatezza, alla ricerca di effetti speciali che confermino il contrario: non bastava essere se stesso.
Mi ha colpito il suo racconto a proposito della frattura, quando dice: "Poi un movimento goffo... ero imbarazzato, mortificato, spaventato, in ansia", poiché ha dato rilievo prima al giudizio su di sé e solo dopo all'emozione legata allo spaventoso shock di quel momento. Quasi fosse più preoccupato di non essere prestante e di deludere?
Allora il dramma successivo dal punto di vista organico forse si è costellato da una terribile conferma psicologica di inadeguatezza di sé, che ora è arrivata anche a toccare la sua virilità, "ferito nell'orgoglio, nel mio essere uomo, avevo incrinato la mia potenza sessuale...". Ma è davvero così?
Adesso leggo con altri occhi il titolo del suo consulto, e mi domando se con "frattura della coppia", lei non intenda un suo possibile desiderio di essere diverso in coppia, più autentico, più umano, quel "Calimero" finalmente libero di esprimere se stesso, semplicemente per quello che è.
Questo mio pensiero è legato alle suggestioni che online ho vissuto attraverso le sue parole. Senz'altro, poiché è già in cura, è importante che questi discorsi si svolgano dal vivo, costituendosi come un dialogo riflessivo e uno scambio emotivo, da cui possa fondare una sicurezza e una fiducia di base, da cui partire per un nuovo inizio.
A proposito della cura, se ha voglia di parlarne, quando dice che non allevia il suo malessere, ha dei dubbi o non è soddisfatto? Quali sono le sue impressioni a riguardo?
Un saluto,
Enrico de Sanctis
[#6]
Ex utente
Gentile dr. de Sanctis,
sono estremamente colpito dall'attenzione che ha dedicato alla lettura del mio racconto, dalla meticolosità con cui ha esaminato le mie parole e dall'analisi che ha sviluppato. In uno scambio così breve è riuscito a inquadrare completamente la situazione: "sono stanco di dover essere all'altezza e di riscattare me stesso". Confesso che all'inizio era il pensiero del mio psicologo, poi le riflessioni e i ragionamenti che abbiamo fatto insieme lo hanno fatto diventare anche il mio!
Credo che quel processo di accettazione di Calimero di cui lei scrive stia iniziando e il lavoro con lo psicologo stia andando in questa direzione...quello che non mi soddisfa di questo lavoro è la lentezza del processo, è un continuo fare un passo in avanti e uno indietro...prove ed errori, mi sembra un percorso pieno di insidie, lungo e tortuoso...avrò la forza per completarlo?
Ripensando in questi giorni al senso di apatia che mi attanaglia da alcuni mesi, rileggendo le sue parole e rivivendo gli scambi emotivi con il mio psicologo ho la sensazione che mi stia succedendo questo che provo a descrivere...
Quando lei scrive "accettare Calimero e sentire quanto creativo e bello è esserlo" e poi "Calimero finalmente libero di esprimere se stesso per quello che è" mi ha fatto riflettere molto...chi è Calimero? Io non sono mai riuscito ad essere me stesso...
Nella mia famiglia di origine ho passato tutta la vita a cercare di essere qualcuno che non ero, qualcuno che forse loro volevano, qualcuno degno di reggere il confronto, a vivere la vita di un altro...spesso mi sono sentito come scrive lei "senso di impotenza e fallimento da vivere rassegnato e sottotono".
Nella famiglia che ho costruito con mia moglie non si sono mai innescati questi meccanismi, non c'era un parametro di confronto a cui aspirare, c'ero solo io e lei aveva scelto me...tuttavia non posso negare che alcune scelte di vita che abbiamo fatto insieme siano state condizionate significativamente dalla mia famiglia di origine e io, come al solito, le ho subite...
Mi sembra che l'apatia di questi giorni sia una sorta di tentativo di non prendere posizione...se non faccio nulla, se non muovo nemmeno un muscolo, non potrà succedere nulla, non potrò sbagliare strada, non lascerò emergere il "vero" Calimero che non conosco e potrebbe non piacermi...mi rendo anche conto, però, e questo mi terrorizza, che l'uomo di questi giorni non è nemmeno l'uomo che mia moglie ha sposato, con cui ha voluto fare due bimbe e con cui ha scelto di vivere...
E' come se stessi vivendo in stand-by, in attesa che qualcuno schiacci il tasto play, che io credo di non avere la forza di schiacciare da solo...
Credo che una parte della sofferenza di questi giorni dipenda anche dal mio desiderio, come scrive lei, di "essere diverso in coppia, più autentico e più umano".
Ho maturato una convinzione, chiederò a mia moglie di raccontarmi come è l'uomo che ama, che dai tempi della scuola non ha più lasciato e proverò a vivere la sua vita...che cosa ne pensa? Crede che stia cercando un'altra maschera? In qualche modo credo che lei lo desideri, spesso mi capita di sentirle dire "una volta non facevi così...una volta non dicevi...una volta..." è come se il nostro rapporto fosse rimasto "impigliato" nel passato...
Ricominciare ad essere l'uomo che lei ama, per provare a diventare l'uomo che sono davvero...potrebbe funzionare?
La ringrazio molto per il supporto che potrà ancora offrirmi, nel frattempo ci tengo a dirle che scriverle mi ha fatto sentire meglio...
A.
sono estremamente colpito dall'attenzione che ha dedicato alla lettura del mio racconto, dalla meticolosità con cui ha esaminato le mie parole e dall'analisi che ha sviluppato. In uno scambio così breve è riuscito a inquadrare completamente la situazione: "sono stanco di dover essere all'altezza e di riscattare me stesso". Confesso che all'inizio era il pensiero del mio psicologo, poi le riflessioni e i ragionamenti che abbiamo fatto insieme lo hanno fatto diventare anche il mio!
Credo che quel processo di accettazione di Calimero di cui lei scrive stia iniziando e il lavoro con lo psicologo stia andando in questa direzione...quello che non mi soddisfa di questo lavoro è la lentezza del processo, è un continuo fare un passo in avanti e uno indietro...prove ed errori, mi sembra un percorso pieno di insidie, lungo e tortuoso...avrò la forza per completarlo?
Ripensando in questi giorni al senso di apatia che mi attanaglia da alcuni mesi, rileggendo le sue parole e rivivendo gli scambi emotivi con il mio psicologo ho la sensazione che mi stia succedendo questo che provo a descrivere...
Quando lei scrive "accettare Calimero e sentire quanto creativo e bello è esserlo" e poi "Calimero finalmente libero di esprimere se stesso per quello che è" mi ha fatto riflettere molto...chi è Calimero? Io non sono mai riuscito ad essere me stesso...
Nella mia famiglia di origine ho passato tutta la vita a cercare di essere qualcuno che non ero, qualcuno che forse loro volevano, qualcuno degno di reggere il confronto, a vivere la vita di un altro...spesso mi sono sentito come scrive lei "senso di impotenza e fallimento da vivere rassegnato e sottotono".
Nella famiglia che ho costruito con mia moglie non si sono mai innescati questi meccanismi, non c'era un parametro di confronto a cui aspirare, c'ero solo io e lei aveva scelto me...tuttavia non posso negare che alcune scelte di vita che abbiamo fatto insieme siano state condizionate significativamente dalla mia famiglia di origine e io, come al solito, le ho subite...
Mi sembra che l'apatia di questi giorni sia una sorta di tentativo di non prendere posizione...se non faccio nulla, se non muovo nemmeno un muscolo, non potrà succedere nulla, non potrò sbagliare strada, non lascerò emergere il "vero" Calimero che non conosco e potrebbe non piacermi...mi rendo anche conto, però, e questo mi terrorizza, che l'uomo di questi giorni non è nemmeno l'uomo che mia moglie ha sposato, con cui ha voluto fare due bimbe e con cui ha scelto di vivere...
E' come se stessi vivendo in stand-by, in attesa che qualcuno schiacci il tasto play, che io credo di non avere la forza di schiacciare da solo...
Credo che una parte della sofferenza di questi giorni dipenda anche dal mio desiderio, come scrive lei, di "essere diverso in coppia, più autentico e più umano".
Ho maturato una convinzione, chiederò a mia moglie di raccontarmi come è l'uomo che ama, che dai tempi della scuola non ha più lasciato e proverò a vivere la sua vita...che cosa ne pensa? Crede che stia cercando un'altra maschera? In qualche modo credo che lei lo desideri, spesso mi capita di sentirle dire "una volta non facevi così...una volta non dicevi...una volta..." è come se il nostro rapporto fosse rimasto "impigliato" nel passato...
Ricominciare ad essere l'uomo che lei ama, per provare a diventare l'uomo che sono davvero...potrebbe funzionare?
La ringrazio molto per il supporto che potrà ancora offrirmi, nel frattempo ci tengo a dirle che scriverle mi ha fatto sentire meglio...
A.
[#7]
Salve,
leggendo le sue parole, mi sembra che le sue riflessioni sui condizionamenti familiari meritino la massima attenzione.
E l'apatia di cui parla è un modo di reagire significativo che, come lei dice, può essere da una parte protettivo (non sbaglierà), dall'altra mortifero (non emergerà).
Il "vero Calimero" potrebbe non piacerle?
Forse dovremmo porre questa domanda anche in un altro modo: il "vero Calimero" potrebbe non piacere agli altri?
E lei cosa se ne fa della voce degli altri?
Quando afferma: "Ho maturato una convinzione, chiederò a mia moglie di raccontarmi come è l'uomo che ama, che dai tempi della scuola non ha più lasciato e proverò a vivere la sua vita...che cosa ne pensa? Crede che stia cercando un'altra maschera?", sembra indicare aspetti cruciali e coerenti con il nostro discorso, su cui è importante che possa soffermarsi.
Mettere una maschera al "vero Calimero", significa essere un "falso Calimero", pur di ricevere - finalmente - l'amore dell'altro?
Una parte di lei sembra consapevole di questo, quando dice che il vostro rapporto potrebbe essere rimasto "impigliato" nel passato, forse nelle maschere del passato.
Ciò che sua moglie desidera potrebbe non corrispondere al "vero Calimero" che, come dicevo, chiede amore semplicemente per quello che è.
Voglio ringraziarla particolarmente per le sue parole.
L'importanza e la delicatezza dei vissuti che emergono dal nostro scambio è davvero preziosa. Senz'altro in questa sede, mio malgrado, non riusciamo ad approfondire come necessario e a proseguire nel modo adeguato, per la speciale attenzione che le sue esperienze di vita necessitano.
D'altronde sta già effettuando un percorso psicoterapeutico.
In proposito, non ha torto a dire che il lavoro che sta facendo dal vivo è lungo e tortuoso. Anche "insidioso", dice, parola emblematica che mi sembra indicare un carico emotivo specifico e inevitabile.
La profondità e la complessità emotiva implicano questo andamento del percorso. E questo significa vivere, gli itinerari che percorriamo non sono sempre lineari, ma il più delle volte accidentati.
Il suo lavoro lo concluderà, ma non dimentichi che la conclusione sarà un inizio, non un punto d'arrivo.
Un caro saluto,
Enrico de Sanctis
leggendo le sue parole, mi sembra che le sue riflessioni sui condizionamenti familiari meritino la massima attenzione.
E l'apatia di cui parla è un modo di reagire significativo che, come lei dice, può essere da una parte protettivo (non sbaglierà), dall'altra mortifero (non emergerà).
Il "vero Calimero" potrebbe non piacerle?
Forse dovremmo porre questa domanda anche in un altro modo: il "vero Calimero" potrebbe non piacere agli altri?
E lei cosa se ne fa della voce degli altri?
Quando afferma: "Ho maturato una convinzione, chiederò a mia moglie di raccontarmi come è l'uomo che ama, che dai tempi della scuola non ha più lasciato e proverò a vivere la sua vita...che cosa ne pensa? Crede che stia cercando un'altra maschera?", sembra indicare aspetti cruciali e coerenti con il nostro discorso, su cui è importante che possa soffermarsi.
Mettere una maschera al "vero Calimero", significa essere un "falso Calimero", pur di ricevere - finalmente - l'amore dell'altro?
Una parte di lei sembra consapevole di questo, quando dice che il vostro rapporto potrebbe essere rimasto "impigliato" nel passato, forse nelle maschere del passato.
Ciò che sua moglie desidera potrebbe non corrispondere al "vero Calimero" che, come dicevo, chiede amore semplicemente per quello che è.
Voglio ringraziarla particolarmente per le sue parole.
L'importanza e la delicatezza dei vissuti che emergono dal nostro scambio è davvero preziosa. Senz'altro in questa sede, mio malgrado, non riusciamo ad approfondire come necessario e a proseguire nel modo adeguato, per la speciale attenzione che le sue esperienze di vita necessitano.
D'altronde sta già effettuando un percorso psicoterapeutico.
In proposito, non ha torto a dire che il lavoro che sta facendo dal vivo è lungo e tortuoso. Anche "insidioso", dice, parola emblematica che mi sembra indicare un carico emotivo specifico e inevitabile.
La profondità e la complessità emotiva implicano questo andamento del percorso. E questo significa vivere, gli itinerari che percorriamo non sono sempre lineari, ma il più delle volte accidentati.
Il suo lavoro lo concluderà, ma non dimentichi che la conclusione sarà un inizio, non un punto d'arrivo.
Un caro saluto,
Enrico de Sanctis
Questo consulto ha ricevuto 7 risposte e 4.2k visite dal 06/07/2016.
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