partner anaffettico e sofferenza

Ho 29 anni,lui 30.Ho un lavoro che occupa molto tempo, ma sono realizzata. Anche lui. Ha iniziato la relazione(18mesi) con una grande accelerata. Abbiamo da subito(per suo volere)intrapreso una convivenza “settimanale” da lui.Tutte le sere andavo da lui.Subito mi ha chiesto se lì mi sentissi a casa.Mi ha chiamata amore.Mi lasciava le chiavi di casa.Avevo paura e inizialmente non volevo sbilanciarmi.
Poi una sera gli ho detto che per me quella era una convivenza e tutto è cambiato.Niente più chiavi né affetto.Non ha mai detto cosa prova per me(io si, e non ha risposto).Ogni weekend torna a casa da mamma/papà (per lui “casa” è quella, mentre l’appartamento in città è un appoggio… quell’appartamento nel quale mi chiese se mi sentissi a casa…ha iniziato a mentirmi, diceva di avere determinati impegni (a casa di mamma/papà, con amici),ma ho scoperto che ha mentito in merito ad un abbonamento che ha fatto ad un campionato sportivo… femminile).Ha mentito su dove è stato (scoperto con uno scontrino).Dice che sono pesante, che lui è così e io non ho ancora capito “come prenderlo”.
E così ogni weekend rimango sola. Perché lui è a casa con mamma/papà, con i suoi amici. E ogni volta che vedo una coppia felice piango. Non ho più nessuno che abbia voglia di ascoltarmi. Tutti mi sbeffeggiano perché non me ne libero. Ma ne sono dipendente e continuo a vedere un futuro.Gli metto davanti agli occhi l’amore degli altri, e mi dice che sono un’arpia nel farlo sentire un idiota.È egoista: fa i suoi progetti senza mai chiedermi se voglio farne parte. Se voglio trascorrere del tempo con lui, devo andare da (sua)mamma/papà e stare con i suoi amici.Quando lo faccio notare, mi dice che lavora tanto e che non ha tempo per sé, che vuole fare sport. E allora tutti i sabati va in bici con gli amici. E il sabato sera con i suoi amici.E tutte le domeniche a pranzo con mamma/papà.Io? Ritagli di tempo.Dice che sono ingiusta perché lo vedo tutti i giorni (in settimana, quando, usciti entrambi da lavoro, non prima delle 20, io vado a prendere un cambio per l’indomani[no, non ho un cassetto a casa sua.non lascio nemmeno il mio spazzolino],percorro la città e lo raggiungo, esausta, verso le21.30,ceniamo velocemente e poi a letto).
È sempre col cellulare.L’aziendale, beninteso.A cena siamo io, lui e il cellulare.A letto siamo io, lui e il cellulare.Non abbiamo una foto insieme (sembra quasi che gli dia fastidio).Abbiamo programmato le ferie insieme e sembra che sia un sacrificio.Però non mi lascia. Anzi, quella convivenza “settimanale” non riesce ad abbandonarla. E io non riesco ad immaginare la vita senza lui.Lui che non mi ha mai portato un fiore,lui che il giorno che ho raggiunto il traguardo professionale più importante non c’era.So che è una domanda inutile ma…cosa devo fare,se non sono riuscita farne a meno?Ho provato ad essere anaffettiva come lui ma soffro più di prima e non riesco a soffocare questo sentimento. soffro di ansia e tachicardia, respiro male e lavoro male.
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Dr.ssa Patrizia Pezzella Psicologo, Psicoterapeuta 273 13
gent.ma lettrice, provi a chiedersi in nome di che cosa tollera tutto ciò? se la risposta è in nome dell'amore, esso per lei ora rappresenta un amore dannoso poichè le lascia insoddisfazione e sofferenza. se fosse in nome della speranza di un cambiamento di lui, non sembra che appaiono da ciò che scrive , le premesse giuste per un cambiamento futuro. c'è dipendenza affettiva dietro il suo comportamento? o invece la sindrome della crocerossina? carissima lettrice le risposte possono essere tante e per questa ragione le suggerirei di parlarne con un esperto per fare chiarezza dentro di lei prima di prendere le più "sane" decisioni.
moltissimi auguri
dssa patrizia pezzella,
psicoterapeuta ,roma

Dr.ssa Patrizia Pezzella
psicologa, psicoterapeuta
perfezionata in sessuologia clinica

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Utente
Utente
Gentile Dottoressa, La ringrazio prima di tutto per il sollecito riscontro. Sapevo perfettamente che la risposta sarebbe stata quella. Non voglio con ciò banalizzarla, ma solo aggiungere che so perfettamente che razionalmente la soluzione migliore sarebbe quella di troncare, ma io, semplicemente, banalmente e con una enorme sofferenza, non riesco a farlo. e me ne vergogno immensamente. Mi fa stare bene due ore ed è come se potessi passare su ogni problema.
Forse dovrei essere forte e affezionarmi più all'amor proprio che a quello verso il partner. Non dovrei aspettarmi che egli cambi per me, ma, eventualmente, per se stesso.
Le mie amiche mi dicono le stesse cose che direi a loro.

Ma da dentro questa relazione per me è una sorta di dipendenza, della quale non riesco a liberarmi. So anche che solo troncando, se mai una possibilità ci fosse, lui potrebbe prendere atto del significato della mia presenza nella sua vita. Ma l'incertezza mi uccide.

Saluti
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
Gentile Utente,

a me pare che Lei sia dentro una dinamica di dipendenza, ma credo che la situazione sia -oltre che penosa per Lei- anche pericolosa.
Infatti Lei si accontenta delle briciole di due ore di "felicità", alle quali si alternano parecchie ore, addirittura giorni, di sofferenza, di dipendenza dagli umori e dagli impegni di quest'uomo.
La prima fase della vostra storia è tipica di questa dinamica, perché è stata utile per poterla agganciare e forse farla innamorare di quest'uomo. Ma ben presto è arrivata la seconda fase, di distanza, di maltrattamenti psicologici, di squalifica. Infatti egli preferisce amici, cellulare, parenti e non la propria compagna.
Forse Lei non riesce a troncare perché se e quando ci prova il Suo compagno fa di tutto per confonderLa e fare in modo che Lei si senta confusa e inadeguata.
Sa già che cosa deve fare; ma a mio avviso potrebbe essere utile per Lei riflettere sulle dinamiche che ho provato a descriverLe e capire come smarcarsi.

Cordiali saluti,

Angela Pileci
Psicologa Psicoterapeuta

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

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Utente
Utente
Gentile Dottoressa, La ringrazio per l'interessamento. Devo forse fare un paio di precisazioni: la prima riguarda la differente percezione che abbiamo (io e lui) del tempo trascorso insieme. A mio parere è poco: è vero che durante la settimana ci vediamo tutti i giorni, e dormiamo insieme, ma noti che per farlo devo sempre e regolarmente organizzare gli spostamenti, passare a casa a prendere gli abiti per l’indomani, il tutto dopo una stancante giornata di lavoro. Sempre, ogni giorno. Nel fine settimana, come accennavo, lui il venerdì sera, o al più tardi alle 8 di sabato mattina, torna a casa da mamma/papà. E va in bici, e se voglio vederlo devo raggiungerlo e aggiungermi ai suoi impegni. Lui invece percepisce un tempo eccessivo insieme a me. Mi dice sempre “ci vediamo tutti i giorni”. Mi dice sempre che il weekend è breve e che non sta mai con i suoi parenti e di rado vede i suoi amici. Io dunque penso di essere egoista nel desiderare una casa comune, un progetto di vita comune, una relazione normale nella quale ciascuno dei due è libero di gestire le proprie relazioni personali liberamente ma allo stesso tempo in grado di concedere il tempo libero all’altro. La casa dovrebbe essere un approdo, un punto di partenza e allo stesso tempo di arrivo. Dice che la città è un ambiente nel quale non vuole vivere, che ha bisogno del verde e degli amici (in città lui ha poche relazioni, quasi solo lavorative). L’altro aspetto riguarda me: una sera ho incontrato un vecchio amico. È stato piacevole parlarci ma a lui l’ho tenuto nascosto e sapevo che questo incontro poteva essere inteso come malizioso. Lui l’ha saputo e, anche se talvolta il problema affiora, ha saputo comprendere che non l’ho tradito. Mi sento però in colpa. Non so se alla fine il mio partner abbia ragione nel valutare ampiamente sufficiente la quantità di tempo trascorso con me, oppure se sia giusto in fondo pensare di dover essere anche io la sua priorità, e che i programmi si possano fare secondo “noi” e non secondo “lui”.
Saluti.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
E' vero che talvolta facciamo dei compromessi e troviamo un equilibrio con le persone, ma essere a disagio o in colpa in una relazione è un indicatore di qualcosa che forse non va per il verso giusto.

Cordiali saluti,
Angela Pileci
Psicologa Psicoterapeuta