Come faccio a diventare uomo?
Salve a tutti. Sono un maschio, ma non un uomo. Voglio essere anche un uomo. Come faccio? Non è un problema da poco. Io vedo solo questa soluzione: impedire alle donne di fare cose da uomini. Sembra la solita soluzione agli occhi dei soliti che vedono gli stereotipi aleggiare fra la gente ed i pregiudizi come male nel mondo. Sembra che io non sappia vivere alla pari e che sia così inferiore da non ammettere la superiorità altrui. Sarà così, ma chissenefrega? Evidentemente se sono così, posso soltanto ambire a schiacciare gli altri per vivere serenamente, altrimenti dovrei esserne schiacciato. Ovviamente non ho le forze di fare una cosa del genere. Non sono un uomo. Ma posso esserlo? Mi chiedo, spero, per non dover finire a fare la donna, o peggio. Ecco: sembra quasi che io insulti le donne. Ma non è così: dico solo che... che dico? Se è bello essere donna, se è stupido vivere di stereotipi, nulla vieta che io un giorno diventi una donna. O magari cambi sesso. Certo! Allora perché vietarsi di buttarsi giù da un dirupo per il solo fatto che "tanto un giorno si morirà" o che una persona in meno sul pianeta fornisce un pasto in più ad un'altra? Chiamiamoli stereotipi o come ci pare, ma sono questi che ci sostengono: io credo che gli stereotipi, o meglio, i ruoli sociali, non siano un'invenzione culturale; anzi, è il concetto di stereotipo e di invenzione culturale ad essere un'invenzione della cultura. Ma sto divagando.
Avrò una qualche forma di omosessualità latente? Un qualche conflitto irrisolto? Oppure ho semplicemente "paura di affrontare la sfida di diventare uomo" e allora mi faccio il problema per evitarla? Nulla di tutto questo: il fatto è che sono stato sconfitto dalle donne che ho conosciuto. Più forti di me in amore, più brave di me a scuola, più determinate di me nella gestione della vita. Tutte in diritto di guardarmi dall'alto in basso. Mi sento inferiore alle donne. Non agli uomini. Bel dramma. Già per questo mi differenzio dalle donne: posso dirmi uomo in quanto inferiore? Ma non voglio accettare la mia inferiorità: la trovo ingiusta, voglio migliorare. Trovo un ostacolo. Evidentemente questo senso di inferiorità è solo una percezione derivante dal mio ambiente e dai media, dalla loro oggettivazione sessuale. Quindi devo semplicemente cambiare questa percezione diventando uomo.
Purtroppo non so cosa sia un uomo. La mia enciclopedia di psicologia dice della virilità: complesso di tratti fisici e psicologici quali la forza, il vigore, il coraggio, l'attività e la dominanza che caratterizzano il modello culturale del soggetto maschile IN CONTRASTO con il soggetto femminile.
Ma come faccio ad assumere questo modello se sono obbligato dal femminismo e dalla politica a non poterlo assumere? Se sono obbligato a non poter assumere quelle caratteristiche CONTRO le donne della mia vita?
Ma se questo modello è impraticabile, come faccio a diventare uomo? Mi direste chi è, oggi, un uomo? A quale modello posso rifarmi per diventarlo?
Avrò una qualche forma di omosessualità latente? Un qualche conflitto irrisolto? Oppure ho semplicemente "paura di affrontare la sfida di diventare uomo" e allora mi faccio il problema per evitarla? Nulla di tutto questo: il fatto è che sono stato sconfitto dalle donne che ho conosciuto. Più forti di me in amore, più brave di me a scuola, più determinate di me nella gestione della vita. Tutte in diritto di guardarmi dall'alto in basso. Mi sento inferiore alle donne. Non agli uomini. Bel dramma. Già per questo mi differenzio dalle donne: posso dirmi uomo in quanto inferiore? Ma non voglio accettare la mia inferiorità: la trovo ingiusta, voglio migliorare. Trovo un ostacolo. Evidentemente questo senso di inferiorità è solo una percezione derivante dal mio ambiente e dai media, dalla loro oggettivazione sessuale. Quindi devo semplicemente cambiare questa percezione diventando uomo.
Purtroppo non so cosa sia un uomo. La mia enciclopedia di psicologia dice della virilità: complesso di tratti fisici e psicologici quali la forza, il vigore, il coraggio, l'attività e la dominanza che caratterizzano il modello culturale del soggetto maschile IN CONTRASTO con il soggetto femminile.
Ma come faccio ad assumere questo modello se sono obbligato dal femminismo e dalla politica a non poterlo assumere? Se sono obbligato a non poter assumere quelle caratteristiche CONTRO le donne della mia vita?
Ma se questo modello è impraticabile, come faccio a diventare uomo? Mi direste chi è, oggi, un uomo? A quale modello posso rifarmi per diventarlo?
[#1]
Genrile Utente,
Nonostante la lunghezza della sua consulenza. Non capisco la sua domanda.
Essere maschio ed essere uomo solitamente coincidono.
Ci sono uomini più risolti..
Altri più coraggiosi..
Fragili..
Appagati..
Depressi..
Più audaci.. Ecc..
Esattamente come le donne!
Ma il suo diventare uomo non immagino correli con il ruolo delle donne nella società
Mi chiedo invece che modelli genitoriali ha ricevuto.
Madre dominante? Sottomessa?
Alla sua ultima domanda non esiste una risposta, per fortuna, eventualmente un supporto psicologico per fare chiarezza
Nonostante la lunghezza della sua consulenza. Non capisco la sua domanda.
Essere maschio ed essere uomo solitamente coincidono.
Ci sono uomini più risolti..
Altri più coraggiosi..
Fragili..
Appagati..
Depressi..
Più audaci.. Ecc..
Esattamente come le donne!
Ma il suo diventare uomo non immagino correli con il ruolo delle donne nella società
Mi chiedo invece che modelli genitoriali ha ricevuto.
Madre dominante? Sottomessa?
Alla sua ultima domanda non esiste una risposta, per fortuna, eventualmente un supporto psicologico per fare chiarezza
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
[#2]
Ex utente
Mia madre di dominante ha soltanto il fatto di possedere la casa, perché gliela comprò suo padre.
I miei genitori vivono in un rapporto paritario: mio padre cucina, mia madre mette in ordine, mio padre gestisce alcuni lavori, mia madre altri, ed entrambi fanno lo stesso lavoro.
A me sembra che comunque ci siano delle differenze nella loro distribuzione dei compiti: mia madre è più brava a riordinare e quindi gestisce, ad esempio, le finanze. Mio padre è più bravo a "ruotare" (per rifarci al termine che si riferisce al lancio del giavellotto) e quindi prende le decisioni sui viaggi di famiglia. Oppure mia madre gestisce acuisti di alcuni utensili o elettrodomestrici e mio padre quello dei lavori di manutenzione della casa. Comunque non si dividono le mansioni senza discuterne insieme.
Il mio voler diventare uomo significa non volermi più sentire inferiore alle donne. Io sento come una minaccia che più di riguardare me riguarda le generazioni che verranno dopo di me e che forse io dovrò guidare. C'è sicuramente un problema sociale di mezzo: vengono fatte sempre più ricerche per favorire lo "empowerment" femminile. Il che secondo me è un affronto al maschile. Si rischia di andare verso la tendenza a considerare legittimo soltanto il potere femminile. Il che è un peccato secondo me. Inoltre mi pare di aver subito dei torti dalle ragazze, o meglio, dal sistema che ha favorito le ragazze che ho conosciuto in vita mia. Ad esempio ho avuto molte compagne che a scuola si impegnavano molto più di me, ma che non esito a definire delle sciocche, che però, anche se ottenevano risultati e conoscenze peggiori, prendevano voti migliori. Il che mi sembra una logica "sociale" che favorisce il femminile, come atteggiamento più accogliente verso l'impegno, e penalizza il maschile, generalmente più ribelle. O, per andare più a fondo: che favorisce il femminile, più inquieto e quindi più disposto ad impegnarsi, penalizzando il maschile, più mansueto e quindi meno disposto ad impegnarsi. O ancora che favorisce il femminile, più razionale e quindi più disposto a certi lavori di logistica quali sembrano oggi gli unici lavori possibili, penalizzando il maschile, più emotivo e quindi più votato alla guerra, alla poesia, a cose che con la logistica dello stato tecnocratico non hanno nulla a che vedere.
Io credo fermamente che ci siano delle differenze sostanziali fra uomo e donna. Poi c'è chi dice che si tratta di un risultato della selezione naturale e chi pone in esse delle basi spirituali, ma il fatto è che ci sono. E credo anche che una società consapevole debba conservare queste differenze in ogni caso, in barba all'inflessibile punto di vista secondo il quale si deve essere, ad ogni costo, flessibili. Mi sembra che perdere dall'evoluzione dei tipi così ben riusciti come l'uomo e la donna tradizionali sia davvero un costo troppo alto. Anche perché non sappiamo se una civiltà possa svilupparsi a partire da individui differenti, mentre sappiamo per certo che questi ruoli tradizionali sanno portare le civiltà a sviluppi ulteriori.
Il mio problema, che non riguarda la "società", se non in relazione a me, è che non riesco più a vivere questa differenza. La sento minacciata. Sento minacciata la mia virilità dal fatto che mi sento punito - in maniera simbolica - se assumo dei comportamenti che si rifanno al ruolo tradizionale dell'uomo. Si tratti del gesto di galanteria ogni tanto o di una sana esclusione delle amiche da cose che reputo "da uomini". Io lo so che certe divisioni possono apparire stupide o indice di una certa problematicità, ma si tratta di un piacere che voglio prendermi per la vita e però "nessuno sta al gioco" di questo mio piacere. Se non qualche fanatico maschilista. Sembra quasi che il radunarsi fra uomini debba implicare una sorta di omosessualità. Il che poi significa che sento minacciati anche i miei amici da un loro bisogno, quasi una dipendenza, di stare in compagnia di donne ad ogni costo. Il che tuttosommato mi porta, invece che alla serenità per la libertà che la nostra civiltà offre ai ruoli, ad un'inquietudine per il fatto che abbiamo trasformato questa libertà in una forma di noncuranza di quei ruoli stessi. Almeno nella mia esperienza: quello che succede in Germania, in Francia o in altri posti lo so solo per sentito dire.
I miei genitori vivono in un rapporto paritario: mio padre cucina, mia madre mette in ordine, mio padre gestisce alcuni lavori, mia madre altri, ed entrambi fanno lo stesso lavoro.
A me sembra che comunque ci siano delle differenze nella loro distribuzione dei compiti: mia madre è più brava a riordinare e quindi gestisce, ad esempio, le finanze. Mio padre è più bravo a "ruotare" (per rifarci al termine che si riferisce al lancio del giavellotto) e quindi prende le decisioni sui viaggi di famiglia. Oppure mia madre gestisce acuisti di alcuni utensili o elettrodomestrici e mio padre quello dei lavori di manutenzione della casa. Comunque non si dividono le mansioni senza discuterne insieme.
Il mio voler diventare uomo significa non volermi più sentire inferiore alle donne. Io sento come una minaccia che più di riguardare me riguarda le generazioni che verranno dopo di me e che forse io dovrò guidare. C'è sicuramente un problema sociale di mezzo: vengono fatte sempre più ricerche per favorire lo "empowerment" femminile. Il che secondo me è un affronto al maschile. Si rischia di andare verso la tendenza a considerare legittimo soltanto il potere femminile. Il che è un peccato secondo me. Inoltre mi pare di aver subito dei torti dalle ragazze, o meglio, dal sistema che ha favorito le ragazze che ho conosciuto in vita mia. Ad esempio ho avuto molte compagne che a scuola si impegnavano molto più di me, ma che non esito a definire delle sciocche, che però, anche se ottenevano risultati e conoscenze peggiori, prendevano voti migliori. Il che mi sembra una logica "sociale" che favorisce il femminile, come atteggiamento più accogliente verso l'impegno, e penalizza il maschile, generalmente più ribelle. O, per andare più a fondo: che favorisce il femminile, più inquieto e quindi più disposto ad impegnarsi, penalizzando il maschile, più mansueto e quindi meno disposto ad impegnarsi. O ancora che favorisce il femminile, più razionale e quindi più disposto a certi lavori di logistica quali sembrano oggi gli unici lavori possibili, penalizzando il maschile, più emotivo e quindi più votato alla guerra, alla poesia, a cose che con la logistica dello stato tecnocratico non hanno nulla a che vedere.
Io credo fermamente che ci siano delle differenze sostanziali fra uomo e donna. Poi c'è chi dice che si tratta di un risultato della selezione naturale e chi pone in esse delle basi spirituali, ma il fatto è che ci sono. E credo anche che una società consapevole debba conservare queste differenze in ogni caso, in barba all'inflessibile punto di vista secondo il quale si deve essere, ad ogni costo, flessibili. Mi sembra che perdere dall'evoluzione dei tipi così ben riusciti come l'uomo e la donna tradizionali sia davvero un costo troppo alto. Anche perché non sappiamo se una civiltà possa svilupparsi a partire da individui differenti, mentre sappiamo per certo che questi ruoli tradizionali sanno portare le civiltà a sviluppi ulteriori.
Il mio problema, che non riguarda la "società", se non in relazione a me, è che non riesco più a vivere questa differenza. La sento minacciata. Sento minacciata la mia virilità dal fatto che mi sento punito - in maniera simbolica - se assumo dei comportamenti che si rifanno al ruolo tradizionale dell'uomo. Si tratti del gesto di galanteria ogni tanto o di una sana esclusione delle amiche da cose che reputo "da uomini". Io lo so che certe divisioni possono apparire stupide o indice di una certa problematicità, ma si tratta di un piacere che voglio prendermi per la vita e però "nessuno sta al gioco" di questo mio piacere. Se non qualche fanatico maschilista. Sembra quasi che il radunarsi fra uomini debba implicare una sorta di omosessualità. Il che poi significa che sento minacciati anche i miei amici da un loro bisogno, quasi una dipendenza, di stare in compagnia di donne ad ogni costo. Il che tuttosommato mi porta, invece che alla serenità per la libertà che la nostra civiltà offre ai ruoli, ad un'inquietudine per il fatto che abbiamo trasformato questa libertà in una forma di noncuranza di quei ruoli stessi. Almeno nella mia esperienza: quello che succede in Germania, in Francia o in altri posti lo so solo per sentito dire.
[#3]
Ex utente
Non so se ha capito il nocciolo della questione. Ho il problema di riuscire a stabilire le dovute differenze fra la parte di me che è maschile e la parte fuori di me che è femminile. Credo che queste differenze siano dovute per chi vuole avere un'identità completa, ma mi sento sopraffatto dalla cultura dominante che invece vuole livellare le differenze fino ad annullarle e a renderle una questione di "forma dei genitali", che pure è la base per creare una differenza dell'identità anche sociale.
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 1.8k visite dal 04/06/2016.
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