dopo 18 anni di psicoanalisi
Buongiorno,
sono una donna di 50 anni, dopo anni di CPS per una forma di grave sofferenza psichica, su consiglio di una compagna di liceo, mi rivolsi ad una psicoanalista che mi propose un'analisi di gruppo tre volte la settimana, accettai ma dopo 6 mesi lasciai per poter riuscire almeno a finire gli studi universitari, l'inizio non fu quindi dei migliori. Laureatami a fatica all'età di 28 anni, cominciai a stare sempre peggio, l'idea di andare a lavorare mi angosciava e all'età di 30 decisi di tornare in analisi. Migliorai con molta fatica ma cominciai a fare collaborazioni saltuarie e dopo 7 anni trovai impiego in un call center, per problemi di orario fui spostata in un gruppo a 2 sedute settimanali ma l'analisi procedeva a fatica finché arrivata a 17 anni di terapia e non rendendomi conto del tempo passato crollai, cominciarono violenti attacchi di panico a scosse che mi impedirono di proseguire saltando molte sedute, mi sentii dire che avrei dovuto continuare con tre sedute quindi cambiare ancora gruppo ma non me la sentii di proseguire, stare in gruppo mi faceva star male avevo perso il lavoro e i soldi erano fini non ce la feci a dirlo, presi tempo, due volte mandai una mail alla psicoanalista con l'intenzione di tornarci ma lo psichiatra da cui sono in cura disse che era meglio di no, troppa dipendenza ( e aggiungo io, soldi, nel frattempo non ho più lavorato) e mi indirizzò da una psicologa ad indirizzo umanistico esistenziale ma non convinta e con sensazione di tradimento nei confronti della mia psicoanalista, dopo due colloqui lasciai. Il panico in questo periodo si è accentuato di nuovo, assumo i medicinali prescritti dallo psichiatra, sto spesso a letto. Vi ringrazio se potete darmi pareri in merito, i sintomi attuali sono tachicardia, emicranie, vertigini, senso di svenimento tanto da dove mettermi spesso a letto, senso di instabilità, vuoti di memoria.
sono una donna di 50 anni, dopo anni di CPS per una forma di grave sofferenza psichica, su consiglio di una compagna di liceo, mi rivolsi ad una psicoanalista che mi propose un'analisi di gruppo tre volte la settimana, accettai ma dopo 6 mesi lasciai per poter riuscire almeno a finire gli studi universitari, l'inizio non fu quindi dei migliori. Laureatami a fatica all'età di 28 anni, cominciai a stare sempre peggio, l'idea di andare a lavorare mi angosciava e all'età di 30 decisi di tornare in analisi. Migliorai con molta fatica ma cominciai a fare collaborazioni saltuarie e dopo 7 anni trovai impiego in un call center, per problemi di orario fui spostata in un gruppo a 2 sedute settimanali ma l'analisi procedeva a fatica finché arrivata a 17 anni di terapia e non rendendomi conto del tempo passato crollai, cominciarono violenti attacchi di panico a scosse che mi impedirono di proseguire saltando molte sedute, mi sentii dire che avrei dovuto continuare con tre sedute quindi cambiare ancora gruppo ma non me la sentii di proseguire, stare in gruppo mi faceva star male avevo perso il lavoro e i soldi erano fini non ce la feci a dirlo, presi tempo, due volte mandai una mail alla psicoanalista con l'intenzione di tornarci ma lo psichiatra da cui sono in cura disse che era meglio di no, troppa dipendenza ( e aggiungo io, soldi, nel frattempo non ho più lavorato) e mi indirizzò da una psicologa ad indirizzo umanistico esistenziale ma non convinta e con sensazione di tradimento nei confronti della mia psicoanalista, dopo due colloqui lasciai. Il panico in questo periodo si è accentuato di nuovo, assumo i medicinali prescritti dallo psichiatra, sto spesso a letto. Vi ringrazio se potete darmi pareri in merito, i sintomi attuali sono tachicardia, emicranie, vertigini, senso di svenimento tanto da dove mettermi spesso a letto, senso di instabilità, vuoti di memoria.
[#1]
Gentile utente,
La terapia svolta per tutti questi anni non sembra averle portato risultati soddisfacenti, o almeno ora.
Condivido il consiglio del suo psichiatra che, ipotizzando una dipendenza, le ha consigliato di cambiare psicologo e conseguentemente psicoterapia. E il fatto che lei abbia interrotto sentendosi in difetto nei confronti della sua analista conferma l'ipotesi avanzata dal suo psichiatra.
CI parla di sofferenza psichica, che diagnosi le è stata fatta in passato? Qui ovviamente non possiamo fare diagnosi ma lei, ha riferito della sua nuova condizione al suo psichiatra?
Inoltre bisognerebbe indagare se i nuovi sintomi possono essere causati dai farmaci oppure se si tratta di una nuova problematica.
Le consiglio comunque si prendere realmente in considerazione la possibilità di rivolgersi ad un nuovo psicoterapeuta.
Cordialmente
La terapia svolta per tutti questi anni non sembra averle portato risultati soddisfacenti, o almeno ora.
Condivido il consiglio del suo psichiatra che, ipotizzando una dipendenza, le ha consigliato di cambiare psicologo e conseguentemente psicoterapia. E il fatto che lei abbia interrotto sentendosi in difetto nei confronti della sua analista conferma l'ipotesi avanzata dal suo psichiatra.
CI parla di sofferenza psichica, che diagnosi le è stata fatta in passato? Qui ovviamente non possiamo fare diagnosi ma lei, ha riferito della sua nuova condizione al suo psichiatra?
Inoltre bisognerebbe indagare se i nuovi sintomi possono essere causati dai farmaci oppure se si tratta di una nuova problematica.
Le consiglio comunque si prendere realmente in considerazione la possibilità di rivolgersi ad un nuovo psicoterapeuta.
Cordialmente
Dr.ssa Marta Stentella - Roma e Terni
Psicologa Clinica e Forense, Psicodiagnosta
www.martastentella.it
[#2]
Gentile Signora,
La psicoanalisi e' un viaggio dentro di se' e in particolare quella di gruppo e' un viaggio dentro di se' fatto su un pullman insieme ad altre persone. Tutte doloranti e che hanno bisogno di aiuto.
E' implicito che sia impegnativo e che necessiti di una capacita' / disponibilita'.
Quando ci si sente incapaci si inizia a saltare le sedute. E cosi' si decide di non curarsi piu'. Si decide di continuare a stare male tirando i remi in barca.
Come in tutte le cose cara Signora c'e chi e' propositivo, si impegna, accetta di soffrire pur di raggiungere un obiettivo, e chi no.
Su questa attitudine di personalità' non c'e` alcuna psicoterapia che abbia presa.
Forse davvero Lei deve convenire sul curarsi solo con i farmaci.
Mi dispiace davvero! Ci ha provato!
Auguri cara Signora!
La psicoanalisi e' un viaggio dentro di se' e in particolare quella di gruppo e' un viaggio dentro di se' fatto su un pullman insieme ad altre persone. Tutte doloranti e che hanno bisogno di aiuto.
E' implicito che sia impegnativo e che necessiti di una capacita' / disponibilita'.
Quando ci si sente incapaci si inizia a saltare le sedute. E cosi' si decide di non curarsi piu'. Si decide di continuare a stare male tirando i remi in barca.
Come in tutte le cose cara Signora c'e chi e' propositivo, si impegna, accetta di soffrire pur di raggiungere un obiettivo, e chi no.
Su questa attitudine di personalità' non c'e` alcuna psicoterapia che abbia presa.
Forse davvero Lei deve convenire sul curarsi solo con i farmaci.
Mi dispiace davvero! Ci ha provato!
Auguri cara Signora!
Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132
[#3]
Utente
Buongiorno e grazie della tempestività delle vostre risposte.
La diagnosi fatta al CPS fu quella di disturbo ansioso depressivo mentre sia la psicoanalista da cui andavo sia il mio attuale psichiatra hanno sottolineato che si tratta di ansia. A volte ho la sensazione che i farmaci per un verso mi aiutino, per l'altro mi diano la sensazione che peggiorino un poco la situazione visto che non faccio più alcun tipo di psicoterapia . Per quanto riguarda la psicoanalisi anch'io mi sono detta che ci ho provato, ho investito 18 anni ma poi ho dovuto arrendermi, tra l'altro avevo dato ad essa e alla figura dell'analista troppa importanza e molto meno alla vita fuori da quella stanza, vita che anche a detta del mio psichiatra va ripresa in mano.
Cordiali Saluti
La diagnosi fatta al CPS fu quella di disturbo ansioso depressivo mentre sia la psicoanalista da cui andavo sia il mio attuale psichiatra hanno sottolineato che si tratta di ansia. A volte ho la sensazione che i farmaci per un verso mi aiutino, per l'altro mi diano la sensazione che peggiorino un poco la situazione visto che non faccio più alcun tipo di psicoterapia . Per quanto riguarda la psicoanalisi anch'io mi sono detta che ci ho provato, ho investito 18 anni ma poi ho dovuto arrendermi, tra l'altro avevo dato ad essa e alla figura dell'analista troppa importanza e molto meno alla vita fuori da quella stanza, vita che anche a detta del mio psichiatra va ripresa in mano.
Cordiali Saluti
[#4]
gentile utente 18 anni di psicoanalisi non è un semplice provarci ma una vera aberrazione della terapia! La colpa ovviamente è dei terapeuti che l hanno tenuta "incollata" .
18 anni di terapia è una cosa davvero improponibile!!
Sicuramente l'approccio farmacologico è di aiuto ma se vuole riprovarci ovvio con un approccio che:
1) non prevede una assurdità del genere
2) che si focalizzi sull'aspetto operativo del problema.
NON è tardi per riprendere in mano la sua vita. e per i disturbi di ansia -vista la sua esperienza- oltre alla cura farmacologica una terapia di tipo comportamentale (cognitiva e/o strategica) è di maggior elezione.
saluti
18 anni di terapia è una cosa davvero improponibile!!
Sicuramente l'approccio farmacologico è di aiuto ma se vuole riprovarci ovvio con un approccio che:
1) non prevede una assurdità del genere
2) che si focalizzi sull'aspetto operativo del problema.
NON è tardi per riprendere in mano la sua vita. e per i disturbi di ansia -vista la sua esperienza- oltre alla cura farmacologica una terapia di tipo comportamentale (cognitiva e/o strategica) è di maggior elezione.
saluti
Dr. Armando De Vincentiis
Psicologo-Psicoterapeuta
www.psicoterapiataranto.it
https://www.facebook.com/groups/316311005059257/?ref=bookmarks
[#5]
Qual era stato il motivo originale di grave sofferenza psichica per cui decise di accettare il consiglio dell'amica e passare dal CPS all'analisi?
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#6]
Gentile utente,
"dopo 18 anni di psicoanalisi" - diconsì 18! - forse è giunto il momento di cambiare Psicoterapeuta (a proposito: è iscritta allAlbo degli psicologi, la Sua storica?) e approccio; considerato che generalemte la psicoterapia dà risutati a tempi più brevi....
Probabilmente avrà da fronteggiare i sensi di coplpa pre l'ipotetico "tradimento", ma questo potrà avvenire assiem alla nuova/o terapeuta.
Nel frattempo in questi 18! anni che è successo nella Sua vita?
Ha avuto un amore?
Ha figli?
Ha un lavoro?
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#7]
Utente
Decisi di accettare il consiglio dell'amica di tentare con la psicoanalisi perché sua sorella dopo sette anni stava finendo la terapia con successo, ingenuità da parte mia pensare che bastasse questa motivazione, e poi qualche specialista neurologo e psichiatra consultati prima di andare al CPS mi avevano detto che soffrivo di nevrosi anche se avevano messo in dubbio la riuscita di un eventuale trattamento psicoanalitico.
Per quanto riguarda cosa ho fatto in questi 18 anni, praticamente nulla a parte aver lavorato, non ho avuto neanche un amore né figli. Motivazione datami dalla psicoanalista dopo tutti questi anni: troppo presa dal lutto per la morte di mio fratello che avvenne quando avevo quattro anni e grande difficoltà di elaborazione delle emozioni e di quanto emergeva dai sogni.
La psicoanalista in questione è membro della SPI
Per quanto riguarda cosa ho fatto in questi 18 anni, praticamente nulla a parte aver lavorato, non ho avuto neanche un amore né figli. Motivazione datami dalla psicoanalista dopo tutti questi anni: troppo presa dal lutto per la morte di mio fratello che avvenne quando avevo quattro anni e grande difficoltà di elaborazione delle emozioni e di quanto emergeva dai sogni.
La psicoanalista in questione è membro della SPI
[#8]
Cara Signora,
Vorrei che, nel Suo interesse, riflettesse meglio sulla sua affermazione di "avere intrapreso una psicoanalisi per ingenuita". C'e grande negazione delle Sue esigenze profonde e questo massiccio ricorso ad un meccanismo di difesa cosi' pesante mi fa riflettere .
La psicoanalisi e' un lavoro serio su di se' e che si sceglie. Ogni seduta. Anche perche' richiede impegno emozionale. E se l'impegno emozionale non ci fosse stato non sarebbe restata a seguirla per 18 anni. Avrebbe percepito un distacco intollerabile. Una estraneazione alienante.
Forse l'impegno che Le era necessario non e' stato accettato da Lei e questo ha vanificato la possibilita' che l'analisi fosse produttiva.
L'analisi richiede una disponibilita'. Profonda. Una fiducia tale nel rapporto terapeutico da permettere di mettersi in discussione e transitare in periodi di destabilizzazione.
In analisi nessuno Le da' delle prescrizioni. E' un lavoro che tende allo sviluppo interiore del paziente.
Se Lei avesse opposto a tutto questo delle resistenze invalicabili avrebbe lasciato l'analisi dopo poco.
Si sarebbe resa conto di non essere entrata in una relazione terapeutica.
Se e' andata in terapia 18 anni i risultati li ha avuti eccome.
Fa riflettere questo Suo disconoscimento di cio' che l'analisi non puo' non averle dato.
Tale atteggiamento "postumo" potrebbe indicare un estremo meccanismo di difesa. O forse la Sua personalita' e psicopatologia non sono state idonee all'analisi. Oppone delle resistenze troppo forti.
Un ultima considerazione: La capacita' di introspezione e' una risorsa indispensabile all'analisi. In psicopatologie molto gravi infatti l'analisi non e' applicabile. Il soggetto non e' in grado di elaborare i Suoi contenuti. E' ermeticamente chiuso nella Sua patologia. E quindi non la si pratica affatto.
Ma Lei ha lavorato e ha condotto una esistenza normale in questi anni, quindi non mi sembra che sia questo il suo caso.
La psicoanalisi non e' una "tecnica" che miri a un risultato pratico . Eventualmente per questo uso esistono dei modelli terapeutici successivi molto piu' superficiali.
La psicoanalisi serve a mettersi in contatto con se' stessi. E questa e' una prerogativa della persona che si sottopone all'analisi.
Le auguro comunque che nei prossimi mesi ed anni, superato il "lutto" della perdita dell'analisi Lei possa realizzare la grande ricchezza che la Sua analisi Le ha attribuito.
I migliori saluti.
Vorrei che, nel Suo interesse, riflettesse meglio sulla sua affermazione di "avere intrapreso una psicoanalisi per ingenuita". C'e grande negazione delle Sue esigenze profonde e questo massiccio ricorso ad un meccanismo di difesa cosi' pesante mi fa riflettere .
La psicoanalisi e' un lavoro serio su di se' e che si sceglie. Ogni seduta. Anche perche' richiede impegno emozionale. E se l'impegno emozionale non ci fosse stato non sarebbe restata a seguirla per 18 anni. Avrebbe percepito un distacco intollerabile. Una estraneazione alienante.
Forse l'impegno che Le era necessario non e' stato accettato da Lei e questo ha vanificato la possibilita' che l'analisi fosse produttiva.
L'analisi richiede una disponibilita'. Profonda. Una fiducia tale nel rapporto terapeutico da permettere di mettersi in discussione e transitare in periodi di destabilizzazione.
In analisi nessuno Le da' delle prescrizioni. E' un lavoro che tende allo sviluppo interiore del paziente.
Se Lei avesse opposto a tutto questo delle resistenze invalicabili avrebbe lasciato l'analisi dopo poco.
Si sarebbe resa conto di non essere entrata in una relazione terapeutica.
Se e' andata in terapia 18 anni i risultati li ha avuti eccome.
Fa riflettere questo Suo disconoscimento di cio' che l'analisi non puo' non averle dato.
Tale atteggiamento "postumo" potrebbe indicare un estremo meccanismo di difesa. O forse la Sua personalita' e psicopatologia non sono state idonee all'analisi. Oppone delle resistenze troppo forti.
Un ultima considerazione: La capacita' di introspezione e' una risorsa indispensabile all'analisi. In psicopatologie molto gravi infatti l'analisi non e' applicabile. Il soggetto non e' in grado di elaborare i Suoi contenuti. E' ermeticamente chiuso nella Sua patologia. E quindi non la si pratica affatto.
Ma Lei ha lavorato e ha condotto una esistenza normale in questi anni, quindi non mi sembra che sia questo il suo caso.
La psicoanalisi non e' una "tecnica" che miri a un risultato pratico . Eventualmente per questo uso esistono dei modelli terapeutici successivi molto piu' superficiali.
La psicoanalisi serve a mettersi in contatto con se' stessi. E questa e' una prerogativa della persona che si sottopone all'analisi.
Le auguro comunque che nei prossimi mesi ed anni, superato il "lutto" della perdita dell'analisi Lei possa realizzare la grande ricchezza che la Sua analisi Le ha attribuito.
I migliori saluti.
[#11]
Cara Signora,
Il soggetto di analisi era Lei. E Lei doveva chiedere di sospendere l'analisi se era questo il Suo desiderio. Ponderato e meditato di cui si assumeva l'onere.
La Sua psicoanalista non avra' ritenuto che fosse opportuno sospendere dato che Lei non era migliorata e non e' ancora migliorata.
La psicoanalista non e' la Sua mamma. Lei era ed e' una persona adulta con la Sua liberta' e autonomia di scegliere. E di sbagliare se vuole. Anzi, uno degli obiettivi di ogni psicoanalisi e' di eliminare le "derive" patologiche che possano portare il paziente a DELEGARE: Assumersi la responsabilità di se' stessi nel bene e nel male e' il primo obiettivo terapeutico di ogni percorso. Se si riesce a conferire al paziente tale "onorificienza" si e' gia' a buon punto!
Il soggetto di analisi era Lei. E Lei doveva chiedere di sospendere l'analisi se era questo il Suo desiderio. Ponderato e meditato di cui si assumeva l'onere.
La Sua psicoanalista non avra' ritenuto che fosse opportuno sospendere dato che Lei non era migliorata e non e' ancora migliorata.
La psicoanalista non e' la Sua mamma. Lei era ed e' una persona adulta con la Sua liberta' e autonomia di scegliere. E di sbagliare se vuole. Anzi, uno degli obiettivi di ogni psicoanalisi e' di eliminare le "derive" patologiche che possano portare il paziente a DELEGARE: Assumersi la responsabilità di se' stessi nel bene e nel male e' il primo obiettivo terapeutico di ogni percorso. Se si riesce a conferire al paziente tale "onorificienza" si e' gia' a buon punto!
[#12]
"Nevrosi" è generico nel senso in cui lo sarebbe "infezione". Così come ci possono essere molti tipi di infezione, molte possono essere le nevrosi. Anzi, oggigiorno in clinica il termine "nevrosi" non si usa più.
Se il suo problema principale consisteva in ansia a paura di morire, deve sapere che forme di psicoterapia più attiva e focalizzata come quelle accennate sopra dal collega De Vincentiis, ovvero quelle in cui si danno prescrizioni e istruzioni precise al paziente su cosa fare o non fare per venire a capo dell'ansia, possono durare una decina di sedute. Fatta salva ovviamente la variabilità individuale e la motivazione a uscire dal problema. Si parla comunque di mesi o al massimo di un anno-un anno e mezzo, non di decenni.
Se il suo problema principale consisteva in ansia a paura di morire, deve sapere che forme di psicoterapia più attiva e focalizzata come quelle accennate sopra dal collega De Vincentiis, ovvero quelle in cui si danno prescrizioni e istruzioni precise al paziente su cosa fare o non fare per venire a capo dell'ansia, possono durare una decina di sedute. Fatta salva ovviamente la variabilità individuale e la motivazione a uscire dal problema. Si parla comunque di mesi o al massimo di un anno-un anno e mezzo, non di decenni.
[#13]
Gentile utente,
"avere intrapreso una psicoanalisi per ingenuita".
Capisco il suo sentirsi delusa, forse tradita e sfruttata, dopo 18 anni di terapia
e con tali esiti nei confronti del problema per cui si era recata in psicoanalisi.
Purtroppo non c'è ancora sufficiente conoscenza
- sia della psicoterapia
- sia dei differenti orientamenti e metodi che la ispirano e guidano.
E dunque succede che una persona vada "in terapia" per risolvere un disturbo e si ritrovi
- magari senza rendersene conto completamente -
in una "avventura" esperienziale in cui <<La psicoanalisi serve a mettersi in contatto con se' stessi.<<
a cui non era né preparata, né interessata.
Credo di capire che il Suo problema fosse risolvere il disturbo, non conoscere se stessa.
Di qui la Sua delusione.
Peccato questa "messa a fuoco" solo dopo 18 anni.
"avere intrapreso una psicoanalisi per ingenuita".
Capisco il suo sentirsi delusa, forse tradita e sfruttata, dopo 18 anni di terapia
e con tali esiti nei confronti del problema per cui si era recata in psicoanalisi.
Purtroppo non c'è ancora sufficiente conoscenza
- sia della psicoterapia
- sia dei differenti orientamenti e metodi che la ispirano e guidano.
E dunque succede che una persona vada "in terapia" per risolvere un disturbo e si ritrovi
- magari senza rendersene conto completamente -
in una "avventura" esperienziale in cui <<La psicoanalisi serve a mettersi in contatto con se' stessi.<<
a cui non era né preparata, né interessata.
Credo di capire che il Suo problema fosse risolvere il disturbo, non conoscere se stessa.
Di qui la Sua delusione.
Peccato questa "messa a fuoco" solo dopo 18 anni.
[#14]
Utente
Gentili dottori,
ringrazio tutti per le vostre risposte. Sono del parere che ogni terapeuta creda nel suo indirizzo come è giusto che sia, apprezzo il fatto che diate consigli o scriviate considerazioni mettendo a disposizione il vostro tempo anche a chi ha faticato e fatichi tra specialisti vari nella speranza di avere un po' di benessere.
Cordiali saluti
ringrazio tutti per le vostre risposte. Sono del parere che ogni terapeuta creda nel suo indirizzo come è giusto che sia, apprezzo il fatto che diate consigli o scriviate considerazioni mettendo a disposizione il vostro tempo anche a chi ha faticato e fatichi tra specialisti vari nella speranza di avere un po' di benessere.
Cordiali saluti
[#15]
>>> Sono del parere che ogni terapeuta creda nel suo indirizzo >>>
Purtroppo a volte succede. La terapia però non dovrebbe essere questione di fede, ma basarsi su prove empiriche sufficientemente rigorose tale per cui possa definirsi efficace ed efficiente, ovvero agire nel senso desiderato e in tempi possibilmente brevi, per il problema sotto esame.
Altrimenti, se vado in terapia per 10 anni, anche guarendo del tutto è impossibile capire se ciò sia avvenuto per merito della terapia o per gli effetti di storia e maturazione, come si dice in gergo, cioè perché nel frattemposono intervenuti altri fattori, del tutto estranei alla terapia.
Purtroppo a volte succede. La terapia però non dovrebbe essere questione di fede, ma basarsi su prove empiriche sufficientemente rigorose tale per cui possa definirsi efficace ed efficiente, ovvero agire nel senso desiderato e in tempi possibilmente brevi, per il problema sotto esame.
Altrimenti, se vado in terapia per 10 anni, anche guarendo del tutto è impossibile capire se ciò sia avvenuto per merito della terapia o per gli effetti di storia e maturazione, come si dice in gergo, cioè perché nel frattemposono intervenuti altri fattori, del tutto estranei alla terapia.
[#16]
Utente
Concordo nel fatto che la psicoanalisi diventi una sorta di fede e quando senti i miglioramenti pensi che è la strada giusta e sei contenta ma quando subentra il panico e sai che ti senti male in gruppo e nel scendere le scale (lo studio non aveva ascensore), perdi il lavoro e i farmaci non ti aiutano molto allora pensi proprio di aver buttato via 18 anni in termini emotivi ed economici e ricomincia la sofferenza che non ti molla più.
[#17]
Utente
Buongiorno,
mi è venuta in mente una frase che lo psichiatra del CPS disse ai miei che poi mi riferirono : sua figlia non vuole diventare grande.
La messa a punto che fece la psicoanalista cui mi rivolsi per dei colloqui dopo la sospensione dell'analisi fu che ero arrivata alla fase adolescenziale (in effetti avevo cominciato a fare sogni erotici e a procurarmi eccitazione sessuale), e ora dopo due anni senza analisi mi sento ritornata come bambina, è da sabato pomeriggio che sono a letto sofferente come non mai e penso al suicidio come unica via d'uscita, salvo poi pensare ai miei genitori di cui uno ammalato e non posso fare un gesto simile.
mi è venuta in mente una frase che lo psichiatra del CPS disse ai miei che poi mi riferirono : sua figlia non vuole diventare grande.
La messa a punto che fece la psicoanalista cui mi rivolsi per dei colloqui dopo la sospensione dell'analisi fu che ero arrivata alla fase adolescenziale (in effetti avevo cominciato a fare sogni erotici e a procurarmi eccitazione sessuale), e ora dopo due anni senza analisi mi sento ritornata come bambina, è da sabato pomeriggio che sono a letto sofferente come non mai e penso al suicidio come unica via d'uscita, salvo poi pensare ai miei genitori di cui uno ammalato e non posso fare un gesto simile.
Questo consulto ha ricevuto 17 risposte e 10.2k visite dal 22/05/2016.
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