Sono un malriuscito

Tenterò di spiegarmi in modo chiaro, ma non è facile parlare di faccende così intime. Sono un malriuscito: non ho abilità, non ho successi dietro le spalle, non primeggio in niente, non riesco in niente e non ho né la forza fisica, né quella di volontà per fare qualcosa fino in fondo. Non ho veri amici, o comunque se anche quelli che ho si sentono amici miei io non me li sento amici. Ogni mese che passa divento più stupido e non riesco a mantenere la mia intelligenza né a incrementarla. Il punto è che non ho la capacità di essere competitivo nella vita e quindi non mi resta che essere remissivo o collaborativo. Solo che non mi interessa niente di tutto quello che interessa agli altri... Cioè in realtà non mi interessa proprio niente nella vita. Quindi di sicuro non posso collaborare a niente. Sono un DEBOLE, ma non nel senso che mi sento debole, che ho un periodo di debolezza rispetto ad un certo livello di forza o che sono debole in un ambito o non in altri: sono un debole in assoluto. Va di moda dire che non ci sono verità assolute, quindi per certi versi sono anche fuori moda. Ecco, magari il senso della dignità ce l'ho e quindi mi rifiuto di essere remissivo e di vivere in balìa di qualcun altro come servo o come lacchè. Magari non avessi questo senso di dignità: potrei diventare qualcuno, anche se un lacchè. Purtroppo però oggigiorno va di moda parlare della dignità di tutti ed ho letto troppi libri per dimenticarmi il senso della dignità.
Dal punto di vista delle relazioni umane tutto questo ha un certo peso, perché non ho niente da offrire agli altri, né niente che mi vada di ricevere. Io voglio bene incondizionatamente, ma mi rendo conto sempre più che gli altri invece pretendono "scambi", fossero anche emozionali, che non mi posso permettere. Non perché non mi vada, anche se la maggior parte delle volte mi mettono imbarazzo, ma perché, checché se ne dica, in ogni incontro, in ogni reciprocità, in ogni sguardo che porti l'altro e me ad esistere, c'è sempre di mezzo anche lo scontro. Ed io in ogni scontro perdo: nel senso che tradisco quella parte di me stesso isolata dagli altri. Perdo nel senso che divengo sempre sottomesso agli altrui desideri e all'altrui punto di vista e con ciò mi disgrego e mi anniento, vengo divorato dall'altro. Questo succede sempre, anche quando lotto attivamente per farmi valere: forse sono solo troppo intelligente per credere di avere ragione, o troppo stupido ed insicuro per ottenerla. Probabilmente la seconda che ho detto: la prima, l'intelligenza, è una qualità inventata per mettermi sicurezza, un autoinganno coi piedi d'argilla, che crolla su se stesso.
Qualcuno sa se c'è un qualche modo per trasformarmi nella personalità in uno che vince sempre con tutti e che ha successo negli affari? Sapete come trasformarmi in un industriale plurimiliardario? In realtà quest'idea mi fa schifo, ma non vedo come uno come me possa vivere dignitosamente se non comprandosi la gioia con il potere dei soldi.
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Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317
"Qualcuno sa se c'è un qualche modo per trasformarmi nella personalità in uno che vince sempre con tutti e che ha successo negli affar"

Genrile Utente,
Parto dalla fine.
La risposta è no

Dovrebbe per prima cosa cercare di diventare se stesso, non qualcun altro, è il percorso più complesso e più tortuoso.

Sarebbe utile se si facesse aiutare da un nostro collega per capire cosa ha bloccato o danneggiato la sua autostima, il suo valore..
Il suo volere.
Mi chiedo come e se è stato amato da bambino?
Se si piace abbastanza?
Se ha mai avuto delle esperienze positive?

Nessuno può comprare la felicità con il potere dei soldi, come dice lei, la felicità dipende da tantissimo altro, spesso non acquistabile.

Ha mai amato?

Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it

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Attivo dal 2016 al 2016
Ex utente
Gentile dottoressa,
amori, esperienze positive, essere amato, piacersi, chi non ha mai avuto queste cose? Raro non averne: più raro averne di VERAMENTE positive.

Ecco, la questione qui, come dice è "diventare me stesso" o "essere me stesso". Ma il problema è che anche Homer Simpson, per fare un esempio proveniente dalla cultura pop, è se stesso! Ma il fatto che egli sia se stesso, non lo rende un individuo accettabile o comunque degno di vivere; infatti è un personaggio di fantasia.

C'è un piano, quello soggettivo, in cui possiamo farci tutte le fantasie che vogliamo. Se ci facciamo fantasie troppo tendenti all'onnipotenza e al narcisismo, alla fine il "nostro" mondo personale crolla su se stesso per l'assurdità. Se ci facciamo fantasie di odio, persecuzione, autodegradazione, anche in quel caso il nostro mondo crolla o diventa terribile. Se ci facciamo delle fantasie equilibrate, poi possiamo anche permetterci tutta l'audacia che vogliamo e il nostro mondo regge. Più equilibrio, in questo caso, significa più potenza per fare di tutto. Ma al di là del nostro mondo personale, equilibrato o squilibrato che sia, c'è il VERO mondo, l'unico mondo vero comune a tutti. Nel VERO mondo non importa affatto che io sia "me stesso", "un altro", o "me stesso solo in potenza". Nasco già me stesso e lo rimango per tutta la vita, come parte di un ingranaggio dove tutto è prestabilito, almeno a livello di valori e voleri. Io le sto dicendo che non ho quasi valore, nel senso che nella gerarchia degli esseri umani, quella che dalla casta sacerdotale va fino agli schiavi e poi ai Ciandala, io occupo una di queste due caste inferiori. E, come insegna il codice di Manu, al di là di tutti i Buddhismi non si può VERAMENTE cambiare casta. Si può cambiare il proprio "potere", ma non il proprio valore, né il proprio volere. E' una questione di razza, per così dire. Certo, da schiavo posso fingermi con me stesso uno di quelli che fa parte del "Popolo Eletto" e magari ottenere potere prestando fede a questa finzione, ma rimango sempre schiavo.

Che dire, le uniche possibilità che veramente ho davanti a me, sono di rimanere identico nello status sociale e diventare o un barbone o un servo. Il che poi vorrebbe dire, per me, fare una fine vergognosa per la quale dovrei suicidarmi. In alternativa cambiare secondo l'unico modo consentitomi, ovvero in modo economico, diventando uno straricco plurimiliardario con più potere degli stati sovrani. A quel punto, grazie ai soldi, come malriuscito potrò vendicarmi dei benriusciti e di tutti i migliori.

Io potrei essere me stesso, dottoressa, cioè uno schiavo o un intoccabile, se vivessimo in una società che consente le rigide gerarchie. Purtroppo però mi hanno educato alla ridicola idea della "dignità umana" e della "libertà dalle autorità", mi hanno insegnato queste cose e non ho la forza di cambiare, non da solo almeno. Lei mi dice: "prima dovrebbe diventare se stesso". Il che significa, o che devo fare il barbone o che devo fare il domestico a tempo pieno, cioè o che io diventi un reietto oppure qualcuno che dipende totalmente dai suoi padroni. Il punto è che mi manca la viltà o il coraggio di fare questo! Di diventare "me stesso", cioè uno schiavo, ammesso poi che la società attuale lo consenta! Mi manca il coraggio perché ho ancora in me la convinzione che fare lo schiavo sia indignitoso. In verità è vero, non c'è alcuna bellezza o valore in quel ruolo, ma è l'unico ruolo che mi spetta. Se andassi da un terapeuta mi estirperebbe il senso di dignità in maniera definitiva senza che io me ne accorga? Questo potrei accettarlo e allora potrei diventare me stesso. Anche se preferirei che mi riempisse di cattiveria e di astuzia per diventare il plurimiliardario nemico del proletariato.
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Attivo dal 2016 al 2016
Ex utente
Però ora voglio presentarle un fatto curioso, dottoressa, o magari un fatto che è curioso soltanto perché ho una qualche patologia. Stanotte ho come "sentito arrivare", nel dormiveglia, la sua risposta. Qualcosa di simile a quello che chiamano "insight"... Il che, da un certo punto di vista, è inspiegabile. Lei è lei, io sono io, come posso io aver sentito arrivare ciò che lei stava per dirmi? Ecco quel senso di disgregazione che avverto in ogni rapporto con gli altri. Prima ancora che lei mi contattasse, già mi trovavo in sua balìa. E di "me" non ne era più nulla, ammesso che ne sia mai stato qualcosa.
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Attivo dal 2016 al 2016
Ex utente
Magari non potrò acquistare la felicità con il potere dei soldi, ma potrò acquistare vendette, donne, droghe e maxischermi, cibi di alta qualità e la possibilità di infrangere le leggi in uno stato per poi farmi difendere da un altro stato.
Oltre a poter comprare eserciti personali.
Magari tutto questo non mi renderà felice: che ne so io; però potrebbe rendermi abbastanza gaudente da non aver bisogno di felicità!
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Attivo dal 2016 al 2016
Ex utente
Forse ho fatto scandalizzare qualcuno per la mia "immoralità". Scusate, ma voi capite che, se non ho la capacità e non posso avere la capacità di essere uno dei buoni, non mi resta altro che uccidermi o diventare uno dei cattivi. Ma sono troppo incapace di essere buono (troppo vigliacco) per uccidermi.
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Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317
Non ha fatto scandalizzare nessuno.

"Lei è lei, io sono io, come posso io aver sentito arrivare ciò che lei stava per dirmi? Ecco quel senso di disgregazione che avverto in ogni rapporto con gli altri"

Questo è uno dei tanti punti da analizzare con cura, ovviamente non online.

Credo che dovrebbe farsi aiutare da un nostro collega, comprendere cosa cela questo suo disagio e questi suoi bisogni, soltanto così può davvero diventare se stesso.
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Attivo dal 2016 al 2016
Ex utente
Sì. Certo! E se raggiungerò la fine dell'arcobaleno troverò la pentola piena di monete d'oro!

Addio. Quando avrò miliardi da spendere ci risentiremo.
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Cordiali saluti
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