Voglio diventare invisibile
Oggi a lezione di psicologia sociale l'insegnante parlava dell'oggettivizzazione sessuale, intendendola come quel "processo" per il quale qualcuno viene valutato esplicitamente da un punto di vista soltanto sessuale e si "trasforma" in un oggetto. Credo che per chi, come me, non può permettersi una ragazza, questo tipo di "processo" abbia un maggiore rilievo rispetto a quanto ne abbia per chi è "fico", perché mette in testa l'idea "se sono un oggetto sessuale e dal punto di vista sessuale non valgo niente, allora non valgo proprio niente". Sicuramente si tratta di una sciocchezza, perché appunto queste "magie" che trasformano le persone in oggetti sessuali in realtà sono solo espressioni più o meno comunicative che guardano soltanto il punto di vista sessuale. Non mi sembra che dandomi dello "scorfano" qualcuno insulti la mia persona, bensì solo una parte; e d'altro canto rivendicare "il mio diritto a non farmi insultare" non mi trasformerà miracolosamente in un principe azzurro. Quindi tutto quel discorso psicologico mi sembra affatto vuoto.
A me però ha dato fastidio, nonostante la sua vuotezza, o forse proprio per essa. Mi ha dato fastidio il fatto che mi abbia fatto "aprire gli occhi" su cose dolorose senza che ne avessi alcuna voglia; mi ha dato fastidio perché mi ha fatto sentire "spiato", nei miei pensieri e nei miei desideri - ho provato quel "delirio di essere osservato" che precederebbe l'autoosservazione -.
Il fatto è che per evitare queste sensazioni dovrei diventare, almeno in parte, invisibile. Non si dovrebbe evincere dal mio linguaggio del corpo nessuna mia intenzione, né dalle mie parole. Vi sembrerà assurdo, ma io desidero questo più di tutto: poter mantenere un segreto! Poter decidere se farlo passare o no. Poter "mentire" senza mentire. Non so se è chiaro... Mettiamo che io dica a qualcuno "Sto andando al bar" e che ci stia andando per incontrare Tizio, mi piacerebbe che quel qualcuno non si ponesse poi la domanda "Sta andando al bar per fare cosa?" e che poi indovini "Per incontrare Tizio!". Oppure, se sto per tirare un pugno a qualcuno, che quel qualcuno non veda la mia rabbia. O che, dicendo una frase, non si capiscano i gruppi di pensieri che hanno portato a quella frase. Sennò mi sento in trappola e non capisco come si possa vivere "conoscendosi empaticamente l'un l'altro", senza segreti e senza privatezza. Parla qui il mio istinto: se un individuo è visibile, è una preda facile. Ho solo la soluzione dell'invisibilità.
Secondo voi tutto questo è fattibile?
E lo considerate un atteggiamento patologico?
Vi ricordo che senza "segretezza" non potremmo usare, ad esempio, le password, né un industriale potrebbe lanciare sul mercato prodotti innovativi. Però con tutti 'sti osservatori attenti, strateghi, psicologi, calcolatori e spioni che stanno in giro, mi chiedo come sia possibile che ancora nessuno abbia scoperto le mie password, visto che per tutto il resto sono "nudo" agli occhi di tutti.
A me però ha dato fastidio, nonostante la sua vuotezza, o forse proprio per essa. Mi ha dato fastidio il fatto che mi abbia fatto "aprire gli occhi" su cose dolorose senza che ne avessi alcuna voglia; mi ha dato fastidio perché mi ha fatto sentire "spiato", nei miei pensieri e nei miei desideri - ho provato quel "delirio di essere osservato" che precederebbe l'autoosservazione -.
Il fatto è che per evitare queste sensazioni dovrei diventare, almeno in parte, invisibile. Non si dovrebbe evincere dal mio linguaggio del corpo nessuna mia intenzione, né dalle mie parole. Vi sembrerà assurdo, ma io desidero questo più di tutto: poter mantenere un segreto! Poter decidere se farlo passare o no. Poter "mentire" senza mentire. Non so se è chiaro... Mettiamo che io dica a qualcuno "Sto andando al bar" e che ci stia andando per incontrare Tizio, mi piacerebbe che quel qualcuno non si ponesse poi la domanda "Sta andando al bar per fare cosa?" e che poi indovini "Per incontrare Tizio!". Oppure, se sto per tirare un pugno a qualcuno, che quel qualcuno non veda la mia rabbia. O che, dicendo una frase, non si capiscano i gruppi di pensieri che hanno portato a quella frase. Sennò mi sento in trappola e non capisco come si possa vivere "conoscendosi empaticamente l'un l'altro", senza segreti e senza privatezza. Parla qui il mio istinto: se un individuo è visibile, è una preda facile. Ho solo la soluzione dell'invisibilità.
Secondo voi tutto questo è fattibile?
E lo considerate un atteggiamento patologico?
Vi ricordo che senza "segretezza" non potremmo usare, ad esempio, le password, né un industriale potrebbe lanciare sul mercato prodotti innovativi. Però con tutti 'sti osservatori attenti, strateghi, psicologi, calcolatori e spioni che stanno in giro, mi chiedo come sia possibile che ancora nessuno abbia scoperto le mie password, visto che per tutto il resto sono "nudo" agli occhi di tutti.
[#1]
Gentile utente,
proverò a rispondere alla sua domanda: mi sembra di aver capito che lei avverte negli altri la capacità di leggere le sue emozioni o comunque l'incapacità da parte sua di nasconderle.
Nella comunicazione è sempre presente il linguaggio non verbale che oltre alle parole e direi ancor di più chiarisce il significato di ciò che dichiariamo apertamente.
Sembrerebbe che lei provi un disagio in questo e desidererebbe invece che il suo prossimo non captasse nulla di lei ma d'altro canto parlando di empatia come condizione "per conoscersi l'un l'altro" la considererebbe un elemento imprescindibile.
Allo stesso tempo considera l'individuo "visibile come preda facile". Si potrebbe pensare ad un giusto equilibrio tra lo scoprirsi e tenere nascoste parti di se alle persone con cui si ha a che fare con la giusta consapevolezza dei rapporti che intercorrono col mondo circostante.
Mi chiedo come mai lei ritiene di non potersi permettere una ragazza. Potrebbe porsi delle domande rispetto al concetto che ha di se magari con l'ausilio di un esperto.
La saluto cordialmente.
Dr. Lucia Murgia
Psicologa
proverò a rispondere alla sua domanda: mi sembra di aver capito che lei avverte negli altri la capacità di leggere le sue emozioni o comunque l'incapacità da parte sua di nasconderle.
Nella comunicazione è sempre presente il linguaggio non verbale che oltre alle parole e direi ancor di più chiarisce il significato di ciò che dichiariamo apertamente.
Sembrerebbe che lei provi un disagio in questo e desidererebbe invece che il suo prossimo non captasse nulla di lei ma d'altro canto parlando di empatia come condizione "per conoscersi l'un l'altro" la considererebbe un elemento imprescindibile.
Allo stesso tempo considera l'individuo "visibile come preda facile". Si potrebbe pensare ad un giusto equilibrio tra lo scoprirsi e tenere nascoste parti di se alle persone con cui si ha a che fare con la giusta consapevolezza dei rapporti che intercorrono col mondo circostante.
Mi chiedo come mai lei ritiene di non potersi permettere una ragazza. Potrebbe porsi delle domande rispetto al concetto che ha di se magari con l'ausilio di un esperto.
La saluto cordialmente.
Dr. Lucia Murgia
Psicologa
Dr. Lucia Murgia
[#2]
Caro ragazzo,
Leggendo le sue parole e i desideri che esprime in un primo momento ho pensato ad una reale psicopatologia. Un non sentirsi davvero idoneo a interagire con altri.
Poi per fortuna ha nominato le password e ho intuito il Suo problema: Lei e' un cosiddetto "nativo digitale". Un individuo che purtroppo e' nato e si e' sviluppato dietro un computer.
Lei ha bisogno di nascondersi. Perche' non ha imparato quella emozione vitale che e' mostrarsi. Com'e'. Accettando di vedere l'espressione prodotta sugli altri. Accettando di vedere la manipolazione, la rabbia, la gioia e il rifiuto!
Purtroppo nella Sua eta' e' un problema diffuso.
Il consiglio, se ha notato di avere delle "chiusure" e' cercare di rivelarsi agli altri, un po' alla volta.
Ma con risoluta volonta'.
Purtroppo il computer e' una immensa difesa dagli altri, un enorme antivirus che sfortunatamente protegge troppo. In modo assoluto. Da tutto. Fino a condannare alla solitudine intollerabile!
Provi a pensarci, poi se lo vorra' esistono dei centri per disintossicare i nativi digitali e trasformarli in "nativi" e basta. Nascituri magari sulla realtà relazionale!
Che ne dice!
Leggendo le sue parole e i desideri che esprime in un primo momento ho pensato ad una reale psicopatologia. Un non sentirsi davvero idoneo a interagire con altri.
Poi per fortuna ha nominato le password e ho intuito il Suo problema: Lei e' un cosiddetto "nativo digitale". Un individuo che purtroppo e' nato e si e' sviluppato dietro un computer.
Lei ha bisogno di nascondersi. Perche' non ha imparato quella emozione vitale che e' mostrarsi. Com'e'. Accettando di vedere l'espressione prodotta sugli altri. Accettando di vedere la manipolazione, la rabbia, la gioia e il rifiuto!
Purtroppo nella Sua eta' e' un problema diffuso.
Il consiglio, se ha notato di avere delle "chiusure" e' cercare di rivelarsi agli altri, un po' alla volta.
Ma con risoluta volonta'.
Purtroppo il computer e' una immensa difesa dagli altri, un enorme antivirus che sfortunatamente protegge troppo. In modo assoluto. Da tutto. Fino a condannare alla solitudine intollerabile!
Provi a pensarci, poi se lo vorra' esistono dei centri per disintossicare i nativi digitali e trasformarli in "nativi" e basta. Nascituri magari sulla realtà relazionale!
Che ne dice!
Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 1.7k visite dal 12/05/2016.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.