Depressione terribile, penso al suicidio, non riesco più a fare niente

Gentili psicologi, mi rivolgo a voi nella speranza di ricevere qualche consiglio utile per migliorare la situazione in cui mi trovo.
Da qualche mese sono sprofondata in una depressione terribile. Prima avevo una vita sociale molto intensa, adesso non esco più di casa, rifiuto qualsiasi invito degli amici, ho lasciato il ragazzo con cui mi frequentavo perché non avevo più interesse a stare con lui, come con chiunque altro. La notte non riesco a dormire, non chiudo occhio, l'angoscia è terribile, il pensiero del suicidio mi tormenta e diventa assordante nel silenzio, passo ogni singolo istante a lottare contro me stessa, a dirmi "andrà meglio, resisti, troveremo una soluzione", a cercare di tenermi insieme anche se la mia mente è a pezzi, a zittire le voci, a urlare più forte di loro, a ordinarmi di non impazzire, ad attaccarmi a ogni brandello di sanità per non perdermi completamente. Ma è difficile quando sento la testa invasa di pensieri che fino a qualche tempo fa non c'erano, pensieri non miei, che subisco senza capirne la causa, stati d'animo che mi risultano estranei e incomprensibili, che mi colgono di sorpresa e non riesco a combattere proprio perché mi sembra di non essere io a provarli.
In passato mi è stato diagnosticato un disturbo di personalità borderline con annessi sintomi psicotici e dissociativi. Il mio umore è molto altalenante, non ricordo un solo momento della mia vita in cui sia stata veramente "normale". Se non sono mortalmente depressa, sono tutto l'opposto, e nei periodi più stabili faccio lo yo-yo tra irritabilità/euforia e stati depressivi più lievi.
Ho tentato il suicidio molte volte, sono stata autolesionista e anoressica. Negli ultimi anni sono guarita, da sola, dal dca e dall'autolesionismo, anche se ho continuato ad avere comportamenti anche più rischiosi in altri ambiti. Avevo allontanato l'idea del suicidio, soprattutto per amore delle persone che mi vogliono bene. Adesso ci sono di nuovo dentro, anche peggio di prima perché la mia disperazione è accentuata dalla stanchezza e dalla constatazione amara di ritrovarmi ancora nella stessa fossa di sempre. Dall'età di 15 anni a oggi si ripete sempre lo stesso motivo, ogni volta un po' più forte, ogni volta un po' più orrendo. Non ne posso più. Non voglio dire basta, ma la mia mente spesso sembra governata da una volontà diversa dalla mia, una volontà che invece preferirebbe spegnere tutto. E purtroppo, anche se la mia vita è una lotta perenne contro questo demone, mi rendo conto che ha ragione. Non sto concludendo nulla e finora tutto lascia pensare che continuerò a non concludere nulla, perché è impossibile sperare di costruire qualcosa quando non puoi contare neanche sulla tua testa.

Purtroppo non posso rivolgermi a un privato e in passato non mi sono trovata bene al CSM della mia zona. Quello che vi chiedo è un consiglio pratico, qualcosa che possa fare per gestire concretamente la situazione finché non avrò la possibilità di chiedere un aiuto professionale.
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Dr.ssa Marta Stentella Psicologo 355 5
Gentile utente,
Dalle sue parole si percepisce il dolore che l'attanaglia. In seguito alla diagnosi che le era stata fatta, le è stata assegnata anche una terapia farmacologica? Se si, l'ha fatta? Fino a quando?
Attualmente cosa fa nella vita?
Purtroppo è difficile in questo contesto poterle dare dei consigli pratici per fronteggiare il suo stato emotivo.
Sicuramente una cosa essenziale è quella di incrementare innanzitutto le ore di sonno. La deprivazione prolungata di sonno, in questo momento può solo che esasperare i suoi sintomi.
Dovrebbe rivolgersi ad uno psichiatra per una terapia intanto farmacologica e poi affiancare una psicoterapia che potrebbe sempre fare tramite il CSM sperando di avere maggiore fortuna con i professionisti.

Dr.ssa Marta Stentella - Roma e Terni
Psicologa Clinica e Forense, Psicodiagnosta
www.martastentella.it

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Utente
Utente
La ringrazio della risposta e della sua gentilezza, dottoressa Stentella, poter parlare con qualcuno mi è di conforto e mi dà almeno l'illusione di star facendo qualcosa per migliorare.

Sì, in passato ho seguito una terapia farmacologica associata a psicoterapia. Sono stata in cura un anno, senza avere alcun beneficio, anzi, accusando sintomi più acuti. Ho sospeso la cura dopo aver tentato il suicidio ed esserci arrivata molto vicina. Non voglio tornare al CSM, mi creda non è un capriccio, so di aver bisogno di aiuto, ma il pensiero di tornare lì mi fa stare molto peggio.

Attualmente non faccio più nulla. Prima lavoravo, adesso non più. Sono pluri-fuoricorso all'università e non trovo la forza né l'interesse di ricominciare a studiare, anche se non voglio rinunciare alla laurea (mi mancano poche materie e ho una media altissima, ma non preparo un esame da quasi due anni). La depressione è stata innescata da un problema di salute che ho vissuto - e continuo a vivere - molto male. Per questo motivo ho preso dei farmaci, ma senza rendermi conto che tra gli effetti collaterali più frequenti c'erano proprio alterazione dell'umore e stati maniacali. Non so se è un caso, ma da quando ho smesso di prenderli la mia depressione è passata da uno stato di tristezza acuta ma governabile alla completa mancanza di voglia di vivere.
Non so se il fattore scatenante sia stato questo o, piuttosto, un altro evento "traumatico" che è accaduto due settimane fa. Negli ultimi mesi mi ero decisa a riprendere in mano la mia vita e per farlo sono tornata in contatto con alcune persone, luoghi e abitudini che mi ricordano, purtroppo, un lutto di qualche anno fa. Credevo di poter fronteggiare l'inevitabile senso di angoscia e andare avanti, invece mi sembra di essere sprofondata di nuovo nello stesso shock.
È come se fossi braccata. Sento di dover passare per forza da questa strada per ritrovare me stessa, ma questa strada è bloccata sia indietro che avanti. Se vado indietro, tutte le strade continueranno a portarmi qui, come hanno sempre fatto. Perciò, dopo anni a sentirmi inchiodata nello stesso punto, ho fatto un passo avanti, ho ripreso tutto quello che avevo abbandonato dopo quel lutto e per un brevissimo momento mi sono sentita felice, ho pensato "ce l'ho fatta". È durato... poco, molto poco. Quel che è peggio, adesso, è che non so più se andando avanti troverò di nuovo me stessa o un precipizio.
Sono molto arrabbiata, arrabbiata con me stessa per essermi lasciata sopraffare dagli eventi, per aver sprecato le cose migliori della mia vita, aver buttato nel cesso i miei sogni, i miei progetti e tutto quello che stavo costruendo, il mio futuro, a causa del mio disturbo mentale e dei fatti che lo hanno aggravato. Ma in fondo non posso nemmeno prendermela con gli eventi, perché per quanto gravi una persona sana li avrebbe superati. Io no.
Credevo di star riprendendo in mano la mia vita, ho dedicato tutte le energie e le speranze degli ultimi mesi in questo progetto, ora mi sembra che stessi cercando di resuscitare un morto. Me stessa.
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Utente
Utente
Scusate se scrivo di nuovo, ho bisogno di sfogarmi.
Sono reduce dalla cena, mezz'ora seduta accanto a mia madre senza dire quasi una parola. Televisione spenta, silenzio, solo rumore di posate, nemmeno uno sguardo.
Le voglio bene e mi vuole bene, ma non parliamo. Io non sono abituata a parlare, sono cresciuta nell'abitudine di stare zitta perché nessuno, in ogni caso, mi avrebbe ascoltato. Lei a volte si lamenta che parlo poco, ma il paradosso è che non chiede mai. Le poche volte in cui ne abbiamo parlato, le ho spiegato che per me è difficile parlare, prendere l'iniziativa col dialogo, entrare in una stanza e cominciare a raccontare quello che ho fatto oggi o che cosa provo o dire "sto male". Ma lei non chiede mai. Mai un come stai, mai un cos'hai fatto, mai come ti senti. Tutto tace. Ci vediamo un'ora al giorno, sommando pranzo e cena, e stiamo zitte. Lei a volte racconta qualcosa della sua giornata, io le rispondo su quello, e poi più niente. Tante volte penso che basterebbe solo un: e tu?
Ma accade molto raramente. Quelle poche volte faccio lo sforzo di rispondere, perché è uno sforzo, dopo tanto silenzio, ma sono contenta.
Mi chiedo come si possa vivere nella stessa casa con una figlia che sembra morta e non chiederle "come stai?".
Tutti se ne accorgono, qualcuno glielo fa anche notare, eppure lei niente, non una parola, niente. Mezz'ora di silenzio, poi io nella mia stanza, lei nella sua. E per me inizia un'altra battaglia di 8 ore fino a domani mattina.
[#4]
Dr.ssa Marta Stentella Psicologo 355 5
Cara utente,
Ho letto con attenzione ed empatia le sue risposte e si percepisce davvero il suo disagio.
Andiamo per ordine.
Almeno una visita psichiatrica dovrebbe farla, magari privatamente per evitare spiacevoli insuccessi visti i precedenti al CSM. È necessaria una cura che le alleggerisca il carico e le permetta di iniziare a riprendere in mano la sua vita.
Eventualmente a breve può rivolgersi al suo medico di base e intanto farsi segnare qualcosa per dormire. Mi creda, è importantissimo che lei dorma in modo adeguato. Senza le giuste ore di sonno e di riposo, lei sottopone la sua mente a un carico ancora più gravoso.
Sistemati questi aspetti, dovrebbe vedere se nella sua zona ci sono associazioni che offrono consulenze psicologiche gratuite o a prezzi accessibili. Ha bisogno di essere ascoltata e di essere aiutata a fare ordine e piano piano tornare a prendersi cura di sé.
Cara ragazza da qualche parte bisogna cominciare. Finché non trova qualcuno che possa aiutarla con un percorso psicoterapico, provi a iniziare da qualche parte. L'importante è iniziare.
Provi a stilare degli obiettivi facilmente raggiungibili e inizi con quelli. Magari parta dagli aspetti più facili e che le destano meno preoccupazione.
Vorrei poter fare di più ma qui non possiamo anche perché sarebbe pressoché impossibile.
Coraggio
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Dr.ssa Valentina Sciubba Psicoterapeuta, Psicologo 1.7k 38
Gentile ragazza,
condivido i consigli della collega e mi domando se abbia mai pensato di chiedere a sua madre di poter andare da un altro professionista che non sia del CSM o se qualche psicologo vi abbia mai chiesto di fare, invece che una terapia individuale, una terapia familiare.

Esistono infatti approcci brevi che, in virtù della loro brevità, sono più economici e non di meno efficaci ed inoltre nel vostro caso una terapia familiare è probabilmente la più indicata se non indispensabile.
Cordiali saluti

Valentina Sciubba Psicologa
www.valentinasciubba.it Terapia on line
Terapia Breve Strategica e della Gestalt
Disturbi psicologici e mente-corpo

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Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Gentile Signorina,
Penso che occorra mettere un po' di ordine affinche' Lei non si abbatta ancora di piu' a causa dei Suoi sintomi.
Da quanto Le e' stato diagnosticato a livello psichiatrico Lei avrebbe davvero bisogno di una ottima terapia farmacologica. Ma non solo. Andrebbe seguita con costanza in questa terapia affinche' lo specialista possa modulare i dosaggi a seconda della Sua situazione di piu' o meno serenita'.
Una volta stabilizzata la situazione psichiatricamente e quindi una volta sraggiuta una discreta tranquillità, potrebbe iniziare una psicoterapia di appoggio.
Perche' nel Suo caso una terapia "non di appoggio ai farmaci" farebbe poco.
La situazione familiare e relazionale potrà migliorare quando Lei sara' piu' serena grazie ai farmaci.
E' piu' tranquilla ora?
Si appoggi di piu' alla realta'.
Se sua madre non desidera interagire con Lei forse di questo anche Lei ha colpa.
Se Lei si pone "come una morta" nei suoi confronti che dialogo pensa che Sua madre desideri intavolare con Lei?
Una figlia "come morta" non e' una compagnia molto interessante ne' piacevole. Non crede?

Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132

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