Vincere, perdere o non giocare affatto.
Vorrei un'opinione su questi fatti.Checché se ne dica, c'è sempre un migliore e dei peggiori, un vincente e degli sconfitti, un padrone e dei servitori.Lo so che formalmente, secondo la legge, siamo tutti uguali ed io potrò sempre rivendicare la mia libertà ed indipendenza rispetto a chicchessia.Poi però, nell'effettività della vita, sono inferiore a chi prende un voto più alto del mio e a chiunque possa permettersi qualcosa in più del mero sopravvivere.Non solo, se voglio vivere dignitosamente, devo anche riconoscere di essere arrivato secondo, o di essere un perdente, o di essere inferiore a chi si dimostra superiore.Devo così rassegnarmi alla mediocrità oppure eccellere.Solo pochi eccellono, non c'è posto per tutti. Gli altri vivono solo per far eccellere quei pochi.Ora, perché mai devo accettare qualcosa del genere se nel mio cuore ho bisogno di raggiungere l'eccellenza su tutti? Mi si dice: inventati un campo in cui sei il migliore. Boiate. Posso essere il migliore soltanto nel migliore dei campi. "Porre dei valori da sé" è come mettersi la medaglia al collo senza aver combinato alcunché.Non posso neanche competere con altri per i campi eccelsi: da un lato perché i migliori in un certo ambito fanno di tutto per impedire agli altri di accedervi, da un altro perché una volta raggiunto il meglio, quel campo è perduto. Soltanto una canaglia può pensare di spodestare qualcuno dal suo trono: un vendicativo ed un irriconoscente. In altre parole se spodestassi qualcuno dal suo trono misconoscerei il mio stesso ruolo così conquistato. Esiodo parlava della "retta contesa" e della "contesa scorretta". Di due contadini dei quali ciascuno ha il proprio lembo di terra, soltanto uno dei due vince producendo più dell'altro. Ovviamente se uno dei due invade il lembo di terra altrui sta competendo in modo scorretto e non ha affatto vinto.Non resta che la "retta contesa". Tuttavia chi perde perde e non c'è consolazione che regga: se perdi sei un perdente, infimo e non vali niente.
Mi chiedo dunque che senso abbia giocare da perdenti: primo. Come sia possibile non giocare: secondo. Visto che non è possibile non giocare, che cosa implichi la sconfitta necessaria dell'infimo: terzo. Implica che l'infimo è se stesso solo in quanto infimo, secondo a qualcuno. Quindi l'unica soluzione che ho per non essere secondo a nessuno è non essere affatto me stesso. L'amorevolezza per gli altri, la libido, è il sentimento di chi serve gli altri, di chi sta al loro servizio. Di chi, avendo paura della violenza della sconfitta, si crogiola nel fatto che può essere sconfitto soltanto fin quando esiste e che quindi il vincitore non può essere vincitore senza di lui. Così misconosce la propria sconfitta, nel senso che misconosce la miseria della propria sconfitta: la copre con la gloria inventata dell'amore. Dove si trova la via che conduce dove non ci sono vinti né vincitori? Ovunque io cerchi quella via vi trovo soltanto la consolazione del vinto, la mediocrità. Mi suicido?
Mi chiedo dunque che senso abbia giocare da perdenti: primo. Come sia possibile non giocare: secondo. Visto che non è possibile non giocare, che cosa implichi la sconfitta necessaria dell'infimo: terzo. Implica che l'infimo è se stesso solo in quanto infimo, secondo a qualcuno. Quindi l'unica soluzione che ho per non essere secondo a nessuno è non essere affatto me stesso. L'amorevolezza per gli altri, la libido, è il sentimento di chi serve gli altri, di chi sta al loro servizio. Di chi, avendo paura della violenza della sconfitta, si crogiola nel fatto che può essere sconfitto soltanto fin quando esiste e che quindi il vincitore non può essere vincitore senza di lui. Così misconosce la propria sconfitta, nel senso che misconosce la miseria della propria sconfitta: la copre con la gloria inventata dell'amore. Dove si trova la via che conduce dove non ci sono vinti né vincitori? Ovunque io cerchi quella via vi trovo soltanto la consolazione del vinto, la mediocrità. Mi suicido?
[#1]
Gentile Utente,
Anche se lunga e piena di riflessioni, la sua consulenza sembra più un pensiero a voce alta che una richiesta ben precisa.
Ha qualche domanda più precisa da porre?
Si riferisce a qualcosa della sua vita in particolare?
Studi?
Lavoro?
Amicizie?
Vita amorosa?
Provi a restringere il campo, così provo a risponderle
Anche se lunga e piena di riflessioni, la sua consulenza sembra più un pensiero a voce alta che una richiesta ben precisa.
Ha qualche domanda più precisa da porre?
Si riferisce a qualcosa della sua vita in particolare?
Studi?
Lavoro?
Amicizie?
Vita amorosa?
Provi a restringere il campo, così provo a risponderle
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
[#2]
Utente
La ringrazio.
Non ha tanta importanza l'ambito in questione dopotutto. Certo, nella vita amorosa ho avuto solo sconfitte e questo è umiliante: ma umiliante in riferimento a quello che dicevo prima.
Comunque pensavo ai miei studi, che considero l'orizzonte sommo di tutto. Non ho la minima intenzione di fare altro. Purtroppo, però, pare che nei miei studi, dei quali tacerò il contenuto, si abbia già conseguito tutto il conseguibile. Anzi, mi pare che in molti abbiano detto anche troppo.
Ma allora che studio a fare? E se non studio, che faccio?
Se sapessi bene di cosa si tratta non chiederei aiuto. Ho visto che lei scrive articoli sull'amore, quindi se vuole può parlarmi di quel che riguarda l'amore.
Ho, per così dire, superato le mie storie d'amore perduto. Ma non posso aver superato la perdita: è impossibile. Si può aver superato soltanto le sensazioni sgradevoli e aver inventato scuse per vivere ancora da vigliacchi. Magari per vivere "nuovi" amori anche. Tuttavia trovo vergognoso il fatto di non aver deciso di togliermi la vita per questa sconfitta. Ormai ho perso, perché rimuginarci sopra? Ho perso irrimediabilmente, perché cercare un rimedio? Non era forse più onorevole il comportamento dei popoli "primitivi", come la grecità, che punivano la sconfitta o con la vendetta o con l'autodistruzione? Il disonore, questo non riesco a sopportarlo. E mi si vorrebbe far credere che il disonore non ci sia, o peggio che che si possa convivere con esso. Oppure che il disonore appartenga ad altri.
Ma magari potete propormi un'altra prospettiva che non ho considerato.
Non ha tanta importanza l'ambito in questione dopotutto. Certo, nella vita amorosa ho avuto solo sconfitte e questo è umiliante: ma umiliante in riferimento a quello che dicevo prima.
Comunque pensavo ai miei studi, che considero l'orizzonte sommo di tutto. Non ho la minima intenzione di fare altro. Purtroppo, però, pare che nei miei studi, dei quali tacerò il contenuto, si abbia già conseguito tutto il conseguibile. Anzi, mi pare che in molti abbiano detto anche troppo.
Ma allora che studio a fare? E se non studio, che faccio?
Se sapessi bene di cosa si tratta non chiederei aiuto. Ho visto che lei scrive articoli sull'amore, quindi se vuole può parlarmi di quel che riguarda l'amore.
Ho, per così dire, superato le mie storie d'amore perduto. Ma non posso aver superato la perdita: è impossibile. Si può aver superato soltanto le sensazioni sgradevoli e aver inventato scuse per vivere ancora da vigliacchi. Magari per vivere "nuovi" amori anche. Tuttavia trovo vergognoso il fatto di non aver deciso di togliermi la vita per questa sconfitta. Ormai ho perso, perché rimuginarci sopra? Ho perso irrimediabilmente, perché cercare un rimedio? Non era forse più onorevole il comportamento dei popoli "primitivi", come la grecità, che punivano la sconfitta o con la vendetta o con l'autodistruzione? Il disonore, questo non riesco a sopportarlo. E mi si vorrebbe far credere che il disonore non ci sia, o peggio che che si possa convivere con esso. Oppure che il disonore appartenga ad altri.
Ma magari potete propormi un'altra prospettiva che non ho considerato.
[#3]
Gentile utente,
lei sembra considerare le interazioni umane solo o principalmente in termini competitivi, laddove quindi probabilmente anche il consenso e la desiderabilità sociale si misura o si ottiene in base alla capacità di "vincere".
Certamente a volte è così anche in amore: le ragazze possono essere affascinate dalla bellezza, dalla ricchezza, dalle qualità e capacità personali, dall'uomo vincente insomma.
Ma è certo che sia sempre così?
lei sembra considerare le interazioni umane solo o principalmente in termini competitivi, laddove quindi probabilmente anche il consenso e la desiderabilità sociale si misura o si ottiene in base alla capacità di "vincere".
Certamente a volte è così anche in amore: le ragazze possono essere affascinate dalla bellezza, dalla ricchezza, dalle qualità e capacità personali, dall'uomo vincente insomma.
Ma è certo che sia sempre così?
Valentina Sciubba Psicologa
www.valentinasciubba.it Terapia on line
Terapia Breve Strategica e della Gestalt
Disturbi psicologici e mente-corpo
[#4]
Caro ragazzo, leggendo la Sua lunga richiesta di consulto e correlando le sue parole con la sua giovane eta' mi permetto di darle un suggerimento: affronti la vita con quello che lei E', piu' che con quello che lei SA.
Perche' e' soltanto cio' che Lei E' e SARA' /DIVERRA' con la maturazione a poterla sostenere davvero.
I miei auguri che possa maturare in modo proficuo, per vivere davvero!
Perche' e' soltanto cio' che Lei E' e SARA' /DIVERRA' con la maturazione a poterla sostenere davvero.
I miei auguri che possa maturare in modo proficuo, per vivere davvero!
Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132
Questo consulto ha ricevuto 4 risposte e 2.1k visite dal 02/05/2016.
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