Trattato da stupido
Salve, ho un quesito bizzarro. Quando una persona, di un certo livello intellettuale dato da titoli di studio, esperienze lavorative e di vita propria, viene umiliato, anche involontariamente, da chi possiede un più basso livello di conoscenze ed esperienze "di vita", spesso tende a reagire di conseguenza, cioè a comportarsi da "idiota", cosa significa?
Esplicito meglio, se mi trattano da idiota, allora mi comporto da idiota.
Perché nella mente scatta questa reazione?
Spesso per l'impossibilità di dialogare dovuto all'insufficiente comprensione della persona che abbiamo davanti ci spinge ad arrenderci alla situazione.
In quali altro modo si può reagire?
Grazie
Esplicito meglio, se mi trattano da idiota, allora mi comporto da idiota.
Perché nella mente scatta questa reazione?
Spesso per l'impossibilità di dialogare dovuto all'insufficiente comprensione della persona che abbiamo davanti ci spinge ad arrenderci alla situazione.
In quali altro modo si può reagire?
Grazie
[#1]
Salve, leggendo con curiosità il suo racconto, ho pensato che forse il suo quesito riguardi suoi vissuti profondi, che non hanno nulla di bizzarro.
In poche parole ha condensato una complessità di elementi che mi sembrano avere particolare valore. Sarebbe necessario approfondire la sua personale esperienza e i suoi stati d'animo.
Prima di farle alcune domande, qualora avesse voglia di raccontare di più, mi sento intanto di dirle che l'incapacità di dialogo e di comprensione non è tanto legata al titolo di studio e al lavoro, ma a questioni più complesse legate maggiormente a esperienze esistenziali e relazionali.
Le domande che provo a farle sono queste: che cosa significa per lei essere trattato da idiota e reagire da idiota?
E, nello specifico, che cosa prova quando viene trattato così, e potrei anche chiederle che cosa, invece, si aspetterebbe dall'altro?
Un saluto,
Enrico de Sanctis
In poche parole ha condensato una complessità di elementi che mi sembrano avere particolare valore. Sarebbe necessario approfondire la sua personale esperienza e i suoi stati d'animo.
Prima di farle alcune domande, qualora avesse voglia di raccontare di più, mi sento intanto di dirle che l'incapacità di dialogo e di comprensione non è tanto legata al titolo di studio e al lavoro, ma a questioni più complesse legate maggiormente a esperienze esistenziali e relazionali.
Le domande che provo a farle sono queste: che cosa significa per lei essere trattato da idiota e reagire da idiota?
E, nello specifico, che cosa prova quando viene trattato così, e potrei anche chiederle che cosa, invece, si aspetterebbe dall'altro?
Un saluto,
Enrico de Sanctis
Dr. Enrico de Sanctis - Roma
Psicologo e Psicoterapeuta a orientamento psicoanalitico
www.enricodesanctis.it
[#2]
Caro ragazzo,
Mi collego all'esigenza del mio collega Dott de Santis di farle qualche domanda:
. Quali sono le persone a cui si riferisce?
. Che importanza hanno per Lei?
. Che eta' hanno?
. Qual'e la Sua opinione circa l'avere conseguito un titolo di studio?
- ritiene che la preparazione che ha ricevuto Le dia delle capacita'? E quali?
- escludendo le persone di cui ci parla e che La mettono in difficolta', come si relaziona con altri?
Ci aggiorniamo quando avremo le risposte, se desidera.
I migliori saluti.
Mi collego all'esigenza del mio collega Dott de Santis di farle qualche domanda:
. Quali sono le persone a cui si riferisce?
. Che importanza hanno per Lei?
. Che eta' hanno?
. Qual'e la Sua opinione circa l'avere conseguito un titolo di studio?
- ritiene che la preparazione che ha ricevuto Le dia delle capacita'? E quali?
- escludendo le persone di cui ci parla e che La mettono in difficolta', come si relaziona con altri?
Ci aggiorniamo quando avremo le risposte, se desidera.
I migliori saluti.
Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132
[#3]
Gentile utente,
il suo mi sembra un comportamento oppositivo, nel senso che invece di cercare un dialogo o di opporsi in un modo più costruttivo come sarebbe protestare, contestare o persino offendersi, sceglie una modalità quasi provocatoria ma che nel contempo mi sembra chiusa al dialogo.
Come si comporta in altre occasioni interpersonali, ad es con persone autoritarie?
cordiali saluti
il suo mi sembra un comportamento oppositivo, nel senso che invece di cercare un dialogo o di opporsi in un modo più costruttivo come sarebbe protestare, contestare o persino offendersi, sceglie una modalità quasi provocatoria ma che nel contempo mi sembra chiusa al dialogo.
Come si comporta in altre occasioni interpersonali, ad es con persone autoritarie?
cordiali saluti
Valentina Sciubba Psicologa
www.valentinasciubba.it Terapia on line
Terapia Breve Strategica e della Gestalt
Disturbi psicologici e mente-corpo
[#4]
Utente
Io ho un diploma in chimica e biologia, conseguito nel 2006.
Ho lavorato come operaio addetto al controllo qualitò, poi impiegato e poi come responsabile alla gestione qualità in un'azienda metalmeccanica. Gestivo 75 operai, dal ricevimento della materia prima all'assegnazione delle classi di scelta. Questo fino al 2011, data in cui l'azienda cessò l'attività. Nel frattempo ho conseguito un attestato sulle normative iso 9001/08, attestato rspp dlgs 81/08, altri attestati a livello informatico. Dal 2011 al 2012 sono stato amministratore delegato di un centro estetico di 500 mq con 5 dipendenti. Dal 2012 al 2013 ho vissuto all'estero nello svolgimento dei più umili lavori di campagna sotto 40 gradi, al mio ritorno ho lavorato come agente di sicurezza presso una fabbrica di alta moda francese, lavoro che ho abbandonato per mancanza di tempo libero. Oggi, dopo tutto questo, lavoro con contratto di apprendistato per 4 euro l'ora come chimico in una grossa azienda multinazionale. Non sono i 4 euro l'ora che mi umiliano, ma il fatto che al di sopra di me, a darmi ordini, vi sia una persona con diploma turistico il cui unico trascorso è stato quello di assemblare scatolette sempre nella stessa azienda dove ora ricopre un incarico di responsabilità, e si avvale, per ottenere copiosi premi a fine anno, delle mie conoscenze. In azienda ho segnalato molto spesso delle inadeguatezze sui sistemi di sicurezza, e mi sono sentito rispondere che mi sbagliavo, ma a distanza di giorni vedevo arrivare le imprese tecniche per apportare le modifiche che io avevo suggerito, ma che mai mi è stato dato atto, non chiedevo un premio, ma perlomeno che mi venisse dato atto di quanto avevo segnalato. Spesso, nonostante l'evidenza, queste persone, "responsabili d'azienda", negano evidenti problemi e carenze, dove io potrei apportare un notevole contributo, ma se anche lo suggerisco, verrei deriso, e il merito se lo prenderebbe qualcun altro. Detto questo, e considerando che lo stipendio comunque arriva, sto perdendo la volontà del far bene e mi sto arrendendo, con tendenza ad immedesimarmi nella ragazzina diciannovenne assunta la scorsa settimana, dato che la paga è equivalente. Ammetto che sto assorbendo una notevole frustrazione.
Ora, dopo questa, spero esaustiva, presentazione di vissuto, risponderò alle Vostre domande per un'analisi più comprensiva:
Essere trattato da idiota e reagire da idiota per me significa comportarmi come una persona PRIVA di istruzione e di formazione in ambito lavorativo, come se avessi completato ieri le scuole superiori, dato, che così vengo spesso trattato.
Quando viene trattato così, provo un senso di umiliazione e frustrazione, ma allo stesso tempo un senso di leggerezza, come quando si torna bambini.
Ciò che mi aspetterei sarebbe che mi venissero riconosciute le mie capacità professionali, testimoniate da numerose lettere referenziali rilasciate dai miei precedenti lavori.
Le persone a cui mi riferisco sono appunto i miei superiori a lavoro, alle quali do l'importanza che meritano... ed io l'importanza la misuro in base a quanto loro possono essere per me un esempio.
Che eta' hanno? dai 35 ai 50 anni.
La mia opinione sul mio titolo di studio conta in parte, mi ha fornito delle conoscenze teoriche che poi, ho sviluppato con anni di attività professionale.
Ritengo che le esperienze mi abbiano fornito la preparazione e le capacità per apportare contributi nell'ambito in cui sto lavorando, ma che purtroppo non mi vengono riconosciuti, anzi, tutt'altro, dato che le mie informazioni vengono assorbite da altri i quali, poi ne prendono il merito.
Tutto questo sta avendo un impatto anche sociale nella mia persona, perché la mia relazione con gli altri non è mai stata un problema, ho molti amici che hanno sempre trovato in me un punto di forza per il mio carattere aperto, amichevole, e spesso capace di ascoltare e dare consigli, adesso, dopo quanto sto subendo sul posto di lavoro, tendo a chiudermi e mi sembra di essere tornato indietro, molto indietro, come se avessi perso ogni risultato dei miei sforzi compiuti per riuscire nella vita.
Ho lavorato come operaio addetto al controllo qualitò, poi impiegato e poi come responsabile alla gestione qualità in un'azienda metalmeccanica. Gestivo 75 operai, dal ricevimento della materia prima all'assegnazione delle classi di scelta. Questo fino al 2011, data in cui l'azienda cessò l'attività. Nel frattempo ho conseguito un attestato sulle normative iso 9001/08, attestato rspp dlgs 81/08, altri attestati a livello informatico. Dal 2011 al 2012 sono stato amministratore delegato di un centro estetico di 500 mq con 5 dipendenti. Dal 2012 al 2013 ho vissuto all'estero nello svolgimento dei più umili lavori di campagna sotto 40 gradi, al mio ritorno ho lavorato come agente di sicurezza presso una fabbrica di alta moda francese, lavoro che ho abbandonato per mancanza di tempo libero. Oggi, dopo tutto questo, lavoro con contratto di apprendistato per 4 euro l'ora come chimico in una grossa azienda multinazionale. Non sono i 4 euro l'ora che mi umiliano, ma il fatto che al di sopra di me, a darmi ordini, vi sia una persona con diploma turistico il cui unico trascorso è stato quello di assemblare scatolette sempre nella stessa azienda dove ora ricopre un incarico di responsabilità, e si avvale, per ottenere copiosi premi a fine anno, delle mie conoscenze. In azienda ho segnalato molto spesso delle inadeguatezze sui sistemi di sicurezza, e mi sono sentito rispondere che mi sbagliavo, ma a distanza di giorni vedevo arrivare le imprese tecniche per apportare le modifiche che io avevo suggerito, ma che mai mi è stato dato atto, non chiedevo un premio, ma perlomeno che mi venisse dato atto di quanto avevo segnalato. Spesso, nonostante l'evidenza, queste persone, "responsabili d'azienda", negano evidenti problemi e carenze, dove io potrei apportare un notevole contributo, ma se anche lo suggerisco, verrei deriso, e il merito se lo prenderebbe qualcun altro. Detto questo, e considerando che lo stipendio comunque arriva, sto perdendo la volontà del far bene e mi sto arrendendo, con tendenza ad immedesimarmi nella ragazzina diciannovenne assunta la scorsa settimana, dato che la paga è equivalente. Ammetto che sto assorbendo una notevole frustrazione.
Ora, dopo questa, spero esaustiva, presentazione di vissuto, risponderò alle Vostre domande per un'analisi più comprensiva:
Essere trattato da idiota e reagire da idiota per me significa comportarmi come una persona PRIVA di istruzione e di formazione in ambito lavorativo, come se avessi completato ieri le scuole superiori, dato, che così vengo spesso trattato.
Quando viene trattato così, provo un senso di umiliazione e frustrazione, ma allo stesso tempo un senso di leggerezza, come quando si torna bambini.
Ciò che mi aspetterei sarebbe che mi venissero riconosciute le mie capacità professionali, testimoniate da numerose lettere referenziali rilasciate dai miei precedenti lavori.
Le persone a cui mi riferisco sono appunto i miei superiori a lavoro, alle quali do l'importanza che meritano... ed io l'importanza la misuro in base a quanto loro possono essere per me un esempio.
Che eta' hanno? dai 35 ai 50 anni.
La mia opinione sul mio titolo di studio conta in parte, mi ha fornito delle conoscenze teoriche che poi, ho sviluppato con anni di attività professionale.
Ritengo che le esperienze mi abbiano fornito la preparazione e le capacità per apportare contributi nell'ambito in cui sto lavorando, ma che purtroppo non mi vengono riconosciuti, anzi, tutt'altro, dato che le mie informazioni vengono assorbite da altri i quali, poi ne prendono il merito.
Tutto questo sta avendo un impatto anche sociale nella mia persona, perché la mia relazione con gli altri non è mai stata un problema, ho molti amici che hanno sempre trovato in me un punto di forza per il mio carattere aperto, amichevole, e spesso capace di ascoltare e dare consigli, adesso, dopo quanto sto subendo sul posto di lavoro, tendo a chiudermi e mi sembra di essere tornato indietro, molto indietro, come se avessi perso ogni risultato dei miei sforzi compiuti per riuscire nella vita.
[#5]
Gentile Signore,
Le confesso che man mano che leggevo le Sue parole sentivo diffondere un senso di gelo in me.
Dire che mi dispiace per quello che sta vivendo ed ha vissuto so che non serve a nulla.
Purtroppo la Sua realta' penso che sia molto diffusa. E' angosciante saperlo. E dovere constatare le conseguenze. Come accade per Lei.
E' inutile dirLe che spero che Lei abbia la forza che DEVE avere per fronteggiare questa situazione. E per cercare delle alternative. Nessuno meglio di Lei penso sia in grado di cercarle e trovarle.
Non so se possa essere di aiuto sapere che c'e tanta gente operativa e in gamba che forse sta anche peggio di Lei: che ha perso il lavoro e deve vivere a carico di genitori anziani, suoceri, mogli.
Se riesce ad assorbire la frustrazione e consolarsi pensando/sapendo che non e' davvero il solo a non trovarsi bene ok. Altrimenti chieda un piccolo aiuto. Perche' la frustrazione lavorativa e sociale puo' essere molto deleteria e produrre disagi seri. Che nessuno merita!
Le formulo i migliori auguri, per il Suo futuro e il Suo riscatto!
Le confesso che man mano che leggevo le Sue parole sentivo diffondere un senso di gelo in me.
Dire che mi dispiace per quello che sta vivendo ed ha vissuto so che non serve a nulla.
Purtroppo la Sua realta' penso che sia molto diffusa. E' angosciante saperlo. E dovere constatare le conseguenze. Come accade per Lei.
E' inutile dirLe che spero che Lei abbia la forza che DEVE avere per fronteggiare questa situazione. E per cercare delle alternative. Nessuno meglio di Lei penso sia in grado di cercarle e trovarle.
Non so se possa essere di aiuto sapere che c'e tanta gente operativa e in gamba che forse sta anche peggio di Lei: che ha perso il lavoro e deve vivere a carico di genitori anziani, suoceri, mogli.
Se riesce ad assorbire la frustrazione e consolarsi pensando/sapendo che non e' davvero il solo a non trovarsi bene ok. Altrimenti chieda un piccolo aiuto. Perche' la frustrazione lavorativa e sociale puo' essere molto deleteria e produrre disagi seri. Che nessuno merita!
Le formulo i migliori auguri, per il Suo futuro e il Suo riscatto!
[#6]
Salve, mi associo alle parole della dottoressa Esposito, che condivido.
Si trova in una situazione difficile e spiacevole. La sua reazione è più che comprensibile. Se ho capito bene, prosegue per motivi economici, ma allo stesso tempo non può non "assorbire una notevole frustrazione" e potremmo forse dire anche rabbia, a causa del fatto che non si sente riconosciuto nelle sue capacità professionali e, peggio, a causa del fatto che si sente raggirato e umiliato.
Questo carico emotivo interferisce sulle sue buone intenzioni e la condiziona inevitabilmente su più fronti, sia professionalmente sia umanamente, come lei stesso sottolinea.
Se torniamo per un momento alla sua domanda, voglio dirle che la trovo importante: se mi trattano da "stupido" perché reagisco da "stupido"? Potrei chiederle, perché "assorbo frustrazione e mi arrendo"? Dove vanno a finire rabbia e orgoglio?
Se da una parte una risposta ovvia c'è, e cioè la necessità economica che costringe a ingoiare molto più di un boccone amaro, che costringe ad abbassare le aspettative, dall'altra parte provo a lasciarle una suggestione legata al suo mondo interiore, che forse sento sollecitata da lei stesso, a partire da questa sua domanda stimolante.
Mi sono chiesto se il suo modo di reagire caratterizzi la sua persona anche in altri contesti oltre quello lavorativo di questo momento. Magari può riflettere se nella sua vita in generale tende a non reagire come vorrebbe, tende a inibirsi e a non difendere la sua voce, adeguandosi senza poter esprimere se stesso al di là del volere degli altri.
Dico che la sua domanda è importante perché sembra sottintendere che lei stesso concepisce una reazione differente, che pur non le riesce al momento. Non so come sente le mie parole dal punto di vista emotivo, ma nel caso potrebbe essere una possibilità aprire questo discorso e approfondirlo, affinché lei possa riuscire a rispettarsi, senza più svalutarsi e arrendersi. Senza più reagire soltanto in modo conforme come ci dice ma, laddove possibile, provando a essere se stesso e creare uno spazio a suo favore.
Questa strada potrebbe fornire la risposta all'altra domanda che ci pone: "In quale altro modo si può reagire?"
Come detto dalla dottoressa Esposito, penso anche io alla parola alternativa.
Potrei dirle di rivolgersi a qualcuno all'interno dell'azienda a cui fare presente quello che sta succedendo, se pensa di poter individuare una figura di riferimento in grado di darle ascolto e considerazione.
Oppure, comunque, di trovare magari qualche modo per farsi spazio e non subire questa situazione completamente.
Potrei dirle che, se ha già tentato queste strade interne all'azienda e sa di non potere fare altro, potrebbe essere necessario guardarsi altrove, anche se mi rendo conto che è molto difficile trovare posti di lavoro.
Ma accanto a queste risposte, che forse già conosceva da sé, penso che possa essere anche utile chiedersi, come ho tentato di suggerirle nella mia risposta, se ci sono dei freni interiori che non le consentono di trovare un altro modo di reagire, cioè un'alternativa.
Certo questo non cambia la situazione economica e le difficoltà in cui ci troviamo, che purtroppo non dipendono da lei. Forse però potrebbe aiutarla a pensarsi in un modo diverso, consapevole del suo valore, nonostante tutto.
Un caro saluto,
Enrico de Sanctis
Si trova in una situazione difficile e spiacevole. La sua reazione è più che comprensibile. Se ho capito bene, prosegue per motivi economici, ma allo stesso tempo non può non "assorbire una notevole frustrazione" e potremmo forse dire anche rabbia, a causa del fatto che non si sente riconosciuto nelle sue capacità professionali e, peggio, a causa del fatto che si sente raggirato e umiliato.
Questo carico emotivo interferisce sulle sue buone intenzioni e la condiziona inevitabilmente su più fronti, sia professionalmente sia umanamente, come lei stesso sottolinea.
Se torniamo per un momento alla sua domanda, voglio dirle che la trovo importante: se mi trattano da "stupido" perché reagisco da "stupido"? Potrei chiederle, perché "assorbo frustrazione e mi arrendo"? Dove vanno a finire rabbia e orgoglio?
Se da una parte una risposta ovvia c'è, e cioè la necessità economica che costringe a ingoiare molto più di un boccone amaro, che costringe ad abbassare le aspettative, dall'altra parte provo a lasciarle una suggestione legata al suo mondo interiore, che forse sento sollecitata da lei stesso, a partire da questa sua domanda stimolante.
Mi sono chiesto se il suo modo di reagire caratterizzi la sua persona anche in altri contesti oltre quello lavorativo di questo momento. Magari può riflettere se nella sua vita in generale tende a non reagire come vorrebbe, tende a inibirsi e a non difendere la sua voce, adeguandosi senza poter esprimere se stesso al di là del volere degli altri.
Dico che la sua domanda è importante perché sembra sottintendere che lei stesso concepisce una reazione differente, che pur non le riesce al momento. Non so come sente le mie parole dal punto di vista emotivo, ma nel caso potrebbe essere una possibilità aprire questo discorso e approfondirlo, affinché lei possa riuscire a rispettarsi, senza più svalutarsi e arrendersi. Senza più reagire soltanto in modo conforme come ci dice ma, laddove possibile, provando a essere se stesso e creare uno spazio a suo favore.
Questa strada potrebbe fornire la risposta all'altra domanda che ci pone: "In quale altro modo si può reagire?"
Come detto dalla dottoressa Esposito, penso anche io alla parola alternativa.
Potrei dirle di rivolgersi a qualcuno all'interno dell'azienda a cui fare presente quello che sta succedendo, se pensa di poter individuare una figura di riferimento in grado di darle ascolto e considerazione.
Oppure, comunque, di trovare magari qualche modo per farsi spazio e non subire questa situazione completamente.
Potrei dirle che, se ha già tentato queste strade interne all'azienda e sa di non potere fare altro, potrebbe essere necessario guardarsi altrove, anche se mi rendo conto che è molto difficile trovare posti di lavoro.
Ma accanto a queste risposte, che forse già conosceva da sé, penso che possa essere anche utile chiedersi, come ho tentato di suggerirle nella mia risposta, se ci sono dei freni interiori che non le consentono di trovare un altro modo di reagire, cioè un'alternativa.
Certo questo non cambia la situazione economica e le difficoltà in cui ci troviamo, che purtroppo non dipendono da lei. Forse però potrebbe aiutarla a pensarsi in un modo diverso, consapevole del suo valore, nonostante tutto.
Un caro saluto,
Enrico de Sanctis
[#7]
Gentile utente,
ciò che ci ha raccontato mi sembra confermi un po' la mia sensazione di un comportamento chiuso al dialogo, oppositivo, proprio come può capitare a certi bambini.
I problemi sul lavoro sono frequenti ma non è detto siano irrisolvibili, anzi a volte si possono trovare soluzioni brillanti anche se non convenzionali.
Le consiglio perciò di consultare uno psicologo psicoterapeuta di persona. Sia l'approccio della Gestalt, sia la Strategica Breve potrebbero aiutarla, anche se con modalità differenti.
Cordiali saluti
ciò che ci ha raccontato mi sembra confermi un po' la mia sensazione di un comportamento chiuso al dialogo, oppositivo, proprio come può capitare a certi bambini.
I problemi sul lavoro sono frequenti ma non è detto siano irrisolvibili, anzi a volte si possono trovare soluzioni brillanti anche se non convenzionali.
Le consiglio perciò di consultare uno psicologo psicoterapeuta di persona. Sia l'approccio della Gestalt, sia la Strategica Breve potrebbero aiutarla, anche se con modalità differenti.
Cordiali saluti
[#8]
Utente
Dr.ssa Franca Esposito, grazie per la sua gentilezza e per i suoi consigli, ma le posso garantire che sapere di tanta altra gente operativa e in gamba che sta sicuramente peggio di me, non mi fa star meglio anzi, mi fa sempre più comprendere l’abisso verso il quale questa società sta andando, e di gente come Lei descrive ne vedo molta in giro, anche nella mia stessa azienda, dove vedo giovani ragazze in gravidanza che per tale ragione, il loro contratto viene subito interrotto. Io ormai ho perso le speranze di poter avere la pensione e quantomeno una famiglia, salvo un miracolo. Purtroppo non posso ricevere l’aiuto di nessuno in famiglia, ho la fortuna di una casa di proprietà lasciata dai nonni, ma nient’altro.
Dr. Enrico, Lei ha colto tutto nel segno, e per quanto riguarda l’alternativa ci penso ogni giorno, penso a dove potrei sbattere la testa, spesso mi balena l’idea di lasciare nuovamente questo paese, ma perché devo essere costretto a fare questo? Lo devo vedere come un sacrificio? Lasciare ogni cosa e persona per trovare una dignità personale e un briciolo di sostentamento in più? E’ vero che concepisco una reazione differente, che al momento non mi riesce, perché mi sento in stallo… mi sono inibito, è vero, ho smesso di difendere la mia voce e di esprimere me stesso. Vorrei reagire, ma vedo i colleghi, c’è chi vive la mia stessa situazione.
Dr.ssa Valentina, apprezzo il suo tentativo di confrontarmi con un bambino capriccioso, ciò , se vero, sarebbe un sollievo per me, saprei che l’unica cosa con la quale devo fare i conti sarebbe il mio carattere pseudo infantile oppositorio, ma purtroppo il problema che sto vivendo non è nel mio cervello, ma li fuori e lo devo affrontare ogni sacrosanto giorno dalle 6 del mattino alle 6 di sera, e quello che chiedo, è sapere quale approccio posso intraprendere per tentare di mantenere una mente salubre, perché da un anno che mi trovo in quel posto, e vedo i colleghi “piangere” nel vero senso della parola, mi fa chiedere come sia possibile che nel 2016 siamo in queste condizioni, e ammetto che sento forti squilibri nella mia mente. Mi sembra di vivere un’assurdità.
Poi, Dr.ssa Valentina, che i problemi non siano irrisolvibili, ma che “si possano trovare soluzioni brillanti anche se non convenzionali” concordo con Lei, infatti sono sempre state le situazioni di crisi ad apportare notevoli miglioramenti evolutivi alle società, anche se spesso si sono raggiunte con forti travagli. La crisi inevitabilmente conduce a doversi operare per superarla, e il segreto sta nel non abbattersi. Io apprezzo molto le risposte che mi avete dato in questi giorni, mi sono state molto d’aiuto per far luce dentro di me, ma ancora non mi capacito sulle motivazioni per cui i miei responsabili agiscano in tale modo, per salvaguardare la loro posizione?
Grazie ancora.
Dr. Enrico, Lei ha colto tutto nel segno, e per quanto riguarda l’alternativa ci penso ogni giorno, penso a dove potrei sbattere la testa, spesso mi balena l’idea di lasciare nuovamente questo paese, ma perché devo essere costretto a fare questo? Lo devo vedere come un sacrificio? Lasciare ogni cosa e persona per trovare una dignità personale e un briciolo di sostentamento in più? E’ vero che concepisco una reazione differente, che al momento non mi riesce, perché mi sento in stallo… mi sono inibito, è vero, ho smesso di difendere la mia voce e di esprimere me stesso. Vorrei reagire, ma vedo i colleghi, c’è chi vive la mia stessa situazione.
Dr.ssa Valentina, apprezzo il suo tentativo di confrontarmi con un bambino capriccioso, ciò , se vero, sarebbe un sollievo per me, saprei che l’unica cosa con la quale devo fare i conti sarebbe il mio carattere pseudo infantile oppositorio, ma purtroppo il problema che sto vivendo non è nel mio cervello, ma li fuori e lo devo affrontare ogni sacrosanto giorno dalle 6 del mattino alle 6 di sera, e quello che chiedo, è sapere quale approccio posso intraprendere per tentare di mantenere una mente salubre, perché da un anno che mi trovo in quel posto, e vedo i colleghi “piangere” nel vero senso della parola, mi fa chiedere come sia possibile che nel 2016 siamo in queste condizioni, e ammetto che sento forti squilibri nella mia mente. Mi sembra di vivere un’assurdità.
Poi, Dr.ssa Valentina, che i problemi non siano irrisolvibili, ma che “si possano trovare soluzioni brillanti anche se non convenzionali” concordo con Lei, infatti sono sempre state le situazioni di crisi ad apportare notevoli miglioramenti evolutivi alle società, anche se spesso si sono raggiunte con forti travagli. La crisi inevitabilmente conduce a doversi operare per superarla, e il segreto sta nel non abbattersi. Io apprezzo molto le risposte che mi avete dato in questi giorni, mi sono state molto d’aiuto per far luce dentro di me, ma ancora non mi capacito sulle motivazioni per cui i miei responsabili agiscano in tale modo, per salvaguardare la loro posizione?
Grazie ancora.
[#9]
Comprendo il suo senso di impotenza e l'analisi sull'abisso della società, con la coloritura emotiva che ci comunica, trovo sia una testimonianza acuta, importante e realistica.
Ha fatto tanto e continua a farlo, dalle sue parole mostra di essere paziente e disponibile, e l'assenza di gratitudine è terribile.
Posso dire di sentirla riflessivo e desideroso di un confronto per trovare possibili itinerari. Spero che non molli e prosegua la sua ricerca in una vita che a volte mostra un lato molto difficile.
Il desiderio di conoscere le motivazioni per cui i suoi responsabili agiscono così, lo capisco. La curiosità è appassionante e potrebbero esserci tante spiegazioni, anche quella che ha detto lei.
Certo in questo caso non dipende da lei, nel bene e nel male. Non sempre si possono cambiare le cose purtroppo o salvare le persone da se stesse. Anche se questo la condiziona, non ne ha colpa.
Se non le danno considerazione, questo non vuol dire che lei non la merita. Se la trattano da stupido, questo non vuol dire che lei è stupido. E, infatti, lei non lo è affatto.
Faccia attenzione su questo punto, è importante. Potrebbe sentire molto il peso e l'ingiustizia del rifiuto. Potrebbe essere un argomento non di poco conto: il rifiuto a volte può sviluppare un senso di rassegnazione assieme a un vissuto di negazione. Potrei dire di distacco come reazione alla situazione di rifiuto, che la riguarda direttamente.
Parlo di distacco, non so se sbagliando, perché è quello che ho pensato quando ha parlato di "leggerezza", sensazione che lei ha associato a un'eta infantile. Questa è un'associazione molto suggestiva, che merita la massima attenzione. Potrebbe riguardare anche episodi più antichi della sua vita, quando appunto era bambino.
Torno quindi a suggerirle, coerentemente con ciò che ci siamo andati dicendo, questo: potremmo dire che c'è un senso di impotenza per una realtà molto dura che non dipende da noi, ma potrebbe esserci anche un senso di impotenza soggettiva, che potrebbe appartenere esclusivamente al suo mondo interiore. Che ruolo ha in questo un senso di rifiuto?
Sento l'importanza di riflettere su tutto questo, e poter cambiare se stesso per poter vedere con altri occhi questo mondo difficile e provare a cercare altri posti da abitare.
Valuti in tal senso anche la possibilità di rivolgersi a uno psicoterapeuta, potrebbe essere un'occasione per guardarsi dentro, esprimere i suoi vissuti e darsi un nuovo ascolto.
Sinceramente le faccio i miei più sentiti auguri e la ringrazio per averci reso partecipi della sua situazione di vita.
Enrico de Sanctis
Ha fatto tanto e continua a farlo, dalle sue parole mostra di essere paziente e disponibile, e l'assenza di gratitudine è terribile.
Posso dire di sentirla riflessivo e desideroso di un confronto per trovare possibili itinerari. Spero che non molli e prosegua la sua ricerca in una vita che a volte mostra un lato molto difficile.
Il desiderio di conoscere le motivazioni per cui i suoi responsabili agiscono così, lo capisco. La curiosità è appassionante e potrebbero esserci tante spiegazioni, anche quella che ha detto lei.
Certo in questo caso non dipende da lei, nel bene e nel male. Non sempre si possono cambiare le cose purtroppo o salvare le persone da se stesse. Anche se questo la condiziona, non ne ha colpa.
Se non le danno considerazione, questo non vuol dire che lei non la merita. Se la trattano da stupido, questo non vuol dire che lei è stupido. E, infatti, lei non lo è affatto.
Faccia attenzione su questo punto, è importante. Potrebbe sentire molto il peso e l'ingiustizia del rifiuto. Potrebbe essere un argomento non di poco conto: il rifiuto a volte può sviluppare un senso di rassegnazione assieme a un vissuto di negazione. Potrei dire di distacco come reazione alla situazione di rifiuto, che la riguarda direttamente.
Parlo di distacco, non so se sbagliando, perché è quello che ho pensato quando ha parlato di "leggerezza", sensazione che lei ha associato a un'eta infantile. Questa è un'associazione molto suggestiva, che merita la massima attenzione. Potrebbe riguardare anche episodi più antichi della sua vita, quando appunto era bambino.
Torno quindi a suggerirle, coerentemente con ciò che ci siamo andati dicendo, questo: potremmo dire che c'è un senso di impotenza per una realtà molto dura che non dipende da noi, ma potrebbe esserci anche un senso di impotenza soggettiva, che potrebbe appartenere esclusivamente al suo mondo interiore. Che ruolo ha in questo un senso di rifiuto?
Sento l'importanza di riflettere su tutto questo, e poter cambiare se stesso per poter vedere con altri occhi questo mondo difficile e provare a cercare altri posti da abitare.
Valuti in tal senso anche la possibilità di rivolgersi a uno psicoterapeuta, potrebbe essere un'occasione per guardarsi dentro, esprimere i suoi vissuti e darsi un nuovo ascolto.
Sinceramente le faccio i miei più sentiti auguri e la ringrazio per averci reso partecipi della sua situazione di vita.
Enrico de Sanctis
[#10]
Solo due precisazioni:
- non ho parlato di bambini capricciosi e le assicuro che i bambini oppositivi hanno spesso ragioni da vendere per il loro comportamento
- quanto alle motivazioni che sostengono il comportamento dei suoi responsabili, andare da uno psicologo potrebbe molto aiutarla a scoprirle; e non solo a scoprirle ma, come le ho già detto, a confrontarvisi auspicabilmente nel modo più adattativo possibile.
Cordiali saluti
- non ho parlato di bambini capricciosi e le assicuro che i bambini oppositivi hanno spesso ragioni da vendere per il loro comportamento
- quanto alle motivazioni che sostengono il comportamento dei suoi responsabili, andare da uno psicologo potrebbe molto aiutarla a scoprirle; e non solo a scoprirle ma, come le ho già detto, a confrontarvisi auspicabilmente nel modo più adattativo possibile.
Cordiali saluti
Questo consulto ha ricevuto 10 risposte e 20.8k visite dal 24/04/2016.
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