Mio padre si è suicidato
[#1]
Gentile utente , quanto dolore nelle tre righe che ci ha mandato, dolore a cui è possibile rispondere solo con la nostra vicinanza, perchè niente Lei ci dice..solo .. non valevo più nulla ai suoi occhi..
Io non penso che sia questo il motivo, forse ci sono stati dolori, disincanti, delusioni anche lavorative , che gli hanno tolto la forza e la voglia di farcela.
Ci riscriva se crede, cerchi di pensare ai giorni belli che ci sono stati nella vostra vita, ai giorni degli abbracci , delle coccole, delle pizze e delle gite , giorni in cui vi siete dati reciprocamente felicità e amore...si tenga stretti questi ricordi per riprendere ad avere coraggio e andare avanti..
Lui vorrebbe questo per la sua bambina..
Un saluto affettuoso..
Io non penso che sia questo il motivo, forse ci sono stati dolori, disincanti, delusioni anche lavorative , che gli hanno tolto la forza e la voglia di farcela.
Ci riscriva se crede, cerchi di pensare ai giorni belli che ci sono stati nella vostra vita, ai giorni degli abbracci , delle coccole, delle pizze e delle gite , giorni in cui vi siete dati reciprocamente felicità e amore...si tenga stretti questi ricordi per riprendere ad avere coraggio e andare avanti..
Lui vorrebbe questo per la sua bambina..
Un saluto affettuoso..
MAGDA MUSCARA FREGONESE
Psicologo, Psicoterapeuta psicodinamico per problemi familiari, adolescenza, depressione - magda_fregonese@libero.it
[#2]
Cara Ragazza,
Mi associo alle parole empatiche e di conforto della dottoressa Muscarà.
Non sappiamo nulla di suo padre, ma a volte vivere diventa insopportabile, pur amando profondamente chi ci sta accanto.
La colpa non è sua, né di chi è rimasto.
Forse c'erano dei segnali di malessere, di sofferenza, di dosagio..un lutto, una perdita, una malattia psichica o psichiatrica sotto soglia, o altro che non sapete,.non sappiamo..
A volte la morte, anche se può sembrare impossibile, è l'unica soluzione per chi ha il "mal di vivere", pur avendo tutto, anche figli e stabilità economica
So bene che le nostre parole non leniranno le sue ferite, anzi lacerazioni, e che i sensi di colpa non la lasceranno per un po...ma a volte le parole accarezzano l'anima, provi a rivolgersi ad un nostro collega, per tenere un diario di bordo emotivo...aiuta.
Coraggio.
Mi associo alle parole empatiche e di conforto della dottoressa Muscarà.
Non sappiamo nulla di suo padre, ma a volte vivere diventa insopportabile, pur amando profondamente chi ci sta accanto.
La colpa non è sua, né di chi è rimasto.
Forse c'erano dei segnali di malessere, di sofferenza, di dosagio..un lutto, una perdita, una malattia psichica o psichiatrica sotto soglia, o altro che non sapete,.non sappiamo..
A volte la morte, anche se può sembrare impossibile, è l'unica soluzione per chi ha il "mal di vivere", pur avendo tutto, anche figli e stabilità economica
So bene che le nostre parole non leniranno le sue ferite, anzi lacerazioni, e che i sensi di colpa non la lasceranno per un po...ma a volte le parole accarezzano l'anima, provi a rivolgersi ad un nostro collega, per tenere un diario di bordo emotivo...aiuta.
Coraggio.
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
[#3]
Utente
Tre settimane fa si è suicidato mio padre, gettandosi da una torre.
Tra noi era un rapporto logorato da tempo, ai miei 16 anni litigammo e per anni non riuscì più ad avere un contatto con lui. All’epoca vivevamo ancora nella stessa città, così un giorno in mezzo a tanti casualmente ci rincontrammo. Non era più lo stesso: da un uomo lucido, intelligente, con un ottimo lavoro che amava, stimato da tutti, si era trasformato: visibilmente debole e trascurato, si era licenziato dal suo lavoro per diventare indipendente, aveva cominciato ad avere problemi economici. Quel giorno sentì un commento denigrante di un giovane sconosciuto verso mio padre. Allora non credevo ci fosse qualcosa di più difficile da gestire. Non ho mai accettato questo suo declino.
Grazie a questo incontro abbiamo ripreso saltuariamente i contatti, qualche cena a casa sua, di sua moglie e della mia sorellastra, di 13 anni più piccola.
Negli ultimi anni diventò però impossibile raggiungerlo, dalla Svizzera si trasferì in Italia e gli sporadici contatti erano per i compleanni e per annunciarci che sarebbero arrivati in Svizzera per qualche giorno, sempre tutto tramite la mia sorellastra. Ma in Svizzera lui non ci arrivava mai.
L’ultimo contatto che ho avuto è stato due anni fa al telefono per il suo compleanno, una chiamata chiusa velocemente, con in sottofondo la voce della moglie.
Durante questi anni io e il resto della mia famiglia in Svizzera venivamo a conoscenza da amici che lui non stava bene, in fondo al cuore sapevo che era in una forte depressione, mia nonna (sua madre) mi chiese spesso di provare a contattarlo, poiché lui aveva litigato con tutto il resto della famiglia, tranne me e mia sorella gemella.
Una settimana prima della sua morte ho preso il telefono in mano, avevo un bisogno fortissimo di sentire la sua voce. Non ho mai fatto quella chiamata. Era un rapporto così deteriorato che ho avuto paura e vergogna di mostrargli alla mia età di avere ancora bisogno di lui.
Era diventato assente e disinteressato. Ma era un paradosso, perché fino a quando c’è stato è stato il Papà dei Papà.
Mi ha insegnato a disegnare, a dipingere, a comporre canzoni e cartoni animati, a suonare, ad amare gli animali, a scrivere. Mi ha insegnato la fantasia. Mi ha insegnato ad avere passione.
Era una persona appassionata ed intelligente.
Più volte ho pensato che avrei preferito non avere tutto questo fin dall’inizio, piuttosto che scoprire il gusto della perdita.
Non ho potuto assistere al funerale, l’hanno fatto il giorno dopo senza aspettarmi.
Non ho potuto rivederlo per l’ultima volta, l’hanno cremato poche ore prima che arrivassi.
C’è un’inchiesta di polizia aperta, che non ho visto.
L’urna è rimasta in Italia.
Una moglie che ha voluto chiedere la faccenda con una fretta inspiegabile.
Io non escludo che sia stato un suicidio indotto. Sua moglie, gelosa morbosa e paranoica, sembrerebbe che lo abbia allontato da tutti (partendo da me e mia sorella gemella) e da tutto. Questo rapporto malato l’avevo vissuto direttamente da bambina, ma ora mi rendo conto di quanto la situazione fosse peggiorata. Non so più con che occhi guardare questa donna, ma soprattutto la mia giovane sorellastra. Hanno manipolato e recitato. Non so più se amarla o odiarla.
Ora mi rendo conto di quanto ho trascurato.
Di quanto non me ne sia mai fatta una ragione.
Ho bisogno di risposte. Far fronte ad un lutto. Far fronte ad un suicidio. Far fronte ad un suicidio in questa maniera. Far fronte a dei “dubbi giuridici” che mi stanno mangiando il cervello.
È morto odiando la Svizzera, odiando il paese in cui è cresciuto e dove era pieno di amici, è morto odiando la sua famiglia. La moglie dice che non ha lasciato nulla.
Un “ciao amore mio, vai avanti”. Se mi avesse ancora amato, lo avrebbe fatto. Questa indifferenza che mi ha torturato l’anima, è ora infinita. Io che non ho mai creduto ai "per sempre".
Tra noi era un rapporto logorato da tempo, ai miei 16 anni litigammo e per anni non riuscì più ad avere un contatto con lui. All’epoca vivevamo ancora nella stessa città, così un giorno in mezzo a tanti casualmente ci rincontrammo. Non era più lo stesso: da un uomo lucido, intelligente, con un ottimo lavoro che amava, stimato da tutti, si era trasformato: visibilmente debole e trascurato, si era licenziato dal suo lavoro per diventare indipendente, aveva cominciato ad avere problemi economici. Quel giorno sentì un commento denigrante di un giovane sconosciuto verso mio padre. Allora non credevo ci fosse qualcosa di più difficile da gestire. Non ho mai accettato questo suo declino.
Grazie a questo incontro abbiamo ripreso saltuariamente i contatti, qualche cena a casa sua, di sua moglie e della mia sorellastra, di 13 anni più piccola.
Negli ultimi anni diventò però impossibile raggiungerlo, dalla Svizzera si trasferì in Italia e gli sporadici contatti erano per i compleanni e per annunciarci che sarebbero arrivati in Svizzera per qualche giorno, sempre tutto tramite la mia sorellastra. Ma in Svizzera lui non ci arrivava mai.
L’ultimo contatto che ho avuto è stato due anni fa al telefono per il suo compleanno, una chiamata chiusa velocemente, con in sottofondo la voce della moglie.
Durante questi anni io e il resto della mia famiglia in Svizzera venivamo a conoscenza da amici che lui non stava bene, in fondo al cuore sapevo che era in una forte depressione, mia nonna (sua madre) mi chiese spesso di provare a contattarlo, poiché lui aveva litigato con tutto il resto della famiglia, tranne me e mia sorella gemella.
Una settimana prima della sua morte ho preso il telefono in mano, avevo un bisogno fortissimo di sentire la sua voce. Non ho mai fatto quella chiamata. Era un rapporto così deteriorato che ho avuto paura e vergogna di mostrargli alla mia età di avere ancora bisogno di lui.
Era diventato assente e disinteressato. Ma era un paradosso, perché fino a quando c’è stato è stato il Papà dei Papà.
Mi ha insegnato a disegnare, a dipingere, a comporre canzoni e cartoni animati, a suonare, ad amare gli animali, a scrivere. Mi ha insegnato la fantasia. Mi ha insegnato ad avere passione.
Era una persona appassionata ed intelligente.
Più volte ho pensato che avrei preferito non avere tutto questo fin dall’inizio, piuttosto che scoprire il gusto della perdita.
Non ho potuto assistere al funerale, l’hanno fatto il giorno dopo senza aspettarmi.
Non ho potuto rivederlo per l’ultima volta, l’hanno cremato poche ore prima che arrivassi.
C’è un’inchiesta di polizia aperta, che non ho visto.
L’urna è rimasta in Italia.
Una moglie che ha voluto chiedere la faccenda con una fretta inspiegabile.
Io non escludo che sia stato un suicidio indotto. Sua moglie, gelosa morbosa e paranoica, sembrerebbe che lo abbia allontato da tutti (partendo da me e mia sorella gemella) e da tutto. Questo rapporto malato l’avevo vissuto direttamente da bambina, ma ora mi rendo conto di quanto la situazione fosse peggiorata. Non so più con che occhi guardare questa donna, ma soprattutto la mia giovane sorellastra. Hanno manipolato e recitato. Non so più se amarla o odiarla.
Ora mi rendo conto di quanto ho trascurato.
Di quanto non me ne sia mai fatta una ragione.
Ho bisogno di risposte. Far fronte ad un lutto. Far fronte ad un suicidio. Far fronte ad un suicidio in questa maniera. Far fronte a dei “dubbi giuridici” che mi stanno mangiando il cervello.
È morto odiando la Svizzera, odiando il paese in cui è cresciuto e dove era pieno di amici, è morto odiando la sua famiglia. La moglie dice che non ha lasciato nulla.
Un “ciao amore mio, vai avanti”. Se mi avesse ancora amato, lo avrebbe fatto. Questa indifferenza che mi ha torturato l’anima, è ora infinita. Io che non ho mai creduto ai "per sempre".
[#4]
Gentile utente,
un suicidio è sempre straziante per le persone amate che rimangono. Si passano in rassegna gli anni e le situazioni; ci si chiede se si sarebbe potuto fare meglio o diversamente. Quasi sempre si trova qualche appiglio con cui torturarsi.
Ma in realtà il suicidio è un evento molto molto privato. Solo la persona sa quale travaglio lo ha preceduto, quali difficltà ha incontrato e dalle quali è rimasto schiacciato.
La Vosta complicata situazione famigliare certo non La aiuta a "farsene una ragione", ad elaborare il lutto come diciamo noi.
Ma non si tormenti con ipotesi di induzione al suicidio, di cremazioni affrettate... I tempi tecnici sono quelli previsti...
<<Ho bisogno di risposte.<<
Trovare delle risposte non sarà semplice. Le troverà dentro di sè nel tempo, nel tempo passato quando lui era un vero Papà, nel tempo che aiuta a cicatrizzare le ferite lasciando per sempre cicatrici importanti.
un suicidio è sempre straziante per le persone amate che rimangono. Si passano in rassegna gli anni e le situazioni; ci si chiede se si sarebbe potuto fare meglio o diversamente. Quasi sempre si trova qualche appiglio con cui torturarsi.
Ma in realtà il suicidio è un evento molto molto privato. Solo la persona sa quale travaglio lo ha preceduto, quali difficltà ha incontrato e dalle quali è rimasto schiacciato.
La Vosta complicata situazione famigliare certo non La aiuta a "farsene una ragione", ad elaborare il lutto come diciamo noi.
Ma non si tormenti con ipotesi di induzione al suicidio, di cremazioni affrettate... I tempi tecnici sono quelli previsti...
<<Ho bisogno di risposte.<<
Trovare delle risposte non sarà semplice. Le troverà dentro di sè nel tempo, nel tempo passato quando lui era un vero Papà, nel tempo che aiuta a cicatrizzare le ferite lasciando per sempre cicatrici importanti.
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#5]
Utente
Sono passati quasi 7 mesi, ma questo nuvolone nero sopra la mia testa è persistente.
Sono in terapia, ma non sento che sto facendo dei cambiamenti. Eppure stimo molto lo psicoterapeuta.
Vi sono troppi elementi su cui lavorare ?
Ho iniziato le sedute un mese prima della morte di mio padre, a causa di uno stato depressivo che era diventato la costante delle mie giornate. Ero in un blocco esistenziale. E lo sono ancora tutt'oggi.
Dalla morte di mio padre ho cominciato a capire alcune cose, da dove sono scaturiti alcuni miei "problemi di vita".
Ma ciò non cambia che sono senza diploma, senza lavoro, senza coraggio. Sento che è troppo tardi per tutto. Mi sento vecchia e irrecuperabile. Questa è la mia vita degli ultimi anni.
Da 7 mesi si aggiungono momenti come questi, dove chiudo gli occhi e rivedo quello che mio padre ha fatto. Sento che non sono sulla strada del benessere, ma è più forte di me, devo torturarmi: lo rivedo uscire dal letto, in una mattina di burrasca, prendere deciso quella viuzza, arrivare su quella torre, guardare giù, salutare il mare, girarsi, aprire le braccia e gettarsi. Mi immedesimo, lo sento solo e abbandonato, e mi sale un'angoscia enorme. Questo nuvolone nero è ancora lì, con la stessa densità di 7 mesi fa.
Probabilmente non avrei mai dovuto andare sul posto del fatto.
Non sento di fare progressi.
Sono in terapia, ma non sento che sto facendo dei cambiamenti. Eppure stimo molto lo psicoterapeuta.
Vi sono troppi elementi su cui lavorare ?
Ho iniziato le sedute un mese prima della morte di mio padre, a causa di uno stato depressivo che era diventato la costante delle mie giornate. Ero in un blocco esistenziale. E lo sono ancora tutt'oggi.
Dalla morte di mio padre ho cominciato a capire alcune cose, da dove sono scaturiti alcuni miei "problemi di vita".
Ma ciò non cambia che sono senza diploma, senza lavoro, senza coraggio. Sento che è troppo tardi per tutto. Mi sento vecchia e irrecuperabile. Questa è la mia vita degli ultimi anni.
Da 7 mesi si aggiungono momenti come questi, dove chiudo gli occhi e rivedo quello che mio padre ha fatto. Sento che non sono sulla strada del benessere, ma è più forte di me, devo torturarmi: lo rivedo uscire dal letto, in una mattina di burrasca, prendere deciso quella viuzza, arrivare su quella torre, guardare giù, salutare il mare, girarsi, aprire le braccia e gettarsi. Mi immedesimo, lo sento solo e abbandonato, e mi sale un'angoscia enorme. Questo nuvolone nero è ancora lì, con la stessa densità di 7 mesi fa.
Probabilmente non avrei mai dovuto andare sul posto del fatto.
Non sento di fare progressi.
[#6]
Mi dispiace!
Il suicidio di un genitore è assai ingombrabnte e lungo da elaborare...
Ne parli molto chiaramente - come ha fatto con noi - con lo/a specialista che La segue.
Chissà se La possono aiutare anche queste riflessioni..
https://www.medicitalia.it/minforma/psichiatria/752-lutto-normale-e-lutto-complicato.html
Un caro saluto.
Questo consulto ha ricevuto 6 risposte e 13.4k visite dal 07/04/2016.
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