Disturbi della personalità

Buonasera, scrivo sperando di poter chiarire due perplessità.
Per anni ho sperimentato i sintomi tipici dei disturbi di personalità (ansia, depressione, sbalzi di umore, rigidità nell'affrontare le situazioni, etc.), da un anno e mezzo seguo una psicoterapia che mi ha permesso di superare gli aspetti più critici.

La prima domanda riguarda le modalità per "costruirsi da zero", perché mi sento bene al di là di qualunque aspettativa, ma non ho un lavoro, né amici, né passioni. Il fatto problematico è che non sento di avere gli strumenti per raggiungere queste cose, le persone solitamente se le creano in anni di vita, io non ho avuto esperienza di questi aspetti in modo adatto o "normale".
Per la prima volta lo psicologo sembra non comprendermi, si limita a chiedermi che cosa voglio fare, in generale. Ma non ho costruito nulla, non ho passioni né modi classici per stringere amicizie, come potrei sapere improvvisamente come si fa?

Temo che sia così soddisfatto per come abbiamo risolto il tutto - ed è evidente che lo è - da non dare abbastanza peso a questa fase di "costruzione". Quali consigli dareste a una paziente con un problema simile?

L'altro dubbio riguarda la diagnosi: non ho mai potuto vederne una, in due servizi diversi. Mi era solo stato detto, dopo tentativi assurdi di autodiagnosi, che avevo uno stile borderline, ma non il disturbo in sé. Al momento l'avevo presa in un modo diciamo particolare.
Lo psicoterapeuta che mi segue, invece, mi aveva confermato di avere dei disturbi della personalità, ma senza dirmi quali. Aveva detto che le etichette non servono a nessuno, ma non riesco a liberarmi della curiosità di sapere che cosa avessi in termini diagnostici. Per quale motivo la diagnosi mi è stata tenuta nascosta così tenacemente? (da una prima psicologa, da un altro servizio e a lungo anche dallo psicologo attuale)
Conosco persone con una diagnosi ben chiara, scritta e definita. Certo un'etichetta di malattia mentale non rende felici, ma leva il tormento di non sapere di cosa si soffre.
Perché qualcuno può saperlo e qualcun altro no?

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Dr. Fernando Bellizzi Psicologo, Psicoterapeuta 1.1k 37
Gentile Utente,

risulta difficile risponderLe alle domande che pone, essendo Lei già in un rapporto psicologico. Ora, se da una parte esistono teorie e metodi, non abbiamo protocolli standard, e la relazione psicoterapeutica ha delle caratteristiche che nascono dal contributo che psicologo e cliente danno ciascuno.

Innanzitutto può pure esternare le proprie difficoltà al collega; se le risulta difficile può anche stampare le Sue domande e rigirargliele, oppure mandargli il link.

Lo psicologo, non è detto che non la comprenda, ma semplicemente cerca di stimolarLa a trovare qualcosa di *proprio*, qualcosa che Lei possa dire *è mio*.
Questo perchè è difficile dare *consigli* ad una persona, ma non è detto che l'approccio teorico seguito dal collega sia *interventista*.

Personalmente sono interventista, ma è un interventismo molto soft. Posso suggerirle di comprarsi delle scarpe, ma taglia, modello e colore se li sceglie Lei, e se andando al negozio di scarpe trova una sciarpa bellissima e se la compra al posto delle scarpe, va bene così. Non so se è chiaro l'esempio.

L'unico consiglio che posso darLe, è: parli con il Suo terapeuta anche di questo ed esprima Le proprie riflessioni.

Cordiali saluti
Dr. Fernando Bellizzi

Dr. Fernando Bellizzi
Albo Psicologi Lazio matr. 10492

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Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Cara Signora,
Se Lei sta concludendo una psicoterapia cio' fa presupporre che da ora in poi e' in possesso di strumenti nuovi.
Forse fino ad ora non lo era e tendeva ancora a delegare.
La "delega" seppure apparentemente puo' sembrare un sostegno, realmente sortisce l'effetto contrario: toglie autonomia e liberta'.
Per sapere cosa si puo' e si desidera fare occorre prendere su di se' l'onere e l'onore delle scelte. E poi percepire cosa/come questo fa sentire.
Ci provi! Con un po' di entusiasmo se puo' .
I migliori saluti

Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132

[#3]
Utente
Utente
Rispondo al Dott. Bellizzi:
con il mio terapeuta c'è un buon rapporto di fiducia e non ho problemi a sottoporgli i miei dubbi, però come ha scritto lei non può dirmi esattamente che cosa fare, pretendevo qualcosa di impossibile. Nel frattempo va già molto meglio, mi sono accorta di avere sia gli strumenti che la voglia per capire e fare quello che desidero. Per anni non sono stata abituata a conoscermi e avere fiducia in me stessa, perciò cogliere i cambiamenti in questo senso non è stato immediato.
La ringrazio per la sua gentile risposta.


e alla Dott. ssa Esposito:
ha visto bene, gli strumenti nuovi naturalmente ci sono, dovevo solo accorgermene e uscire dalla perplessità. Ha ragione anche sull'abitudine a delegare, chiedere al terapeuta cosa fare di preciso è stato l'ultimo strascico di questa abitudine, unito a quello che ho scritto sopra.
Di entusiasmo adesso non me ne manca, sono ancora un po' spaesata, ma felice di sperimentare i nuovi aspetti di me ad ogni minima occasione.
Grazie di avermi risposto e per il lavoro che svolge su questo sito.
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