Ho dei dubbi sull'efficacia della mia psicoterapia
Salve a tutti
è ormai da un anno e mezzo che soffro di sintomi che il mio medico (dopo esami negativi) ha attribuito a "fattori emotivi": senso di stretta al cuore, a volte insonnia, ansia, ipocondria e occasionali attacchi di tachicardia e tremore. Dopo mesi di sopportazione, a inizio dicembre 2015 non ce l'ho fatta più e ho deciso di iniziare con la psicoterapia.
Con la mia psicoterapeuta mi sono trovato subito bene dal punto di vista umano. Le racconto volentieri i miei problemi e le mie paure e mi sento ascoltato e abbastanza compreso. Il problema è che i miei sintomi, da novembre, non sono affatto migliorati (anzi in certi momenti sono addirittura peggiori) e ho la sensazione di essere a un punto di stallo.
Forse il mio naturale scetticismo sta remando contro, ma quando lei mi invita a "ascoltarmi", a "guardarmi allo specchio", a "sentire cosa sento e cosa provo" io non ho idea di dove voglia andare a parare. A volte mentre parliamo mi chiede "che stai pensando?" oppure "cosa provi in questo momento?" e io giuro che non so mai risponderle. Semplicemente non lo so, non ne sono capace.
Se ho capito bene il problema è una sorta di distacco tra mente e corpo, una mia tendenza a smorzare le mie necessità e i miei desideri con pensieri disfattisti del tipo "ma se poi va male...", "tanto non serve a niente", "è tutto inutile", ecc.
Scoprire queste cose di me è stato molto interessante, ma non mi aiuta a risolvere il problema: quello fisico, quello che mi rovina le giornate e non mi fa dormire la notte. Ho paura di trascorrere il resto della vita in questo perenne stato di angoscia, che nessuno possa aiutarmi, che tutte queste cose siano solo belle teorie e non una cura vera e propria. Insomma, non vedo miglioramenti presenti né futuri e sto perdendo fiducia in qualcosa che ero sicuro mi avrebbe aiutato a ritornare in salute.
Aggiungo solo che per ora non ho iniziato terapie farmacologiche, in quanto la dottoressa ha voluto prima farmi provare rimedi più blandi (tipo i fiori di bach), ma non ho ancora notato effetti apprezzabili. Io non lo propongo perché prendere ansiolitici a neanche 30 anni mi fa un po' paura.
è ormai da un anno e mezzo che soffro di sintomi che il mio medico (dopo esami negativi) ha attribuito a "fattori emotivi": senso di stretta al cuore, a volte insonnia, ansia, ipocondria e occasionali attacchi di tachicardia e tremore. Dopo mesi di sopportazione, a inizio dicembre 2015 non ce l'ho fatta più e ho deciso di iniziare con la psicoterapia.
Con la mia psicoterapeuta mi sono trovato subito bene dal punto di vista umano. Le racconto volentieri i miei problemi e le mie paure e mi sento ascoltato e abbastanza compreso. Il problema è che i miei sintomi, da novembre, non sono affatto migliorati (anzi in certi momenti sono addirittura peggiori) e ho la sensazione di essere a un punto di stallo.
Forse il mio naturale scetticismo sta remando contro, ma quando lei mi invita a "ascoltarmi", a "guardarmi allo specchio", a "sentire cosa sento e cosa provo" io non ho idea di dove voglia andare a parare. A volte mentre parliamo mi chiede "che stai pensando?" oppure "cosa provi in questo momento?" e io giuro che non so mai risponderle. Semplicemente non lo so, non ne sono capace.
Se ho capito bene il problema è una sorta di distacco tra mente e corpo, una mia tendenza a smorzare le mie necessità e i miei desideri con pensieri disfattisti del tipo "ma se poi va male...", "tanto non serve a niente", "è tutto inutile", ecc.
Scoprire queste cose di me è stato molto interessante, ma non mi aiuta a risolvere il problema: quello fisico, quello che mi rovina le giornate e non mi fa dormire la notte. Ho paura di trascorrere il resto della vita in questo perenne stato di angoscia, che nessuno possa aiutarmi, che tutte queste cose siano solo belle teorie e non una cura vera e propria. Insomma, non vedo miglioramenti presenti né futuri e sto perdendo fiducia in qualcosa che ero sicuro mi avrebbe aiutato a ritornare in salute.
Aggiungo solo che per ora non ho iniziato terapie farmacologiche, in quanto la dottoressa ha voluto prima farmi provare rimedi più blandi (tipo i fiori di bach), ma non ho ancora notato effetti apprezzabili. Io non lo propongo perché prendere ansiolitici a neanche 30 anni mi fa un po' paura.
[#1]
Gentile utente, che tipo di psicoterapia sta affrontando? Le chiedo questo perché il tipo di terapia intrapreso potrebbe non essere utile ai suoi problemi.
Di questo "stallo" ne ha parlato con la sua terapeuta?
Per quanto riguarda la terapia farmacologica andrebbe valutata da uno specialista in base ad un corretto inquadramento diagnostico e in base alla severità dei sintomi. Non abbia pregiudizi rispetto ai farmaci perché spesso non sono solo necessari ma sono un utile ausilio alla psicoterapia.
Saluti
Di questo "stallo" ne ha parlato con la sua terapeuta?
Per quanto riguarda la terapia farmacologica andrebbe valutata da uno specialista in base ad un corretto inquadramento diagnostico e in base alla severità dei sintomi. Non abbia pregiudizi rispetto ai farmaci perché spesso non sono solo necessari ma sono un utile ausilio alla psicoterapia.
Saluti
Dr.ssa Marta Stentella - Roma e Terni
Psicologa Clinica e Forense, Psicodiagnosta
www.martastentella.it
[#2]
Gentile Signorina,
Che la Sua terapeuta Le proponga di "guardarsi dentro" mi sembra una via ottima per comprendersi. L'unica in realta'.
Ci vuole tempo certamente perche' esistono dei meccanismi di difesa che impediscono di "guardarsi dentro".
Anche io vorrei capire che approccio segua la Sua terapeuta.
Ad esempio con una terapia psicodinamica si interpretano i sogni e le associazioni ai significanti. Questo tipo di prassi permette di "guardare dentro" e vedere davvero qualcosa. Anche se e' nascosta dai meccanismi di difesa.
Che puo' dirci?
Che la Sua terapeuta Le proponga di "guardarsi dentro" mi sembra una via ottima per comprendersi. L'unica in realta'.
Ci vuole tempo certamente perche' esistono dei meccanismi di difesa che impediscono di "guardarsi dentro".
Anche io vorrei capire che approccio segua la Sua terapeuta.
Ad esempio con una terapia psicodinamica si interpretano i sogni e le associazioni ai significanti. Questo tipo di prassi permette di "guardare dentro" e vedere davvero qualcosa. Anche se e' nascosta dai meccanismi di difesa.
Che puo' dirci?
Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132
[#3]
Gentile Utente,
Lei scrive: "A volte mentre parliamo mi chiede "che stai pensando?" oppure "cosa provi in questo momento?" e io giuro che non so mai risponderle. Semplicemente non lo so, non ne sono capace."
Se fosse capace di farlo probabilmente non sarebbe in terapia!
Purtroppo a molti è mancata una alfabetizzazione emotiva e la capacità di saper leggere e collegare tali emozioni con i propri pensieri e i propri comportamenti che dall'esterno potrebbero sembrare incomprensibili.
Ma Lei ha provato a dire al terapeuta che fa fatica e nella fattispecie le difficoltà che incontra ad etichettare e riconoscere le emozioni e i pensieri?
Lei scrive: "A volte mentre parliamo mi chiede "che stai pensando?" oppure "cosa provi in questo momento?" e io giuro che non so mai risponderle. Semplicemente non lo so, non ne sono capace."
Se fosse capace di farlo probabilmente non sarebbe in terapia!
Purtroppo a molti è mancata una alfabetizzazione emotiva e la capacità di saper leggere e collegare tali emozioni con i propri pensieri e i propri comportamenti che dall'esterno potrebbero sembrare incomprensibili.
Ma Lei ha provato a dire al terapeuta che fa fatica e nella fattispecie le difficoltà che incontra ad etichettare e riconoscere le emozioni e i pensieri?
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#4]
Gentile Ragazzo,
per prima cosa ribadisco quanto espresso dalla dott.ssa Pileci in merito alla necessità di riproporre in terapia le perplessità e le difficoltà espresse qui: il loro superamento è, a mio avviso, proprio una parte importante del lavoro terapeutico che sta portando avanti.
Si tratta di un punto d'arrivo (magari intermedio e non definitivo) e non di partenza.
Dal suo racconto a me pare invece che sia su una buona strada: ha di certo ragione nel dire che la consapevolezza di certi suoi "meccanismi" o di certi suoi costrutti e convinzioni disfunzionali non ha risolto i problemi di salute, ma sarebbe stato strano il contrario! Intanto sta imparando a riconoscerli e ad individuarli, pian piano dovrà imparare a modificarli.
Col tempo vedrà che riuscendo a dare un nome alle emozioni e agli stati d'animo che prova, riuscendo a collegarli a pensieri e situazioni, avrà modo di vedere se stesso e il mondo con occhi differenti e il suo corpo non avrà più bisogno di esprimere il disagio attraverso questi sintomi che ora la condizionano.
Non abbia fretta, si conceda il tempo necessario al cambiamento ed abbia fiducia nelle sue possibilità di innescarlo e metterlo in atto. La terapia non è miracolosa, ma frutto di un suo duro lavoro che deve essere sostenuto da motivazione ed assunzione di responsabilità. Fino ad ora, tra l'altro, quante sedute ha effettuato di reale terapia (dopo i primi incontri conoscitivi e di pianificazione del percorso possibile)?
Per come sta ora è ovvio che il futuro non lo possa vedere roseo, ma è necessario che si impegni nel presente, giorno dopo giorno, per costruirlo come lo desidera, non lasciandosi guidare nei suoi giudizi dall'ansia.
Saluti cordiali.
per prima cosa ribadisco quanto espresso dalla dott.ssa Pileci in merito alla necessità di riproporre in terapia le perplessità e le difficoltà espresse qui: il loro superamento è, a mio avviso, proprio una parte importante del lavoro terapeutico che sta portando avanti.
Si tratta di un punto d'arrivo (magari intermedio e non definitivo) e non di partenza.
Dal suo racconto a me pare invece che sia su una buona strada: ha di certo ragione nel dire che la consapevolezza di certi suoi "meccanismi" o di certi suoi costrutti e convinzioni disfunzionali non ha risolto i problemi di salute, ma sarebbe stato strano il contrario! Intanto sta imparando a riconoscerli e ad individuarli, pian piano dovrà imparare a modificarli.
Col tempo vedrà che riuscendo a dare un nome alle emozioni e agli stati d'animo che prova, riuscendo a collegarli a pensieri e situazioni, avrà modo di vedere se stesso e il mondo con occhi differenti e il suo corpo non avrà più bisogno di esprimere il disagio attraverso questi sintomi che ora la condizionano.
Non abbia fretta, si conceda il tempo necessario al cambiamento ed abbia fiducia nelle sue possibilità di innescarlo e metterlo in atto. La terapia non è miracolosa, ma frutto di un suo duro lavoro che deve essere sostenuto da motivazione ed assunzione di responsabilità. Fino ad ora, tra l'altro, quante sedute ha effettuato di reale terapia (dopo i primi incontri conoscitivi e di pianificazione del percorso possibile)?
Per come sta ora è ovvio che il futuro non lo possa vedere roseo, ma è necessario che si impegni nel presente, giorno dopo giorno, per costruirlo come lo desidera, non lasciandosi guidare nei suoi giudizi dall'ansia.
Saluti cordiali.
Dr.ssa Paola Scalco, Psicoterapia Cognitiva e Sessuologia Clinica
ASTI - Cell. 331 5246947
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Questo consulto ha ricevuto 4 risposte e 2k visite dal 30/03/2016.
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