Paura degli psicologi

Salve a tutti. Pubblico questo consulto con l'intenzione di ottenere indicazioni sulla decisione di consultare uno psicologo dal vivo "proteggendomi" mediante lo schermo e il media online. Ho numerosi problemi da affrontare: conflitti, contraddizioni, paradossi, labirinti e trappole dell'anima. Insieme ad uno stile di vita sempre meno funzionale.
Prima di affrontare una psicoterapia, però, voglio capire se abbia un senso andarci; perché invece io considero la psicoterapia e coloro che hanno abilità psicologiche avanzate come dei pericoli mortali. Terrei volentieri lontano da me queste persone, voi compresi, come si tiene lontano un appestato (senza alcun giudizio offensivo, beninteso). La capacità di condizionare gli altri con la sola comunicazione, la parola, il gesto, mi sembra praticamente lo stesso potere di uno stregone o di uno sciamano. Non dico che la manipolazione sia per sé sbagliata, dico solo che va condotta entro certi limiti e che non sopporto che uno più bravo di me possa per questo avere su di me più potere di quello che io ho su me stesso e su di lui. Trovo l'idea di andare a farmi condizionare umiliante, degradante e una sconfitta volontaria, una resa. All'idea di andare dallo psicologo accosto quella di subire un'oppressione psicologica analoga a quella che, andandoci, vorrei superare. Con la differenza che potrei cadere in una oppressione più subdola, perché la potrei scambiare per una cosa salutare e benefica senza che lo sia effettivamente.
A questo proposito potrei dire così, se è vero che il mio rifiuto del potere sta alla base della mia sofferenza e che i sani cercano di avere potere sugli altri, perché non dovrei aspettarmi dallo psicologo che egli desideri avere potere su di me e tenermi come suo suddito? Io voglio essere libero, e questo significa non obbedire a nessuno.
Ammesso poi che il terapeuta mi convinca di aver ottenuto la libertà mediante il suo aiuto, come faccio a sapere se non abbia cambiato il mio concetto di libertà in modo tale da farmi credere come libertà quello che in realtà è sudditanza al suo volere? L'idea "relazionale" della terapia non cambia la sostanza del problema, se la relazione è una relazione di subordinazione.
L'unica scappatoia che vedo è una specie di controsenso: cioè che sia il terapeuta a subire il mio potere ed il mio fascino e che egli (o ella) mi si subordini e mi aiuti da uno stato di inferiorità; il che però è il contrario della normale relazione medico-paziente. Poi non so nemmeno se possa dirsi una scappatoia efficace.
In generale non so come discernere se il terapeuta faccia il mio bene, soprattutto perché agisce sulle mie capacità di discernimento. L'impotenza di fronte a questi fatti mi spaventa e vorrei capire se la psicoterapia faccia per me.
Come faccio ad accettare di abbandonare le mie resistenze alla suggestione se questo mi pone in balìa di un altro? Non è meglio soffrire liberamente che star bene da "servo"?
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicoterapeuta, Psicologo 4.9k 86


La psicoterapia non è esercizio di un potere sull'altro ma al contrario è un'esperienza che consente di recuperare il potere personale.
Le consiglio di leggere questo articolo:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/153-perche-iniziare-una-psicoterapia.html

le consentirà di comprendere che i suoi timori derivano da una concezione della psicoterapia obsoleta poiché rivelatasi inefficace in termini di facilitazione di un processo di cambiamento.

Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it

[#2]
Attivo dal 2016 al 2017
Ex utente
Quello che mi domando io è se la "nuova" concezione della psicoterapia, per l'appunto più efficace, non serva a rendere più efficace - mediante la sottigliezza del concetto di "collaborazione" - proprio quell'esercizio di potere sull'altro che faceva parte dell'ormai obsoleto modello di psicoterapia (Mesmer, Freud, etc.).

Il Papa del medioevo diceva di essere il "servo dei servi di Dio", ma ciò non significa che io non possa considerarlo come un oppressore. Anzi.
[#3]
Dr.ssa Sabrina Camplone Psicoterapeuta, Psicologo 4.9k 86
Ha letto l'articolo?
Le rispondo con una citazione perché credo sia proprio la risposta alla sua domanda.
"All’inizio della mia esperienza professionale mi chiedevo: come posso curare o cambiare questa persona? Adesso riformulerei la domanda così: come posso fornire a questa persona una relazione che può utilizzare per la sua crescita personale"
Carl Rogers
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Attivo dal 2016 al 2017
Ex utente
Ho letto l'articolo.
Comprendo il senso della citazione, che già conoscevo. Tuttavia essa non risponde propriamente alla mia domanda, bensì fornisce uno stimolo alla sua ripetizione. Fingendo di continuare la citazione "...crescita personale. Dato che voglio che il paziente creda di aver bisogno di crescere, in modo che la sua crescita personale coincida con la realizzazione della mia volontà e del cambiamento che voglio suscitare in lui."

Così abbiamo già approfondito il mio dubbio: mi ha fornito una citazione per approfondirlo...
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicoterapeuta, Psicologo 4.9k 86
"Dato che voglio che il paziente creda di aver bisogno di crescere, in modo che la sua crescita personale coincida con la realizzazione della mia volontà e del cambiamento che voglio suscitare in lui."

Ogni essere umano è un organismo un continua evoluzione durante il ciclo di vita, non si tratta di una condizione che "fa comodo" allo psicoterapeuta.
Al contrario è la persona che porta una domanda di cambiamento che poi diventa obiettivo terapeutico e non è lo specialista a deciderlo, il suo ruolo è creare le condizioni favorevoli perché tale processo si realizzi.
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Attivo dal 2016 al 2017
Ex utente
Così mi sembra più chiaro.
Resta quindi in questione se tali condizioni favorevoli all'obiettivo terapeutico possano essere favorevoli anche ad un obiettivo contrario o diverso dal primo. Se ad esempio l'entrata in uno stato di "apertura mentale" possa portarmi ad ottenere quel che chiedo al terapeuta, ma al tempo stesso spingermi verso qualcos'altro di nuovo, inaspettato e non richiesto.

Esempio estremo e magari poco realistico, ma che rende l'idea: vado a fare un'ipnoterapia per riuscire a tenere in ordine il mio appartamento senza esaurirmi o ricadere nel disordine; al fine di far funzionare l'ipnoterapia vengono vinte tutte le mie resistenze all'ipnosi e ai condizionamenti; con l'aiuto del terapeuta riesco infine a mantenere l'ordine domestico (tralasciando la possibilità che il terapeuta possa avermi messo in testa, mentre stavo sotto ipnosi, di votare per i Repubblicani mentre prima amavo i Democratici - o viceversa); un giorno incontro una signorina tutta tacchi a spillo che, approfittando della mia "capacità" di autosuggestione, mi ipnotizza e mi convince a regalarle la mia casa tutta ordinata insieme al patrimonio bancario.

Non sarebbe meglio avere le mie buone, vecchie resistenze e rigidità?
[#7]
Dr.ssa Sabrina Camplone Psicoterapeuta, Psicologo 4.9k 86
In psicoterapia ci sono diversi approcci di riferimento tuttavia esiste un codice deontologico che impedisce di fare un utilizzo strumentale dell'ipnosi, in realtà si tratta più che altro di legende metropolitane che semplificano e banalizzando i processi neurofisiologici che accompagnano gli stati alterati di coscienza, diffuse anche grazie ad una " certa " cinematografia.
In parole più semplici l'ipnosi non consente ad uno psicoterapeuta di modificare il suo orientamento politico.
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Attivo dal 2016 al 2017
Ex utente
Ecco, come si evince tanto da quanto emerso finora quanto dall'implicita accettazione soltanto parziale delle sue risposte, non capisco bene cosa possa portare un terapeuta ad accettare il codice deontologico. Diffido proprio di questo, e ritengo che suggerirmi di non diffidare perché il terapeuta rispetta un codice deontologico non valga come suggerimento. Mi si può garantire che il terapeuta accetti di rispettare il codice? D'altro canto nessuno potrebbe verificare che lo abbia rispettato o meno se cambiassi orientamento politico. Proprio perché potrei averlo cambiato per mia scelta.

Comunque diciamo superato questo problema. Mi fido del terapeuta o comunque lo vedo come l'unico appiglio per uscire dalla mia situazione. Rimane l'altro problema. "L'ipnosi non consente ad uno psicoterapeuta di cambiare il suo orientamento politico", ma la disponibilità ad essa, da parte mia, disponibilità elaborata durante la psicoterapia, non può consentire a qualcun altro, diverso dallo psicoterapeuta, di cambiare il mio orientamento politico o qualsiasi altro aspetto "sacro" (nel senso di proibito all'accesso altrui) della mia vita?
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicoterapeuta, Psicologo 4.9k 86
"Mi si può garantire che il terapeuta accetti di rispettare il codice? "

Sarà lei stesso a verificarlo nella relazione diretta con lo specialista qualora si verifichino situazioni discutibili dal punto di vista etico, in quel caso il professionista è passibile di denuncia.

Credo che lei continui ad identificare l'ipnosi con una tecnica mirata alla manipolazione ma come le ho già detto ciò deriva dal condizionamento derivante da luoghi comuni ancora molto diffusi.


"Mi fido del terapeuta o comunque lo vedo come l'unico appiglio per uscire dalla mia situazione"

La fiducia non va confusa con la dipendenza psicologica, la relazione terapeutica necessita di un rapporto di fiducia che si costruisce gradualmente, non è un atto di fede o peggio la convinzione che solo lo specialista mi salverà.

"Rimane l'altro problema. "L'ipnosi non consente ad uno psicoterapeuta di cambiare il suo orientamento politico", ma la disponibilità ad essa, da parte mia, disponibilità elaborata durante la psicoterapia, non può consentire a qualcun altro, diverso dallo psicoterapeuta, di cambiare il mio orientamento politico o qualsiasi altro aspetto "sacro" (nel senso di proibito all'accesso altrui) della mia vita?"

La disponibilità all'utilizzo dell'ipnosi non la rende una persona facilmente suggestionabile da chiunque, mi sembra evidente che si tratta di nuovo di una banalizzazione, inoltre come le ho già detto ci sono altri orientamenti in psicoterapia quindi l'ipnosi non è l'unica opzione a sua disposizione.
[#10]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
Fa benissimo a diffidare di psicologi e psicoterapeuti, io stesso ne diffido parecchio. Ed è un vecchio adagio quello che raccomanda di restare a distanza di sicurezza dai dottori, se si vuol restare in buona salute.

Tuttavia, ci sono situazioni in cui non se ne può fare a meno. Quali sono queste situazioni? Solo lei può dirlo. Se pensava che saremmo stati noi ad aver bisogno di convincerla ad andare da uno psicologo, avrebbe preso un granchio.

Pensi questo: se un giorno si trovasse malauguratamente ad avere un problema fisico, che richiedesse assolutamente l'intervento di un chirurgo, che certamente ne sa più di lei in fatto di chirurgia e medicina e che, operandola, disporrebbe del potere di vita e di morte su di lei... cosa farebbe?

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

[#11]
Attivo dal 2016 al 2017
Ex utente
Tento ora di spostare la riflessione sull'unico "piano" che ammetta la possibilità di una garanzia, quello della spiegazione e della descrizione.

In che modo e perché avviene questo tipo di condizionamento derivante dai luoghi comuni? In che cosa consiste la differenza fra il condizionamento derivante dai luoghi comuni ed il condizionamento terapeutico?

Al di là dell'ipnosi, mi pare che tutte le tecniche psicoterapeutiche vertano su una forma di suggestione, magari basata sulla PNL o altre diavolerie linguistiche (il che da un lato mi rende paranoico relativamente a quello che gli altri dicono, da un altro mi fa ridere per lo sforzo assurdo di un tale rivolgersi all'assurdo), perciò il problema di base non cambia. Perché dire che potrei diventare suggestionabile da parte di chiunque sembra un'evidente banalizzazione? Entro quali confini si distinguono fra loro la banalità superstiziosa, la suggestione clinica e la manipolazione mentale? Perché la prassi di alterazione psicologica è utile solo al "bene" e non al "male"?

Come posso discernere l'eticità di un terapeuta senza rischiare di sbagliarmi come faccio con l'idea di psicoterapia e di ipnosi?

Non chiedo delle risposte troppo accurate, altrimenti per rispondermi dovrebbe scrivere un libro o più, chiedo solo una visione delle cause e delle modalità di questi processi di condizionamento di cui parliamo da un punto di vista scientifico. Mi basta inquadrare la prospettiva esatta per verificare quanto dice.

Dottor Santonocito, non voglio che mi persuadiate, chiedo solo delle spiegazioni su ciò che dovrei aspettarmi. Per risponderle: bisogna anche giudicare secondo il criterio di ciò che comporta l'operazione, anche se avesse successo, nonché le probabilità di successo o di controindicazioni. Se ad esempio avessi un tumore ai testicoli preferirei morire con entrambi i testicoli che vivere senza. Oppure preferirei affrontare un calcolo dolorosissimo e forse mortale senza operarmi al vivere senza un rene. Siccome, stando a quel poco che ho veduto e sentito intorno a me, sono l'individuo più intelligente del pianeta, preferirei evitare di guarire dalla sofferenza (fosse anche una sofferenza mortale) a scapito della mia intelligenza, piuttosto che ritrovare la serenità in compagnia di un intelletto normale. "Guadagno della malattia": vale la pena vincere questa resistenza?
[#12]
Dr.ssa Sabrina Camplone Psicoterapeuta, Psicologo 4.9k 86
"Al di là dell'ipnosi, mi pare che tutte le tecniche psicoterapeutiche vertano su una forma di suggestione, magari basata sulla PNL o altre diavolerie linguistiche "

La invito a leggere qui
parte prima
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
parte seconda
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1333-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico-parte-ii.html

[#13]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
>>> Se ad esempio avessi un tumore ai testicoli preferirei morire con entrambi i testicoli che vivere senza. Oppure preferirei affrontare un calcolo dolorosissimo e forse mortale senza operarmi al vivere senza un rene
>>>

Lo posso capire e in tal caso ho il dovere di dirle che rivolgersi a uno psicologo potrebbe costituire, per lei specificamente, una perdita di tempo e soldi. Oppure potrebbe ricavarne benefici spettacolari attraverso l'uso del terapeuta adatto. Ma non è possibile darle alcuna certezza a priori, se è questo che ci sta chiedendo.

Anche insistere con spiegazioni e razionalizzazioni non le servirebbe a nulla, proprio perché se lei è la persona più intelligente di questo mondo, in quell'area non ha problemi. È nell'altra, quella emotiva dove non ha il controllo totale, che soffre.

Di solito le persone con convinzioni rigide come le sue non approdano mai dallo psicologo. Oppure ci arrivano quando sono arrivate alla frutta, come si suol dire. E a quel punto o le loro terapie si rivelano un fallimento totale, oppure avviene uno sblocco totale e risolvono rapidamente il loro problema.

[#14]
Attivo dal 2016 al 2017
Ex utente
"Certezza a priori" mi piace: ostacola il pensare nei termini di ciò che mi piace.
Comunque una spiegazione avrebbe certo una qualche utilità, così come la spiegazione del tipo di operazione che si deve svolgere per il tumore ai testicoli ce l'ha nel prospetto dell'eventualità di quella malattia.

Dottoressa Camplone, sto leggendo.... Ma a voi non dà fastidio e non trovate una "scocciatura" questo fatto, comune un po' a tutte le terapie descritte nella prima parte dell'articolo, di doversi per forza "assumere la responsabilità" delle proprie azioni, della propria vita e addirittura delle proprie convinzioni e del proprio modo di interpretare la realtà? (a parte il fatto che ogni scelta responsabile ed interpretazione scaturisce ed opera da e nel campo di una situazione irrimediabile di irresponsabilità e pre-interpretazione e non è nulla al di fuori di questo campo) Non vi opprime il peso di questa "salute"?
[#15]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
Le spiegazioni sul tipo di operazione da fare, o meglio, nel caso delle psicoterapie attive e prescrittive, sulle prescrizioni comportamentali da mettere in pratica, ovviamente ci sono. Ma dato che dare prescrizioni comportamentali è equivalente per molti aspetti a prescrivere una medicina, non sarebbe corretto dargliene qui, senza prima averla vista e conosciuta di persona. Altrimenti quello che lei ci starebbe chiedendo sarebbe una vera e propria diagnosi, cosa che non si può fare online.

Perciò la palla passa di nuovo a lei: può rischiare di fare una prima seduta, in cui verrà passato ai raggi X come se fosse trasparente, del tutto inerme, senza che le rimanga il minimo potere di impedirlo; oppure avrà semplicemente una conversazione con un professionista formato in modo da essere utile alle persone. E se non ne sarà contento, potrà decidere di non vederlo mai più.

Ma almeno una seduta dovrebbe farla se vuol capirci qualcosa. Non si può fare una frittata senza rompere almeno qualche uovo.

Un'ultima cosa, poi la lascio andare: tenga presente che come avrà visto psicologi diversi lavorano in modo diverso. Talvolta molto diverso. Quindi di prime sedute, caso decida di correre il rischio, è possibile che gliene tocchi fare più di una.
[#16]
Attivo dal 2016 al 2017
Ex utente
Sembrano emersi altri punti. La rigidità delle mie convinzioni e la relazione di questa rigidità con l'indecisione fra l'andare o meno dallo psicologo. Questo punto apre una nuova prospettiva sulle mie richieste: il domandarsi se andare o meno dallo psicologo per un problema psicologico, potrebbe far parte del problema stesso.
Questo permette di riporre la domanda in un modo più approfondito: intendiamo quindi il fatto stesso di andare in terapia come un sintomo della patologia, anche se si tratta di un sintomo "buono", che lenisce il dolore. Gli altri sintomi lo scatenano, ma hanno la stessa origine e sono essi a dare alla patologia questo nome relativo alla sofferenza. Questo punto di vista illumina la dinamica tanto della "malattia" quanto della terapia, dei sintomi e della stessa indecisione di fronte alla scelta sull'andare o meno in terapia. Ammesso e non concesso che questa visione della malattia abbia un senso e sia vera, la questione va riproposta così. Visto che possono sussistere sintomi "piacevoli" e che danno "benessere", ma che in realtà sono "malevoli" (come ad esempio l'accidia di un depresso), cosa garantisce per la psicoterapia intesa come sintomo? In cosa consiste, insomma, il benessere che deriverebbe dalla psicoterapia? Esso fa parte della malattia stessa e comporta i rischi che di essa fanno parte (come nel caso succitato dell'effetto collaterale possibile dell'ipnosi)?

Dice anche che le procedure dipendono dalla diagnosi, questa procedura del far dipendere le procedure dalla diagnosi non dipende dalla diagnosi, ma dalla determinazione di ciò che fa parte di ogni psicopatologia e psicoterapia. Abbiamo quindi un quadro per determinare se e come il sottoporsi ad una diagnosi possa permettere di stabilire delle procedure corrette, quadro che consiste in una procedura basata su ciò che fa parte di ogni psicopatologia e di ogni psicoterapia. Cosa, in relazione al problema se l'andare in terapia mi metta in balìa dello psicoterapeuta o del processo psicoterapeutico, fa parte di ogni psicopatologia e psicoterapia? E quali prospettive apre questo qualcosa sulla risoluzione del problema in questione?

Forse ho delle convinzioni rigide che mi provocano sofferenza, tuttavia risulto abbastanza libero tanto dalla rigida convinzione "se sto male, mi faccio curare", quanto dall'altra "non voglio avere niente a che fare con questo, quindi non ci avrò nulla a che fare". Perciò può darsi che l'interrogarsi sulla efficacia, che è comunque efficacia per me, dell'eventuale terapia, potrebbe, con il beneficio del dubbio, non far parte del problema stesso.
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Attivo dal 2016 al 2017
Ex utente
Perché non mi rispondete? Non stiamo facendo una psicoterapia. Non avete alcun vincolo metodologico nei miei riguardi, potete benissimo tentare una risposta anche imprecisa.
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