Grave malessere del mio compagno

Buongiorno, vi chiedo un aiuto perché francamente non so più cosa fare. Sono una donna 40enne compagna da 4 anni di un uomo di 38; ci conosciamo fon da bambini e dopo esserci persi di vista per tanti anni e rincontrati per caso, ci siamo innamorati e successivamente abbiamo deciso di condividere la vita soprattutto per via dei forti valori in comune. Quando abbiamo iniziato la convivenza io avevo già 4 figli da relazioni precedenti, ed ero una madre single da ormai 18 anni, i primi due maggiorenni e orfani di padre, gli altri due abbandonati da un papà che non si è mai interessato a loro, tutti con problemi di salute: il primogenito nato con sindrome di Pierre-Robin, il secondo affetto da analgesia totale congenita, il terzo con un disturbo della personalità, la quarta epilettica, e una famiglia d'origine ostile e assente da sempre (genitori entrambi alcolisti), quindi una situazione non facile che mi ha sempre impedito di pensare a un nuovo amore nella mia vita e a un uomo nella mia casa, lasciandomi varie perplessità sullo slancio con cui il mio compagno, che viveva con la mamma senza convivenze precedenti né figli suoi, desiderava condividere tutto questo con me, ma superate poi dalla serietà con cui intendeva occuparsi di loro con me, e soprattutto a causa del fatto che ero rimasta incinta di una figlia che lui ha accolto con incredibile gioia. Ho conosciuto un uomo positivo e propositivo e tale è stato a lungo ma, piano piano, l'ho visto cambiare e diventare ostile verso i miei figli, che lo adoravano, ipercritico neo confronti di tutti loro e del mio ruolo materno, il che mi ha molto ferita. Negli ultimi mesi ha dovuto affrontare molti problemi di salute legati all'intera sfera famigliare e questo lo ha sicuramente stressato tanto: sua madre e sua sorella con malattie molto gravi, suo padre deve essere operato, io 2 anni fa ho avuto 3 polmoniti in 1 anno e da allora soffro di dolori cronici che i medici (anche per lassismo, mi spiace dirlo) tutt'ora non hanno ancora correttamente diagnosticato né curato e spesso mi impediscono di contribuire in casa. Negli ultimi tempi non sembra più lui, mi sembra di aver a che fare con un uomo infantile, egoista, egocentrico e io non so come aiutarlo, anche se lui mi chiede ripetutamente aiuto. Ieri sera, dopo una lite dovuta a un suo scorretto comportamento con mia figlia, ha detto di non farcela più e di volermene andare, ma io capivo che non stava né voleva davvero lasciarmi anche mentre lo diceva. Si è spinto fino a chiedere a sua madre di tornare da lei e a farsi le valigie e andarsene, salvo poi telefonare e chiedermi di parlare, per poi tornare a casa 2h dopo. Io non so più cosa pensare, non capisco se stia venendo fuori un atteggiamento infantile che prima non avevo visto, e sia sua consuetudine fare questi cinema, anche perché abbiamo litigato al massimo 3 volte in 4 anni, o se stia davvero male e sia un grido di aiuto.
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Dr. Armando De Vincentiis Psicologo, Psicoterapeuta 7.2k 220
gentile utente davanti ad una richiesta di aiuto e all'incapacità di poterlo affrontare bisogna prendere in considerazione l'idea di inserire una figura professionale in questa dinamica poco funzionale.
Già il fatto che afferma di aver litigato 3 volte in 4 anni (quasi un record in una coppia) dimostra che vi siano risorse . e queste devono essere ritirate fuori. Ma se si son congelate un terapeuta può fare la differenza.
saluti

Dr. Armando De Vincentiis
Psicologo-Psicoterapeuta
www.psicoterapiataranto.it
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Utente
Utente
La ringrazio per la risposta velocissima.
Io e lui abbiamo sempre dialogato tanto, questo ci ha permesso di risolvere i conflitti esponendo e ascoltando le reciproche ragioni ben prima di arrivare al conflitto, ma negli ultimi tempi sembra si sia congelata la sua capacità di dialogo e per mia parte posso dire di avere quello che chiamo un "temperamento mascolino" nell'affrontare le difficoltà, nel senso che ho una cronica incapacità di "dire la parola giusta", ascolto ma non so consolare o appoggiare probabilmente come lui avrebbe bisogno in questo momento, offro il mio appoggio in tutto ciò che è azione, ma non so mostrare l'emoatia che pure sento; probabilmente ho vissuto sola troppo a lungo oppure non avendo mai ricevuto una parola di conforto nella mia famiglia di origine, non ho appreso il modo giusto per darla, chissà. Lui queste cose sapeva di me e (disse) gli stavano anche bene i miei limiti, ma adesso mi appare evidente che io non sappia aiutarlo e che lui da solo non ce la faccia.
Il problema nel rivolgersi a un terapeuta è che lui lavora in un reparto psichiatrico e, benché gliel'abbia suggerito, è persuaso che, in ragione della sua professione, si accorgerebbe se avesse bisogno di un supporto professionale. Nega sia così; l'aiuto lo vorrebbe da me, non è nemmeno un pensiero assurdo il suo, solo che io non so darlo.
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Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317
"Il problema nel rivolgersi a un terapeuta è che lui lavora in un reparto psichiatrico e, benché gliel'abbia suggerito, è persuaso che, in ragione della sua professione, si accorgerebbe se avesse bisogno di un supporto professionale. Nega sia così; l'aiuto lo vorrebbe da me, non è nemmeno un pensiero assurdo il suo, solo che io non so darlo."

Gentile Utente,
Anche se fosse uno psichiatra - non ho ben capito di cosa si occupa - non potrebbe curare se stesso e la vostra coppia che mi sembra davvero appesantita dagli eventi e dalle situazioni così ingravescenti.

Lei dovrebbe fare soltanto la campagna, èd è già faticoso ed impegnativo così, non la terapeuta né la crocerossina, ha già tanti bambini con problemi importanti di salute.

Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it